Capitolo
Ventisette: Motherhood
“Vedi,
la gioia che prova una madre
quando
coglie il primo sorriso del suo bambino
dev'essere
proprio la stessa che prova Iddio ogni volta che, su dal cielo,
vede
un peccatore che gli rivolge una preghiera con tutto il suo cuore.”
~
“L'Idiota”, Fëdor
Dostoevskij
Qualcosa
stava mutando.
Il
buio che l'avvolgeva si stava diradando.
Per
primo percepì un formicolio leggero alle mani, le dita si mossero
sentendo nuovamente lo spazio attorno a sé. Finalmente l'oscurità
si stava ritirando.
Un
profumo conosciuto le risvegliò i sensi... Il profumo della persona
amata.
Il
suo corpo iniziò a riprendere contatto con la realtà, si
risvegliava, tornando prepotentemente alla vita.
Inspirò
a pieni polmoni e finalmente il mondo rivide il verde cristallino che
possedevano gli occhi di Natasha Romanoff.
Mosse
il capo a destra e a sinistra riconoscendo quasi immediatamente il
luogo in cui si trovava, la sua mano corse al ventre, un gesto ormai
familiare e istintivo ed un panico inaspettato la colse. Si levò di
scatto tastandosi spasmodicamente la pancia trovandola vuota,
piatta...
“Dov'era?
Dov'era il suo bambino?” si chiese disperatamente. Poi piano piano
i ricordi iniziarono a tornarle in mente e si quietò.
Lei
aveva partorito, suo figlio era venuto alla luce, ci era riuscita...
«Steve...?».
La
voce le uscì arrochita, stentata. Sapeva per certo che lui era stato
lì, sentiva la sua presenza tutta attorno a sé; in quel momento
però vi era un'altra domanda che le premeva: dov'era suo figlio ora?
Il desiderio di vederlo era di minuto in minuto sempre più
bruciante.
Il
prolungato silenzio però la mise in allerta, distogliendola dai suoi
pensieri. C'era qualcosa di innaturale, erano pur sempre in un
ospedale, perché tutto sembrava così “sospeso”?
Si
alzò con cautela, una volta assicuratasi di essere stabile sulle
proprie gambe passò a stiracchiarsi, tese i muscoli cercando di
capire quanto il suo fisico era in grado di reggere. Si sentiva in
forma e decise di uscire a dare uno sguardo fuori dalla sua stanza.
Qualcosa
di certo non andava. La luce era fioca, poiché solo quelle
d'emergenza erano funzionanti, il personale assente; pareva di essere
in un brutto film dell'horror.
Natasha,
cercando di tenere i suoi sensi ben allerta, si diresse verso le
porte che dividevano un reparto dall'altro, ma quando ne aprì una la
sorpresa fu grande.
«Bobbi?
Hunter-».
I
due agenti dello S.H.I.E.L.D. erano riversi a terra, Lance Hunter era
svenuto e la sua testa era sorretta da Bobbi Morse appoggiata contro
la parete, il respiro pesante.
«Natasha?
Grazie a Dio sei sveglia!» esalò la ragazza.
Vedova
si avvicinò ai due, entrambi erano messi male.
«Hunter
sta bene? Ce la fate?»;
«Sì.
Io credo- Lance ha ricevuto un brutto colpo alla testa... Ma non è
importante al momento – le afferrò il braccio – vogliono tuo
figlio! Il capitano e gli altri stanno affrontando l'Hydra, ma uno
dei loro Winter Soldier è penetrato all'interno, noi ci abbiamo
provato, Natasha ci abbiamo provato-»
«Sh,
non ti affaticare, ne sono certa. Dov'è ora?»
«Nella
nursery alla fine del corridoio dietro di te. L'ho ferita al fianco
ma-»
«Ho
capito. Resistete d'accordo?» Bobbi le dette la sua parola.
Natasha
inspirò e si voltò. Percorse il corridoio con lo sguardo che
prometteva atroci sofferenze a chiunque si sarebbe messo fra lei e il
suo bambino.
