ReggaeFamily
Ecco a voi
titolo e link della canzone che vi consiglio di ascoltare durante la
lettura:
Till
The End
Stay
with me till the end
«Siamo
degli stronzi estremamente fortunati ad avere dei fan che vogliono
che la nostra raffazzonata cricca di disadattati pubblichi un disco
dopo tutti questi anni, visto che i tempi lo richiederebbero. Questo
ha naturalmente generato numerosi pettegolezzi attorno alla band e
alla nostra incapacità di fare un nuovo album, insieme a tutto
il chiacchiericcio di cose dette da tizio e caio prese dalle nostre
interviste passate e presenti e a quei media sempre a caccia di
sensazionalismo che non stanno – diciamocelo – cambiando
il mondo in meglio. Quindi proverò a mettere in chiaro le
cose per il bene di tutti noi una volta per tutte, sperando di non
calunniare nessuno.
È
vero: sono l’unico e solo responsabile della pausa che i SOAD
si sono presi nel 2006. Tutti gli altri volevano andare avanti e fare
dischi e tour allo stesso ritmo. Io no. Perché? Per molte
ragioni:
1. Artistiche: ho sempre
sentito che continuare a fare sempre la stessa cosa con le stesse
persone diventa ridondante, nel tempo, anche per formazioni dinamiche
come la nostra. Al tempo sentivo che avevo bisogno di tempo per
lavorare alle mie cose. Non escludevo di riprendere le cose con la
band più avanti.
2. Egalitarie: quando
abbiamo iniziato, il nostro contributo creativo e la suddivisione dei
proventi erano praticamente uguali all’interno della band. Ma
quando uscì “Mezmerize/Hypnotize” le cose erano
ormai stravolte fino all’opposto, con Daron che voleva
controllare sia il processo creativo che prendersi il grosso nella
suddivisione delle entrate, per non parlare della sua volontà
di essere il solo a rilasciare interviste.
3. Volevo andarmene dalla
band prima di “Mezmerize/Hypnotize” per queste ragioni.
Perché personalmente non mi sento così vicino alla
musica contenuta in quei dischi. C’erano brani che volevo
includervi, ma sono stati tagliati fuori con promesse non mantenute,
oltre che a causa della mia passività di quel momento.
Poi è passato il
tempo, ognuno ha fatto le sue cose. La mia carriera solista mi ha
dato la sicurezza necessaria come songwriter e poi anche come
compositore per poter tornare guardare ai SOAD da una posizione di
forza, solo per tornare in tour e godermi la compagnia degli altri,
cosa che abbiamo fatto e che continua ad essere.
Sapevo che volevano fare
un nuovo disco, ma visto cos’era successo in passato ero
dubbioso. All’epoca ci sono stati scatti d’ira dall’uno
o dall’altro membro della band, per lo più rivolti
contro di me, in cui mi si dava la colpa per l’inattività
della band.
Dopo molto tempo passato
a pensare e metabolizzare, circa due anni fa sono andato dai ragazzi
con alcune proposte per andare avanti come band.
Volevo raddrizzare le
storture del passato e stabilire un modo per essere tutti felici di
andare avanti, quindi ho posto le seguenti raccomandazioni:
1. Pari contributo
creativo: ad oggi ho pubblicato cinque album solisti ed ero
migliorato come songrwiter da un punto di vista musicale, come Daron
stava migliorando come autore di testi, quindi ho proposto che ognuno
portasse sei brani e che tutti i membri della band approvassero
totalmente e di lavorare su di essi con brani e riff anche di Shavo.
2. Pari divisione dei
diritti: personalmente, sentivo che la band è una società
paritaria e che questo debba riflettersi anche sul piano finanziario.
3. “Director’s
cut”: chiunque abbia scritto il brano prende le decisioni
finali dopo che tutti nel gruppo hanno detto la loro, esaurendo ogni
tipo di proposta. Ho voluto questo perché in passato mi è
capitato di portare brani che sono stati trasformati in modi
indesiderati e che, fosse stato per me, non avrei mai preso in
considerazione.
4. Sviluppare un concept
nuovo o un tema, in modo che non fosse solo un disco ma un’esperienza
completa.
(Ovviamente sto
tralasciando molti altri dettagli, come il fatto di mettersi
d’accordo sul “sound” di un nuovo disco, che non
potevamo sicuramente fare nemmeno andando avanti e indietro con brani
scritti da Daron e me. Ricordo che ho mandato un sacco di note sui
brani di Daron, soprattutto sul suo ultimo disco con gli Scars On
Broadway, la maggior parte delle quali non erano per me applicabili
ad un nuovo album dei SOAD ecc., giravano attorno a certi miei brani
– basta per dire che penso che ci abbiamo provato).
