Di
prigioni europee Nami ne aveva viste solo due -ed erano già
troppe-.
Ma era arrivata alla facile conclusione che in tutto il continente
fossero fatte con lo stesso stampo.
Tutte
avevano celle piccole e maleodoranti piene di spacciatori e
ladruncoli, pareti grigie e poliziotti dal cipiglio serio seduti su
scrivanie piene di fascicoli. Di diverso c'era la disposizione dei
mobili ma per lo più la prigione di Water Seven era identica
a
quella di Elbaf. Aveva pure gli stessi, immancabili, cinque scalini
da fare prima dell'ingresso trionfale nell'ufficio dove
formalizzavano le denunce, per poi sbatterti nella tanto decantata
cella piccola e maleodorante.
Una
passeggiata di pochi metri che per Nami era pesata come un macigno.
La cognizione opprimente e spaventosa di non sapere che ne sarebbe
stato di lei l'aveva accompagnata per tutto il tragitto.
Probabilmente i detenuti provavano qualcosa di simile mentre si
avvicinavano al patibolo.
Lei
avrebbe preferito risparmiarselo e credeva di essere nel giusto
quando presumeva che per Robin fosse lo stesso.
Zoro
e Rufy erano sereni. Naturalmente, loro avevano già avuto la
loro
iniziazione a Elbaf. Era stato carino da parte di suo fratello
adoperarsi perché anche lei avesse la sua. Aveva seriamente
preso in
considerazione il fratricidio, ma non era così scema da
commetterlo
in un luogo che pullulava di poliziotti. Aveva imparato ad odiare
presto la sensazione delle manette ai polsi.
Aveva
sempre creduto sarebbe stato Ace il primo della famiglia a farsi
arrestare. Invece il primato toccava a loro. Due arresti per Rufy,
uno per lei. In neanche due settimane. In un altro continente.
Ace,
i suoi DVD pirata e i suoi graffiti potevano baciare la terra dove
camminava.
Certo,
se mai fosse riuscita ad uscire da quella cella di tre metri per
quattro.
Nami
si passò una mano tra i capelli, lasciando vagare lo
sguardo,
cercando di guardare il lato positivo. Per lo meno li avevano
lasciati insieme, in una cella a parte, lontani dalle prostitute e
dagli spacciatori. Zoro sonnecchiava disteso sul pavimento e Rufy
ammazzava il tempo cercando di acchiappare una mosca. Lei si era
presa l'unica panchina e aveva lanciato occhiate furenti a chiunque
volesse dire qualcosa in proposito.
L'orologio
sulla parete segnava le diciassette passate, erano lì da
quasi
un'ora e Robin era sparita da più di venti minuti. Essendo
europea
era stata la prima a venire interrogata e Nami era in lotta con
sé
stessa da allora. Sperava di non avere nulla da temere ma la
conoscevano appena, magari in quel momento li stava tutti vendendo
per salvarsi la pelle. Aveva già mezzo pianificato
l'omicidio di
Rufy, le sarebbe dispiaciuto dover uccidere anche la sua ragazza.
Nami
guardò il ragazzo con cui condivideva metà del
patrimonio genetico
mentre si tuffava a pesce sulla mosca, la schivava e -come era ovvio-
si prendeva una craniata contro le sbarre.
Ripensandoci
avrebbe potuto far fare ad entrambi la fine di Paolo e Francesca, di
sicuro Rufy non lo avrebbe rimpianto nessuno. Beh, forse la mamma...
Sentì
Zoro ridacchiare sotto i baffi e sussultò trovandolo intento
a
fissarla. Le mancò il respiro per un attimo, non si sarebbe
mai
abituata ai suoi occhi da cucciolo.
Non
parve accorgersi della sua momentanea apnea da estasi affettiva e si
tirò a sedere, indicandole Rufy con un cenno. “Non
gli ha mai
spiegato nessuno che le mosche non si prendono
così?”