Entrò
nella nursery ed osservò la coraggiosa infermiera frapporsi fra suo
figlio e la giovane, per poi cadere a terra colpita con violenza.
«Sfioralo
e sei morta» sibilò glaciale.
K
si voltò sorpresa di non aver avvertito prima la sua presenza. Ma
non si tirò indietro e le si scagliò contro.
Natasha
si preparò all'urto mentre veniva spinta contro l'armadio dietro di
lei, la sua mente registrò con dolore il pianto disperato di suo
figlio.
Decisa,
afferrò la sua avversaria e la allontanò da sé, poi senza darle
abbrivio le artigliò il braccio e la fece scontrare duramente contro
il vetro protettivo, che si crepò.
Resistente,
malgrado la ferita causata da Morse le bruciasse, la soldatessa si
riprese e continuò a colpire Vedova Nera, che però riuscì a
sferrarle prima un calcio e poi compiendo mezza piroetta in aria
gliene rifilò un altro.
K
provò per la prima volta in uno scontro reale terrore, quella donna
possedeva una furia controllata, la sua espressione prometteva morte.
Strinse i denti continuando ad affrontarla.
Ma
la ragazza non poteva comprendere la forza della sua avversaria, che
scaturiva da un primordiale istinto di protezione nei confronti del
proprio figlio. Natasha era forte, ma ciò che la rendeva superiore
era che aveva qualcuno da proteggere, aveva qualcosa per cui
combattere.
Alla
fine Vedova riuscì a scaraventarla nuovamente contro il vetro che si
ruppe definitivamente attorno al corpo di K che crollò ferita dalle
schegge, la carne lacerata, nel corridoio e dopo aver boccheggiato
per qualche istante, come se l'ossigeno non le fosse più
sufficiente, svenne.
Assicuratasi
che fosse davvero svenuta rivolse la sua attenzione all'infermiera
che stoicamente si era rimessa in piedi.
«Sta
bene?» domandò «La ringrazio per averlo protetto».
«Oh
bambina – l'appellativo la fece sorridere – sono solo dei graffi
questi. Piuttosto sono felice che si sia ripresa, mi sono presa la
libertà di occuparmi anche di lei durante la sua convalescenza, il
povero Capitano era così in pena, per non parlare di questo
piccolino, sa sentiva molto la sua mancanza» Natasha non aveva mai
provato istintivamente affetto o simpatia per una persona, sopratutto
non appena conosciuta; Miss Jenkins fu la prima.
«La
ringrazio allora per essersi presa cura della mia famiglia. Le potrei
chiedere un favore? Ci sono due agenti feriti in fondo al corridoio,
potrebbe occuparsene?»;
«Nessun
problema.» poi la guardò con dolcezza «Ora invece lei dovrebbe
occuparsi di questo scricciolo qui» disse accennando al bambino
nella culla, che continuava a singhiozzare.
Natasha
trattenne il fiato, ora era lei ad avere paura. Aveva lottato come
una leonessa perché nessuno gli facesse del male, ed in cuor suo era
preoccupata di poterlo ferire. Ma non poteva più ignorare il suo
pianto, la stava reclamando a gran voce, scavando un solco nel suo
petto.
«E'
sua madre, non potrà fargli nulla di male» la incoraggiò
l'infermiera con un sorriso gentile.
La
russa si sporse verso la culla ed il
suo cuore tremò d'emozione nel vedere finalmente suo figlio. Dio,
era così bello ed anche così piccolo... era perfetto,
sì non
avrebbe saputo usare parola migliore, con i capelli folti e rossicci,
il naso piccolo, le labbra delineate e piene.
Una
parte di lei aveva timore di sporcarlo con il semplice tocco, le
sembrava che le sue mani fossero lordate di sangue impossibile da
lavare. Ma l'altra parte di sé prese il sopravvento e sorrise: un
sorriso dolce e rassicurante. Facendo estrema attenzione lo prese fra
le braccia, avvicinandoselo al petto; non sapeva come, ma le sembrò
che le sue mani sapessero già come sorreggerlo.
