28)Completa.
Karima p.o.v
Natale è arrivato.
È il 25 dicembre e sono nella csa di Baltimora di Jack,
è
grande e spaziosa, a due piani, io sono davanti al camino avvolta in un
golf e
guardo alternativamente il fuoco e le luci del grande albero di Natale.
Jack è sotto la doccia per prepararsi ad andare dalla sua
famiglia e io vorrei che si sbrigasse, ho freddo e non so nemmeno se i
miei
regali piaceranno.
Ho preso una rosa di Natale per andare sul sicuro e ho
cucinato il knafeh per rendere contenta la nonna del mio ragazzo, spero
apprezzino.
Finalmente la porta del bagno si apre e Jack esce, io
scatto come un serpente e corro per le scale, lui si sta
tranquillamente
asciugando i capelli spettinati con
addosso solo un asciugamano.
“Dillo subito che vuoi che arriviamo in ritardo,
così
risolviamo subito la questione.”
Lui si guarda e scoppia a ridere, poi si avvia verso la
nostra camera, io lo seguo mio malgrado.
Recupero le cose che mi servono e vado in bagno, giro la
manopola della doccia per portarla alla temperatura giusta e poi mi ci
infilo
sotto.
Dopo una lunga doccia mi sento meglio, ora non mi resta
che vestirmi, visto che mi sono depilata ieri, indosso calze nere, un
vestito
aderente a maniche lunghe – nero con arabeschi argentati
– mi raccolgo i
capelli di nuovo verdi in una coda e mi trucco.
Decido di stare sull’eccentrico, ma non troppo: matita
nera, ombretto argento e rossetto scuro.
Il risultato mi soddisfa, così mi metto un po’ di
profumo
e i miei stivali argento dall’aria vintage, credo di essere
elegante, ma non ne
sono sicura.
Esco dal bagno e Jack mi applaude, lui indossa, jeans,
camicia e giacca neri.
“Cravatta?”
“Le odio.”
“Sta bene. Come sto?”
“Sei fantastica, sembri una creatura scesa dallo
spazio.”
“Non se sia una buona cosa, non mi sembra
natalizia.”
“Chi se ne frega? L’importante è che ti
piaccia, non
credo i miei faranno storie, sono abituati ai miei look.”
“Tu sei loro figlio, è abbastanza normale che
siano più tolleranti con te.”
Sbuffo io, nervosa come mai nella mia vita.
Sento che più che andare a un pranzo di Natale sto
andando all’arena dove le persone vengono uccise o salvate
secondo la volontà
dell’imperatore.
“Non essere ansiosa, andrà tutto bene.”
Mi abbraccia lui, io non riesco a condividere questo suo ottimismo, non
ancora
almeno.
“Va bene.”
Io prendo il dolce e lui i fiori, poi finalmente andiamo alla casa dei
genitori
di Jack, è una tranquilla villa di periferia decorata per il
Natale con due
macchine già parcheggiate.
“Ci saranno anche mia sorella May e il suo fidanzato e
Joe con la sua ragazza.
May è la mia sorellona e Joe il mio fratellino.”
“Ok. Ce la posso fare.”
Jack suona il campanello e una donna dai capelli castani viene ad
aprirci.
“Ciao, Jack! Che bello vederti ogni tanto!
Tu devi essere Karima, vero?
Io sono Joyce, la madre di Jack.”
“Piacere di conoscerla.”
“Non darmi del lei, mi fai sentire vecchia. Entrate,
forza!”
Ci dice sorridendo, noi eseguiamo e anche un uomo
dall’aria mediorientale ci viene incontro.
“Lui è Bassam, mio padre.
Papà, lei è Karima.”
“Piacere di conoscerla. Beh, io ho portato delle rose di
Natale e una knafeh.”
I due accettano i fiori sorridendo.
“Ho sentito bene? Una knafeh?”
Una terza voce si inserisce nella conversazione e una
donna anziana in un abito di velluto rosso scuro con hijab coordinato
fa la sua
comparsa.
“Lei è mia nonna Naima.”
“Hai detto knafeh?”
Mi dice lei guardandomi con due penetranti occhi scuri.
“Sì.”
“E l’hai fatta tu?”
“Sì, mia madre mi ha insegnato la
ricetta.”
Lei sorride all’improvviso.
“Sei libanese?”
“No, sono mezza palestinese. Mia madre era palestinese,
ma ora è morta.”
“Mi dispiace, ma sono felice che ti abbia insegnato
quella ricetta.
Sono anni che non magio una knafeh come si deve.”
