L'amore non basta
Ecco il secondo della serie di brevi (in alcuni casi brevissime) storie per concludere la storia di Un odio simile all'amore.
Questa OS si colloca temporalmente prima della lettura dell'ultima lettera d i Akane...
Molti mi hanno chiesto di quel ceffone... è il momento di sentire cosa ne pensa Ranma.
Un mostro
Erano passate meno di 12 ore da quando aveva baciato la sua Akane.
Si passò le mani nei capelli, che disastro. Era tutto un
orribile disastro. Tre anni buttati al vento ed era tutta colpa sua!
Avrebbe potuto risolvere in qualche modo la faccenda della sue varie
fidanzate, avrebbe dovuto farlo: sarebbe stata la cosa giusta. E invece
aveva lasciato perdere.
Anche se sapeva di amare Akane era terrorizzato da un suo possibile rifiuto e dalla prospettiva di sposarsi così giovane.
Aveva allora utilizzato il pretesto delle fidanzate e dei pretendenti
vari di Akane per prendere tempo. Ed ecco cosa era accaduto!
Evidentemente non era stato così bravo a nascondere i suoi
sentimenti se Shampoo aveva deciso di fare qualcosa di così
rischioso e crudele.
Si guardò allo specchio. Era in ordine e pronto per presenziare,
tra meno di un'ora, al matrimonio di Kasumi e Tofu. Sospirò. Ora
non aveva più scuse: doveva davvero leggere quell'ultima lettera.
Quella che era rimasta chiusa la sera prima quando era andato da Akane e l'aveva baciata.
Sembrava passato un secolo da quel momento, ma poteva ancora sentire
sulle sue labbra la morbidezza di quelle di lei. Aveva passato il
pomeriggio e la sera a baciarla e poi si era addormentato seduto
accanto a lei.
Quando quella mattina si era svegliato prima dell'alba, com'era ormai
solito fare da quasi tre anni, aveva passato mezz'ora a osservare le
sue espressioni e quel viso smunto e spento da spezzare il cuore.
Si era poi reso conto che sì, il dottore aveva ragione. Quel
sentimento immenso che non lo faceva dormire era ancora una volta
l'amore per Akane, mischiato a rabbia, tradimento e mancanza.
Un sentimento così forte... ne era stato terrorizzato, ancora.
Anche dopo aver procurato alla donna che amava e a se stesso tutto quel
dolore, non era ancora coraggioso abbastanza per restare al suo fianco
e attendere che aprisse gli occhi. Poteva vedere nella sua mente il
sorriso timido e appena accennato, eppure luminoso, che gli avrebbe
dedicato. Gli avrebbe poi chiesto cosa sarebbe accaduto ora tra loro.
E lui non lo sapeva, non sapeva come costruire qualcosa con lei. La
volta prima era stato tutto bloccato. E anche allora, si disse, non
aveva mai saputo cosa fare.
Aveva allungato la mano e le aveva sfiorato la guancia. Lei in tutta
risposta aveva inconsciamente posto la sua nell'esatto luogo dove lui
l'aveva sfiorata.
In quel preciso momento ricordò di averla vista sfiorarsi il viso anche quando l'aveva colpita dopo aver visto LA scena.
Questo pensiero gli aveva mozzato il fiato ed era praticamente volato
fuori dalla quella camera per raggiungere il dojo e chiudersi nella
stanza fino a quel momento. Aveva colpito Akane. Lui. Aveva. Colpito.
Akane.
E pensare che aveva sempre rifiutato di allenarla come si deve solo per la paura della possibilità di farle del male.
Peggio: dopo averla colpita le aveva data la colpa per aver fatto del
male a Shampoo. La stessa Shampoo che gli aveva rovinato la vita.
Era... un mostro. Non c'era altro da dire. Ranma Saotome era un mostro. Un miserabile mostro capace solo di esprimere rabbia.
Quasi venti minuti dopo era ancora impegnato a inventare insulti per se stesso, quando qualcuno bussò alla sua porta.
Sobbalzò, saltando letteralmente e, prima che potesse dare il
permesso di entrare a chiunque fosse dall'altra parte della porta, vide
l'uscio aprirsi di un paio di centimetri.
- Ranma, sono io... posso... posso entrare?-, la voce era esitante e bassa, a stento udibile.
- Akane...- quello di lui fu invece più un sospiro, tremante e spaventato.
- Posso... posso entrare?-
- Ma certo! Certo! È casa tua del resto!-, si affrettò a dire il ragazzo mentre apriva la porta per farla entrare.
Akane entrò constatando che sul futon c'erano le sue lettere, aperte stavolta.
- Vedo che le hai lette...-
- Ieri, prima di venire da te... Non tutte però, mi manca
l'ultima.-, mentre rispondeva, Ranma si risentì il sedicenne
sempre imbarazzato che era stato in passato.
Un attimo dopo infatti sentì la risata, debole, ma cristallina, di Akane.
- Ma Ranma... perché sei arrossito?-, gli chiese divertita.
Per la prima volta, mentre dopo anni risentiva la sua risata, Ranma notò il suo aspetto.
Aveva un vestito turchese scuro, al ginocchio, che le lasciava scoperte
le spalle mentre il corsetto plissettato si chiudeva intorno al collo
con dei ricami di paillettes richiamati anche dalla cintura in vita,
mentre la gonna scendeva morbida intorno alle gambe ancora più
chiare del viso. Tra i capelli scuri un cerchietto e ai piedi delle
ballerine, entrambi dello stesso colore del vestito. Aveva tra le mani
della stoffa dello stesso colore.