Il
bambino emise ancora qualche vagito agitato poi si calmò
d'improvviso, lentamente le sue sottili palpebre si sollevarono e i
suoi occhi, di un colore ancora non ben definito – ma Natasha era
convinta che avrebbero avuto la stessa tonalità di azzurro del suo
papà – puntarono dritti verso il suo volto, come se sapesse già
dove guardare, come se sapesse già chi fosse; e forse era davvero
così. Natasha lo sentì forte dentro di sé, loro due – madre e
figlio – già si conoscevano, era come se guardandolo la spia
sapesse già tutto di lui, nei suoi occhioni lei poteva leggere ogni
cosa del suo bambino.
«Ciao...»
mormorò commossa Vedova. Il neonato gorgogliò vivace e si agitò
nel suo fagotto di coperte, lasciandola senza fiato, era felice di
vederla. Le sue labbra tumide tremarono appena senza che smettessero
di sorridere;
«Ciao...
солнешко
[piccolo
sole]»
ripeté baciando piano la fronte liscia, e quelle guance adorabili.
L'aveva chiamato “piccolo sole”, le sue labbra avevano articolato
quell'appellativo spontaneamente, senza nemmeno che la mente si fosse
impegnata. Era proprio ciò che suo figlio era per lei: un sole.
Un'incredibile fonte di luce e calore; lui e Steve i suoi soli.
Le
aveva scaldato l'anima semplicemente riconoscendola: allungando le
braccia grassocce verso di lei, perché l'aveva riconosciuta, sapeva
che lei era la sua mamma.
«...Posso-?»
domandò incerta a Miss Jenkins, che annuì intenerita da quella
donna così letale e che ora trasmetteva, senza rendersene conto, una
dolcezza sconfinata.
«Certo
mia cara, è suo figlio dopotutto».
Prima
di tornarsene in stanza con suo figlio, si assicurò che la Winter
Soldier non potesse più nuocere, aiutando l'infermiera a legarla
saldamente e a porla sotto flebo di un sedativo potente. La lasciò
occuparsi di Bobbi e Lance e le chiese di contattare lo S.H.I.E.L.D.
per la custodia.
*
Steve
inspirò pesantemente prima di abbassare con decisione la maniglia.
Dio!
Ti prego se è un sogno non svegliarmi. Fu
quello il suo primo e sciocco pensiero. Poiché ciò che i suoi occhi
gli mostravano, era la più bella e struggente visione che lui avesse
mai visto. Natasha e il loro bambino.
La
spia era appoggiata contro la finestra: il suo profilo leggermente
circonfuso dalla luce dell'alba, chinata verso il figlio che dormiva
beatamente, perché fra le braccia più sicure del mondo. Si voltò
ad osservarlo: i suoi occhi possedevano una luce nuova ed intensa,
gli sorrise con dolcezza. Era tutto ciò di cui Steve aveva bisogno.
«Ciao...»
sussurrò «Si è appena addormentato» continuò posando il suo
sguardo sul figlio.
In
silenzio il supersoldato si avvicinò e lei riportò gli occhi su di
lui. Restarono l'uno davanti all'altra, i corpi che si sfioravano.
Steve
levò il braccio e con attenzione avvolse entrambi, stringendoseli
delicatamente contro.
«Non
farlo mai più» sospirò Steve contro la sua tempia, provocandole un
sussulto «Non provare mai più a lasciarmi Natasha.» esitò un
istante in cui la donna percepì i battiti singhiozzanti del suo
cuore contro l'orecchio, e avvertendo il proprio petto stringersi
sofferente per il dolore che gli aveva causato «Ho avuto paura...»
confessò.
«Una
maledetta paura di perderti per sempre».