“Mamma!”
“Sì, lo so, figlio mio.”
Lei se ne torna in sala e Jack la segue, io invece vado in cucina per
posare il
dolce.
“Mi dispiace di averti messa in imbarazzo.”
La madre di Jack ride.
“Non ti preoccupare, è una specie di gioco tra me
e mia suocera,
ogni tanto va in una pasticceria con specialità arabe e si
rimpinza di quello
che vuole.”
“Capisco.”
“Mi dai una mano a portare gli aperitivi?
Prosecco e noccioline.”
“Ok.”
Prendo un vassoio con calici colmi di vino chiaro e lo
porto in sala accolta da un applauso. Non appena lo poso quelli che
immagino
siano May e Joe mi vengono incontro.
“Tu sei Karima, vero?
Jack ci ha parlato tanto di te.”
“Beh. Sì, sono io e che diceva?”
“Era felice di aver trovato una ragazza con cui mettere la
testa a posto e lo
sono anche io. Questo pazzo mi ha fatto preoccupare per anni con la sua
band e
i suoi comportamenti.”
“Dai, May! Si è giovani una volta sola!”
“Jack, hai quasi trent’anni. Accasarsi è
normale, lo sai,
vero?”
“Mio Dio, non dirmi che vuoi già dei
nipotini?”
“No!”
Esclama Joe.
“Sono giovane per fare lo zio e Jack è figo
così com’è.”
Io mi sento un filo fuori posto.
“Smettetela, mettete a disagio Karima. Facciamo onore
all’aperitivo piuttosto!”
“Ok, ok!”
Beviamo il nostro calice sgranocchiando noccioline e chiacchierando,
ovviamente
io e Jack siamo l’argomento principale.
Che imbarazzo.
Finalmente ci sediamo a tavola,
vengono portati gli
antipasti: ci sono tartine con la salsa tonnata, vol au vent e insalata di pesce. Non
ci sono salumi
probabilmente per rispetto alla nonna musulmana e forse al padre del
mio
ragazzo.
“Tuo padre è religioso?”
“Uhm, moderato. Diciamo che non segue il precetto
sull’alcool perché il vino
gli piace e pure la birra.”
“Capisco.”
“Adesso basta con le chiacchiere o le tartine spariranno
senza che noi le
abbiamo assaggiate!”
Ne prendiamo due ciascuno e mi accorgo che ha ragione, ne sono
scomparse più
della metà e dopo averle assaggiate capisco
perché.
“Sono buonissime!”
“È la salsa di mamma!”
“Posso darti la ricetta se tu mi farai un corso intensivo
per cucinare la knafeh, Naima dice che sembra proprio buona.”
“Oh, beh. Perché no?”
I vassoi spariscono e poco dopo arriva una teglia di lasagne che sembra
uscita
da una rosticceria italiana.
“Anche questa l’ha cucinata tua madre?”
“No, May. È lei la maga delle lasagne.”
“Sembrano davvero buone.”
“Fidati, lo sono.”
Joyce taglia le porzioni in modo preciso e le
distribuisce.
“Buon appetito!”
Urlano tutti e poi si inizia a mangiarle.
Sono effettivamente molto buone e May si merita il titolo
di maga delle lasagne, le mie non sono così buone, anche se
mi impegno sempre
al massimo.
Tra il primo e il secondo c’è una pausa in cui
tutti
chiacchierano amabilmente di qualcosa, chi di ricette, chi del lavoro,
chi
della band di Jack e qualcuno di noi.
Naima è la più interessata alla mia storia e io
rispondo
pazientemente a tutte le sue domande, alla fine sembra soddisfatta.
“Sembri proprio una brava ragazza, quella che speravo di
vedere accanto al mio Jack, ho sempre temuto che ci portasse a casa
un’oca.”
“Grazie della fiducia, nonna.”
“Beh, è vero. Finora le due ragazze che hai
portato a casa sapevano a stento
presentarsi.”
“Nonna!”
“La verità fa male, figlio mio?”
“Farebbe meno male se avessi davanti del cibo per
consolarmi.”
“Oh, Jack! Non è che ti mancano?”
Chiedo io.
“Assolutamente no. Non dare retta a mia nonna, a volte sa
essere molto polemica, ma fortunatamente ti ha presa in
simpatia.”
Io e lei ridiamo insieme.
“A me tua nonna piace.”
“Bene. Mi sento felice, ma non alleatevi contro di me,
okay?”
“Questo non posso prometterlo, Jack.”
