3.
E
allora, luce fu!
La
prima volta che gli occhi di Aiko si posarono su Tarou fu appunto
alla cerimonia di inizio anno, quando gli studenti infestavano il
cortile alla ricerca dei loro nomi sulle bacheche che davano
delucidazioni sulle varie classi.
Di
quella giornata ricordo molte cose diverse, ed una di quelle che
più
mi sovvengono è il chiasso. C'era un chiacchiericcio tale,
tutto
intorno a noi, che per un paio di minuti sia io che Ai-chan facemmo
fatica a sentire i nostri discorsi e, penso io, perfino i nostri
stessi pensieri. Anche gli uccellini, allegri per l'avvento della
primavera, cinguettavano in cielo posandosi poi sui rami vicini degli
alberi in fiore. Di tanto in tanto, poco distanti dalla scuola, in
strada, si sentivano i clacson, intenti ad intonare anche loro un
canto anche se decisamente meno invitante e dolce rispetto a quello
degli uccelli.
«Che
fortuna!» avevo esclamato io, ridendo, gli occhi marroni semi
chiusi
mentre sul mio volto si dipingeva un dolce sorriso «Anche
quest'anno
siamo in classe insieme!»
Non
ricevetti risposta ma, abituata a cose di questo tipo, non mi
allarmai per nulla e anzi mi voltai verso Aiko alla ricerca del suo
sguardo che, come al solito, doveva essersi perso nel vuoto. Quando
però mi fui girata del tutto e vidi dove lei stava
guardando, non
potei fare a meno di lasciar morire il sorriso che solo pochi attimi
prima aveva impreziosito il mio viso.
Improvvisamente,
neanche se fossimo stati tutti sotto l'effetto di una qualche sorta
di magia, il chiacchiericcio cessò, così come il
canto degli
uccelli e lo stonatissimo starnazzare dei clacson. Eravamo stati
tutti circondati dal silenzio o, molto più probabilmente,
fui io a
credere che ciò avvenisse.
Mi
ero sempre vantata del collegamento che io ed Aiko possedevamo, non
era passato giorno in cui non avevo capito cosa volesse dire con uno
dei suoi strani e complicatissimi discorsi. Anche in seguito, per
quanto le cose avessero in qualche modo continuato a peggiorare, io
avevo sempre continuato imperterrita a capire tutto ciò che
usciva
dalle sue labbra e, nella mia infinita ignoranza, avevo dato per
scontato che questo bastasse.
Solo
allora, mentre la guardavo persa stavolta non nel vuoto, ma negli
occhi di un'altra persona, cominciai a capire i miei errori.
«Ai-chan...»
mormorai, facendo qualche passo verso di lei «Ai-chan, ci
sei?»
Le
posai una mano sulla spalla, delicatamente, con la solita paura di
poterla distruggere anche con un piccolo tocco. Lei, pensierosa, era
tornata ad osservarmi solo per un breve lasso di tempo prima di
tornare a cercare Tarou.
«Ai-chan,
si può sapere che ti prende?»
Oh,
sapevo bene che le prendeva, lo sapevo ma volevo che fosse lei a
dirmelo, magari nella speranza che tutto ciò che stavo
credendo io
non fosse assolutamente vero. Forse mi avrebbe detto che quel ragazzo
tanto alto e bello, lo stesso che in seguito scoprii essere uno
studente trasferito da un'altra scuola, aveva una strana pettinatura
o che, ancora meglio, le stava mettendo addosso una strana
soggezione.
«Lo...lo
conosci quel ragazzo?» mi chiese lei, ignorando la mia
domanda a
bella posta, come sempre.
«No,
non credo di averlo mai visto.»
«Nemmeno
io.» sospirò, portandosi una ciocca di quei suoi
lunghi e folti
capelli dietro all'orecchio destro «...nemmeno io.»
Io
lasciai andare la presa e mi portai le mani dietro alla nuca, unite,
come facevo di solito quando dovevo pensare intensamente a qualcosa.