Infine ho dovuto
tracciare una linea perché sapevo che non avrei mai potuto
essere felice tornando a come le cose stavano prima nella band.
E siccome non abbiamo
potuto incontrarci su tutti questi punti, abbiamo deciso di mettere
da parte l’idea di un disco, per ora.
Il mio solo rimpianto è
che siamo stati incapaci, come gruppo, di darvi un nuovo album dei
SOAD e per questo mi scuso.
Grazie per aver
letto. Peace Serj.»
[Post di Serj Tankian,
12 luglio 2018; traduzione di metalitalia.com]
Il
mio cellulare, poggiato sul piano del tavolino accanto a me, prese a
vibrare. Lo afferrai e consultai il display prima di rispondere.
Daron.
Sospirai
profondamente prima di premere sulla cornetta verde. Sapevo che quel
momento prima o poi sarebbe arrivato, ma sapevo anche che il
chitarrista era imprevedibile e non avevo idea di cosa aspettarmi da
quella chiamata.
“Sì?”
esordii in tono esitante, portandomi il telefono all'orecchio.
“Serj”
sibilò la voce di Daron dall'altro capo, glaciale.
“Hai
letto le mie dichiarazioni, vero?”
La
mia era solo una domanda retorica.
“Sì.”
“E
sei incazzato con me?” azzardai.
“Può
essere.” Calò il silenzio per qualche secondo, poi Daron
domandò: “Perché l'hai fatto?”.
Mi
passai una mano tra i capelli. Ma perché mi dovevo ritrovare
in queste situazioni scomode e surreali per colpa di una delle mie
più grandi passioni? Gli eventi stavano prendendo una piega
decisamente negativa.
“Daron,
ascoltami. I fans insistevano, volevano chiarimenti, e tu lo sai
bene. E poi che dovevo fare? Lasciare che tu mi dipingessi nelle
interviste come la pecora nera del gruppo? Per certe cose avrai anche
ragione, ma ho comunque tutto il diritto di dire la mia!” mi
difesi.
“Forse
non ti rendi conto della cazzata che hai fatto” ribatté
Daron, cercando invano di mantenere un tono piatto; in realtà
cominciava ad alterarsi. “Tra meno di una settimana esce il
nuovo album degli Scars dopo dieci anni di silenzio, e tu non hai
fatto che gettarmi merda addosso. Grazie mille per la pubblicità,
davvero. Già la maggior parte dei fans dei System non mi
sopporta...”
“Per
favore, smettila,” lo interruppi, “non siamo più
dei bambini e non mi sembra il caso di discutere per una cosa del
genere. Fammi capire: secondo te sono così stronzo da voler
boicottare il tuo progetto? Per quale motivo, poi? Il fatto che io
abbia scritto quel post a pochi giorni dall'uscita di Dictator
è solo un caso, avevo semplicemente voglia di fare chiarezza!
Tutti mi dicono che non ho rispetto per i nostri seguaci, invece mi
sono anche premurato di dare delle spiegazioni e...”
Cominciavo
a perdere la pazienza. Ogni giorno tutta quella situazione diventava
sempre più intricata e io non sapevo più come uscirne;
il nervosismo mi stava mangiando vivo.
“Serj,
io me ne fotto del rispetto che porti ai fans. Quello che mi
interessa è il rispetto che hai di me!” sbottò
Daron.
“Se
a me non importasse nulla di te, non avrei nemmeno accettato di fare
i System venticinque anni fa e ora non saremmo amici” gli feci
notare.
“Mi
hai sempre preso per il culo, il mio modo di lavorare e comporre non
ti è mai piaciuto. Odio la gente condiscendente che mi dà
ragione solo per vedermi felice” mi accusò in tono
pungente.
Io
l'avevo preso per il culo? Durante il periodo di attività con
i System gli avevo sempre lasciato molta libertà perché
lo vedevo così entusiasta e pieno di creatività, ero
sempre sceso a compromessi con lui e avevo lasciato che le mie idee
venissero bocciate una dopo l'altra. E dopo tutto ciò, Daron
si era fatto quest'idea di me?
Ero
deluso.
“Senti
Daron, pensa quello che vuoi, non mi interessa. Entrambi sappiamo che
le cose sono sempre andate come le ho raccontate in quel fottuto
post; non mi sembra un grande segreto da custodire fino alla morte,
anche perché molti dei nostri fans ci sono arrivati da soli.
Io non ho scritto niente con l'intento di offenderti, non ti ho dato
colpe, ho solo spiegato i fatti in maniera obiettiva. Se hai manie di
persecuzione e vedi cospirazioni contro di te anche dove non ci sono,
beh, non so cosa dirti.”