Natasha
poggiò la fronte contro il petto, chiuse gli occhi e poi li riaprì
alzando il volto verso il compagno; dolci amare emozioni si agitavano
in lei. Facendo attenzione liberò un braccio, mentre il supersoldato
l'aiutò a sorreggere il figlio, e la sua mano sfiorò il mento,
costringendolo a guardarla.
«Mi
dispiace di averti fatto aspettare любовь
к моей жизни [amore della mia vita]. Ma ce lo siamo
promessi, troveremo sempre il modo di tornare l'uno dall'altra...»;
Steve
si lasciò andare ad un lieve sorriso. Il bambino si mosse un poco
fra loro e i loro sguardi scivolarono immediatamente verso di lui che
continuava a dormire pacifico le manine strette a pugnetto contro il
viso.
Natasha
rialzò lo sguardo sul compagno:
«Io
tornerò sempre da te e da... James»;
Steve
sgranò lo sguardo sorpreso, poi sorrise;
«Allora
è così che vuoi chiamarlo?» domandò dolcemente mentre Vedova
annuì sicura.
«Io
credo che questo sia il nome giusto; anche per James, se non fosse
stato per lui probabilmente ora non saremmo qui» il biondo soldato
la osservò perplesso «Lui mi ha aiutato a decidere, mi fatto
comprendere. E James ha bisogno di capire, a sua volta, che può
andare avanti, che c'è qualcosa di buono che lo sta aspettando sulla
sua strada. Che lui può abbracciare quella vita che Sharon e Jace
gli promettono... Che può ricominciare, che c'è davvero del buono
in lui...» affermò sicura. E Steve capì, annuì, gli occhi azzurri
accesi.
Si
guardarono complici, poi la mano della spia corse fra i suoi crini
chiari;
«Hai
un aspetto orribile per la cronaca» celiò semiseria. Lui ridacchiò,
e gli sembrò che tutta la tensione accumulata scivolasse finalmente
via dal suo corpo ancora una volta provato. Strinse a sé le due
persone che definitivamente detenevano il controllo del suo cuore,
respirò il loro profumo. La sua famiglia.
«Pronta?»
domandò Steve allungando la mano verso la porta. Natasha gli scoccò
un'occhiata divertita rafforzando la presa sul piccolo James, che nel
frattempo si era svegliato e cercava di muoversi, emettendo versetti
entusiasti, o almeno sembrava.
«Sì
sono pronta» replicò, accarezzando poi con tocco leggero il figlio.
Sharon
quasi travolse Steve: zoppicava appena ed era totalmente scarmigliata
ma gli occhi scuri lucidi erano pieni di sentimento.
«Nat»
sospirò commossa, portandosi le mani alla bocca, emozionata, vedendo
per la prima volta il piccolo Rogers fra le braccia della madre,
com'era giusto che fosse.
«Stai
bene?» sussurrò sedendosi accanto a lei; Natasha annuì.
«Sto
bene, stiamo entrambi bene. Tu piuttosto, dovresti farti medicare al
più presto» ribatté osservandola con occhio clinico.
Sharon
scrollò le spalle, come se la cosa nemmeno la riguardasse, era
semplicemente troppo felice di riavere Natasha.
«Ti
va di tenerlo un po'?» le chiese poi, ci teneva che suo figlio e
colei che sarebbe diventata la sua madrina legassero.
Sharon
arrossì ma annuì piano, un movimento quasi impercettibile ma
Natasha sorrise e si sporse aiutandola a posizionare le braccia nel
modo corretto.
«Ecco
qui. E' zia Sharon, солнешко».
L'agente
13 sussultò nel vedere quell'innocente creatura fra le braccia,
percepire la sua pelle calda e morbida, saggiarne il peso. Una
lacrima tracciò dolcemente la guancia della donna, osservò Natasha
e Steve, l'uno accanto all'altra esausti ma felici.
«Dio
mio! Ciao, sono la zia» mormorò sopraffatta dalle emozioni,
cullandolo piano.
