Aveva
prelevato a forza Dwight dal tavolo dove le cameriere avevano appena
apparecchiato per il pranzo suo e della sua neo-sposina, senza
spiegargli granché.
Con
foga, con Jeremy in braccio, gli aveva solo farfugliato che Demelza
stava male e aveva dei dolori al ventre che lo facevano temere per il
bambino in arrivo e Dwight non aveva voluto sapere altro. Aveva dato
un bacio frettoloso sulle labbra ad una preoccupata Caroline, si era
fatto sellare un cavallo e poi si era diretto con lui a Nampara.
Galopparono
come pazzi costeggiando le costiere che accarezzavano un mare
insolitamente calmo e trasparente.
Ross
credeva che Jeremy si sarebbe spaventato ad andare a cavallo a quel
modo ma il bimbo aveva emesso gridolini felici e divertiti e anzi,
una volta giunti alla stalla di Nampara, aveva protestato vivacemente
quando lo aveva messo a terra.
Dwight
era entrato in casa di corsa e Ross non aveva fatto in tempo a dirgli
nulla sulle circostanze che avevano portato a quel disastro e ora si
chiedeva come avrebbe reagito il suo amico, se fosse stata Demelza a
parlargliene. Non che volesse nascondere a Dwight qualcosa ma si
vergognava di se stesso talmente tanto che non avrebbe potuto
sopportare di vedere biasimo e muto rimprovero sul viso del suo
migliore amico...
Eppure
sapeva che, se non l'avesse fatto Demelza, avrebbe dovuto farlo lui.
Dwight era un amico, era il medico curante della sua famiglia ed era
un ragazzo buono, saggio ed assennato e forse nelle sue parole
avrebbe potuto trovare conforto e una soluzione a tutto il disastro
che aveva combinato.
"Papà".
Ross
abbassò lo sguardo su Jeremy che gli trotterellava intorno
mentre al
piano superiore Dwight, aiutato da Prudie, si prendeva cura di
Demelza. Si sedette sul divanetto del salotto e prese il suo bambino
in braccio, facendolo sedere sulle sue ginocchia. "Dimmi" –
gli intimò in tono gentile, rendendosi conto che erano
rarissime le
volte in cui si era soffermato ad ascoltare e a prestare attenzione a
suo figli.
Jeremy
gli mostrò un piccolo cavallino di legno che teneva stretto
nella
manina e che aveva preso dal cestone di giocattoli accanto al camino.
"Ndiamo?".
Ross
gli sorrise, trovando in suo figlio e nel suo volto tranquillo una
sorta di pace dell'animo. "Vuoi andare ancora sul cavallo?".
"Sì".
Lui
indicò il giocattolo. "Su quello che hai in mano? Forse
è
troppo piccolino per salirci, no?".
Jeremy
rise a quelle parole. "Noooo quetto! Papà, queio
grandiscimo!"
- esclamò indicando la finestra che dava sull'aia e sulla
stalla.
Finse
di stare al gioco, lo sistemò meglio sulle sue ginocchia e
lo fece
saltellare sopra esse. "Così? Vuoi andare così?".
Jeremy
rise ancora. "Sìììì". Poi
si voltò verso di lui,
prendendogli una mano con la sua manina e stringendogliela.
"Ndiamo?".
Si
chinò su di lui baciandolo sulla fronte, chiedendosi cosa
avrebbe
fatto del suo ruolo di padre e maledicendosi per tutto quello che
stavano passando Demelza e il piccolo in arrivo a causa sua. "Presto
Jeremy, presto ci andremo".
"E
mamma?".
Ross
sorrise tristemente. "Anche mamma, quando starà meglio e
sarà
nato il tuo fratellino. O la tua sorellina. Mamma sa andare a cavallo
meglio di me, sai?".
Jeremy
ci pensò su. "E io?".
Gli
strizzò l'occhio, poi osservò la manina di suo
figlio ancora
appoggiata contro la sua. "Quando la tua mano sarà grossa
almeno la metà della mia, ti insegnerò come si va
a cavallo. Te lo
prometto".
"Siiiii".
Eccitato, il piccolo lanciò in aria il cavallino di legno
che teneva
nell'altra manina e il giocattolo cadde in terra, rotolando fin sotto
alla credenza.
Ross
sospirò, divertito nonostante tutto. Suo figlio con la sua
vivacità
ed innocenza, stava riuscendo ad isolarlo dal male che lo circondava
e a fargli godere di uno sprazzo di buon umore che sicuramente non
meritava. "Jeremy, sei un disastro. Ora te lo prendo".
