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Gordon for Mayor 1
James
Gordon era sempre stato un individuo estremamente pratico. Il tipo
d'uomo che sa di poter dubitare di qualunque cosa, tranne che della
propria marmorea testardaggine.
Proprio
quello sguardo disilluso e affilato da tutta la necessaria diffidenza
gli aveva permesso di restare per anni a galla nel marcio in cui
sguazzava la sua città.
La sua città.
Il
cumulo di pigra avidità che era diventata, perlomeno. I
cittadini di Gotham si sarebbero affidati a chiunque purché
riuscisse a mantenere una sola promessa, per quanto piccola, per quanto
meschina.
Era
stato quel putridume a risputare fuori la carcassa percossa e masticata
di Batman, più volte di quante Jim ne potesse contare.
In
quello schifo ci era nato, il Cavaliere Oscuro. E Gordon era piuttosto
sicuro che, in quello stesso pattume, un giorno o l'altro, ci avrebbe
tirato le cuoia. Troppa colpa, troppo onore in quel precario gioco di
guardia e ladri. Il confine continuava ad assottigliarsi, giorno dopo
giorno, inesorabile, finché non sarebbe più
esistito un noi o loro.
Per
questo non si era mai ritenuto degno di ricoprire carica alcuna, fra i
seggi concavi e impolverati di Gotham, così come avrebbe
rifiutato l'incarico di commissario se avesse potuto, se le pressioni
politiche non gli avessero accartocciato il cervello fino a
costringerlo ad accettare.
E
per questo stesso motivo il ticchettio dei suoi pensieri si era
bruscamente inceppato quando gli occhi acquosi e affilati di Bruce
Wayne si erano piantati nei suoi quella mattina di ottobre, nel bel
mezzo del suo ufficio, fra il cartone di una pizza unto e impolverato e
un bicchiere dall'alone giallognolo di quell'ultimo scotch consumato a
tarda notte.
Lo
guardò attentamente aggiustarsi i polsini del completo
italiano, come se fosse atterrato appositamente da un altro pianeta per
comunicargli quell'assurda fesseria.
-
Il fatto è, commissario, che sto pensando di investire i
miei soldi su di te. –
-
Di che diavolo stai parlando, Wayne? –
Sorrideva
con il piglio soddisfatto di un gatto lasciato a poltrire al sole, per
questo gli occhi di Jim vagarono immediatamente alla ricerca dello
sguardo terreno e occhialuto di sua figlia Barbara.
Avrebbe
dovuto sospettarlo. Sospettare che si trattasse di un'imboscata nel
momento in cui la sua zazzera rossa era comparsa fra le porte d'acciaio
dell'ascensore. Barbara non lasciava nulla al caso, tantomeno era mai
venuta a mettere il naso fra le sue cose alla stazione di polizia senza
qualche testardo proposito in mente.
L'avrebbe
rimproverata, se ne avesse avuto la forza, ma il più delle
volte sapeva che sarebbe stato come parlare a un muro. Un muro con la
stessa ostinata potenza d'intenti che gli aveva reso vita difficile in
molteplici occasioni.
-
Papà, è il momento. –
sentenziò con la stessa risoluta dolcezza con cui gli aveva
parlato da quando era riuscita a mettere insieme un paio di sillabe.
Jim
odiava quando i ruoli si ribaltavano a quel modo, ma non avrebbe pure
saputo vivere un istante senza quella certezza.
-
E' il momento di prendere sul serio la fiducia che i cittadini di
Gotham ripongono nel loro amato commissario. Dici sempre che questa
città è governata da ombre, che avrebbe bisogno
di un nuovo sindaco, qualcuno che non tema la luce del
giorno. Sono anni che parli del tipo di persona che dovrebbe guidare
Gotham nel futuro. Papà, noi pensiamo che quella persona sia
tu. –
Gordon
era più che certo di essersi perso da qualche parte, fra la
fiducia e i dannati soldi che Wayne voleva investire, eppure gli
sembrò quasi che fossero entrambi lì, in mezzo al
caos impolverato dei fascicoli che muffivano sulla sua scrivania, a
chiedergli qualcosa che odorava tremendamente di guai.
- Gotham Reborn è
ancora troppo giovane, Jim. Spendo venticinque ore al giorno
proteggendola da burocrati che vedono Gotham solamente come una cassa
in cui riempirsi le tasche. Chi di noi ama ancora questa
città, chi ha vissuto tempi migliori, ha bisogno di qualcuno
che possa ricordargli quanto le cose possano cambiare. –
continuò Wayne allineandosi alla sedia di Barbara, non
voleva guardarlo e scoprire di dovergli qualcosa, più
onestà di quanta ne stesse mostrando al momento perlomeno.
Invece
gli occhi vagarono sui ciondoli viola appesi al manubrio della
carrozzina, soffermandosi testardamente sul click ovattato
della plastica contro il metallo cromato.
-
E di qualcuno coraggioso abbastanza da trascinarci fuori dal passato. O
abbastanza stupido. Tendo a dimenticare quale delle due. –
sbuffò Barbara con la bonaria teatralità di chi
sa di avere la vittoria in tasca, non era mai durato più di
cinque minuti con lei, scartava i suoi rifiuti con la testardaggine di
un quarterback.
-
Di solito non spendo soldi in idee stupide, Jim. Sei l'investimento
più intelligente su cui ho messo gli occhi da un po' di
tempo a questa parte. –
L'acqua
di colonia di Bruce Wayne, invece, lo stava innervosendo. Emanava dal
colletto, stirato con cura maniacale, della camicia assurdamente
costosa quasi volesse schiaffeggiarlo. Jim faticava a capire
perché fosse lì, perché di tutti i
pezzi d'oro colato di Gotham si fosse insinuato proprio sotto le sue
sottane logore e stanche.