«E'
permesso?» si fece avanti Sam tutto sorridente, malgrado i segni
della battaglia appena conclusa ben evidenti sulla sua pelle, seguito
dal resto della squadra, fra cui Bucky; il cui cuore iniziò a
accelerare nel vedere Sharon con suo nipote fra le braccia e per un
solo istante si concesse di immaginarla con il loro bambino. Avvertì
il petto scaldarsi ad un immagine tanto struggente, si costrinse a
tornare alla realtà; una realtà in cui la donna che amava gli
rivolgeva a malapena la parola e che lui ogni giorno temeva di
perdere sempre più. Sorrise concentrandosi sulla coppia, sollevato
che Natasha fosse tornata fra loro, guardò Sharon commossa che con
premura affidava nuovamente il piccolo al legittimo genitore, i loro
sguardi si incrociarono, abbozzò un sorriso mentre lei abbassò gli
occhi imbarazzata.
Steve
sistemò meglio il figlio fra le braccia e si sedette sul letto
accanto alla compagna.
«Abbiamo
molto di cui discutere, ma prima... Visto che ci siete tutti vorremmo
– si scambiò un'occhiata complice con Natasha – ufficialmente
presentarvi nostro figlio: James Samuel Rogers» disse il
capitano con evidente orgoglio e commozione.
Ci
mancò poco che Sam scoppiasse a piangere a dirotto e Bucky avesse un
infarto lì seduta stante. Mentre gli altri si congratulavano ancora
una volta con i due genitori; i due uomini, i cui nomi erano stati
dati al figlio del loro migliore amico e compagno d'armi, erano
rimasti senza parole.
James
rivolse uno sguardo a Natasha e lei gli regalò un piccolo e sincero
sorriso, comprese in quel momento ciò che aveva fatto, ciò che
voleva comunicargli. Le fece un cenno col capo, ringraziandola
silenziosamente.
Più
plateale fu Sam che si sporse verso la coppia ringraziandoli e
promettendo le cose più folli al piccolo James, che rimaneva placido
fra le braccia del padre.
«Voi
due!» sospirò compiendo un evidente sforzo per trattenere le
lacrime.
Clint
e Maria fecero del loro meglio per trattenerlo, l'arciere osservava i
neo genitori con evidente orgoglio e sollievo, Steve lo ringraziò
per ciò che aveva fatto per loro, per avergli permesso di stare
vicino alla sua famiglia.
L'atmosfera
rilassata venne interrotta da Meredith Montgomery, che chiese di
poter parlare con il capitano e vedova in privato. La squadra
acconsentì senza troppe proteste, era vero avevano ancora molte cose
di cui discutere – fra cui un Winter Soldier bellamente sedato –
ma erano tutti, senza esclusione alcuna, distrutti, sfiancati
dall'ultima battaglia e ben felici di potersi riposare, sopratutto
ora che Natasha era nuovamente con loro.
Bucky
dietro a Sam, non riuscì a reprimere l'impulso e trattenne Sharon,
restando così isolati mentre il resto dei loro compagni proseguiva.
«James!
Per favore-»
«Ti
prego parlami...» la interruppe lui, stremato e con gli occhi pieni
di desiderio. All'agente 13 salirono le lacrime agli occhi, lo
voleva, ma non era ancora pronta.
«No.
Io non sono pronta, non ancora e sopratutto non adesso. Sono
stanca»
quando lui aveva deciso di andarsene, lei aveva perso completamente
il controllo. Lui aveva deciso per entrambi e l'aveva costretta ad
accettare quella situazione senza alcuna possibilità di scelta;
ciò l'aveva ferita, ed era rimasta totalmente in balia delle sue
peggiori emozioni, fra cui la paura di averlo perso per sempre.
«Sharon,
per quanto vuoi punirmi? - mormorò sconsolato – non riesco a
respirare se non ci sei tu...» confessò con sincerità disarmante.
Chiuse
gli occhi e trattenendo le lacrime si sottrasse bruscamente al suo
tocco;
«Non
chiederò scusa per come ho deciso di riparare qualcosa che tu hai
rotto» disse piano.
