L’assassino non osò voltarsi verso le scale che lo
avevano condotto fin lì. Aveva paura di quegli uomini contro
cui si era messo, ma temeva ancor più quelle creature che
gli stavano a pochi passi di distanza.
Doveva andarsene. Doveva trovare una via di fuga da quel pozzo in cui
l’avevano portato.
Avrebbe potuto usare Noir come diversivo, gettandolo in mezzo a quegli
uomini armati, e nella confusione sarebbe potuto scappare o, per lo
meno, uccidere la donna che portava quell’armatura e che
sembrava essere al comando di quelle guardie.
Un odore acre si spanse nella stanza quando la ragazza che aveva
liberato cominciò a vomitare.
Razer fece un’ulteriore passo in direzione
dell’erede di Reis, tirandolo a sé per la manica
della camicia distrutta.
- Dobbiamo andarcene di qui. Non voglio aver a che fare con le loro
faccende. – gli disse con un filo di voce, appena
percettibile.
Noir impiegò qualche secondo per rispondere, i suoi occhi
non riuscivano a staccarsi dal duo che gli stava di fronte, poi
annuì.
I due uomini si voltarono di scatto, correndo in direzione dei gradini
di pietra che rappresentavano la loro via di fuga.
- E quelle guardie? – chiese Noir, come se si fosse appena
ricordato della loro esistenza.
- Le uccideremo e ci faremo strada tra i loro corpi. –
Sento delle
presenze…
La sua presenza!
Devo fermarlo, devo
ucciderlo prima che quel demone possa diventare un pericolo per la
Volta.
La ragazza si rimise a fatica dritta sulle gambe esili, drizzando la
schiena e socchiudendo gli occhi dorati che ancora non riuscivano a
mettere a fuoco quel che la circondava.
Devo fermalo…
assolutamente.
Il suo braccio destro si tese, le dita arpionarono l’aria,
piegandosi come gli artigli di una belva su qualcosa che solo lei
vedeva.
Per un secondo abbondante mantenne la posizione, immobile.
Perché non
viene da me? Dov’è la spada del Fato? Ne ho
bisogno ora.
Che mio padre non mi
reputi più all’altezza della sua arma?
- Epica, calmati. –
Di chi è
questa voce?
Razer fu costretto a fermarsi quando, una decina di scalini sopra di
lui, comparve lo stesso largo scudo di legno che già aveva
visto nella sua cella.
Il rumore delle suole d’acciaio dell’armatura
riempiva l’aria e faceva vibrare le pareti a ogni suo passo.
Si concentrò, liberando tutta l’energia che era
riuscito a raccogliere.
Forse, se avesse generato un lampo abbastanza potente, li avrebbe
storditi per un tempo utile.
La tromba delle scale si accese di azzurro, ma fu solo per una frazione
di secondo. La luce innaturale parve scorrere come le acque di un fiume
verso lo scudo, per spegnersi al suo tocco.
L’assassino guardò di fianco a sé.
Noir avrebbe fatto qualcosa con il potere che possedeva, sicuramente ne
avrebbe uccisi almeno due.
Il trentenne dalla camicia strappata aveva il volto cinereo e gli occhi
sbarrati in una maschera di terrore. Il suo piede sinistro
tornò sui suoi passi, ricadendo sullo scalino che aveva
appena lasciato.
Chi sei per conoscere il
mio nome?
Questa bocca funziona
ancora? Posso comunicare con lui?
Devo metterlo in guardia
dal pericolo che ci sta vicino.
- Vattene da qui, devo… - la sua voce si spezzò
quando la gola di quella forma fu di nuovo riempita dalla sostanza
dall’odore acre – devo fermarlo. –
La fanciulla si voltò verso le scale che a stento
distingueva dalla parete, muovendosi verso quei gradini con le gambe
rigide.
Oh, ti prego, smettila
di essere così testarda, ho già abbastanza
problemi per conto mio.
Chi sei?