“Vabbè,
dai. Tanto è anni che parlo al vento: sei convinto delle tue
idee e non le vuoi cambiare. Vaffanculo” concluse Daron in tono
acido, interrompendo la conversazione.
Mi
aveva sbattuto il telefono in faccia, e ora io riuscivo solo a
fissare il display pieno di messaggi e notifiche senza nemmeno
vederlo.
Non
riuscivo nemmeno a essere arrabbiato. Ero solo triste e profondamente
angosciato.
Io
e Daron eravamo amici da una vita, gli volevo bene come a un fratello
e per lui avevo sempre fatto i salti mortali, sacrificando molte
volte amici e impegni. Non volevo discutere con lui per via dei
System, delle dichiarazioni che rilasciavamo durante le interviste,
delle dicerie che portavano fuori i nostri fans.
Daron
diceva sempre che non prendeva le nostre divergenze musicali sul
piano personale, ma quella chiamata era stata la dimostrazione che in
realtà non riusciva a tenere le due cose separate.
Presi
qualche respiro profondo, ma mi sentivo soffocare: là in
giardino cominciava a fare caldo, forse era meglio rientrare e stare
all'ombra.
Mi
alzai e mi stiracchiai. Mi sarei voluto addormentare per dimenticare
tutto ciò che era successo, peccato che non avessi sonno e
dovessi pensare alla valanga di impegni che mi attendeva nei giorni
successivi.
“Papà!
Vieni, c'è un insetto strano!” La vocina di Rumi mi
raggiunse e poco dopo lo vidi sbucare dalla porta d'ingresso e
correre sul vialetto verso di me.
Mi
riscossi e mi sforzai di sorridere e concentrarmi su mio figlio. Non
volevo che si accorgesse del mio stato d'animo. “Un insetto?
Dove?”
“Vicino
alla finestra! Mamma ha paura, dice che non sa cos'è!”
Rumi mi prese la mano e cominciò a trascinarmi verso il
portone.
Lo
seguii all'interno, intenzionato a mettere da parte tutto il resto.
Auguri
fratello, e siamo a quarantatré! Corri corri, tanto non mi
raggiungi :)
Era
il 18 luglio e io, come tutti gli anni, avevo mandato gli auguri di
compleanno a Daron. Gli scrivevo ogni anno un messaggio simile e lui
puntualmente mi rispondeva con qualche fesseria delle sue.
Non
ci eravamo ancora chiariti dal giorno della chiamata, ma io non ero
arrabbiato con lui. È vero, Daron mi faceva spazientire
spesso, ma sapevo che era fatto così e non me la prendevo;
sapevo anche che quando discutevamo metteva il broncio per un paio di
giorni, ma poi passava tutto e mi scriveva qualche messaggio stupido
o mi mandava qualche foto.
La
giornata trascorse in fretta e io, assorbito da un sacco di faccende
da svolgere, non ebbi tanto tempo per stare appresso al cellulare.
Solo verso mezzanotte meno un quarto, dopo aver messo Rumi a letto e
aiutato Angela a sistemare un po' la cucina, mi resi conto che Daron
non aveva risposto.
Non
ricevetti nessun messaggio da lui nemmeno il giorno seguente.
Cominciavo
a preoccuparmi.
“Serj?”
Angela mi si sedette accanto sul divano e prese a osservarmi, le
sopracciglia inarcate.
Distolsi
per un attimo lo sguardo dal mio cellulare e le rivolsi un'occhiata
di sbieco. “Mmh?”
“Sei
strano ultimamente. Che succede?” domandò in tono
apprensivo, posandomi una mano sul braccio.
“Daron
non mi scrive da giorni. Gli ho anche mandato gli auguri e non mi ha
risposto” ammisi con un sospiro.
Angela
mi attirò a sé e mi fece posare la testa sulla sua
spalla. “Sai com'è fatto, no? Sono sicura che tornerà
da te, siete come fratelli!” cercò di rassicurarmi con
dolcezza.
Chiusi
gli occhi e inspirai il suo profumo, che era sempre in grado di
tranquillizzarmi. “Non lo so, non so cosa pensare. Sai bene che
i ragazzi sono una parte di me, non posso fare a meno di nessuno dei
tre; quando sento che qualcosa non va con uno di loro, ci sto male.
Mi chiedo se non sia stato io a sbagliare qualcosa.”
