Vecchi Saggi, Cugini Spaccamaroni e Arrocchi non proprio Vincenti

di Subutai Khan
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“Tch tch tch. Sun Tzu diceva che…”.
“Sun Tzu diceva un sacco di minchiate. Anche il mio commercialista dice un sacco di minchiate, sai? E mi tocca pure pagare per stare ad ascoltarlo. Non voglio dover far lo stesso, anche se gratis, con un cinese morto diecimila anni fa”.
Mamma mia, cuginetto. Va bene che quando stai perdendo ti alteri, ma non credi di esagerare un filino adesso? Prendersela con un povero cadavere dagli occhi a mandorla decomposto da dio sa quanto.
Trattengo a fatica un risolino vedendolo diventare prima rosso, poi giallo, poi viola e poi via via tutti i colori esistenti in natura e su Photoshop.
La mia mal soppressa ilarità lo porta a guardarmi storto, mentre cerca maldestramente di barare spostando il suo re: “Oh no, non oserai” lo riprendo.
“O-Osare cosa? Fatto niente, io”.
“Credi di poter fregare così facilmente lo Zar degli Scacchi de Noartri?” dico, bullandomi del mio autoassegnato titolo.
“Anche ‘sta cosa che ti chiami come l’imperatore di ‘stocazzo solo perché sei più bravo di me…” borbotta. Si volta dall’altra parte, offeso come un moccioso che si è appena preso una sacrosanta lavata di capo dalla mamma.
“Meglio essere lo Zar degli Scacchi de Noartri che il Kaiser del Sesso a Pagamento, non credi?”. Oh sì, ti prego, continua a darmi motivo di sfotterti. È così soddisfacente. E poi oh, l‘appellativo viene dai suoi deliziosi amici del bar. Deliziosi perché poche persone possono vantare lo charme da animale di periferia di Guglielmino lo Strangolatore di Vagine.
Sì, agli avventori di quel bar piace il soprannome sbarazzino.
“Bah. Va bene, va bene. Zar di ‘Staceppa, te la concedo. Hai vinto l’ennesimo duello” è il suo ineluttabile arrendersi al destino che lo avrebbe atteso. Si alza dal tavolo da gioco e fa per andare a prendersi qualcosa da sgranocchiare.
Chiudo gli occhi per darmi un tono, poi butto lì la sentenza: “Cioccolato fondente Noventa, per chi non s’accontenta”.
“Che c’è, adesso critichi anche i miei gusti in fatto di snack? Perché ho la sfiga di avere il tuo stesso sangue?”.
Scrollo le spalle, ignorando l’antipatico rimarco. Quando si risiede gli spiego che voleva essere un’innocua presa in giro, e che l’ho detto con enfasi solo perché volevo dimostrare (a lui e a me stesso) che lo conosco come le mie tasche.
Colmo il breve silenzio che segue con una bellissima massima: “Ma d’altronde chi vuol essere lieto sia, e se solo il cioccolato sa darti questa soddisfazione…”.
“Preferisco morire con il colesterolo alto che continuare a sopportarti. Anche questa può essere felicità”.





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