Mise
in terra il bambino e fece per chinarsi quando i passi di Dwight,
dietro di lui, lo fecero rialzare di scatto. Il medico, seguito da
Prudie, scese le scale e poi, con un timido sorriso, gli fece segno
di seguirlo fuori casa per parlargli.
Ross
annuì, carezzando la testolina di Jeremy. "Il cavallino lo
recupereremo dopo. Ora va da Prudie e gioca con lei".
"Sì"
– rispose Jeremy, ubbidiente, correndo con quella sua
andatura
ancora goffa verso la domestica.
Ross
gli diede un'ultima occhiata e poi seguì Dwight nell'aia. Il
sole
era ormai alto nel cielo limpidissimo e terso e l'ora di pranzo
doveva essere passata da un pò. "Mi spiace, non volevo
disturbare te e Caroline ma era un'emergenza".
Dwight
sorrise, appoggiandosi alla staccionata. "Sono un medico Ross e
quando ho deciso di diventarlo, avevo messo in conto cose come
questa. I medici esistono proprio per risolvere le emergenze".
Ross
lo studiò in viso. Dwight sembrava tranquillo e amichevole
come
sempre e Demelza non doveva avergli detto nulla. O forse non ne aveva
avuto la possibilità... "Come sta mia moglie?" -
domandò,
corroso dall'ansia.
Dwight
sospirò. "Demelza si stanca sempre troppo, non sta mai ferma
e
questo di per se non è un problema ma durante una gravidanza
dovrebbe cercare di riguardarsi di più. Le ho dato un
sedativo, ora
sta dormendo e le contrazioni paiono cessate. Deve stare a letto per
un pò di giorni, magari una settimana, servita, riverita e
tranquilla. Mi è parsa molto agitata e scossa e non va bene
nel suo
stato".
"Tenere
Demelza a letto sarà dura..." - rispose Ross, vago.
"Sì,
decisamente!". Dwight si accigliò. "L'ho trovata
stranamente agitata e allo stesso tempo giù di morale. E'
strano,
non è da lei. E' successo qualcosa?".
Ross
abbassò il capo. "E' successo qualcosa...".
Dwight
distolse lo sguardo, imbarazzato. "Scusa, non voglio entrare
nelle vostre faccende private ma vorrei consigliarti di non agitarla.
Ha bisogno di tranquillità e tu sei l'unico che
può dargliela. La
gravidanza va bene, non ha bisogno di particolari cure a parte pace e
riposo, però ci vuole cautela, Ross".
Gli
occhi di Ross divennero lucidi e finse che era per il sole. Pace...
Come poteva dare pace a Demelza? Come poteva lui, che aveva distrutto
ogni cosa e le aveva fatto male più di qualsiasi altra
persona sulla
faccia della terra? Come poteva ora, come? "Dwight, sei mio
amico?".
"Sì,
che domande fai?" - rispose il medico, ridendo.
"Lo
saresti anche se io avessi fatto qualcosa di orribile?".
E
a quella domanda, Dwight smise di ridere e tornò ad essere
preoccupato. "Ross, che succede?".
"Ho
combinato un disastro e non so come uscirne. Aiutami...".
Dwight
lo vide accasciarsi a terra e in un attimo fu al suo fianco, in
ginocchio. "Ross, che succede? Stai male?".
Alzò
lo sguardo su di lui, chiedendosi se avrebbe capito. Ma come poteva
farlo Dwight, se nemmeno lui capiva se stesso e il perché
delle sue
azioni. "Elizabeth è incinta" –
sussurrò, nello stesso
scarno modo in cui aveva comunicato quella notizia a Demelza.
Dwight
spalancò gli occhi. "Elizabeth? La moglie di tuo cugino
Francis?".
"Sì".
"Ma
Ross, Francis è morto da otto mesi ormai e lei non mi
è mai
parsa...".
Ross
lo bloccò, anche se immaginava che non ce ne fosse bisogno.
Dwight
avrebbe fatto due conti e avrebbe capito entro pochi istanti che...
"Non è di Francis, ovviamente".
Dwight
deglutì. "E di chi, allora?".
"Mio".
"Tuo?".
Dwight indietreggiò, inorridito. Poi guardò di
sfuggita Nampara,
rendendosi conto da solo del perché Demelza stesse tanto
male.
"Ross, stai scherzando? Dimmi che è uno stupido scherzo!".
Ross
scosse la testa. C'era stupore nella voce di Dwight, costernazione. E
delusione e rabbia... "Vorrei tanto fosse uno scherzo ma
invece...".
"Come
hai potuto?".