“Tu
non hai sbagliato niente e non devi avere alcun rimpianto: hai fatto
di tutto per mantenere la pace nel gruppo, andare avanti secondo
regole giuste e tutelare anche Shavo e John, che non si sono mai
lamentati anche se ne avevano motivo. Sei sempre stato sincero e
paziente, hai lasciato che gli altri ti sbattessero in faccia il loro
disappunto senza mai ribattere e alterarti e non hai mai mancato di
rispetto a qualcuno, tanto meno a Daron. Ora sta a lui riflettere e
capire che ha esagerato.”
Riflettei
su quelle parole. Sapevo che Angela aveva ragione, ma non era quello
il punto.
“Lo
so, è solo che... io e lui siamo amici e non voglio rischiare
che il nostro rapporto venga compromesso da stronzate del genere. Ma
non voglio nemmeno riprendere i lavori con i System contro la mia
volontà per farlo felice. Non so come uscirne” spiegai.
“Cosa
puoi fare in alternativa? Lasciare che Daron sbollisca la rabbia e
continuare così, oppure lasciare il gruppo...”
“No!”
sbottai. “Non ce la farei mai a lasciare i System!”
Il
mio cellulare, abbandonato sul cuscino del divano accanto a me,
cominciò a vibrare. Sollevai la testa di scatto e lo afferrai,
col cuore colmo di speranza.
Era
Shavo.
Mi
rabbuiai, ma subito dopo sorrisi: forse il bassista poteva aiutarmi a
risolvere questa faccenda, dato che viveva a Los Angeles come Daron e
lo poteva osservare meglio di me.
“Shavo!”
risposi.
“Fratello,
ehi! Come va?” esordì lui allegro.
“Mmh...
insomma... cioè, volevo chiederti una cosa. Però prima
dimmi perché mi hai chiamato.”
“Mi
devo preoccupare?” si agitò subito lui.
“No.
Dai, dimmi!”
“Ho
condiviso sulla pagina dei System il nuovo album di Daron, l'hai
visto? Spero che la cosa non ti dispiaccia, anche John era
d'accordo!”
“Non
c'è problema. A proposito: volevo parlarti proprio di Daron”
colsi la palla al balzo.
Angela
mi strizzò l'occhio e si alzò dal divano, poi lasciò
la stanza.
“Cos'ha
combinato? È ancora incazzato per il post?” chiese
Shavo.
Come
faceva a saperlo? Io non gliene avevo parlato.
“Nel
caso te lo stessi chiedendo: sì, il giorno in cui lo ha
pubblicato mi ha chiamato e si è lamentato ininterrottamente
per tre quarti d'ora. Gli avrei chiuso il telefono in faccia!”
chiarì.
“Ah,
ecco. Sì, penso sia ancora incazzato perché non mi
scrive almeno da una settimana. Forse stavolta l'ho combinata
grossa.”
Shavo
rise. “Macché! Hai fatto quello che era giusto fare, ne
avevi tutto il diritto. Io sono dalla tua e cercherò di farlo
ragionare, okay?”
Lui
era sempre così positivo e ottimista!
Volevo
porgli una domanda, ma mi sentivo un po' in imbarazzo. Mi guardai
attorno, raccolsi tutto il coraggio che avevo e presi fiato. “Shavo,
secondo te Daron mi vuole davvero bene?” buttai fuori tutto
d'un fiato.
Lui
addolcì il tono della voce. “Daron stravede per te, ti
ammira in una maniera assoluta. Darebbe la sua vita per vederti
felice, anche se non lo dimostra. E come dargli torto? Sei una delle
persone migliori che questo fottuto mondo abbia mai visto.”
Ecco
perché non volevo fare quella domanda: sapevo che la risposta
mi avrebbe commosso. Avvertii le lacrime pungermi gli occhi, ma le
ricacciai indietro. Non era da me lasciarmi andare così; che
la vecchiaia mi stesse rendendo più sensibile?
“Grazie
Shavo, ti voglio bene.”
“Anche
io ti adoro! Ora devo andare però, Hayk sta rompendo perché
vuole che gli tolga le rotelle dalla bici: ha visto il fratello e ora
è geloso, vuole imparare anche lui ad andare in bici come i
grandi. Non ti dico, Serj, questi due sono un disastro! Meno male
che la terza è una femmina, almeno sarà più
tranquilla!” disse il mio amico, e in lontananza si sentirono
le perforanti grida dei suoi figli.
Risi.
“Buona fortuna, e di' a Sonia di preparare garza e
disinfettante per le ginocchia di Hayk!”
“Ah,
'fanculo! Grazie, ne avrò bisogno! Tu cerca di tirarti su...
ah, e ascolta Till The End, secondo me ti sarà
d'aiuto!”
Chiusi
la chiamata.