-
In breve, vogliamo che sia tu a candidarti per il seggio sindacale,
papà. –
La
bomba fu sganciata alla velocità della luce, quasi fosse la
naturale prosecuzione di una carriera costellata da emicranie e notti
trascorse a spaccarsi la schiena per dormire a una scrivania di legno
da quattro soldi. L'aveva detto davvero e ora non c'era modo di tornare
indietro, di far sì che quelle parole tornassero quatte al
mittente per non presentarsi mai più.
Jim
Gordon prese un respiro prima di parlare, sicuro che la vena che
pulsava frenetica sulla tempia destra sarebbe scoppiata se non avesse
dosato le parole. Avrebbe voluto la sua stessa sicurezza, quell'acuta
determinazione cristallizzata nelle iridi verdi di sua figlia come in
un caleidoscopio.
-
Barbara, sai che ti voglio bene. E Wayne, diciamo che tollero la tua
presenza e il tuo cuore è generalmente nel posto giusto, ma
volete che vi faccia una lista dei motivi per cui credo vi siate bevuti
il cervello? – esordì con più veemenza
di quanta ne avesse preventivata, le dita che cercavano di allentare
frenetiche il nodo della cravatta al collo. Stava soffocando.
-
La polizia al momento agisce sul filo del rasoio a Gotham e,
ciò che penso il prossimo sindaco debba fare per porre
rimedio a questa situazione, va contro tutto quello che ho professato
nella mia carriera. Tutto quello in cui credo. La GCPD dovrebbe passare
sotto il controllo federale, ma non voglio essere io a fare quella
telefonata. Ci sono state giornate storte, parecchio storte, lo
ammetto, ma i poliziotti non sono i criminali qui. Se facessi quello
che va fatto, li tratterei come se lo fossero. Ho bisogno che tu lo
capisca, tesoro. – continuò più
dolcemente chinandosi alla sua altezza, odiava quella nuova
necessità, l'impossibilità di guardare sua figlia
negli occhi e non dall'alto in basso.
Afferrò
una mano piccola e tiepida fra le proprie, come in giorni migliori,
come se un singolo maledetto proiettile non li avesse mai costretti in
quella situazione. Cercò delle parole che morirono nella
colpevole dolcezza con cui la ragazza si aggrappò a lui.
-
Forse è proprio per questo che dovresti essere tu a
ricoprire la carica, papà. Come hai detto, il prossimo
sindaco sarebbe comunque costretto a farlo. Almeno saresti nella
posizione per fare pressioni e aiutare chi alla GCPD ha bisogno di te.
–
Le
dita morbide volarono al suo viso ispido e accartocciato, tracciandone
i contorni stanchi con una saggezza che non si sarebbe aspettato da
qualcuno di tanto giovane. Gliel'aveva fatta di nuovo. Vincere, con
lei, era impossibile.
-
Okay, okay. Dovreste almeno organizzare uno di quei ... comitati
esplorativi, o come diavolo si chiamano. –
Il
tono burbero raschiò pericolosamente contro la commozione
che gli serrava la gola, rischiando di tradirlo, mentre riacquistava la
stazione eretta insieme al proprio orgoglio.
-
Ed è già pronto. Mi serve solo un sì.
– chiosò Wayne con la soddisfazione di un felino
incastonata negli occhi azzurri. Si era quasi dimenticato che fosse
lì, nonostante la stazza da energumeno piantato nelle
costose scarpe italiane.
-
Papà, non devi decidere per forza oggi. Abbiamo ancora tanto
tempo per venirne a capo. Ed è per questo che
lascerò voi grandi a discutere i dettagli. Mi raccomando,
non rovinate tutto. –
La
voce acuta di Barbara lo distrasse dai pensieri che, nel suo cervello,
si aggrovigliavano ancora attorno a quella disfatta come edera
rampicante. Le aveva appena promesso qualcosa di assurdamente
pericoloso per la propria sanità mentale, nonché
per la sua carriera.
Avrebbe
potuto rimangiarsi la parola, rifiutarsi di mettere volontariamente la
testa in quel covo di vipere, invece osservò la carrozzina
di pelle consunta e metallo cromato scivolare oltre la porta
sgangherata dell'ufficio, la mano esile accennargli un saluto prima che
le porte dell'ascensore ingoiassero il sorriso storto e la zazzera
rossa.
-
Lasciare che Barbara facesse il lavoro sporco al posto tuo è
stato un colpo basso, Wayne. – borbottò Jim sotto
i baffi a spazzola, le mani conficcate così a fondo nelle
tasche dei pantaloni grigi da suggerire quasi l'idea che vi stesse
cercando il coraggio. O almeno la stessa sicurezza e fiducia che
Barbara sembrava riporre ciecamente nei suoi confronti.
-
Hey, io sono solo il portafogli. Non è stata una mia idea,
te lo garantisco. Ma so come riconoscerne una buona quando la sento.
– gracchiò Bruce Wayne senza scalfire il suo
entusiasmo, stava fremendo, glielo si leggeva nei chiari occhi azzurri.
Si muoveva nel suo territorio d'azione con la sicurezza di uno squalo.
Jim
temeva il momento in cui sarebbero rimasti soli, in cui avrebbe dovuto
concretizzare i propri propositi e l'idea di passare il resto della
giornata a lambiccarsi il cervello su numeri e proiezioni lo
esasperava. Per quanto ardentemente l'avesse desiderato, Wayne non
svanì magicamente nella nuvola di costosa acqua di colonia
che si portava dietro, rimase invece a osservarlo, in attesa.
Svogliatamente Gordon
liberò una mano rovinata dalle tasche logore e, dopo un
lungo attimo d'esitazione, accennò un invito verso il
maciste in impeccabile completo scuro.
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