Perché
continui a parlarmi?
Se solo ti calmassi,
magari avresti una visione leggermente più limpida delle
cose e schifata delle mie scarpe.
Razer scese di uno scalino, guardando di fronte a sé in
cerca di uno spiraglio dal quale trarre vantaggio.
Nulla.
Il largo scudo di legno svettava di fronte a lui e l’unico
spiraglio lasciato libero del corridoio in cui si trovava era stato
occupato dalla lama arrossata di una spada.
Cosa gli avrebbero fatto?
Scese un altro scalino, sempre senza mai voltare la schiena ai suoi
nemici.
La spada si arroventò di colpo, facendo innalzare dal
metallo alte fiammate cremisi.
L’assassino non poté far altro che alzare le
braccia in protezione del viso, aspettando solamente il contatto tra
quel fuoco e il suo corpo.
Non avvertì altro che l’aria scaldata impattargli
sulle braccia.
Che Noir lo avesse salvato?
Qualcosa di pesante cadde a terra, seguito dal tintinnio prodotto
dall’acciaio contro la pietra.
- Maledizione! – imprecò una mascherata voce
femminile.
Che imbecilli.
Razer scostò lentamente le braccia dalla sua visuale.
Lo spadaccino che gli aveva puntato la lama contro ora giaceva a terra,
esanime. Lo scudo davanti a lui brillava raggiante, circondato dalle
pareti annerite dal calore.
Noir gli stava alle spalle, in preda al panico, tremante.
Non aveva tempo per chiedersi cosa fosse successo, al primo accenno di
movimento di quell’ultimo stuolo di guardie si
voltò ripercorrendo gli scalini in discesa di gran carriera
e portando con sé il discendente di Reis, che pareva aver
perso ogni volontà propria.
Viene verso di
me…
Lo sento.
Devo essere pronto a
difendere tutti da lui…
Non può star parlando di Follia, lui è bello che
pietrificato su un continente a sé stante e in continuo
allontanamento.
Può star avvertendo la spada?
Il Giudice Fenter è già arrivato, quindi?
Perché allora non la avverto? Al di là che grazie
a quella spada maledetta è diventata anche lei un Buco nella
Trama, ovvio.
Ho paura che ci sia qualcosa di estremamente sbagliato che mi stia
sfuggendo.
Follia?
Spada?
Continente?
Cosa… cosa
stai cercando di dirmi?
Fato, sei tu?
Perché non riesco a richiamare la tua spada?
Maledizione, di questo
passo impiegherò comunque centinaia di anni a farle
ritornare un minimo di senno e ad uscire da qui.
Non solo non riesce a
capire quel che sente nella Trama, ma mi crede il Fato. Che bella
notizia.
Mi serve un piano
d’azione che anche Epica da drogata possa seguire.
Io so che, in questo
momento, solamente Sarah Dan Rei e quelle sue guardie male addestrate
sono presenti in questo posto.
L’unico
pericolo è lei, ma solamente perché non posso
ucciderla senza dover ricorrere alle armi divine in mio possesso. E
lei, certamente, non è in possesso della spada di Follia,
altrimenti avrebbe già cercato di uccidermi.
All’appello
mancano il giudice maggiore, quel nuovo re dei draghi e quel ciccione
di Dunnont.
Se solo riuscissi ad
andarmene da qui prima del loro arrivo, basterebbe poi prendere il volo
e nessuno, nemmeno uno stormo… branco…
rombo… vabbè, quello che è di draghi
potrebbe starci dietro.
Ho bisogno che Epica
distrugga quello scudo, quindi devo farla ragionare un minimo,
possibilmente senza farla vomitare. Di nuovo.
Due braccia magre afferrarono le spalle della fanciulla, facendola
arrestare e voltare.
- Cosa pensi di fare, mortale? Sto cercando di difenderti.
Tu… tu non hai idea di cosa hai davanti. –
Si, certo fratellone.