Nami
alzò un sopracciglio, speranzosa come ogni dannata volta.
Era il
fiacco tentativo di iniziare una conversazione?
Sospirò
stanca e soprassedé. “Abbiamo passato anni a
spiegargli le cose
più disparate, questa ci sarà sfuggita.”
Zoro
fece una smorfia poco convinta. “Non è nemmeno
stupido... quando
vuole sa essere furbo.”
Se
voleva una conversazione leggera mentre erano rinchiusi in attesa di
sapere di quale morte dovevano morire, chi era lei per negargliela?
“Si,
è un peccato che farci arrestare non possa metterla nelle
breve
lista delle sue genialate.”
Zoro
ridacchiò, la testa a penzoloni poggiata contro le sbarre.
“Nessuno
è perfetto, in qualcosa dobbiamo pur peccare...”
Nami
lo guardò divertita alzando un sopracciglio. “Sei
in vena di ovvietà? Adesso mi dirai che dobbiamo morire
tutti prima
o poi e che non è il caldo che ti frega ma
l'umidità?”
Lui
ghignò. “Naaa, non serve, tanto vedo che lo sai
già.”
Nami
scoppiò a ridere e sentì la tensione sciogliersi.
Aveva perso il
conto di quante volte doveva essergli grata per questo, ormai.
Il
momento finì veloce com'era arrivato. In lontananza si
sentì una
porta sbattere e dal corridoio riapparve Nico Robin scortata da un
poliziotto.
Rufy
si fece immediatamente sull'attenti e, per una volta, anche Nami e
Zoro.
La
mora si avvicinò alle sbarre. “Tutto risolto,
ragazzi!” esclamò
con una punta di orgoglio.
“Come
sarebbe?” esordì Zoro.
“Ho
parlato con i commercianti e anche con l'ispettore. Siamo riusciti ad
arrivare ad un accorto. Ho pagato i panini e risarcito una parte
della merce che Sanji ha distrutto. In cambio nessuno di loro
sporgerà denuncia.”
Nami
la guardò come se la vedesse per la prima volta.
“Non so cosa
dire... Grazie Robin!”
Ora
si sentiva in colpa per i mille pensieri cattivi su di lei. Quella
donna era un mito! Come accidenti era possibile che le piacesse suo
fratello?
“Ti
risarciremo!” le diede man forte il verde mentre il
poliziotto si
apprestava ad aprire la cella per farli uscire.
La
mora fece l'occhiolino. “Non vi preoccupate, non era una
cifra così
alta. Ho chiesto un piccolo sconto...” poi si
voltò verso la porta
infondo al corridoio. “...non hanno saputo dirmi di
no.”
Nami
e Zoro allungarono il collo per capire chi stesse salutando e videro
l'intero corpo di polizia, compreso lo stesso ispettore e i due
commercianti, che la salutavano a loro volta, del tutto inebetiti,
schiacciati l'uno sull'altro.
Robin
si rivoltò verso di loro ridacchiando e Rufy le si
avvicinò con
passo incerto, una luce nuova negli occhi. “Credo di essere
innamorato di te...”
Sotto
gli sguardi basiti di Nami e Zoro -non era già ovvio?- lei
gli
sorrise maliziosamente schioccando la lingua. “Oh, tesoro...
ti ci
vorrà molto più di questo per
guadagnartela...” mormorò
mangiandoselo con gli occhi.
Nami
avrebbe voluto chiedere ma ci ripensò. Non voleva avere
niente a che
fare con il loro contorto modo di amarsi, magari era contagioso e poi
aveva già i suoi problemi.
“D'accordo,
se è tutto risolto, andiamo! Dobbiamo trovare
Sanji!”
Nami
aprì la strada agli altri sparpagliando con un'occhiata
assassina la
folla di poliziotti che ostruiva la porta.
