Cap. 1.2
«Non
ti sembra che Rey
sia cambiata?»
«Che
cosa vuoi dire?»
«Da
quando è tornata da
Bespin, ho l'impressione che non sia più la
stessa.»
«Beh,
in un certo senso,
è sempre stata diversa da tutti noi.»
«Lo
so. Ma non è questo
che intendo. Che diceva Rose, a proposito di lei, l'altro
giorno?»
«Che
sembrava avere lo
sguardo perso in qualcosa che a noi non è concesso
vedere.»
«Esatto.»
«Poe,
Rey è speciale. È
un
jedi. Per quanto possiamo affezionarci, prima o poi la sua strada
prenderà una direzione diversa dalla nostra. Credo che tu
debba
cominciare a fartene una ragione. Tutti noi dobbiamo farcela.»
«No,
tu non capisci. È
accaduto qualcosa laggiù, Finn. Qualcosa che l'ha turbata
enormemente e di cui ha paura di parlare.»
«Credi
che abbia a che
fare con lui?»
«Non
lo credo. Ne sono
sicuro.»
*
* *
Cap.
1.2 – L'angelo caduto
Rey
sbarrò gli occhi bramando l'aria come se fosse riemersa da
una lunga
apnea.
Solo
dopo qualche istante si rese conto di essere ancora sdraiata
nell'angusta cuccetta della hall principale del Falcon.
Si
sollevò sui gomiti ansimando e poi, lentamente, si mise a
sedere in
quello spazio ristretto, con le gambe incrociate, passandosi la mano
sulla fronte sudaticcia.
Non
aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma si sentiva più
stanca
ed agitata di quando si era coricata.
Finalmente
riprese fiato ma, nonostante avesse ormai piena padronanza del suo
corpo, non riusciva a placare l'inquietudine.
Non
era in grado di giudicare se l'esperienza che l'aveva strappata
brutalmente al sonno, era stata un sogno oppure un'altra visione.
Aveva la sensazione che fosse stato qualcosa di diverso, di
dannatamente reale, ma si era interrotto troppo presto per darle modo
di capire di cosa si trattasse.
Cominciava
ad averne abbastanza di quelle maledette manifestazioni della Forza.
Come era accaduto su Takodana, erano totalmente inutili se poi la
lasciavano con mille interrogativi ed un frustrante senso di
impotenza.
Si
rimise gli stivaletti, scese dalla cuccetta e si guardò
intorno. Dei
droidi non c'era traccia, di conseguenza era già giorno
pieno. Non
c'era tempo per rimuginare e perdersi in elucubrazioni mentali
infruttuose, doveva ritornare al più presto alla base: c'era
una
guerra in corso e sarebbe stata certamente più utile accanto
ai suoi
compagni invece che a sprecare tempo prezioso per tentare di
risolvere i misteri della Forza.
Urgeva
trovare Chewbacca.
*
Come
era accaduto a lei, anche lo wookiee non era riuscito a chiudere
occhio nei regali alloggi di Lando, ed aveva anticipato il rientro
sul Falcon. Lo trovò indaffarato davanti ad uno dei
collettori che
regolavano il flusso di tensione ai propulsori posteriori.
Evidentemente aveva trovato un piccolo guasto che andava riparato
prima di riprendere la rotta per Batuu, ma, nello stesso tempo, aveva
avuto l'accortezza di non svegliarla e lasciarla riposare.
Sorrise
amaramente nel vederlo così tranquillo e assorto nel suo
lavoro,
nonostante dentro di lui infuriasse la tempesta. Poteva comprendere
perfettamente il turbinio emotivo che si agitava nel suo animo,
perché lo aveva provato lei stessa e, a stento, era riuscita
a non
farsi sopraffare dall'odio e dalla vendetta.
Simili
sentimenti erano un facile veicolo per il Lato Oscuro; lo sapeva, se
lo sentiva, e lei non si sarebbe fatta risucchiare da quella spirale
distruttiva.
Non
aveva idea se Chewbe sarebbe mai stato in grado di perdonare Ben, per
l'uccisione di suo padre; per un wookiee forse la faccenda era un po'
più complicata, ma il fatto che sulla Starkiller non lo
avesse
colpito in un punto vitale, nonostante la sua mira infallibile, era
il sintomo che non aveva avuto il coraggio di ucciderlo. Questo
contribuiva enormemente ad alimentare le sue speranze.
«È
grave? Hai bisogno di aiuto?» Qualunque fosse il problema,
era
sicura che in due l'avrebbero risolto più velocemente. Non
vedeva
l'ora di levare le ancore da quello strano posto in cui faticava
sempre di più a sentirsi tranquilla.
Il
grugnito di risposta di Chewbe la rassicurò: era una cosa da
nulla.
Sarebbero potuti ripartire anche senza riparazioni, visto che gli
altri collettori funzionavano alla perfezione, lo wookiee aveva
semplicemente sentito il bisogno di tenersi occupato.
«D'accordo,
mi fido di te. Dove si sono cacciati i droidi?»
indagò curiosa
guardandosi intorno. Senza i discorsi petulanti di C-3PO e i
cinguettii festosi di R2, il silenzio del Falcon era quasi
inquietante.
Il
gigante peloso mugugnò qualcosa a proposito di un giro
turistico sulla
suggestiva camminata della
piattaforma fluttuante e lei strabuzzò gli occhi
scoraggiata; a
quanto pare il rientro alla base era subordinato ai loro comodi.
Questa volta, al droide dorato chiacchierone, una bella strigliata
non glie l'avrebbe risparmiata nessuno.
Tornò
nella hall principale a malincuore e si abbandonò
stancamente su una
delle poltroncine che circondavano il tavolino tondo. Il ricordo di
quello che aveva vissuto poco prima tornò a farsi vivo,
insieme ad
un discreto mal di testa.
Invidiò
Chewbe che aveva trovato il modo di ingannare il tempo che li
separava dalla partenza, lei invece si sentiva terribilmente
inquieta.