Bucky
abbassò la testa sconfitto, ma non rimase in silenzio a lungo;
«Io
ti aspetterò. Dovesse volerci una vita intera».
«Natasha
mi fa molto piacere che ti sia ripresa» esordì la dottoressa,
sinceramente sollevata.
«La
ringrazio, mi ha salvato la vita, non lo dimenticherò» replicò la
russa con sicurezza mentre Steve le ridava il piccolo James, per poi
avvolgere entrambi con il braccio e tenerli saldamente accanto a sé.
«Vorrei
aver fatto di più» asserì invece Meredith, lanciò un'occhiata al
capitano ma lui negò col capo, non aveva avuto occasione di
dirglielo.
«Natasha,
purtroppo a seguito delle complicazioni in seguito al parto, abbiamo
dovuto asportarti l'utero. Questo significa che-»
«Non
potrò più avere figli» terminò per lei quel doloroso discorso. La
donna si limitò ad annuire mortificata.
La
spia osservò prima il figlio che si muoveva fra le sue braccia,
poi volse lo sguardo davanti a sé; annuì lentamente. Avvertiva la
presa di Steve forte contro il proprio corpo.
Un
corpo privato di qualcosa di prezioso, una parte di sé. Poiché un conto era poter
prendere la decisione consapevole di non generare altri figli, un
altro era che la natura, le circostanze avessero deciso per lei,
privandola della libertà di scegliere.
«Io
vi lascio soli, per qualsiasi cosa resto a vostra disposizione»
celiò con delicatezza Meredith prima di andarsene.
«Nat»
la richiamò Steve «Mi dispiace». Non c'era nulla di diverso che
potesse dirle o aggiungere.
Vedova
Nera strinse a sé il bambino, gli baciò piano la tempia, lo guardò
e lo vide sano, in forze, vivace. Si volse verso il padre di suo
figlio e le sue labbra si stesero in un sorriso lievemente tremante.
«Nonostante
tutto non c'è nulla che cambierei» disse semplicemente.
Nove mesi prima aveva scelto di avere quel bambino, aveva deciso che
qualsiasi cosa le fosse capitata lei l'avrebbe accettata ed era quasi
morta per poter dare alla luce il suo piccolo sole, ne aveva pagato il
prezzo, qualcuno avrebbe detto troppo alto, ma non lei. Avrebbe potuto
perderlo in qualsiasi momento, ma invece no, James Samuel Rogers aveva
già dimostrato la sua forza e lei non sarebbe stata da meno.
__________________________________________________________Asia's Corner
Salve a todos! Miei
carissimi lettori un altro capitolo è terminato, è vero
ci sono tante cose di cui parlare e nel prossimo capitolo ne leggerete
delle belle non preoccupatevi, ma per questo capitolo ho scelto solo di
concentrarmi su Natasha e il piccolo James (so che qualcuno aveva
già idea del nome, d'altronde ho solo rispettato l'effettivo
nome del figlio di Cap e Vedova - anche se Samuel è stata una
mia aggiunta personale).
"Motherhood" parla chiaro e spero davvero che vi sia piaciuto, come a me è piaciuto moltissimo scriverlo!
Detto ciò, volevo comunicarvi che ho fatto un rapido conto e
riflessione e teoricamente mancherebbero più o meno 4/5 capitoli
al termine di questa terza ed ultima parte, a cui poi si
aggiungerà un capitolo EXTRA, su... Beh credo che prima della
fine lo intuirete su che cosa sarà ;)
Io ringrazio dal profondo del mio cuore tutti voi che siete giunti
fino a qui! E vi auguro (a chi ancora non ci è andato, ma anche
a chi ci è già stato) BUONE VACANZE, io per i prossimo
nove giorni sarò a zonzo nei Balcani. Tornerò con il
prossimo capitolo a SETTEMBRE! L'aggiornamento sarà VENERDI' 14!
Stay tuned!