Lui sbuffa e alzagli occhi al cielo, ma sotto sotto è
contento che io sia stata
accettata da una persona che è così importante
per lui.
“Qualcuno si lamenta per la mancanza di cibo?”
“Io, mamma. Karima e la nonna si sono alleate contro di
me.”
“Allora sii felice, sto per servire il mio arrosto con
patate.”
“Mamma, ti amo.”
“Sì, solo perché ti nutro a
dovere.”
Ride lei.
Poco dopo torna con l’arrosto e poi con una teglia di
patate al forno, con metodo e con pazienza divide le porzioni per tutti.
“Buon appetito!”
Dice allegra.
Sia l’arrosto che le patate sono buonissime, se Jack
è
cresciuto con questi standard devo darmi da fare in cucina,
sarà una sfida
interessante.
“A che pensi, Karima?”
Mi chiede il mio ragazzo.
“Che nutrirti sarà una sfida interessante visto
che tua
madre cucina benissimo.”
“Sono un ragazzo di poche pretese.”
“Ma dallo stomaco vorace.”
Lui sogghigna.
“Forse un po’, ma, ehy! Amo la pizza, possiamo
ordinarne
d’asporto quanta ne vuoi.”
Io sospiro.
“Sì, ma non la cucinerei io.”
“Su, non prendertela a male.”
Finiamo di mangiare, do una mano a sparecchiare e poi servo i formaggi
e la
frutta, consumati anche quelli le conversazioni riprendono.
Io inizio a sentirmi sonnolenta e decido che è arrivato
il momento di una sigaretta, così mi alzo da tavola,
immediatamente gli occhi
di tutti sono addosso a me.
“Vado a fumare una sigaretta, ehm.”
Balbetto io, annuiscono tutti e io prendo la borsa e il cappotto.
Lascio il salotto e poi esco sul portico imbiancato della
casa, noto che c’è già un posacenere e
quindi mi accendo la sigaretta
tranquillamente. Mi siedo su una delle sedie e mi guardo attorno:
quartiere
tranquillo, neve che rende tutto magico, atmosfera da Natale
d’altri tempi.
Sembra che per me sia stato creato lo scenario perfetto
per conoscere la famiglia Barakat e mi chiedo se abbia superato o meno
l’esame.
La porta si apre dietro di me e Jack esce, sfregandosi le
mani.
“Fa freddo, non potremmo celebrare il Natale in
estate?”
“E la magia creata dalla neve dove la metti?”
“Sì, ma in Palestina non c’è
la neve e il Signore è nato
lì.”
“Magari quell’anno ha nevicato, chi lo sa. Ogni
tanto la
neve arriva anche in Palestina.
Comunque… Ho superato l’esame della tua famiglia o
mi
odiano?”
“Alla nonna piaci e credo anche ai miei genitori, non ho
sentito un solo
commento negativo su di te finora.”
“Speriamo che sia andata bene.”
“La tua famiglia ti ha scritto?”
“Solo Ava, mi ha augurato buon Natale.”
“Tuo zio è uno zuccone.”
“Abbastanza, forse è una caratteristica di
famiglia.”
Lui ride.
“Forse, ma alla fine tu hai ceduto, forse cederà
anche
lui.”
“Lo spero, è tutto così
frustrante.”
“Passerà.”
Prende una delle mie mani tra le sue e la stringe
dolcemente, amo quando fa così, non mi fa pentire della mia
scelta.
“Sei sicuro, Jack?”
“Certo. Se mi considera un puttaniere e nota che la nostra
storia va avanti
senza che io faccia stronzate cambierà idea. Non
può stare incazzato in
eterno.”
“Sono d’accordo.
Sono felice di essere venuta qui, andata come sia andata
ho sentito tanto affetto attorno a me, passare il Natale da sola
sarebbe stato
deprimente.
Devo dire che ogni tanto mi manca la mia assenza di
sentimenti, almeno nono provavo dolore o tristezza o qualsivoglia
emozione
negativa.”
“Io ti preferisco così, con gli occhi che
brillano, curiosa e pronta a fare un
sacco di figuracce.”
“Questo non è molto carino.”
“Io lo trovo tenero.”
Io alzo gli occhi al cielo, fare figuracce non è tenero
è
da stupidi.
La porta si apre all’improvviso e la faccia del fratello
di Jack spunta.
“Ehi, piccioncini! Tornate dentro, è arrivato il
momento
del dolce e la nonna non vede l’ora di vedere di provare la
tua knafeh, dice
che si presenta bene.”
“Arriviamo.”