Till
The End. Se la memoria non mi ingannava, si trattava di una nuova
canzone di Daron.
Perché
Shavo mi aveva consigliato di ascoltarla? Daron mi aveva già
fatto sentire le sue canzoni tanto tempo prima, chiedendomi un parere
sincero sul suo lavoro.
Comunque
la cercai subito su Spotify e premetti sul simbolo del play senza
pensarci due volte.
We
were talking on the phone About the years that have
gone Everyone's got heartache to share We're going crazy in
here
I'm so happy that you're with me It just feels good to
be free There's no egos It's just you and it's just me
Una
lacrima prese a scorrere lungo la mia guancia. Non ero riuscito a
trattenerla.
Avevo
dimenticato quanto fosse bello, diretto e sincero il testo di quella
canzone. Avevo dimenticato quanto la voce del mio amico fosse capace
di emozionare.
Ma
non avevo dimenticato quanto gli volessi bene e speravo che anche per
lui fosse lo stesso, nonostante tutto.
Stay
with me till the end With me till the end Stay with me till the
end With me till the end
Avrei
voluto prenderlo a schiaffi per come si stava comportando e dirgli
che sì, sarei stato con lui per sempre, perché gli
volevo troppo bene.
La
gente pensa banalmente che le più grandi sofferenze dipendano
da dei problemi di coppia e che l'amicizia non sia poi così
importante.
Secondo
me quelle erano solo cazzate. Ma forse il problema era mio, che mi
legavo troppo alle persone che mi circondavano.
Agosto
era iniziato da qualche giorno, il caldo era sempre più
opprimente e di Daron nessuna traccia.
Gli
avevo scritto un altro messaggio, mandandogli semplicemente il
buongiorno; aveva visualizzato e non risposto.
Ero
disperato. Perché mi ignorava così? Mi mancava
terribilmente.
Ne
avevo parlato anche con John e lui mi aveva confessato di essere
preoccupato. “Non è da Daron, in genere cede dopo
qualche giorno. Con me si incazza quasi ogni giorno, anche senza
motivo, ma torna sempre indietro e si fa perdonare” aveva
detto.
Pregavo
Shavo affinché estrapolasse qualche informazione a Daron,
giusto per capire cosa ne pensava il chitarrista di tutta questa
faccenda.
Intanto
io ero andato in fissa con Till The End. Era raro che una
canzone mi entrasse in testa in quel modo, ma il suo testo e la sua
melodia erano magnetici e non potevo fare a meno di canticchiarla in
ogni momento. Forse l'avevo scoperta davvero solo allora, nonostante
la conoscessi già da sei anni.
Era
il 4 agosto – mancavano sei giorni alla nostra partenza per Los
Angeles – quando Shavo mi mandò una lunga registrazione.
Si trattava di una sua conversazione telefonica con Daron, mi spiegò;
aveva ben pensato di registrarla e farmela sentire, al posto di
raccontarmi successivamente cosa il chitarrista avesse detto.
Mi
sedetti in giardino, al riparo dalla luce arancione del tramonto,
indossai gli auricolari e rimasi in ascolto.
“Shavo,
cosa vuoi?”
“Ehi
fratello, come va? Stasera devo uscire con alcuni amici, volevo
chiederti se per caso ti andava di unirti a noi!”
“No,
grazie.”
“Come
vuoi. Sei un po' strano, ti sento un po' giù. Ancora per
quella storia con Serj?”
“Per
favore, non ne voglio parlare.”
“Col
cazzo, Daron. Adesso invece ne parliamo! Mi sono stancato.”
“Non
rompere, ho fretta.”
“Malakian,
ti ho detto di starmi a sentire. Perché stai facendo così
lo stronzo?”
“Ah,
io sarei stronzo? E allora si...”
“Non
hai risposto alla domanda. Non divagare.”
“Perché
mi sono stancato di tutta questa situazione con i System eccetera, va
bene? Quando io e Serj ci vediamo andiamo d'amore e d'accordo, ma
intanto da questo punto di vista continuiamo ad andarci contro e
battibeccare pubblicamente. Ti sembra una cosa normale?”
“No,
ma non mi sembra nemmeno un motivo valido per ignorarlo per
settimane. Tu ci stai male e lui ci sta male; perché cazzo
devi sempre mischiare le faccende lavorative – perché
volente o nolente i System sono il nostro lavoro – con la
vostra amicizia? Non capisco cosa speri di ottenere comportandoti
così.”
“Io
non sto mischiando il gruppo con la vita personale, è solo
che...”
“Che...?
Parla, non ti tenere tutto dentro.”