Recuperarono
gli oggetti personali sequestrati all'arrivo e si diressero subito
verso la porta a vetri dell'ingresso, bramosi di abbandonare quel
maledetto buco quanto prima. Era già un miracolo che nessuno
si
fosse accorto delle tre katane di Zoro, non voleva sfidare la sorte
più del necessario.
Erano
quasi arrivati quando una voce li fermò sul posto.
“Monkey
C. Nami?”
Era
troppo bello per essere vero.
Nami
si voltò cauta verso il poliziotto che l'aveva richiamata.
Era
dietro il bancone dell'accettazione e si era alzato in piedi per
poterla vedere.
“Sono
io.” rispose con la morte nel cuore. Che altro doveva
succedere?
Quello
fece il giro della scrivania e le allungò un oggetto che
Nami
pensava di non rivedere mai più.
“La
mia borsa!!” esclamò incredula afferrandola per
accertarsi che
fosse proprio lei.
Zoro
e Rufy la guardarono con gli occhi sgranati. Era la borsa che avevano
rubato a Marijoa!
Il
poliziotto sorrise girando lo schermo del computer che aveva sulla
scrivania. “C'è qualcuno che vorrebbe parlare con
voi.”
Sempre
più increduli si videro comparire davanti il visetto
preoccupato di
Chopper, collegato via chat. Alla loro vista sorrise di cuore,
infinitamente sollevato. “Ragazzi! State bene, come
sono
contento!”
Parlava
sottovoce, probabilmente per non svegliare nessuno. Sembrava la sua
camera quella che si vedeva sullo sfondo e a casa era notte fonda in
quel momento.
Zoro
aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di dare voce
al
pensiero comune. “Che cosa fai qui?”
Quello
ridacchiò. Era ovvio si riferisse al perché mai
fosse collegato con
la centrale di polizia di Water Seven in piena notte.
Nami
si intromise. “Hai recuperato tu la mia borsa?”
Lui
annuì sempre sorridendo. “Si ed
è una storia assurda! Ve la
racconterò, ma prima... dov'è mio
fratello?”
Nami,
Zoro e Rufy si guardarono. “Ehm... beh, lui...”
Il
fracasso di una porta a vetri che veniva sbattuta malamente contro il
muro coprì il resto della frase e la voce che lo
seguì li fece
voltare tutti verso l'ingresso.
“...no
un onesto cittadino che paga le sue tasse!! Non ho fatto niente di
male!! Ehi, sto parlando con te!! E piantala di spingere,
tu!!”
No,
era assurdo... Nami si appoggiò alla parete, gli occhi
sgranati.
Non
si era ancora ripresa dalla vista di Chopper che si ritrovò
a
fissare Franky -il loro buon vecchio camionista di fiducia!- che
veniva trascinato in manette dentro la centrale da due poliziotti.
“Conosco
i miei diritti!!! Non potete rompere le scatole! Correvo appena!!
Questo è abuso di potere!!!”
Era
stato arrestato anche lui e in sé la cosa non la sorprese,
lo aveva
visto all'opera con i limiti di velocità, ma non pensava di
rivederlo. A colpo d'occhio le sembrò anche diverso dal
solito, ma
non capì perché. Era più concentrata
ad inorridire per la sequenza
di insulti che lanciava contro gli agenti.
“Non
siete per niente super!! Oltraggio al pudore è un'accusa
stupida e
io non ce li ho i duemila che volete!!!!”
Nami
deglutì. Un'orribile sensazione si impadronì di
lei e l'istinto le
consigliò di arretrare fintanto che non li aveva ancora
notati. Si
sentì spregevole ma magari se si allontanavano lui non si
sarebbe
accorto di loro... magari potevano passare incolumi almeno attraverso
questo problema...
Robin
era già dietro di lei -come al solito il suo cervello fine
aveva
lavorato prima di quello degli altri- e lei fece per afferrare anche
Zoro e Rufy per allontanarli ma aveva fatto male i conti.