La
voce di Dwight era acuta, fredda. Mai lo aveva sentito usare quel
tono e si trovò costretto ad abbassare il capo. "Non so come
abbia potuto farlo, è successo e basta. Da quando
è morto Francis e
anche prima...". Alzò lo sguardo, come cercando
comprensione.
Che non ebbe... "Era il mio primo amore Dwight ed è rimasta
lì,
nel limbo. Non l'ho mai davvero dimenticata e lei stava per sposare
George e io...".
Dwight
lo prese per il bavero, attirandolo a se. "E tu sei un uomo
sposato, una persona rispettabile e soprattutto un padre! Da quanto
va avanti la tresca fra te ed Elizabeth?".
Ross
spalancò gli occhi, inorridito. "Tresca? Dwight,
è successo
solo una volta".
"Coi
fatti... Ma col pensiero, mi pare di capire, eri sempre lì".
Ancora,
fu costretto ad abbassare il capo. "Già" – dovette
ammettere amaramente.
Gli
occhi di Dwight divennero rossi di rabbia. "Con una moglie come
Demelza, che ti ama, che ti ha supportato in ogni cosa che hai fatto,
anche la più idiota, tu...". Indicò la casa e nel
suo sguardo
c'era solo rimprovero. "La dentro, in un letto, tua moglie lotta
per salvare la vita a tuo figlio! TUO FIGLIO! Che cresceva dentro di
lei, mentre lei si occupava del bambino che già avete, DA
SOLA,
perché tu giocavi all'innamorato con Elizabeth! Non ti
vergogni,
Ross? Da tutti avrei potuto aspettarmi qualcosa di tanto meschino
eccetto che da te...".
Ross
si morse il labbro. Certo che si vergognava, avrebbe voluto
sotterrarsi da solo sotto terra per quanto aveva fatto e per la sua
incapacità ad uscirne. Non sopportava di essere stato
squallido
quanto e più di George, più scorretto degli
uomini che aveva odiato
e che avevano condannato Jim, più meschino di Francis quando
aveva
tradito Elizabeth. Era un uomo sposato con una donna meravigliosa che
aveva dato a lungo per scontata, era un uomo che aveva tradito tutti
i suoi principi e la sua famiglia per il suo orgoglio e per una
manciata di momenti di piacere e follia, era un uomo che non era
stato capace di apprezzare appieno, fino in fondo, la persona che il
destino aveva scelto come sua compagna di vita. "Che posso
dirti, Dwight? Vorrei solo si potesse tornare indietro...".
Il
suo amico scosse la testa. "Non si torna indietro Ross e tu
avresti avuto mille buone occasioni per farlo prima
dell'irreparabile, se lo avessi voluto, nei mesi intercorsi dalla
morte di Francis". Abbassò lo sguardo, affranto. "Ora
capisco perché Demelza, prima, ha detto...".
"Detto
cosa?".
Dwight
scosse la testa. "Che sarebbe stato meglio perdere il bambino.
Non riuscivo a capire perché una donna come lei, una madre
tanto
amorevole, dicesse qualcosa del genere. Ora lo comprendo e non posso
biasimarla".
A
quelle parole, Ross si sentì morire. L'aveva portata a
questo? Era
davvero tanto disperata da non vedere via d'uscita né per
lei né
per il loro bambino? Le parole di Demelza assumevano il significato
di una condanna definitiva per il loro rapporto e il loro matrimonio.
Aveva perso la fede, aveva perso ogni speranza che le cose si
potessero sistemare e si era arresa... "Santo cielo" –
mormorò.
Dwight
sospirò. "L'ho tranquillizzata ed è stato solo un
attimo di
smarrimento più che comprensibile. E' al quinto mese di
gravidanza e
perdere il bambino ora, sarebbe devastante per lei. Non deve
succedere e noi dovremo evitare che accada! Ora riposa e so che ama
il suo bambino e che lotterà per lui. Anche da sola".
"Non
dovrà farlo da sola" – ribatté Ross,
piccato.
"Davvero?
E tu cosa farai allora? Ed Elizabeth?".
Ross
prese un profondo respiro e poi con coraggio raccontò a
Dwight
quanto si erano detti lui e la donna a Trenwith, poche ore prima.
La
proposta fatta da Elizabeth parve non stupire Dwight che forse, come
Demelza, aveva imparato a comprendere la donna meglio di quanto
avesse mai fatto lui. "E tu lo farai, giusto? Distruggerai il
matrimonio con Demelza e correrai da lei. E' questo che fai da tanto,
giusto Ross? E' questo che si aspetta Demelza, è questo che
l'ha
fatta stare male. Lei lo sa, lei è consapevole che per te
Elizabeth
viene prima della tua famiglia e che accetterai la sua idea folle.