Spengo la mia sigaretta e sia che io che Jack rientriamo in casa, le
due teglie
di knafeh sono al centro del tavolo, Naima ha in mano un coltello.
“Bentornati, sedetevi su.”
Facciamo quello che ci è stato detto e la guardiamo con aria
curiosa.
“Visto che sono la più vecchia farò io
le porzioni e
giudicherò ovviamente.”
Dice con un mezzo sorriso.
“Mamma, non spaventarla.”
“Buono, Bassam. Se tua moglie non è ancora
scappata dopo le mie critiche sono
sicura che Karima reggerà.”
Con maestria taglia le fette e le distribuisce, nessuno però
la tocca,
aspettano tutti Naima. Lei ne taglia un pezzo con il cucchiaino e se la
porta
alla bocca. Mastica lentamente con espressione pensierosa facendo
calare
un’atmosfera nervosa sulla tavolata.
Alla fine sorride.
“Tua madre doveva essere una brava donna, questa knafeh
è
ottima, quasi come quella che mangiavo da mia nonna in Libano.
Esame superato, mi auguro che vi sposiate presto e che mi
diate un nipotino o una nipotina, invecchio anche io, non sono
eterna.”
Sia io che Jack arrossiamo.
Matrimonio?
Figli?
È troppo presto per pensare a queste cose, ci conosciamo
da troppo poco tempo!
“Ehm, grazie.”
Balbetto io.
I genitori di Jack ridacchiano.
“Mamma, hai spaventato Karima e Jack con le tue allusioni
al matrimonio.”
“Cosa c’è di male a volere un nipotino o
una nipotina?
Mangiate, su!”
Effettivamente mangiare mi sembra una buona opzione, almeno ci
aiuterà a
superare l’imbarazzo.
Mi fanno tutti i complimenti e la madre di Jack vuole che
io le insegni a prepararla, dice che probabilmente sono meglio di un
tutorial
scovato su internet.
Finiamo la knafeh, beviamo il caffè e poi tutti si
disperdono, Naima, Joyce e May vanno in cucina a lavare i piatti e
rifiutano
cortesemente e così rimango in salotto a guardare la tv con
gli uomini di casa.
Mi appoggio cauta alla spalla di Jack e cerco di seguire
un vecchio cartone natalizio, ma i chiacchiericcio me lo impedisce.
Loro
parlano della loro famiglia, del lavoro e di altre cose, ma io non sono
in vena
di fare conversazione, questa giornata mi ha stancato psicologicamente.
Jack deve capirlo perché mi passa un braccio attorno alle
spalle con fare protettivo e gliene sono grata.
Torno a guardare la tv, lasciando che la tensione se ne
vada a ondate e lasci il posto alla stanchezza, è faticoso
interagire con gli
altri per me.
Anni e anni priva di anima mi hanno resa una mezza
incapace sociale, una che non sa conversare o dare pareri se non
strettamente
professionali.
Il lavoro è l’unica cosa che mi riesce bene sia
come
fotografa, sia di supporto ai musicisti: non so fare altro. Immagino
siano le
conseguenze di essere cresciuta in una casa di musicisti e poi mi
mancano i
miei zii, Ava e Jonas.
Dopo un po’ arrivano anche le donne e giochiamo a
tombola, per me è un misto di caos e divertimento.
Credo di poter sopportare ancora un po’.
“Non essere così tesa.”
Sussurra Jack.
“Siamo la tua nuova famiglia.”
Un brivido serpeggia lungo la mia spina dorsale, ma non è
spiacevole, è come
un’epifania.
È come capire qualcosa di ovvio, che è sempre
stato lì
davanti a te, ma che non hai mai visto per chi sa quali motivi.
“Davvero?”
“Sì.”
Mi stringe la mano sotto al tavolo e io sorrido, in un angolo mi sembra
di
vedere anche i miei genitori sorridere.
Lui ha ragione, questa è la mia nuova famiglia e io sono
lieta di averla trovata.
Mi sento fortunata.
Mi sento finalmente in pace con il mondo.
Mi sento felice.
Ho trovato il mio posto nel mondo e l‘amore e non
lascerò
che mi siano tolti.
Ora so che i sentimenti sono positivi e ti rendono
completa, che sia la magia del Natale.
Sorrido un po’ di più e spero di sì.
Spero che la magia ci accompagni a lungo, magari per
sempre.
Una ragazza può sognare, no?
E con Jack i miei sogni possono diventare realtà, anzi lo
sono già diventati.
Ora sono completa
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