"Levati
di mezzo!".
Era
iniziata così, la sua discesa verso l'inferno. O forse no,
era
iniziata prima ma in quel momento, quando Ross aveva pronunciato
quelle parole, si era portato a compimento un processo iniziato tanto
tempo prima, da prima che Francis morisse.
Levati
di mezzo... Voglio andare da lei...
Ross
da sempre aveva voluto andare da lei. Aveva creduto di amarla, forse
ci aveva provato ma il suo cuore aveva sempre pulsato d'amore solo
per Elizabeth. Era solo questione di tempo, Demelza lo aveva sempre
saputo.
L'amore
vero non vince ogni ostacolo? L'amore vero non è quello che
da
sempre sa trionfare?
Demelza
lo aveva sempre saputo, era stata un ripiego. All'inizio del suo
matrimonio era semplicemente felice di essere la moglie di Ross, non
si aspettava nulla in cambio da un uomo che riteneva tanto superiore,
perfetto e irraggiungibile, era solo orgogliosa che lui l'avesse
sposata e ingenuamente convinta che il suo amore per lui sarebbe
bastato. Poi gli angoli si erano smussati, si erano innamorati, erano
stati felici ed era nata Julia. E ci aveva creduto, aveva creduto in
loro due, coppia nata per caso e per i motivi sbagliati ma forse
destinata a brillare come una stella. Eppure, anche nei momenti
più
belli, silenziosa come un fantasma, Elizabeth era sempre stata fra
loro due.
Poi
Julia era morta e l'incantesimo che si era creato fra loro si era
sgretolato. E dopo che era morto anche Francis, il cuore e la mente
di Ross erano andati definitivamente verso Trenwith, verso Elizabeth,
verso Jeoffrey Charles.
Ross
era un uomo buono, generoso, che si faceva in mille per gli altri.
Aveva aiutato i minatori, i suoi amici, aveva aiutato Dwight e
Caroline a ritrovarsi e si era fatto in mille per Elizabeth. Era una
persona dall'animo altruista e votata agli altri. Solo lei veniva
sempre dopo tutti, per lui. Lei e Jeremy.
Ross
non aveva mai voluto Jeremy ma si era illusa che lo amasse. Si era
illusa finché non aveva scoperto che, con lo spettro di due
anni di
prigione davanti, suo marito aveva pensato unicamente al
sostentamento di Elizabeth e Jeoffrey Charles per il periodo in cui
non ci sarebbe stato, senza la minima preoccupazione per lei e
soprattutto per suo figlio, lasciato con calcolo senza sostentamento
e nell'indigenza. Le faceva male pensare a questo fatto, le faceva
male esserne venuta a conoscenza tramite altri e soprattutto le
avevano fatto male le scuse assurde a cui Ross si era aggrappato.
In
fondo, il vero tradimento fisico, non era nell'aria già da
tanto?
Era una questione di tempo ormai...
Nampara
non interessava più, a Ross. Né lei,
né Jeremy, né il nuovo
bambino che stava aspettando. Nulla di tutto questo lo aveva fermato,
quella notte. E ora vivevano sotto lo stesso tetto, in un limbo
doloroso dove ognuno stava sulle sue, dove si respirava astio, dove
Ross vagava confuso senza sapere cosa fare o dire e lei scattava come
una molla alla minima provocazione.
Jeremy,
di cui si occupava prevalentemente Prudie, era fin troppo buono e
tranquillo per i suoi due anni e mezzo ma avvertiva anche lui la
tensione che aleggiava in casa e la notte spesso si svegliava in
lacrime.
Lei
invece, portava avanti una gravidanza che sembrava non darle
più
gioia. Era al quinto mese di gestazione, si sentiva perennemente
stanca e svuotata di ogni emozione e nemmeno i calcetti del bimbo che
aspettava, sembravano regalarle un sorriso. Che vita avrebbe offerto
a questo nuovo figlio? Avrebbe avuto un padre? Avrebbe avuto amore? E
lei, sarebbe stata capace di ritagliarsi la serenità
necessaria a
crescere anche da sola due bambini?