“Okay,
sto sbagliando tutto, lo so. Ho esagerato anche questa volta e Serj
ha ragione: aveva tutto il diritto di raccontare come stanno le cose
in quel post, soprattutto perché io gli ho messo contro un
sacco di fans tramite le dichiarazioni nelle interviste. Non gli
voglio rispondere perché so che mi ha perdonato per l'ennesima
volta e non avrebbe dovuto. Non lo merito.”
“Daron,
ma cosa stai dicendo? Sei rincoglionito?”
“Shavo,
non capisci. Come al solito. Sono un amico di merda e ho paura...
quando sbaglio e qualcuno si incazza con me, ho sempre paura di
perdere la persona in questione.”
“Ma
questo cosa c'entra? E comunque non dire cazzate, non sei un amico di
merda!”
“Ho
paura che, andando avanti di questo passo, arriverà quella
volta in cui Serj non sarà più disposto a perdonarmi e
mi manderà a fanculo. E sai cosa? Farebbe bene, ne avrebbe
tutte le ragioni; ma io non lo sopporterei lo stesso. Ti immagini
come sarebbe senza Serj?”
“Daron,
io ho capito quello che mi stai dicendo, lo trovo anche molto bello e
soprattutto vero. Però fammi capire una cosa: per evitare di
perdere Serj, lo ignori? Non ha molto senso.”
“Lo
evito perché sono fottutamente orgoglioso e non riesco a
chiedergli scusa. Ma ora ho anche paura che non mi voglia più
stare a sentire, dato che è quasi un mese che non gli
rispondo.”
“Daron,
sei un coglione. Devi trovare un modo per farti perdonare, ma ti
assicuro che Serj non vede l'ora di riabbracciarti!”
“Tu
dici?”
“Secondo
te uno qualsiasi potrebbe mai stare senza gli altri tre?”
“No.
Mi manca.”
“Anche
tu gli manchi. L'11 arriva qua a Los Angeles.”
“Grazie
Shavo.”
“Non
ti preoccupare. E pensaci, mi raccomando!”
“Ci
penserò. Ci sentiamo poi.”
“Ciao
fratello!”
Daron era un idiota.
Come aveva anche solo potuto
pensare che non lo avrei perdonato? Stavolta aveva sbagliato lui, ma
la prossima volta avrei potuto commettere un errore anch'io e lui mi
avrebbe perdonato.
Non erano questi i motivi
per cui mandare all'aria un'amicizia come la nostra.
Però ero così
contento di sapere che anch'io mancavo a lui e in fondo non era
arrabbiato con me! Ero ancora preoccupato, ma almeno il dubbio che mi
pesava di più era stato chiarito.
Scrissi a Daron l'ennesimo
messaggio a cui sicuramente non avrebbe risposto, utilizzando le sue
stesse parole. Quei versi non volevano proprio abbandonare la mia
mente.
There's
some people that are crazy They've got demons in their
heads There's some people that are crazy They're my friends
Stay
with me till the end
Il caos che trovavo sempre
all'aeroporto era qualcosa di micidiale, non mi ci sarei mai abituato
nonostante viaggiassi spesso in aereo.
Trascinavo due enormi
trolley, facendo strada tra la folla a Rumi e Angela. Avevamo
impiegato un'eternità a scendere dall'aereo perché la
gente preferiva farsi selfie e rispondere ai messaggi piuttosto che
darsi una mossa, e ora non vedevo l'ora di salire su un taxi e
lasciarmi quell'inferno alle spalle.
Avevamo appena superato le
porte a vetri dell'uscita, quando lo vidi.
Stazionava vicino a un
lampione, con il volto oscurato dalla visiera di un cappello nero e
nascosto da una nuvoletta di fumo che pian piano si innalzava sulla
sua testa. Indossava una maglietta blu notte e dei jeans neri.
Mi sarei aspettato di tutto,
tranne di imbattermi in lui fuori dall'aeroporto.
Il mio cuore perse un
battito e per la gioia mollai la presa sulle maniglie dei trolley.
Uno cadde a terra, l'altro rimase miracolosamente in equilibrio.
“Serj, guarda un po'
chi si vede!” mormorò Angela alle mie spalle entusiasta,
mentre Rumi la tartassava di domande su tutto ciò che lo
circondava.
Non appena mi avvistò,
Daron spense la sua sigaretta schiacciandola sotto la suola della
scarpa e sollevò lo sguardo.
Cercava di mostrarsi
imperturbabile, ma i suoi occhi dicevano tutto. Erano come un libro
aperto.