Ripensò
a Lando e a quella loro strana conversazione, al modo in cui aveva
scrutato le sue reazioni quando le aveva parlato di Ben, come se
avesse voluto a tutti i costi dimostrarle qualcosa. Tutto questo
aveva il potere di destabilizzarla.
Aveva
sempre contato solo su se stessa, fin da quando i suoi genitori
l'avevano abbandonata a sopravvivere in un deserto; aveva imparato a
resistere alla fame, al freddo, persino alla solitudine, eppure, in
quel momento era come se stesse vivendo un'altra vita, imprevedibile
e ignota, per la quale si riteneva impreparata.
La
paura tornò a prendere il sopravvento sui suoi sensi. Ancora
una
volta si sentiva debole e vulnerabile e detestava sentirsi in quel
modo.
«Non
ditemi che vi state già preparando per la
partenza!» Le parole
improvvise e inaspettate di Lando la colpirono come una frusta,
facendola sussultare.
Si
voltò verso il tunnel che si innestava nella hall e lo vide
avvicinarsi a passo spedito verso di lei, avvolto in un altro dei
suoi mantelli variopinti. Doveva essere proprio una fissazione. L'ex
contrabbandiere entrò nell'ampio ambiente guardandosi
intorno con
fare malinconico, carezzando le superfici sudicie e malridotte, come
se gli riportassero alla mente antichi ricordi.
«Incredibile,
questo pezzo di ferraglia è ancora in grado di volare,
nonostante
sia ridotto a poco più di un rottame. Credevo che ormai
l'avessero
parcheggiato in qualche lurida discarica a fare da fonte di
approvvigionamento di pezzi di ricambio.»
Quell'esternazione
ebbe il potere di farla sorridere: «Beh, non ci sei andato
molto
lontano...» In effetti sarebbe stato quello il suo destino,
se non
l'avesse sgraffignato ad Unkar Plutt per fuggire da Jakku insieme a
Finn e BB-8.
Lando
notò la sua reazione, rallegrandosi.
«Wow!
Su quelle labbra imbronciate è spuntato un timido sorriso.
Sono
contento di essere riuscito a risollevarti un po' il morale.»
Rey
scosse il capo. «Fossi in te non mi darei tutte queste
arie» non
poté fare a meno di consigliarli, anche se sapeva bene che
sarebbe
stato fiato buttato al vento.
Lando
accusò il colpo e ridacchiò. «Che
diavolo vi è preso, a te e a
quel sacco di peli? Credevo che avreste apprezzato la mia
ospitalità.
Invece ve la siete filata. Il letto non era abbastanza
comodo?»
«Lo
era troppo» ebbe l'accortezza di fargli notare,
«non sono abituata
a certi lussi. Mi trovo più a mio agio qui, sul Falcon. E
Chewbe sta
lavorando ad un piccolo guasto. Non la prendere a male» tenne
a
precisare, confidando nella sua comprensione.
«Beh,
non sai come ti capisco. Ho passato i migliori anni della mia vita a
bordo di questo gioiello.»
«Gioiello?»
Rey alzò un sopracciglio perplessa. Solo un minuto prima lo
aveva
definito pezzo di
ferraglia
e rottame.
«Ai
miei tempi lo era sul serio, prima che Han me lo soffiasse,
vincendolo ad una partita di Sabacc. Barando, ovviamente.»
Quella
perdita gli bruciava ancora, nonostante fossero passati ormai tanti
anni. Era ancora convinto che quella meravigliosa astronave avrebbe
conosciuto un destino meno cruento se non fosse finita nelle grinfie
del suo amico. Han era un pilota straordinario, ma aveva la
particolare abilità di riuscire a demolire tutto quello che
gli
passava per le mani.
«Tu
sei stato il primo possessore di questa nave?» Rey non
riuscì a
nascondere lo stupore e l'entusiasmo.
«Beh,
non proprio il primo. Ma ti posso assicurare che, finché ne
sono
stato il proprietario, non aveva nemmeno un graffio.» Le
strizzò
l'occhio sornione, sedendosi sulla poltroncina proprio di fronte a
lei. «Restate ancora un giorno. Sarò ben felice di
ospitarvi, e nel
frattempo i miei meccanici rimetteranno in sesto il Falcon. Mi pare
più malridotto del solito.»
Rey
rimase sorpresa e lusingata da quell'offerta, ma i suoi piani per
l'immediato futuro erano leggermente diversi. «Sei molto
gentile, ma
ho fretta di ripartire. Questo gioiello
se l'è sempre cavata più che bene, sono sicura
che non ci deluderà,
nemmeno nelle fasi decisive della guerra. A volte ho come
l'impressione che abbia vita propria...»
Lando
annuì. «In un certo senso è
così. Nel suo computer centrale,
molto tempo fa, ci caricai la memoria di una cara amica» le
confidò
nostalgico, ricordando con tristezza L3.
Rey
gli riservò uno sguardo tenero. «Sai, quando
vivevo su Jakku, ho
sempre pensato che il Falcon, i jedi, la Forza... fossero solo miti,
leggende, un mucchio di storie affascinanti portate dai forestieri, e
che difficilmente avevano un fondo di verità. Poi ho
incontrato
Han... e tutto si è improvvisamente concretizzato. Sono
stata
risucchiata in un mondo di cui non immaginavo l'esistenza e ne sono
diventata parte integrante. Forse non sono pronta ad affrontare
quello che la Resistenza si aspetta da me. Ho paura di
deluderli...»
Non sapeva perché aveva sentito l'esigenza di confessare a
Lando
quella sua debolezza, ma in quel momento era l'unico che la stava ad
ascoltare e lei aveva un disperato bisogno di aprirsi.
«Nessuno
può dirsi pronto, fino a quando non affronta ciò
che il destino gli
pone davanti. Credi che Han fosse preparato a morire? Eppure non ha
lasciato nulla di intentato pur di salvare suo figlio. Quel dannato
filibustiere mi ha trascinato nelle imprese più assurde,
credi che
se ne sia mai fatto un problema? Accidenti a lui!»
