Characters: Killian
Jones - Captain Hook; Jefferson - Mad Hatter;
Pairing: Killian/Jefferson { madhook }
Warning: slash;
pre-serie
Be careful, you know
what they say about hatters
La porta della cabina
si spalancò sotto la manata di Captain Hook.
Per quante volte era
entrato in quella stanza, nell’ultima settimana, ancora non era
riuscito ad abituarsi a quanto si mostrava: un uomo incatenato al
suo letto e un unico maledetto girone infernale racchiuso nel suo
corpo perfetto.
Le catene ai polsi li
tenevano sollevati sulla testa, legati al sostegno superiore del
letto a baldacchino che troneggiava elegante contro il lato sinistro
della stanza. Legarlo e spogliarlo dei suoi averi non era servito a
togliergli dalla faccia l'espressione divertita di un bambino nel
paese dei balocchi. Non che l’uomo avesse molto con sé, oltre a un
cilindro fin troppo vistoso e la sacca con cui l'aveva sorpreso –
all’interno solo i gioielli rubati dalla Jolly Roger e uno zufolo di Pan
che aveva aggrovigliato lo stomaco del pirata.
Entrò, richiudendo la
porta alle proprie spalle.
L'uomo (Jefferson,
al vostro servizio – si era presentato) sbadigliò,
richiuse la bocca masticando il vuoto e arricciò il naso in un
fastidio infantile, esagerando teatralmente ogni espressione.
«Credete che possa avere un po' del vostro miglior grog? Sto
crepando di sete. L'ospitalità da queste parti è piuttosto scarsa.»
Killian spalancò le
braccia, incredulo.
«Sul serio, mate,
sei mio prigioniero da quasi una maledetta settimana. Potresti
calarti un po' di più nella parte?»
Jefferson scrollò le
spalle.
Averlo catturato era
stato il peggior affare della vita di Hook e, se non fosse stato
attaccato mano e uncino al proprio orgoglio di pirata, avrebbe
giurato che quel tale si fosse lasciato prendere di proposito. Era
comparso dal nulla con quella sua aria scanzonata, l'aveva trovato
ballare in quella stessa cabina, volteggiando dal baule all'armadio,
scassinando serrature al ritmo di musica – una canzonetta che era
rimasta incastrata nella testa di Killian e che il prigioniero
fischiettava quando l'altro lo lasciava da solo con i propri
pensieri.
A
very merry unbirthday to me.
To who?
To me.
Oh you![1]
Jefferson passò la
lingua sulle labbra.
«Suvvia, mi serve
qualcosa di forte per potermi sciogliere» miagolò, ammiccando. «Vi
prometto che ne varrà la pena.»
«Non devi avere tutte
le rotelle a posto, mio caro.»
«Non ve l'hanno mai
detto, pirata? Tutta la gente migliore è pazza.» Gettò il capo
all'indietro, abbandonandosi ad una risata grassa e fragorosa. Le
sue risa avevano il suono irritante della follia che danzava sul
filo di un rasoio, erano fatte di denti bianchi e labbra spalancate
dall'osceno colore delle rose appena sbocciate, di occhi lucidi e
socchiusi e di fusa arrotolate sulla lingua.
Killian strinse tra le
dita la punta argentata dell'uncino, assaporando l'idea di
affondarla nella gola dell'uomo e tranciare ogni risata, ogni fusa e
ogni languida occhiata, ma, com'era cominciata, la risata di
Jefferson si spense.
«Non è strano che, dopo
una settimana, non abbiate ancora deciso cosa farne di me?»
La domanda lo colse in
contropiede. Non erano state le parole a scalfirlo, quanto invece lo
sguardo sottile con cui Jefferson lo fissava, come se già conoscesse
la risposta e non aspettasse altro che di sentirgliela pronunciare.
Killian deglutì.
La mano continuava ad
armeggiare con l'uncino, ruotandolo ed incastrandolo nei perni del
moncherino. Avrebbe dovuto buttarlo in pasto agli squali molto tempo
prima, prima di scoprire che la sua era una follia contagiosa e che
ormai gli era già entrata sotto la pelle.
«Niente grog. Niente
tè. Niente biscotti.» Jefferson incurvò le labbra in un broncetto.
«Posso avere almeno un assaggio di quella?»
Killian si guardò alle
spalle, cercando la risposta in una porta chiusa. «Quella?»
«La vostra bocca,
pirata. Le vostre labbra. La vostra lingua. In cambio potete avere
la mia.» Aprì la bocca, allungando la lingua a mostrarla come una
prostituta in un bordello pronta a tuffare il volto tra le gambe di
un cliente. Non c’era un’oncia di pudore negli occhi di Jefferson,
c’era invece l’assoluta convinzione di poter fare qualsiasi cosa
desiderasse e di potersi immergersi in ciò che più lo aggradava
senza regole, senza restrizioni, senza catene.
Proprio le catene ai
polsi dell’uomo tintinnarono – tin-tin-tin-tin-tin-tin tin-tin,
perfino il metallo cantava.
Hook rabbrividì; era
stato lui a catturare Jefferson o il contrario?
Avanzò, battendo il
tacco basso e squadrato degli stivali sulle assi di legno –
toc-toc toc-toc, scandendo falcate veloci al ritmo di una
canzone incastrata nella testa. Si appese con la mano sana alle
catene dell’uomo, mentre con l'uncino ne sollevò il mento alla
portata delle proprie labbra.
«Mi farai impazzire»
confessò.
Jefferson sorrise e
Killian gli coprì la bocca con la propria.
«Mio buon Capitano,
è il mondo ad essere pazzo. Tanto vale adeguarsi.»
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