Camminai con passo svelto
verso di lui e, senza aggiungere una parola, lo strinsi in un
abbraccio affettuoso e fraterno. Non avrei mai potuto descrivere a
parole la gioia che provai in quel momento, l'emozione di compiere
quel gesto. Per quasi un mese avevo creduto di non poterlo più
fare, di aver perso per sempre quell'amico così prezioso.
Daron mi strinse a sua
volta, aggrappandosi a me come a volersi accertare che fossi davvero
lì, e posò la testa sulla mia spalla.
Non provavamo nessuna
vergogna nel rimanere stretti così, ne avevamo un estremo
bisogno. Nessuno poteva capire la paura che avevamo provato e la
felicità che ci aveva travolto in quel momento.
Cullai tra le mie braccia
quel ragazzo un po' sciocco e insicuro come fosse mio figlio; in un
certo senso era così.
“I'm so happy that
you're with me, it just feels good to be free” mi ritrovai
a canticchiare quasi senza accorgermene.
“There's
no egos, it's just you and it's just me”
continuò prontamente Daron in un sussurro. “Stay
with me till the end.”
“With
me till the end.”
Sciolsi
l'abbraccio, lo afferrai per le spalle e lo allontanai da me per
poterlo guardare negli occhi. Li trovai lucidi e colmi di emozioni
contrastanti.
“Ringrazia
che non sono una persona violenta, altrimenti ti avrei già
preso a schiaffi. Cosa cazzo hai combinato?” gli chiesi,
piegando leggermente la testa di lato.
“Non
lo so, Serj, non lo so. Spesso faccio delle cose a caso, sono fatto
così. Io volevo solo... avevo paura e... scusa.”
Scusa.
L'aveva detto davvero? Era piuttosto raro che Daron si scusasse
apertamente.
Osservai
i suoi grandi occhi scuri e sgranati, l'involontaria smorfia che
aveva messo su, i capelli che gli ricadevano disordinatamente intorno
al viso e sulle spalle. Scoppiai a ridere e lo abbracciai di nuovo.
“Ma come si fa ad arrabbiarsi con te? E certo che
starò con te fino alla fine, non azzardarti a dubitarne
mai più!”
Lui
si divincolò dalla mia stretta e finalmente sorrise.
“Daron!”
strillò Rumi alle mie spalle; poco dopo lo vidi comparire nel
mio campo visivo e saltare letteralmente addosso al mio amico.
“Ciao!”
Daron
lo prese in braccio e gli diede un buffetto sulla guancia.
“Mostriciattolo mio, che bello rivederti! Caspita, somigli
sempre più a tuo padre!”
Lanciai
un'occhiata divertita ad Angela, che intanto mi aveva raggiunto
trascinandosi dietro tutti i bagagli. Solo allora mi resi conto di
averli abbandonati in mezzo al marciapiede.
“Mamma,
papà! Torniamo a casa con Daron, vero? Ci accompagna lui?”
chiese Rumi con entusiasmo, ancora tra le braccia del mio amico.
“Ma
certo che vi accompagno io!” affermò subito il
chitarrista.
“Se
siamo di disturbo non ti devi preoccupare” aggiunse subito
Angela.
“Ma
quale disturbo, sono venuto apposta per questo!” disse lui,
mettendo Rumi a terra e avvicinandosi a mia moglie per salutarla.
Sorrisi.
Quel
giorno il sole mi pareva ancora più luminoso del solito.
“Signore
e signori, un attimo di attenzione!” strillò Daron, in
piedi su una sedia e con una chitarra classica tra le braccia.
Come
da tradizione, io e Angela avevamo invitato alcuni amici da noi per
festeggiare i nostri compleanni: il mio era il 21 agosto mentre il
suo era il 20.
Non
ci andava di organizzare grandi feste, così avevamo radunato
gli amici più stretti e imbandito un grande tavolo in
giardino.
Ora
la cena era finita e, come da tradizione, era giunto il momento dei
regali.
Peccato
che non sapessi assolutamente cosa Daron avesse in mente.
“Adesso
fa un discorso” sghignazzò Shavo.
“Tu
stai zitto!” lo rimbeccò il chitarrista, poi si schiarì
la gola e sistemò meglio la chitarra tra le braccia. “Sono
qui sopra per fare un regalo di compleanno molto speciale a una
persona molto speciale. È uno dei miei più grandi
amici, un uomo buono, comprensivo, giusto e divertente, un ottimo
confidente, una persona umana e stupenda, un collega affidabile e
leale. Ha un gran cuore, una mente eccezionale, una voce da brivido,
un carattere fantastico e – devo ammetterlo – una
bellissima famiglia. Semplicemente mio fratello. Io, e immagino anche
tutti voi, mi sento così fottutamente fortunato ad averlo
nella mia vita. Buon compleanno, Serj.”