Rey
sorrise. «Già, la vostra deve essere stata una
vita molto
avventurosa e movimentata.» Lo disse con una punta di
malinconia,
rattristandosi. Anche se con Han aveva condiviso solo pochi giorni,
erano stati particolarmente intensi. Le mancava terribilmente, come
se lo avesse conosciuto da una vita. Assistere alla sua morte era
stata un'esperienza orribile, eppure era riuscita a superare l'orrore
di quel gesto e a guardare Ben con occhi diversi: non più
come uno
spietato assassino, ma come una vittima di una subdola manipolazione
a cui aveva avuto il coraggio di ribellarsi. Che poi l'avesse
fortemente delusa sotto altri aspetti, era un altro paio di maniche.
«Oh,
ci puoi giurare!» Lando sbatté un pungo sul
tavolino con enfasi.
«Abbiamo attraversato la galassia in lungo e in largo e messo
nel
sacco i peggiori criminali, contrabbandieri e cacciatori di taglie in
circolazione. Ce la siamo sempre cavata alla grande. Eppure... la sua
vita è stata spezzata nel modo più assurdo e
crudele. Quella
vecchia canaglia ha lasciato un vuoto incolmabile.»
Rey
gli sorrise malinconica; dopotutto non si era pentita di aver
conosciuto Lando, era a tutti gli effetti parte della famiglia Solo,
e se Leia aveva scelto proprio lei per contattarlo, la riteneva
emotivamente coinvolta e, in un certo senso, parte di quella stessa
famiglia.
«Mi
dispiace di essere stata aggressiva e scortese, ieri» si
sentì in
dovere di scusarsi cercando i suoi occhi scuri e ancora vivaci,
nonostante l'età ormai avanzata.
Lando
sospirò. «E a me dispiace di averti messo in
difficoltà,
parlandoti di Ben. Davvero, non era mia intenzione» le
confessò, in
tono paterno.
«Oh,
sì che lo era» sorrise, assottigliando lo sguardo,
«ma non
importa» ci tenne a tranquillizzarlo, «so che
dovrò ancora
confrontarmi con lui. È
inevitabile... Adesso però non voglio pensarci, la mia
priorità è
un'altra. Leia ha bisogno di aiuto e ho il dovere di starle vicino.
Tutti noi glielo dobbiamo» ammise fiduciosa.
L'ex
contrabbandiere annuì. «Hai perfettamente ragione,
questo è lo
spirito giusto. I miei ingegneri hanno lavorato tutta la notte per
quantificare il gas tibanna necessario per rendere pienamente
operativa Alderaan Prime. Non appena avremo estratto la
quantità
sufficiente, fornirò a Leia alcuni contatti che
provvederanno al
trasporto e alla consegna.»
A
quelle parole Rey si rabbuiò, ma Lando non si
lasciò impressionare.
«So
già a cosa stai pensando» la anticipò,
notando la sua espressione
corrucciata ed un suo accenno di protesta.
Rey
serrò la mascella. «Sono criminali?»
Più che una domanda aveva
tutta l'aria di una constatazione.
«È
gente di cui ci si può fidare, è un tantino
diverso» tagliò corto
deciso, inarcando le sopracciglia, prima che lei potesse replicare
ulteriormente. «Leia li ha già conosciuti per vie
traverse, tramite
Han. Non è la prima volta che la ribellione si affida alla
malavita
per risollevare la sua condizione dopo una pesante sconfitta. La
galassia è immensa Rey, credi che esistano soltanto la
Resistenza e
il Primo Ordine? Non ci sono solo i buoni e i cattivi, è un
pelino
più complicata la questione. È
ora che cominci
ad ampliare i tuoi orizzonti.»
La
giovane jedi sospirò nervosa, quello
lo stava già facendo, ma non riuscì
comunque a
nascondere la preoccupazione per una rivelazione così
brutale, anche
se fu costretta ad accettarla. «Spero tu sappia quello che
fai. E
anche Leia.»
«Credimi,
è l'unico modo per non destare sospetti ed attirare
l'attenzione. Se
ci affidassimo ai frequentatori delle tratte abituali, avremmo il
Primo Ordine alle calcagna ancora prima di azionare
l'iperguida.»
Proprio
in quel momento Chewbacca li raggiunse nella hall, annunciando con un
vivace ruggito che le riparazioni erano ufficialmente concluse.
Lando
inspirò profondamente. «Bene, credo che sia giunto
il momento di
salutarci.» Si sollevò dalla poltroncina un po' a
fatica e andò ad
abbracciare lo wookiee. Poi si rivolse verso di lei porgendole la
mano, questa volta con fare fraterno. «È
stato interessante conoscerti, Rey. Sei una ragazza in gamba, credo
proprio che Leia ci abbia visto giusto.» Le
strizzò l'occhio
compiaciuto.
Rey
si alzò in piedi e glie la strinse con gratitudine,
regalandogli un
sorriso sincero, anche se aveva la leggera impressione che quella
canaglia le avesse lanciato l'ennesima frecciata su suoi improbabili
interessi romanici verso il Leader Supremo.
«Abbi
cura di lei. So che è una donna forte, ma ha subito troppe
perdite
e, per quanto cerchi di non gravare sulle spalle di nessuno... non
è
indistruttibile.»
A
quella preghiera accorata non poté fare a meno di annuire.
«Lo
farò, non temere» lo rassicurò,
sentendo già le lacrime pungerle
gli occhi.
Lando
salutò entrambi con un deciso cenno del capo. «Che
la Forza sia con
voi. Sempre.»
*
Non
appena l'ex contrabbandiere ebbe lasciato il mercantile, Rey
scoccò
un'occhiata infuocata allo wookiee: ne aveva abbastanza delle
piattaforme fluttuanti di Bespin, «Chewbe, prepariamoci a
partire,
cercherò di contattare C-3PO attraverso il comunicatore e
gli
intimerò di tornare. Non vedo l'ora di rientrare alla base e
portare
buone notizie.»