Di certo non era una novità per me, il vederla
così con la testa
fra le nuvole, ma mai avrei creduto possibile che tutto ciò
avvenisse per un ragazzo. Aiko non aveva mai dato segno di
apprezzarne uno in tutti gli anni che la avevo conosciuta e, pur
possedendo una bellezza che certamente non poteva passare
inosservata, non si era mai sprecata una singola volta a dare corda
ad uno dei coraggiosi che le si erano dichiarati. Era probabile che
non avesse neanche mai capito cosa significassero certi discorsi
sconnessi e balbettanti di coloro che si erano spinti a tanto, e
forse nemmeno sapeva bene cosa fosse l'amore di per sé se
tale
sentimento si spingeva oltre al semplice 'mi
piaci'
nel senso di 'mi
stai simpatico/a'.
«Mh...a
quanto pare non sei l'unica ad averlo notato.» me ne uscii
io,
cercando di porre un freno a tutte quelle mie stupidissime
supposizioni.
Aiko
si guardò attorno, realizzando come me che erano
già state molte,
le studentesse del nostro Istituto, ad accorgersi dell'avvenenza di
quel ragazzo.
Non
poteva che essere altrimenti, mi dissi subito io, quando si viveva in
un paese come il nostro. Non eravamo di certo un piccolo borgo
timorato di Dio, dove le comodità della città
arrivavano con dieci
anni di ritardo e dove le mode erano lente a cambiare, ma nemmeno
potevamo considerarci una grande metropoli come Tokyo, ricca di
novità e di vita. Da noi tutti si conoscevano da sempre e,
quando
qualcosa cambiava, causava un tale scalpore da rimanere nella top ten
dei pettegolezzi per almeno qualche settimana se non addirittura per
un mese. Era dunque ovvio che, quella nuova presenza all'interno
delle mura della scuola, non potesse non suscitare un certo
interesse.
«Dici
che anche le altre lo trovano...bello?»
Sgranai
del tutto gli occhi di fronte ad una simile affermazione.
Aiko
che faceva un complimento diretto ad un completo sconosciuto?
Aiko
che arrossiva solamente a guardare un ragazzo?
All'improvviso
mi sembrava di essere stata catapultata in una sorta di
realtà
parallela.
«B-Beh...»
balbettai «...non posso certo dire che sia brutto,
ecco.»
Tornai
ad osservarlo per un breve lasso di tempo prima di concentrarmi
ancora su Ai-chan.
«Insomma,
guardalo, brutto non lo è di certo!» risi
dicendolo, nella speranza
di non farle vedere tutta la mia sorpresa «Alto, muscoloso,
capelli
scuri ed occhi...sono marroni?» Aguzzai un poco la vista per
rispondere alla mia stessa domanda. «Ecco sì,
decisamente un bel
vedere!»
Non
eravamo solite fare quel genere di discorsi - e non nascondo che mi
sentii per lungo tempo una povera mentecatta dopo quel primo accenno
di attenzione all'universo maschile da parte nostra - perciò
io non
sapevo bene che cosa era meglio dire o non dire.
Ciò
che sapevo e ciò che non poteva non essere visto, era il
luccichio
scintillante negli occhi neri di Aiko. Le illuminava tutto il volto,
dandole un nuovo aspetto da aggiungere alle sue solite espressioni e
donandole una bellezza che prima di certo non aveva posseduto.
«Come
si fa a capire quando si è innamorati?»
Un'altra
domanda a cui io, povera me, non sapevo rispondere.
Mi
grattai la guancia, distrattamente, alla ricerca di una perla di
saggezza nei meandri della mia mente.
«...immagino
che sia una questione di...di cuore.» dissi infine,
buttandola lì
come meglio potevo.
«Allora
mi sono innamorata, Natsu-chan...»
«E
come fai a dirlo?»
Aiko
si portò una mano al petto, senza distogliere lo sguardo da
Tarou
neanche per un secondo, le dita che stringevano forse inconsciamente
il cardigan blu scuro della divisa scolastica.
«...perché
mi fa male il cuore.»
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