Un gettò d’acqua gelida colpì in pieno
viso la fanciulla, facendole ricadere i ciuffi di capelli bagnati sulla
camicia rovinata.
I suoi occhi dorati batterono più volte, cercando di
liberarsi dalle gocce che parevano non volersene andare.
- Cosa vuoi da me? –
Una serie di passi concitati tornarono a riverberare
dall’uscita della scala.
Per il momento lasciamo
perdere la comunicazione attraverso la Trama, finirebbe per capire una
parola ogni migliaio.
- Epica, non abbiamo molto tempo. Guardami. –
La presa delle mani si fece più salda, mentre gli scuri
occhi dell’elfo si facevano duri .
- Chi sei? Cosa vuoi da me? –
- Epica, concentrati. Devi riconoscermi. –
La mano sottile della fanciulla si alzò, andando ad
appoggiarsi sulla guancia tatuata dell’elfo che la tratteneva.
- Non è possibile… tu… tu
sei… Tragedia. –
Cosa?
No!
No, no e poi no!
Tragedia è
schiattato male qualche millennio fa.
Dannazione!
- Non sono Tragedia. Lui è morto, ricordi? Devi guardarmi e
riconoscermi, forza. Scaccia le droghe che ti hanno somministrato in
questi secoli. –
Gli occhi luminosi della ragazza si persero per qualche secondo nel
vuoto, appannandosi.
- Forza! – la incitò l’elfo, facendo
danzare il suo sguardo tra il volto della fanciulla e la scala alle sue
spalle, sulla quale si potevano cominciare a riconoscere i piedi di due
uomini in fuga.
- Tu… Commedia, sei tu? Cosa ti è successo?
–
Bene, è
abbastanza lucida.
- Tante cose. Ora però ascolta, c’è una
persona cattiva con un largo scudo, devi romperlo, va bene? Ti
darò io un’arma. –
- Ma tu, Commedia… tu non usi armi. –
- Fidati. Ora ti metto un’arma in mano, tu rompi solo lo
scudo. Va bene? –
- Si, certo… lo scudo. –
Età mentale
riscontrata… tra i tre e i sei anni, pressappoco.
Spero che si riprenda in
fretta.
Razer e Noir rientrarono in gran fretta nella stanza, sterzando il
primo a destra e il secondo a sinistra per togliersi il prima possibile
dalla visuale di quell’apertura nella parete.
Un’elsa azzurra venne appoggiata sul palmo aperto della
fanciulla, che le strinse le dita attorno in un gesto meccanico.
Angolo dell'Autore:
Eccovi una lieve anticipazione di quello che succederà, ma nulla che
non ripeterò ancora. La settimana prossima
pubblicherò il capitolo, come di norma, venerdì,
quella anora successiva sarò leggermente impossibilitato
come... ogni anno. In ciascuna delle mie storie arriva un momento in
cui mi metto a scrivere un Angolo solamente per informarvi che la
pubblicazione salterà una settimana.
Questo è anche un bel modo per andare piazzare temporalmente
quando ho pubblicato un capitolo, andando indietro nel tempo.
Comunque, tornando al capitolo, da adesso in avanti le cose si faranno,
narrativamente, più complicate. I punti di vista dei quattro
personaggi si andranno ad intrecciare, i pensieri di Epica e quelli di
Commedia lasceranno centinaia di righe bianche tra le descrizioni e
voi, probabilmente, uscirete confusi da alcuni passaggi. In ogni caso,
spero di essere riuscito a rendere il più chiare possibili
le scene.
Alla settimana prossima.
Ma, prima di lasciarvi, voglio fare qualcosa che è da un po'
che mi scordo di scrivere.
Grazie a tutti voi per essere arrivati fin qui. Lasciate che vi dica
che state riponendo, seguendomi, molta fiducia in uno scribacchino dal
dubbio talento e potenziale, ma lo state anche invogliando a continuare
a coltivare questa passione. Quindi grazie a tutti voi.
Vago |