Il
grugnito di approvazione del gigante peloso, la mise di buon umore,
mentre si sedeva alla postazione computerizzata e si infilava le
cuffie.
«Ehi,
ascoltami bene, testa di latta! Tu ed R2 avete al massimo cinque
minuti per tornare sul Falcon, dopodiché partiremo senza di
voi.»
*
* *
Avevano
ripreso la rotta per Batuu ormai da un paio d'ore. Il salto
nell'iperspazio sarebbe stato abbastanza lungo ed ognuno di loro
impiegava il tempo d'attesa come meglio credeva. Come punizione per
aver incautamente lasciato la nave, Rey aveva costretto C-3PO a
tradurre una delle parti più ostiche dell'antico Codice Jedi.
Quello
specifico passo era particolarmente importante perché
parlava
ampiamente del cuore pulsante di ogni spada laser: il cristallo
kyber.
Rey
sperava di riuscire a reperire abbastanza informazioni per riuscire a
riparare la spada.
«Signorina
Rey, sono mortificato, ma anche in questo capitolo non si fa alcun
riferimento a come ricomporre o riutilizzare un kyber
spezzato*.» Il
droide si lamentò con rammarico.
«Rileggi.
Deve pur esserci qualcosa» gli ordinò nervosa. Non
poteva credere
che non esistesse nemmeno un accenno, un minimo appiglio al quale
aggrapparsi per tentare di risolvere il problema.
Aveva
smontato completamente la spada, aveva riparato le parti danneggiate
ed aveva provato ad attivarla con una sola metà del
cristallo. Anche
se era più piccola, sperava che potesse funzionare
ugualmente.
Invece era stato tutto inutile, le due metà del kyber non
sprigionavano più alcuna luce, erano opachi, privi del
più piccolo
segno di vita.
C-3PO
si rimise al lavoro, rileggendo, traducendo e rielaborando, ma le
poche nozioni che venivano fuori erano sempre le stesse: il kyber era
il cuore della lama, era un vero e proprio essere vivente legato in
maniera indissolubile al proprietario della spada. Il cristallo
chiamava il suo
padrone durante un rituale denominato la
messe, il giovane
apprendista veniva scelto,
e da quel momento tra lui e il cristallo si creava una vera e propria
interconnessione che durava per tutta la vita.
Il
caso della spada in suo possesso però era anomalo. Era
appartenuta
ad Anakin, che sicuramente aveva trovato per primo il cristallo e
l'aveva assemblata, poi era passata al suo maestro, Luke Skywalker,
che l'aveva persa durante lo scontro con Vader, infine, dopo
chissà
quali peripezie, era finita nella cantina di Maz Kanata dove aveva
chiamato lei, mostrandole visioni del passato e del futuro. Era in
quell'occasione che aveva visto Kylo Ren, per la prima volta.
Ricordava ancora con angoscia il terrore che aveva provato in quei
momenti, tanto da farla scappare il più lontano possibile da
quel
luogo.
Non
le restava che rassegnarsi, quel Kyber era morto, e l'avevano ucciso
lei e Ben.
Forse
l'unica soluzione era procurarsi un nuovo cristallo, uno che fosse
solo suo e che non avesse nessun legame con la famiglia Skywalker.
«C-3PO
su quali pianeti, gli apprendisti, affrontavano la messe?»
Il
droide elaborò la domanda per qualche secondo, interrogando
diligentemente la sua banca dati. «Ci sono molti pianeti che
presentano, nelle loro profondità, miniere di cristalli
kyber,
alcuni sono stati completamente saccheggiati, come Jedha. Altri ne
sono ancora ricchi ma è estremamente difficoltoso reperirli
perché
le miniere non sono superficiali. Ma c'è un luogo, in
particolare,
in cui i giovani padawan si recavano con più frequenza, un
pianeta
estremamente impervio, ma che ha ancora l'ingresso alle grotte ricche
di kyber facilmente accessibile dalla superficie. Si tratta del
pianeta Ilum.»
«Bene,
vada per Ilum, allora. Se non c'è alcun modo per riparare il
cristallo, me ne procurerò uno nuovo.»
R2-D2,
che aveva assistito a tutta la scena, emise tutta una serie di bip e
segnali luminosi, muovendosi agitato. «Sta zitto! La
signorina Rey
sa perfettamente a cosa va incontro, avventurandosi in questa
impresa. Abbi fiducia nelle sue capacità.»
Rey
sorrise, cercando di tranquillizzare il piccolo droide che sembrava
totalmente fuori di sé.
«Se
non le dispiace, chiedo il permesso di auto disinserirmi per qualche
ora» la supplicò C-3PO, «a causa
dell'intensa attività di
elaborazione i miei transistor positronici si sono notevolmente
surriscaldati. Potrei rischiare un corto circuito.»
La
giovane jedi annuì. «Permesso accordato.»
Si
sentiva un po' in colpa per averlo spremuto per bene, ma qualcosa era
riuscita ad ottenere. Ora aveva uno scopo, una missione. Il suo
maestro sarebbe stato orgoglioso di lei.
*
Sul
Falcon era sceso il silenzio. Chewbe forse stava riposando o era
impegnato in qualche controllo di routine.
In
attesa del rientro alla base Rey pensò di rendersi utile
dando una
sistemata al casino che dilagava in ogni angolo di quel rottame.
Era
china su dei contenitori metallici accatastati nella hall principale,
intenta a riordinare alcune chiavi idrauliche che aveva trovato
abbandonate nei posti più disparati, quando ad un tratto,
una strana
sensazione le piombò addosso, costringendola ad alzare la
testa.
Un
lieve senso di vertigine le diede l'impressione che il Falcon stesse
girando su se stesso. Ma era impossibile dato che stavano viaggiando
a velocità luce. Si stropicciò gli occhi e
sbatté velocemente le
palpebre per schiarirsi la vista.
