Prologo
I demoni del passato
-Clive! Clive ti prego aiutami!-
Urla strazianti. Era tutto ciò che il ragazzo riusciva a
percepire. Le palpebre si rifiutavano di rimanere aperte: una luce
accecante avvolgeva la sua esile figura, impedendogli anche solo di
osservare per un attimo ciò che stava accadendo in sua presenza.
Poco dopo tutto cadde nella confusione più totale. Grida, il
motore di un auto, un forte odore di sangue che gli fece salire in
gola un conato di vomito. Deglutì a fatica, iniziava a sudare
freddo. Il cuore gli batteva ad una velocità fuori dal normale,
aveva iniziato a girargli la testa. All'improvviso, buio.
Clive si alzò precipitosamente dal letto, ansimando come un
maratoneta dopo una lunga corsa. Si mise una mano sul petto, come a
voler rallentare il suo battito cardiaco. Le quattro pareti della sua
camera lo tranquillizzarono, calmando di poco il suo stato irrequieto.
-Di nuovo quel sogno...- Disse tra sé e sé il giovane,
sedendosi sul morbido materasso del suo letto. Il cuscino era pregno di
sudore, così come le lenzuola. -Appena si fa giorno
cambierò le federe... Accidenti, è già la seconda
volta in una settimana che succede-.
Una volta ripreso il controllo del suo corpo, Clive si alzò
nuovamente e uscì dalla stanza. Si ritrovò nel lungo
corridoio; non gli era mai piaciuto percorrerlo di notte, aveva un'aria
sinistra che, nonostante i diversi anni passati nella villa, lo aveva
sempre intimorito. Per sua fortuna non dovette restarci a lungo: la
stanza che cercava era a solo una porta di distanza dalla sua.
Entrò con cautela, cercando di non emettere alcun rumore.
-Eccola lì. Sembra stare bene-
Non riusciva a spiegarsi il perché, ma ogni volta che quello
strano incubo si presentava, sentiva il bisogno di andare a controllare
lo stato di salute della ragazza.
-Helen...- Persino lui fece fatica a sentire il suo stesso sussurro.
Ormai la sua figura distava di pochi centimetri dal letto della
giovane, ignara della presenza dell'amico. Si inginocchiò e,
avvicinandosi al viso di lei, pronunciò la frase -Domani
è il grande giorno, ti prego, sii forte e cerca di non rovinare
tutto-. Ammise a se stesso che non erano parole molto incoraggianti, ma
sapeva che non avrebbe potuto dire altrimenti. Per quanto le volesse
bene, il suo problema si era sempre rivelato un ostacolo troppo alto da
superare. Aveva progettato tutto nei minimi dettagli, per nulla al
mondo qualcosa sarebbe dovuto andare storto.
Clive si avvicinò ancora di più al volto della ragazza e le scoccò un
piccolo bacio sulla fronte, per poi tornare nella sua camera nello
stesso silenzio con cui era arrivato.
***
-Buongiorno Clive!- cinguettò una voce. Aveva ancora gli occhi
chiusi, ma non era necessario essere reattivi per riconoscerne il
proprietario.
-Buongiorno Helen...- rispose lui con voce roca. Sentiva la pesantezza
della notte precedente sulle palpebre e il suo corpo si rifiutava di
muovere un solo muscolo. Helen sembrò accorgersene e
portò le mani sui fianchi con fare materno.
-Insomma, oggi incontreremo il professore e il suo assistente. Dovrai
essere in forma smagliante, non puoi permetterti di dormire! Inoltre ho
già preparato la colazione. Se non ti sbrighi si
raffredderà-. A quel punto il ragazzo si sforzò di
mettersi a sedere, aprendo gli occhi e posando lo sguardo sulla figura
della ragazza. I suoi capelli castani erano già sistemati in una
precisa mezza coda, con un ciuffo di capelli appositamente sistemato da
Helen per coprire l'occhio destro. -Perché si acconcia i capelli per poi coprirsi un occhio? Non lo capirò mai...-
pensò tra sé ancora assonnato. L'altro occhio, di una
delicata tinta nocciola, teneva fisso lo sguardo sulla figura scomposta
del giovane. L'amica indossava una camicia rosa confetto e una gonna
violacea, accompagnata da un paio di collant neri e le sue inseparabili
ballerine rosa. Aveva un modo nel vestirsi particolarmente preciso
e femminile: lui però sapeva che quell'abbigliamento le
serviva come maschera, per non mostrare a occhi indiscreti la sua vera
persona. Sapeva che lei provava vergogna di ciò e non poteva
biasimarla. Anche se personalmente non era un amante del rosa, pur di
far sentire a suo agio la coinquilina avrebbe dipinto l'intera villa di
quel colore a suo parere stomachevole.
-Si può sapere cosa stai fissando? Non è che ti sei
addormentato con gli occhi aperti?- la voce assillante di Helen lo
riportò alla realtà e finalmente scese dal letto
-Ascolta, l'incontro è stasera, perché mi stai mettendo
tutta questa ansia? Vai a fare quello che devi fare e... Ah, grazie per
la colazione-.
Detto ciò Clive scese le scale della villa sotto lo sguardo vigile della castana, la quale lo seguì poco dopo.
-Dobbiamo per forza andare a stare nella Londra sotterranea? Lì
non abbiamo così tanto spazio come qui...- chiese Helen,
sedendosi al tavolo assieme al ragazzo, il quale aveva appena iniziato
a gustare la sua colazione.
-Helen, tutto deve essere perfetto- rispose lui dopo aver mandato
giù un sorso di té e latte -Non ho fatto costruire una
topaia, c'è abbastanza spazio per due persone. E poi non dovremo
starci in eterno. Quando tutto sarà finito, torneremo qui-.
Helen abbassò lo sguardo. Era sul punto di dire qualcosa, ma poi
sembrò ripensarci. Si alzò di scatto dalla sedia, facendo
sussultare il giovane. -Scusa, esco un attimo-. Annunciò infine,
uscendo dalla sala da pranzo e dirigendosi verso il portone. Clive non
fece nulla per fermarla. Ormai avevano discusso a sufficienza riguardo
quella vicenda, non aveva voglia di far partire con il piede sbagliato
una giornata tanto importante.
Subito dopo, improvvisamente, riapparve davanti ai suoi occhi la stessa
luce abbagliante dell'incubo. Le stesse grida, lo stesso odore pungente
di sangue, la stessa ansia.
Fece precipitare a terra la tazza che teneva in mano contenente il liquido caldo e cadde al suolo. Teneva salda la testa tra entrambe le mani,
stringendo e provocandosi dolore. Dopo pochi istanti, tutto era tornato
come se nulla fosse accaduto. Il ragazzo dagli occhi scuri si guardò
attorno; fissò con dispiacere i frammenti di ceramica che fino a
un minuto fa componevano una delle sue tazze preferite, poi si rimise
in piedi.
-Sembrerebbe che oggi i miei demoni del passato mi abbiano preso di
mira- esclamò con una triste risata, ripensando a quel fatidico
giorno, quando la sua vita prese una svolta inaspettata.