Demelza
aspettava... Che Ross parlasse, che Ross decidesse, che Ross aprisse
la porta per andarsene definitivamente o la chiudesse per restare.
Ma
lui sembrava inerme, lontano, perso quanto lei. Lontano da tutti,
lontano dalla sua famiglia come lo era, stranamente, anche da
Elizabeth.
E
Demelza non chiedeva, non osava rompere quel silenzio per la troppa
paura che dalla bocca di suo marito uscissero parole che potessero
distruggerla definitivamente. E non poteva permetterselo, non poteva
crollare, aveva Jeremy e un altro bimbo in arrivo a cui pensare.
E
allora si trascinava stancamente per la casa, aspettando che venisse
sera e l'oscurità inghiottisse ogni cosa, nella speranza che
il
nuovo giorno fosse migliore del precedente.
Nel
silenzio e nella penombra dell'imbrunire, strofinò con
fatica un
grosso pentolone sporco di grasso. Era un lavoro che avrebbe dovuto
fare Prudie ma la serva si stava occupando di Jeremy che quel giorno
non era stato fermo un attimo e lei, troppo spossata dalla nausea,
non era riuscita a prendersi cura di lui.
Ross,
chiuso in un mutismo impenetrabile, era seduto all'altro lato del
tavolo, intento ad osservare una mappa della Wheal Grace.
Alzò gli
occhi su di lei, sospirò e poi scosse la testa. "Non
dovresti
farlo!".
Lei
lo guardò, con la mente assente e lontana.
"Perché?".
"Perché
è da stamattina che stai male e non dovresti stancarti".
Lei
lo fissò con freddezza. "E' da maggio che sto male, non da
stamattina" – disse, intenzionata a ferirlo. "Ma ti
ringrazio per l'interessamento" – concluse, sarcastica.
Ross,
con un gesto secco, picchiò la mappa sul tavolo.
Evidentemente lo
aveva capito anche lui che stava cercando di provocarlo per avere una
qualche reazione. "Demelza, questo tuo atteggiamento non ci
è
di nessun aiuto!".
"Nemmeno
i tuoi di atteggiamenti, ci sono stati d'aiuto, Ross".
Lui
si morse il labbro. Demelza lo conosceva, sapeva quanto si sentisse
frustrato, in trappola e in difficoltà in quel momento. Ross
era un
uomo d'azione, un uomo del fare, ma gli era sempre risultato
difficile aprire il suo cuore, parlare dei suoi sentimenti e
affrontare le conseguenze dei propri errori.
Demelza
era rimasta, sarebbe rimasta finché avesse sentito che c'era
speranza per loro. O finché Ross non avesse deciso cosa fare
della
sua vita, del loro matrimonio e della loro famiglia. Ma lui taceva e
lei, che pur conosceva a memoria ogni angolo della sua mente, non
riusciva più a leggergli dentro. E quindi cercava di
provocarlo, di
ottenere una reazione, di spingerlo a parlare, a urlare o a dire
qualcosa di dannatamente necessario per loro.
Ross,
sfinito in volto quanto lei, sospirò e abbassò il
capo. "Demelza,
sto cercando di fare del mio meglio".
"Mi
sembra che tu non stia facendo niente. Stai quì, zitto! O
scappi in
miniera e ti nascondi sotto terra come farebbe un ladro... E il tempo
passa e mi sembra che, sempre più, io e Jeremy siamo
diventati
fantasmi fastidiosi per te".
Ross
fece per replicare ma sembrava a corto di parole, in
difficoltà, al
muro. "Tu non sei un fantasma! E nemmeno Jeremy!".
Lei
scosse la testa, esasperata. "Siamo invisibili da così tanto
noi, ormai... Che tu sia quì, che tu sia in miniera, che tu
sia a
Trenwith, per noi non cambia nulla, non ci vedi, siamo trasparenti
ormai ai tuoi occhi".