Si
guardò attorno perplessa: tutto pareva al proprio posto,
eppure
qualcosa era cambiato.
L'assalì
la stessa sensazione che aveva provato molte ore prima quando aveva
avuto l'impressione di essere stata catapultata in un'altra
dimensione.
Udì
degli strani fruscii provenire da uno dei corridoi che si innestavano
nella hall, si alzò e si girò verso quello che
portava alla stiva e
alle cabine dell'equipaggio. Mosse alcuni passi in quella direzione
lentamente, addentrandosi nel tunnel con circospezione.
«Chewbe?»
chiamò, senza smettere di guardarsi intorno, con tutti i
sensi
allertati. «Sei tu?» insistette, senza ricevere
alcuna risposta.
Dove
si era cacciato? Stranamente c'era troppo silenzio e non c'era
più
nessuna traccia dei droidi. Sparivano sempre quando c'era bisogno di
loro.
Percorse
tutto il corridoio fino in fondo e poi riemerse dalla parte opposta,
tornando nella hall, pervasa dalla brutta sensazione che quello non
fosse lo stesso Millenium Falcon sul quale era salita su Bespin.
Era
la nave di Han, su questo non vi era alcun dubbio, ma c'era qualcosa
di diverso, dettagli, piccolezze, che solo un occhio attento come il
suo avrebbe potuto cogliere, e quella consapevolezza le
provocò un
intenso brivido di paura.
Si
girò di scatto quando scorse un'ombra scura sgusciare fuori
da un
mucchio di casse e sparire dietro le poltrone.
Deglutì
a vuoto, col cuore che le martellava nel petto, cercando di
metabolizzare il sospetto che probabilmente sul Falcon c'era qualcun
altro. Si decise ad indagare, doveva assolutamente andare in fondo
alla faccenda; se a bordo avevano un clandestino, sarebbe stato un
disastro di immani proporzioni. Già immaginava di sentire le
sonore
proteste di Chewbacca alla necessità di dover invertire la
rotta.
Si
avvicinò con cautela alle poltrone impugnando saldamente il
blaster,
ne costeggiò la curva fino a raggiungere la parte
posteriore, acuì
lo sguardo per scoprire finalmente chi si nascondeva dietro il
divanetto.
Quello
che la vista le restituì, riuscì a sorprenderla:
debitamente
accucciato, con le braccia minute, avvolte attorno alle ginocchia,
c'era un bambino di quattro o, al massimo, cinque anni.
Rey
abbassò immediatamente l'arma, infilandola nella cintura e
lo fissò
incredula.
«E
tu da dove salti fuori? Che ci fai nascosto qui?» gli chiese
dolcemente per non spaventarlo, tirando un sospiro, anche se il cuore
le batteva impazzito nel petto e minacciava di sfondarle la gabbia
toracica.
Il
piccolo clandestino sollevò la testa e la accolse con un
sorrisino
impertinente. «Stavamo giocando. Non te lo
ricordi?»
Nello
scoprire il viso del piccolo, Rey sgranò leggermente gli
occhi. «Che
stai dicendo? Come ti è saltato in mente di salire su questa
nave? È
molto pericoloso, tu non puoi stare qui» lo ammonì
dolcemente per
non intimorirlo, continuando a studiarne i lineamenti che sembravano
avere qualcosa di vagamente familiare.
A
quel punto il bambino si alzò in piedi, le si
avvicinò a piccoli
passi senza apparire particolarmente impaurito, e a Rey si strinse il
cuore. Pareva più alto per l'età che dimostrava,
indossava una tuta
intera beige, con le bretelle sbrindellate che gli ricadevano
mollemente sulle spalle e un maglioncino a collo alto che, una volta
lavato, difficilmente sarebbe potuto tornare bianco. Da sotto il
bordo dei pantaloni troppo lunghi, spuntavano due piedini, di cui
solo uno infilato in un calzino sudicio.
Rey
maledì la sua imprudenza. Era stata incauta a lasciare il
portello
del Falcon aperto durante la permanenza su Bespin, ma non immaginava
che qualcuno avrebbe colto l'occasione per sgattaiolare dentro. I
genitori di quel ragazzino dovevano essere tremendamente in pena.
«Sei
tu che sei salita sulla mia nave e poi ti sei nascosta. Ora tocca a
me nascondermi» chiarì invece il piccolo,
leggermente contrariato,
«prova a prendermi!» le ordinò in tono
perentorio.
A
quelle parole Rey sussultò incredula. Riconobbe senza ombra
di
dubbio, la vocina infantile che aveva udito in quella specie di sogno
e un assurdo senso di confusione si impadronì di lei. Che
stava
succedendo? «Chewbe!» chiamò a gran
voce, nella speranza che
accorresse e le dimostrasse che quello che stava vivendo non era uno
scherzo della sua mente.
La
sua richiesta però rimase inascoltata.
Il
bambino le riservò un sorrisino furbo. «Chewbe non
c'è. È con la
sua famiglia. Lo abbiamo accompagnato io e papà nell'ultimo
viaggio»
spiegò risoluto.
«Cosa?
Ma che stai dicendo? Era qui fino a pochi... minuti...» le
parole le
morirono miseramente in bocca nell'istante in cui venne pervasa da
una drammatica consapevolezza. «Aspetta un momento. L'avete
accompagnato tu e papà?» Non poteva essere vero.
«Qual è il tuo
nome?» riuscì appena a mormorare, prima che la
gola le si seccasse
del tutto.
«Ben.
E tu come ti chiami?»
A
quella rivelazione Rey rimase impietrita. Deglutì a vuoto.
Solo
qualche tempo dopo si ricordò che, per sopravvivere, doveva
anche
respirare.
Finalmente
le fu tutto più chiaro: quegli occhi grandi, scuri e
profondi, che
la osservavano vivaci, le labbra carnose e rosate, i lunghi riccioli
neri scompigliati sulla testolina, i numerosi nei sparsi sulle guance
ancora paffute, non lasciavano alcun dubbio. Quel bambino era
proprio Ben. Il suo
Ben.