- Dov'è il bastone?-, le chiese in apprensione.
- L'ho lasciato qui fuori...-, spiegò e fu la sua volta di
arrossire,- in realtà mi serve strettamente per fare le scale,
per il resto posso farcela, ma mi stanco... ed è più
semplice usarlo...-
- Non mi devi delle spiegazioni, Akane-. Davvero non me ne devi,
soprattutto dopo quello che ti ho fatto, aggiunse mentalmente
stringendo inconsciamente i pugni.
Un attimo dopo Akane gli aveva preso le mani.
- Ma io voglio dartene...- fece un piccolo sorriso prima di continuare,
- Anche se tu dovessi esserti pentito di quello che è accaduto
ieri, io non posso ignorarlo, ma se tu vuoi posso fingere che non sia
davvero accaduto...-
Quando smise di parlare, Akane aveva il viso rigato di lacrime.
- Oh, no, no. No, Akane... hai frainteso.-, si affrettò a
spiegarle il ragazzo,- Non sono pentito, anzi. Non per quello. Mia
dolce Akane...-, allungò la mano per accarezzarle il volto e
spazzare via le sue lacrime, ma il ricordo dello schiaffo che le aveva
dato gli bloccò la mano a mezz'aria.
- Io... capisco, Ranma, davvero. Ma sono venuta qui per un altro
motivo: il dottor Tofu ti vorrebbe accanto a sé, tra i suoi
testimoni, e mi ha chiesto di portarti il papillon che indosseranno
anche gli altri testimoni.- concluse allungando la stoffa che aveva in
mano.
- Oh, grazie... cioè, sarà un piacere... solo che ... non
so metterlo. Quello che ho è uno di quelli finti, con la clip...
io...-
Akane gli sorrise e allungò le mani, slacciandogli il papillon
scuro che indossava, prima di fargli passare lungo il colletto della
camicia quelli che gli aveva portato. Ranma dopo pochi secondi di
imbarazzo per quella vicinanza inaspettata, notò il leggero
tremore delle sue mani.
- Che cosa capisci?-, all'espressione confusa della ragazza si
spiegò meglio,- Prima hai detto che capisci quale sia il
problema, ma io non credo, Akane. Cosa stai pensando?-
- Ranma... capisco che ormai hai un'altra vita, probabilmente avrai una
ragazza, o forse non vuoi essere di nuovo bloccato qui, con un
maschiaccio che ha da offrirti ancora meno di quello che poteva
offrirti a sedici anni e...-
Fu zittita dalle labbra del ragazzo.
- Sei un'idiota, Akane.- le sussurrò sulle labbra, prima che lei si allontanasse per guardarlo male.
- Ok, capisco che tu sia ancora arrabbiato, ma potresti...-
- No! Potresti tu lasciarmi parlare! Non c'è alcun problema,
Akane, tra di noi, se non quello che è successo allora. Non mi
sono pentito. Per tutti i Kami, ieri ho anche ordinato a tuo padre di
sgombrare questo posto per riavere il dojo!-
Akane passò da un'espressione shockata a una triste.
- Io lo capisco... sono impura. Non sono più adatta né ad
essere un'artista marziale, né a esserne la moglie, soprattutto
non di qualcuno come te. Hai ragione, quello che è successo
allora ci...-, ma lui la bloccò con una risata.
- Mi hai sempre dato del baka, ma credo che quell'insulto si addica
più a te! Vuoi sapere perché non mi hai trovato accanto a
te stamani? Ho avuto paura. Non sapevo che fare! Come potevo costruire
qualcosa con te quando non ne sono stato capace anni fa, quando
vivevamo insieme, quando essere insieme sembrava semplice come
respirare? Ma soprattutto come posso sperare di stare con te quando ti
ho colpita? Lo avevo rimosso, Akane, ma io ti ho colpita. Io. Io che
non avrei mai voluto farti del male, ti ho colpita. Come posso mai
perdonarmi?-
Stavolta era Ranma a piangere e appena se ne accorse si allontanò più possibile dalla ragazza.
Akane ci mise qualche minuto a rielaborare tutto quello che lui le aveva detto.
- Ti ho sempre dato del baka perché lo sei, Ranma Saotome! Non
sono arrabbiata con te per quel ceffone. So che non mi avresti mai
fatto del male. Sospetto che più che una risposta a me, fosse
una risposta automatica all'invasione del tuo spazio personale mentre
eri sotto shock.-, concluse con un sorriso.
- No, non lo fare, Akane, non giustificarmi. Sono come quelle beste che picchiano le fidanzate, le mogli...-
- Ah, smettila, Ranma! Se vuoi una scusa per mandare all'aria questa
cosa, ne hai un migliaio migliori! Senti, sospetto che lì per
lì non sapessi neanche chi avevi colpito e nonostante fossi
sotto shock sei riuscito a trattenere buona parte della tua forza,
altrimenti mi avresti rotto la mandibola. Vuoi rimediare? Fallo
aiutandomi a ricostruire la nostra vita!- aveva il fiatone, notò
Ranma, ma per la prima volta da quando era tornato a Narima, sembrava
la vecchia Akane, quella testarda e determinata: quella di cui si era
innamorato anni prima.
- Ora vieni a farti mettere per bene quel papillon.-, lui arrossì ancora e le si avvicinò.
- Non ho ancora letto l'ultima lettera-, le sussurrò. Lei
sospirò e gli disse che avrebbe potuto farlo dopo la cerimonia.
Pochi minuti dopo lo trascinò lungo la navata per un matrimonio
che non era ancora il loro.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio,
Serena.
|