"Non
lo siete mai stati!".
"E
invece sì! Da quando è morto Francis,
soprattutto... Ma in fondo
anche da prima che lui morisse, a ben pensarci, non hai mai smesso di
invidiare la sua vita e il suo matrimonio".
Ross
avvolse la mappa, la legò con uno spago e la
gettò in una cesta di
vimini vicino al camino spento. "Elizabeth era sola ed incapace
di provvedere a se stessa e come capo della famiglia Poldark era mio
dovere prendermi cura di lei e di suo figlio. Tu avevi me!".
Lei
strinse con forza i pugni e poi, con un gesto stizzito,
gettò la
spugna nel pentolone che stava cercando di pulire. "Te? Quando
avevo TE? Quando hai pensato a noi? Come ti avrei avuto in quei due
anni di prigione? Elizabeth ti aveva, Elizabeth ti HA AVUTO! Non io,
non Jeremy, non il bambino che aspetto". Frustrata, con le
lacrime che le pungevano gli occhi, riprese la spugna e
ricominciò a
strofinare con forza.
E
a quel punto Ross si alzò dalla sedia, togliendole il
pentolone di
mano con un gesto secco. "Ho detto di smetterla! Lo farà
Prudie! Sei incinta, dannazione! E non stai bene!".
"Come
se ti importasse qualcosa" – urlò lei, mentre
ormai le
lacrime le bagnavano le guance.
Ross
fece per replicare, ormai era furibondo e la rabbia sembrava
esplodere da ogni suo poro. Ma fu fermato, provvidenzialmente,
dall'arrivo di Jeremy e di Prudie.
Il
bimbo, preoccupato di vederla piangere, corse da sua madre. "Mamma"
– mormorò con vocina stentata.
Demelza
si sforzò di sorridere. "Amore tranquillo, mamma si
è presa il
raffreddore".
"Ecciù"
– rispose lui saltandole in braccio, ridendo.
Demelza
lo baciò sulla fronte, rimettendolo a terra. Era dolcissimo
Jeremy,
un vero piccolo principe azzurro in miniatura. E sarebbe diventato un
grande uomo un giorno...
Prudie,
quasi timorosa, si avvicinò a Ross. "C'è una
lettera per voi.
Da Trenwith" – mormorò, guardando Demelza con
sguardo triste
e pieno di sensi di colpa.
Ross
divenne di ghiaccio. E anche Demelza. Lei finse indifferenza, lui
prese la busta con un gesto veloce e poi, dopo aver intimato a Prudie
di andare via con Jeremy, si sedette nuovamente alla sua sedia.
Demelza,
sopraffatta dal dolore ma decisa a essere forte, osservò la
busta
bianca fra le mani del marito. Si aspettava qualcosa del genere, era
ovvio che prima o poi Elizabeth si sarebbe fatta viva. Erano passati
quasi due mesi da quella notte maledetta e Ross non era più
andato a
Trenwith da lei e aveva fatto perdere le sue tracce con le persone
che vivevano lì.
Scappava,
da lei come da Elizabeth...
Scappava
e lei non riusciva più a riconoscere l'uomo che aveva
sposato.
Dov'era Ross, il Ross forte, fiero e coraggioso? Cos'era successo a
suo marito? "Non la leggi?".
Ross
sollevò un occhio su di lei. "Suppongo che non dovrei".
"Io
invece suppongo che dovresti farlo. Sarebbe... cortese...
dopo
tutto quello che è successo".
E
a quel punto, Ross esplose. Si alzò in piedi, la sedia su
cui era
seduto cadde con un tonfo sul pavimento e picchiò le mani
sul tavolo
con violenza. "Cosa vuoi che faccia? Sono quì, con te! COSA
DEVO FARE ANCORA???".