Era
assurdo. Perché la Forza le stava mostrando una cosa del
genere? Non
riusciva proprio a trovare un senso, né una spiegazione
logica.
Inspirò
profondamente e cercò di calmarsi. Forse era davvero solo un
sogno
o, peggio, una sua autosuggestione dovuta ai racconti di Lando.
Doveva trovare il modo di tornare alla realtà.
Si
allontanò da lui compiendo qualche passo all'indietro, quasi
ne
fosse spaventata, ma il piccolo tenacemente la raggiunse, senza
staccarle gli occhi di dosso. «Come ti chiami?»
ripeté, con
insistenza.
«Rey...
sono Rey» sussurrò appena, ancora incredula e
turbata.
«Mi
piaci, Rey!» commentò, arricciando il nasino,
«lo dirò a mamma,
così mi crederà. Stavolta deve
credermi» esclamò trionfante,
saltellando sul posto.
«In
cosa deve credere la tua mamma?» indagò lei,
chinandosi su di lui
per catturare meglio i suoi occhi.
«Che
ti ho visto» spiegò, aggrottando le sopracciglia,
rattristandosi,
«lei non mi crede. Dice che esisti solo nella mia
testa.» Le si
avvicinò ancora di più, allungò una
manina paffuta, in cui
spiccavano un paio di dita incerottate e, titubante, le
sfiorò il
viso. «Ma tu esisti. È vero che esisti
Rey?»
A
quel leggero tocco lei sussultò leggermente. No, decisamente
non era
un'illusione.
Prese
quella piccola mano tra le sue e gli sorrise addolcendo lo sguardo.
«Certo che esisto» lo rassicurò,
sentendo le lacrime salirle agli
occhi. «Mi senti? Sto stringendo la tua mano» gli
sussurrò
commossa, spinta da un irrefrenabile sentimento di compassione verso
di lui.
Ben
ritirò la mano e le restituì un ghigno
impertinente. «Adesso ti
faccio vedere una cosa. Ma mi devi promettere che resterà un
segreto
tra noi.»
«D'accordo»
rispose incuriosita, asciugandosi gli occhi umidi di lacrime.
Ben
tirò fuori da una tasca un paio di dadi dorati, legati da
una
catenella e iniziò a farli lievitare fra le dita.
Rey
rimase incantata dall'abilità con cui sapeva farli
volteggiare nel
vuoto. «Oh... Sei molto bravo. Perché vuoi che
resti un segreto?»
indagò preoccupata.
«Mamma
non vuole che lo faccia davanti a tutti. Dice che è
sbagliato.»
Rey
aggrottò la fronte. «Forse sta solo cercando di
proteggerti.» Non
sapeva perché aveva avuto l'esigenza di giustificare le
azioni di
Leia, forse perché non poteva credere che fosse stata una
madre
rigida e autoritaria nei confronti di suo figlio.
Ben
scosse il capo contrariato. «No. Dice che potrei fare del
male» le
confessò determinato. Nei lineamenti gentili del piccolo,
Rey scorse
un impercettibile guizzo di rabbia, lo stesso che gli avrebbe visto
anni più tardi, ma notevolmente amplificato. «Ha
paura di me, tutti
ne hanno» sentenziò serio, e a lei si
gelò il sangue. «Anche tu
ne hai, Rey?»
La
giovane jedi deglutì a vuoto, e per qualche istante non
seppe cosa
rispondere. «Certo che no. Perché dovrei
averne?» tentò di
rassicurarlo, con scarsi risultati.
«Dimostramelo
che non hai paura» la sfidò invece lui,
scrutandola in modo
inquietante.
«D'accordo»
lo rassicurò vedendolo sgranare gli occhi scuri per lo
stupore, come
se non si aspettasse di essere accontentato.
Rey
inghiottì un groppo amaro, si inginocchiò, si
protese verso di lui
e lo strinse forte a sé, in un gesto istintivo e disperato.
Solo
allora si rese conto di quanto fosse piccolo e indifeso.
In
quello stesso istante percepì tutta la tristezza di Ben, la
sua
immensa solitudine, il terrore dell'abbandono impresso nel profondo
della sua anima, ed un'ombra, potente e oscura, che aleggiava
assetata e predatrice su di lui.
Istintivamente
lo strinse ancora più forte. Quel dolore acuto e spietato,
che
proveniva da lui e che aveva invaso i suoi sensi, era esattamente lo
stesso che aveva provato da bambina, e che l'aveva accompagnata,
giorno dopo giorno, per anni.
Io
e te siamo simili...
Improvvisamente
comprese, e fu come se le dense nubi che le avevano impedito di
guardare fino in fondo, si fossero dissolte.
Avrebbe
tanto voluto fare qualcosa, portarlo via da quel destino crudele e
ingiusto che lo attendeva, ma ancora una volta si rese conto di
essere impotente.
Quello
non era il suo tempo, non era il suo momento.
Quando
Ben era un bambino lei non esisteva. Forse la Forza le aveva concesso
la possibilità di affacciarsi in quella lieve fessura aperta
nel
tempo, intrufolarsi nella vita di Ben e guardare, con i suoi occhi
chi era veramente e quello era stato costretto a sopportare.
Il
piccolo si lasciò stringere ma non ricambiò
l'abbraccio, restando
immobile e sconcertato. Poi si divincolò dalla sua stretta e
la
fissò con un cipiglio cupo, studiandola attentamente.
«Tocca a me
andarmi a nascondere adesso» protestò serio, come
se
improvvisamente fosse tornato ad essere un innocuo ragazzino a cui
aveva dato fastidio interrompere il suo gioco.
Rey
annuì leggermente, aggrottando la fronte. «Va
bene. Va a
nasconderti. Tra un po' verrò a cercarti» lo
accontentò,
trattenendo a stento l'angoscia. Non avrebbe mai voluto lasciarlo
andare, ma non poteva evitargli di affrontare il suo destino. Non
poteva interferire in quello che già era successo. Avrebbe
potuto
agire nel suo tempo e influire sul suo futuro, se solo il loro legame
non si fosse spezzato.