Ero
sconvolto e talmente emozionato che non riuscivo nemmeno a muovermi,
a piangere, a ridere, a pensare. Osservavo soltanto Daron mentre
cominciava a suonare con concentrazione la sua chitarra.
Angela,
commossa, singhiozzava e si soffiava il naso; anche Shavo si
asciugava qualche lacrima col dorso della mano, sperando che nessuno
se ne accorgesse.
Daron
puntò il suo sguardo su di me e cominciò a cantare.
Solo
allora riconobbi la canzone.
We
were talking on the phone About the years that have
gone Everyone's got heartache to share We're going crazy in
here
I'm so happy that you're with me It just feels good to
be free There's no egos It's just you and it's just me
Mi
alzai dalla mia sedia e mi posizionai accanto a lui. Avrei tanto
voluto intonare la canzone insieme a lui, ormai la conoscevo meglio
delle mie, ma non ne avevo la forza.
There's
some people that are crazy They've got demons in their
heads There's some people that are crazy They're my
friends
Stay with me till the end With me till the end Stay
with me till the end With me till the end
I was talking to
be alone Abused, addicted and stoned Everyone's got heartache
to share We're going crazy in here
I'm so happy that you're
with me It just feels good to be free There's no egos It's
just you and it's just me
There's some people that are
crazy They've got demons in their heads There's some people
that are crazy They're my friends
Stay with me till the
end With me till the end Stay with me till the end With me
till the end
Tutt'intorno
a me sentivo gente che tratteneva dei singhiozzi o canticchiava la
canzone.
Io
invece ascoltavo la voce di Daron, un po' incerta e a tratti
strozzata, ma impregnata di emozione e sincerità.
Ero
contento che Daron avesse deciso di portare avanti il progetto Scars
On Broadway, perché quelle erano le sue canzoni e dentro di
esse c'era lui.
Quello
era Daron, il mio Daron. Che si definiva un amico di merda, ma non si
rendeva neanche conto di quanto fosse speciale e fondamentale non
solo per me, ma per tutti noi.
I'm
so happy that you're with me It just feels good to be free There's
no egos It's just you and it's just me
There's some people
that are crazy They've got demons in their heads There's some
people that are crazy They're my friends
I'm so happy that
you're with me It just feels good to be free There's no
egos It's just you and I'm hoping that you see
That you
made me what you made me And I'm stronger in the end That you
made me what you made me You're my friend
A quel punto la voce di
Daron tremava, rotta dall'emozione.
E alla fine io ero più
forte di prima.
E alla fine Daron era più
forte di prima.
E alla fine eravamo amici.
E lo saremmo stati fino alla
fine.
Stay
with me till the end With me till the end Stay with me till the
end With me till the end
I
was talking to be alone
Mi accorsi appena che avevo
iniziato a piangere in silenzio senza riuscire a controllarmi.
Mi accorsi appena che John
mi si era accostato e mi stringeva le spalle con un braccio.
Mi accorsi appena che tutti
battevano le mani a Daron e tutti i bambini presenti erano in
visibilio.
Ma quando Daron scese dalla
sedia e posò la sua chitarra, lo attirai a me e lo strinsi in
un abbraccio talmente forte da sembrare indissolubile.
“Ehi, non pensavo ti
facesse quest'effetto!” cercò di sdrammatizzare lui,
ricambiando la stretta.
“Stai zitto e
abbracciami, razza di stronzo.”
“Auguri, Serj. Ti
voglio bene. E sai cosa ti dico? Alla fine sono più forte.”
And
I'm stronger in the end
♥
♥ ♥
AUGURI
SERJ!!!!!! ♥
Ragazzi...
non so bene cosa dire. Questa storia è venuta fuori così,
emozionando e coinvolgendo anche me. Mi sono lasciata ispirare dalle
note della bellissima Till The End che mi ha letteralmente
rubato il cuore (complimenti Daron, good job!) e dai recenti
avvenimenti riguardanti i System. Mi sono immaginata il “backstage”
di tutta questa storia, le reazioni dei System al post di Serj e
soprattutto quella di Daron. Cosa succederebbe se cantante e
chitarrista avessero un'incomprensione? Chi cederebbe e chi si
scuserebbe?
Non
so se questa storia si possa definire un vero e proprio regalo di
compleanno per Serj (a proposito: auguri anche alla dolce e adorata
Angela ♥), ma spero che almeno voi abbiate gradito
^^ Ringrazio chiunque sia arrivato fin qui e chi deciderà
di lasciare il suo parere :3
E
buon compleanno alla coppia migliore che io conosca, AUGURI SERJ E
ANGELA!!!! ♥
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