Demelza
deglutì. Ecco, la reazione era arrivata e lei era talmente
sfinita
per riuscire a fronteggiarla... E ora dove li avrebbe condotti
quell'esplosione di rabbia repressa? "Devi decidere cosa vuoi
Ross! Essere onesto con te stesso e con le persone coinvolte in
questa storia".
"Sono
quì, non ti basta? Il resto si sistemerà,
è stata solo una dannata
notte Demelza e speravo che tu capissi che non è il caso di
fare
tutte queste tragedie. È finita, andata! E' successo e non
si può
tornare indietro, ma ci si può lasciare tutto questo alle
spalle, se
tu...".
Come
se dipendesse da lei, pensò amareggiata... Come se il
problema fosse
lei... Demelza guardò nuovamente la busta. "Leggi quella
lettera! Dopo tutto, lo devi ad Elizabeth... Una qualche spiegazione,
intendo!".
Ross
le lanciò uno sguardo di sfida. "Lo vuoi davvero?".
"Quello
che voglio io conta poco".
Ross
la guardò storto e poi, stizzito, tolse la ceralacca e
aprì la
busta. Lesse quelle che non dovevano essere che poche righe e poi
distolse lo sguardo, fingendo interesse per qualcosa di inesistente
alla finestra.
"E
allora?" - chiese lei, guardandolo insistentemente in viso.
"Vuole
che vada a Trenwith, dice che deve parlarmi".
Demelza
osservò Ross. Rispetto a quella maledetta notte di maggio,
ora suo
marito aveva un tono freddo e distaccato. Distaccato da lei ma anche
da Elizabeth... "Te ne stupisci?".
Lui
la fissò, torvo. "A me stupisce che tu non sia stupita".
Demelza
sospirò. "Ross, non le hai detto una parola. Sei andato
lì,
hai fatto in modo che rimandasse il suo matrimonio con George, hai
tradito tutti i voti nuziali che ci siamo scambiati nel giorno in cui
ci siamo sposati e poi sei sparito. Certo che vuole parlarti! E
onestamente, io la odio ma credo che tu glielo debba! Se non vuoi
parlare con me, posso accettarlo! Ma lei non è obbligata a
fare
altrettanto".
Ross
ripiegò la busta, mettendosela in tasca. "Mi stai
spingendo...
ad andare da lei?".
"Ti
sto spingendo a prenderti le tue responsabilità. Prima lo
fai, prima
forse supereremo questo momento".
Ross
scosse la testa. "Sono un uomo sposato, le mie
responsabilità
sono quì".
"BALLE!
Tu stai scappando, Ross".
Lui
sussultò, MAI lei era stata tanto diretta e irrispettosa
verso di
lui. E il suo sguardo ferito sembrava urlare ai quattro venti che lei
aveva centrato il bersaglio. "Non sto scappando".
"E
allora, va a Trenwith" – rispose Demelza, con sguardo di
sfida.
Ross
la guardò con malcelato astio. "Andrò domattina"
–
disse, avviandosi verso la porta della biblioteca dove c'era la
brandina che era diventata il suo letto.
Demelza
lo guardò freddamente, poi abbassò lo sguardo,
riprese la spugna e
fece per riprendere fra le mani il pentolone. "Domani...".
Ross
fu subito dietro di lei e, nuovamente, le tolse la pentola dalle
mani. "Ho detto che non devi farlo! Va a letto! Ora!".
Demelza
sussultò. Erano le stesse parole che aveva pronunciato una
sera di
tanti anni prima, mentre lei indossava un abito di seta azzurro
appartenuto a sua madre e cercava un modo per non tornare ad Illugan.
Quella sera era iniziato tutto ma ora, sentire quelle parole, aveva
un sapore totalmente diverso e amaro. "Ross...".
Lui
avvampò e in quel momento lei si rese conto che stava
ricordando la
medesima cosa. "A letto" – mugugnò, distogliendo
lo
sguardo.
E
lei, a malincuore, fu costretta ad ubbidire.
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