Ben
assottigliò lo sguardo e la scrutò intensamente,
nello stesso modo
in cui avrebbe fatto molto tempo dopo. Allungò una mano sul
suo viso
e raccolse una lacrima che incautamente le era sfuggita.
«Perché
stai piangendo?» le chiese curioso, osservando la punta delle
sue
dita bagnate.
«Non
è niente... sono solo un po' triste» gli rispose
sorridendo,
scompigliandogli i capelli già arruffati. «Adesso
corri, vai a
nasconderti» ribadì, con un lieve cenno della
testa, e lui annuì
ricambiando il sorriso, stavolta soddisfatto.
Rey
lo vide saltellare verso il corridoio e sparire dentro
l'oscurità,
come se fosse stato inghiottito dal nulla.
Poi
tutto scomparve anche intorno a lei.
*
* *
«Signorina
Rey! Signorina Rey, va tutto bene?»
No,
non andava bene per niente. Un acuto mal di testa sembrava volergli
aprire il cranio in due. E la martellante voce metallica di C-3PO non
migliorava affatto la situazione. Sollevò le palpebre a
fatica e la
maschera inespressiva del droide fu la prima cosa che riuscì
a
mettere a fuoco.
Si
rese conto di essere sdraiata a terra supina, nel bel mezzo della
hall principale, mentre i droidi e Chewbe le orbitavano in torno con
fare preoccupato.
Lo
wookiee le diede una mano a rimettersi in piedi.
«Grazie
Chewbe. Sto bene, non temere. È
stato solo un capogiro, almeno credo...» si sentì
in dovere di
rassicurarlo.
A
parte un leggero senso di vertigine e un forte mal di testa, stava
alla grande, almeno fisicamente. Emotivamente invece, era un vero
disastro.
Quello
che aveva vissuto era stato incredibile e angosciante nello stesso
tempo, e si guardò bene dal farne parola con i suoi
compagni.
L'unica cosa che desiderava ardentemente era di potersi sdraiare,
chiudere gli occhi e tentare di scollegare il cervello dal resto del
corpo. Stava seriamente rischiando di impazzire.
«Io...
io... credo di aver bisogno di stare un po' da sola...»
riuscì
appena a mormorare, confusa, allontanandosi da loro.
Abbandonò
la hall barcollando, con lo sguardo perplesso di Chewbacca puntato
addosso.
*
Rey si
appropriò della cabina del capitano con un'arroganza che non
le era
mai appartenuta. Chiuse il portello dietro di sé e vi si
appoggiò
con la schiena, sospirando esausta, come se con quel gesto potesse
tenere fuori tutto il resto della galassia. E in quel momento lo
desiderava ardentemente.
Sollevò
lo sguardo stanco e spento, e diede una rapida occhiata all'interno.
Lo spazio era piuttosto ampio, c'era un piccolo bagno privato da un
lato e un letto che fuoriusciva di almeno mezzo metro dall'incavo
della cuccetta e dava l'idea di essere più comodo di quello
mezzo
sgangherato della hall principale. Era perfetto, considerando che in
quel momento si sarebbe gettata a peso morto anche su un giaciglio di
paglia.
La sua
mente le chiedeva insistentemente di analizzare quello che le era
appena accaduto, che aveva vissuto così intensamente, ma si
obbligò
a soffocare quel desiderio. Era pericoloso.
Entrò
nel bagno, aprì il rubinetto del lavabo e si
sciacquò
abbondantemente il viso con l'acqua gelata. Solo allora
riuscì a
trovare un po' di sollievo. Studiò la sua immagine riflessa
nello
specchio e ne rimase turbata. Aveva l'aria stanca ed abbattuta, i
capelli disfatti, gli occhi gonfi ed arrossati.
Non ci
voleva una mente geniale per capire che aveva un disperato bisogno di
dormire, ma era frenata dal terrore di sprofondare nella disperazione
un'altra volta. Si sentiva prigioniera, intrappolata un vicolo cieco.
Tornò
nella cabina abbandonandosi ad un lungo sbadiglio e posò il
blaster
su una mensola. Lentamente si tolse anche la cintura di cuoio e il
gilet di stoffa chiara e grezza, gettandoli a terra. Si
liberò di
tutto quello che la appesantiva, restando solo con la maglia leggera
incrociata sul petto e i calzoni.
Si
girò verso l'ampia cuccetta, decisa a buttarcisi dentro e
rimanerci
fino al loro arrivo su Batuu, ma fu inaspettatamente frenata da
qualcosa che le sconvolse completamente la vista: sdraiato sul letto
e coperto parzialmente da un lucido lenzuolo nero, c'era qualcuno
placidamente addormentato.
Ancora
una volta si irrigidì e un brivido gelido le
attraversò tutta la
schiena.
Era
Ben.
Era
ingiusto. Non poteva essere.
Non
riusciva a credere che quel dannato legame si fosse riattivato, era
riuscita a spezzarlo.
Ne era
convinta, ci aveva creduto.
Forse
era soltanto un'altra visione, un'immagine assurda partorita dalla
sua mente provata.
Deglutì
a vuoto e indietreggiò fino a toccare con la schiena il
portello
d'uscita, mossa da un disperato desiderio di fuggire.
La sua
mano scivolò sopra il pulsante di attivazione, tenendosi
pronta a
premerlo, ma qualcosa le impedì di farlo. Se era davvero il
legame,
scappare non sarebbe servito, e lei non era una codarda.
Lentamente
si staccò dalla paratia, si fece coraggio e si
avvicinò.
Scivolò
cauta con lo sguardo lungo quel corpo possente, quasi avesse paura di
farsi male, e lo guardò, silenziosa e attenta.