Demelza lo sa, anche se ancora tu non sei consapevole di averlo
già
deciso".
Punto
sul vivo, Ross divenne rosso di rabbia. Le parole di Dwight lo
irritavano perché in esse c'era tanta verità e
quella verità lo
faceva sentire un verme. Era vero, era stato così per tanto,
aveva
messo Elizabet al primo posto a lungo, dopo la morte di Francis,
sacrificando tempo, denaro e affetto per la sua famiglia, in suo
favore. Ma ora quella specie di limbo che lo aveva tenuto prigioniero
di un antico sogno giovanile, si era rotto e vedeva Elizabeth per
ciò
che era sempre stata: un amore di ragazzo, un amore idealizzato...
Eppure il danno era fatto e ora toccava a lui rimediare e prendersi
le sue responsabilità, in qualche modo. "Dwight, io ho
mancato
di rispetto ad Elizabeth e l'ho messa in una posizione terribile.
Devo fare qualcosa, né ho il dovere! E non cederò
alle sue
richieste perché è una cosa che voglio fare, per
un capriccio o per
altro, se dovessi... se dovessi...".
"Sposarla?"
- lo interruppe Dwight.
Lui
annuì. "Se dovessi sposarla, sarà
perché devo. Ma la mia
famiglia, quella che io considero la mia VERA famiglia, è
questa. E
non sarà un cavillo legale a cambiare le cose".
Dwight
lo guardò con severità. "Un cavillo legale che
priverà
Demelza e i tuoi figli del nome di famiglia, di ogni diritto e che li
costringerà ad affrontare da soli la vita".
"Io
ci sarò sempre, per loro!".
Dwight
ridacchiò, sarcastico. "Non ci sei mai stato mentre vivevi
quì,
dubito che ci sarai se diventerai il marito di Elizabeth".
Passeggiò avanti e indietro, nervosamente. "Caroline aveva
ragione, sul tuo conto".
"Che
vuoi dire?".
"Lei
mi disse che tu sei quel tipo d'uomo che ha una moglie che tutti
vorrebbero ma che lui non sa apprezzare perché guarda
altrove. Le
dissi che si sbagliava, allora... E invece...".
Ross
abbassò lo sguardo, nuovamente schiacciato dal senso di
colpa. Era
un marito davvero pessimo, anche gli altri se n'erano accorti. Se
n'erano accorti tutti tranne lui, fino a quel giorno. "Non
voglio fare del male a Demelza. Vorrei evitarle tutto questo, vorrei
che fosse solo un incubo".
Dwight
lo guardò, pieno di biasimo. "Penserò io, come
medico, a
Demelza. Tu limitati a... beh, a non fare altri danni. Elizabeth
vorrà una tua risposta a breve e purtroppo Demelza
dovrà affrontare
le conseguenze dei tuoi gesti e delle tue decisioni. Non so come tu
possa fare ma vedi di agire pensando al bene di tua moglie e dei tuoi
figli, vedi di non farla agitare e cerca di tergiversare
finché
puoi. Demelza deve stare tranquilla il più possibile anche
se,
credo, sappia già cosa deciderai".
Ross
annuì. "Tu ci starai accanto?".
"Starò
accanto a Demelza, sempre. Come medico e, assieme a Caroline, come
amico. E quando il bambino sarà nato me ne andrò.
Mia moglie
vorrebbe una nuova vita in posti più agiati come Bath o
Londra e
sai, dopo quello che ci siamo appena detti, credo che vorrò
cambiare
aria e che andrò via assieme a lei. Mi spiace per i
disperati di
queste terre ma non credo di riuscire a rimanere quì e a
guardarti
ancora in volto, dopo che avrai fatto ciò che farai. Il
rispetto,
l'amicizia... Per quel che mi riguarda li hai persi entrambi, ai miei
occhi. Ma per Demelza, solo per lei, resterò quì
fino a fine
anno... Poi andrò via e spero di non vederti più".
"Dwight!"
- cercò di argomentare, sgomento da quello che aveva appena
sentito.
Non poteva perdere anche il suo migliore amico...
"Stammi
lontano!" - rispose il medico. "Non voglio più avere
niente a che fare con te! E ora torna dentro e vedi di fare il marito
e il padre, fintanto che resterai quì".
E
così dicendo, salì in sella al suo cavallo e
sparì al galoppo
nella brughiera, lasciando Ross in pasto alla sua disperazione e ai
suoi sensi di colpa che, anche se ancora non lo poteva sapere, lo
avrebbero tormentato a lungo.
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