Il
viso di Ben era ancora più cereo del solito. I capelli neri,
sparsi
sopra il cuscino, scoprivano la fronte ampia e davano l'idea di
essere estremamente morbidi. La tentazione di affondarvi le dita era
forte, ma riuscì a dominarla.
La
cicatrice della ferita che lei stessa gli aveva inferto, ormai era
solo un piccolo solco roseo che non riusciva a deturpare i lineamenti
perfetti nella loro imperfezione. Il naso importante era adeguato al
suo volto, la bocca carnosa non aveva perso quel particolare broncio
infantile.
Scese
con lo sguardo lungo il collo, fino ad accarezzare il petto che si
sollevava piano ad ogni respiro regolare. Ne scorse tutte le
cicatrici, testimoni delle violenze subite e delle battaglie
combattute.
Aveva
già avuto modo di vederlo nudo dalla vita in su, non aveva
ceduto
all'imbarazzo allora, e non lo avrebbe fatto neanche adesso,
nonostante la pelle chiara e tesa dei muscoli, lievemente lucida di
sudore, le smuovesse qualcosa nel profondo. Era una sensazione
strana, di vago disagio, a cui non riusciva proprio a dare un nome.
Si obbligò a soffocarla.
Inspirò
profondamente ed espanse i suoi sensi, cercò di sondare la
sua
mente, ma non percepì nulla provenire da lui, nessuna
energia
negativa. Visto da quella prospettiva, sembrava sereno, quasi
innocuo.
Ma Rey
era perfettamente conscia che non era così.
Era
pericoloso e imprevedibile.
I suoi
occhi indugiarono sulla mano destra di Ben, posata mollemente
sull'addome semicoperto dal lenzuolo, era la stessa che aveva toccato
ad Ahch–To. La osservò bene. Non era rozza e
callosa come quella
perennemente sporca di grasso e carburante di un pilota tuttofare
della Resistenza. La pelle era liscia e chiara, le dita affusolate,
le unghie ben curate. Era una mano aristocratica.
Allungò
timidamente le dita per sfiorarla, ma si bloccò con la punta
dei
polpastrelli a pochi millimetri dal dorso. Si era accorta che quel
gesto aveva scatenato qualcosa ed aguzzò i sensi. Gli
oggetti
tutt'intorno avevano iniziato a vibrare leggermente e le luci soffuse
della cabina sfarfallavano nervose.
Ritrasse
subito la mano al petto stringendola in un pugno e
indietreggiò di
qualche passo. Ora riusciva a percepirlo.
Ben si
svegliò di soprassalto come se fosse stato colpito da una
scossa. In
una frazione di secondo Rey si ritrovò a fissarlo sconvolta,
con la
sua lama cremisi sfrigolante, puntata alla gola.
«Non...
non credo che tu possa farmi del male, con quella...» ebbe
appena il
coraggio di mormorare, ricordando il momento in cui gli aveva sparato
col blaster su Ahch-To ed aveva semplicemente fatto un buco nella
parete di pietra che aveva di fronte.
Ben la
tenne sotto tiro ancora per qualche secondo, nascondendo il viso
stravolto dietro l'elsa impugnata a mani nude, poi finalmente si
decise ad abbassare la lama e a disattivarne il laser.
Si
studiarono in silenzio, anche se entrambi erano ormai consci di
quello che stava succedendo.
Rey
sentì le gambe cederle per la tensione accumulata. Quello
che le
stava di fronte, seduto ansimante sul letto e che la scrutava con il
solito broncio e l'espressione un po' frustrata, era il Ben che
conosceva: grande, grosso e minaccioso. Il
contrasto con l'esile ed adorabile ragazzino con cui aveva interagito
poco prima, era quantomeno drammatico.
«Ti
prego, dimmi che sotto quel lenzuolo, indossi qualcosa» lo
provocò
con ironia.
Non ricevette nessuna risposta al di fuori di uno
sguardo cupo e
ostile, fisso su di lei.
«Che
cosa vuoi ancora?» Udire di nuovo la sua voce, profonda e
morbida le
provocò un brivido strano, anche se il suo tono non era
esattamente
rassicurante. «Ti sei connessa per supplicarmi di
risparmiare te e i tuoi amici? Puoi tranquillamente evitare di
umiliarti» la minacciò sottilmente, con le labbra
tremanti e lo
sguardo furente, anche se ancora leggermente sconvolto.
«Non
ne ho alcuna intenzione» reagì d'impulso, senza
riuscire a
mascherare una certa dose d'inquietudine.
«Bene.
Vedo che non sei affatto cambiata» constatò
compiaciuto.
«Nemmeno
tu. Continui a farti guidare dall'odio e dal rancore» non
poté fare
a meno di fargli notare, conscia che gli avrebbe dato fortemente
fastidio.
Sul
volto sudato di Ben passò un impercettibile lampo d'ira,
serrò
nervoso le labbra prima di risponderle. «Non mi hai dato
altra
scelta.»
Rey si
stava già preparando a replicare ma, nello stesso modo in
cui le era
apparso, Ben sparì all'improvviso. La sua immagine
sfumò
velocemente nella tenue luce dell'alloggio e il letto perfettamente
rifatto all'interno della cuccetta, fu l'unica cosa che le vista
tornò a restituirle.
Deglutì
a vuoto, solo in quel momento si accorse di tremare
violentemente.
Il
loro legame non si era affatto spezzato, era sempre stato
lì,
nascosto, latente, pronto a riattivarsi al suo più piccolo
cedimento. Il suo stato d'animo vulnerabile aveva riaperto una
breccia e aveva permesso alla Forza di fluire tra loro. L'angoscia
che aveva provato nel vedere quel piccolo angelo caduto l'aveva resa
debole, costringendola ad abbassare le difese.
Ben
era tornato nella sua esistenza, più impetuoso e disperato
che mai,
e lei era stanca di resistere.
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Note:
* Grazie ad uno screen
shot del bluray de Gli Ultimi Jedi, ho potuto constatare che
effettivamente il cristallo è spezzato in due parti. Quindi
non è una mia supposizione ;)
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