“Franky!!!”
Nami
si morse la lingua all'urlo entusiastico di Rufy.
Colpa
sua, aveva agito troppo tardi. Che strano che suo fratello non avesse
colto i segnali...
Con
orrore Nami vide l'omone smettere di inveire contro i poliziotti e
girarsi verso di loro mettendoli a fuoco e aprendosi in un sorriso
tutto denti.
“Rufy!!!
Ragazzi!!! Anche voi qui?? Suuuper!!!”
Per
la sorpresa quasi cadde addosso ad uno degli agenti che per rivalsa
lo trattenne ancora più saldamente per le enormi braccia. Fu
in quel
momento che Nami si rese conto che cosa c'era di strano in lui.
Indossava
dei pantaloni. Strettissimi e troppo corti anche,
di un inteso
color giallo canarino. Immaginava che gli fossero stati messi a forza
dopo l'arresto per oltraggio al pudore e guida spericolata. Non
poteva biasimare del tutto i poliziotti.
Franky
ridacchiò imbarazzato. “Eh eh eh... situazione
bollente anche per
voi? Non è che per caso avreste duemila sacchi da
prestarmi?”
Nami
non ebbe nemmeno il tempo di gemere per la frustrazione che la porta
a vetri venne sbattuta nuovamente contro il muro. Ormai si aspettava
di vederla scardinata di lì a poco.
Intensificarono
lo sconvolgimento quando si trovarono davanti l'ultima persona che si
aspettavano di vedere, per lo più perché lo
speravano ormai in
hotel a fare pace con la ritrovata donzella.
“Non
c'è bisogno di spingere così la signorina! Siamo
qui di nostra
iniziativa!”
Nami
si portò una mano al petto, aspettando i familiari crampi.
L'arrivo
di Franky non era stato nulla rispetto all'entrata trionfale di
Sanji. Entrò in pompa magna, guidando un piccolo gruppo di
persone
che occupò il resto dello spazio e obbligò tutti
a stringersi. Il
fatto che più della metà di loro fosse in divisa
non li sorprese.
Il
loro amico grondava acqua letteralmente dalla testa ai piedi mentre
veniva scortato all'interno da due poliziotti. Le manette che
scintillavano prepotenti anche ai suoi polsi.
Nami
boccheggiò, all'improvviso l'ingresso di quella piccola
centrale di
polizia sembrava essere diventato la sala d'attesa della stazione
centrale di Pechino.
“Potreste
darle una coperta? Il mio bocciolo di rosa sta gelando!”
Sanji
non era il solo ad essere stato scortato fin là. Alle sue
parole,
Nami deviò lo sguardo e si strozzò con la saliva
nel riconoscere
Viola al suo fianco -anche lei inzuppata fino al midollo e
ammanettata- straripante di felicità e amore mentre guardava
il suo
cavaliere sgolarsi per farle avere un benedetto
asciugamano in
modo che non prendesse freddo.
Dietro
di loro -fermi in attesa come se non avessero ancora capito bene
perché erano stati prelevati a forza- c'erano i famosi
parenti di
Viola, anche loro scortati da agenti ma per lo meno non bagnati.
Avevano l'aria rassegnata di chi aveva già visto di peggio,
l'aria
che Nami a quanto pareva era ben lungi da considerare anche propria.
“Nami-swan!!!
Ragazzi!! Ci siete anche voi?”
All'urlo
entusiastico tutto il gruppo si voltò verso Sanji, ancora
reduce
dell'entusiasmante ingresso, che si sbracciava -per quanto possibile
con le manette- per attirare la loro attenzione.
“Sono
contento che siate qui!!”
Sanji
pareva del tutto ignaro di avere due poliziotti che cercavano di
tenerlo fermo. Volevano portarlo in cella ma a lui sembrava non
importare. Sprigionava così tanta felicità da
fare quasi schifo,
non si preoccupava della polizia. E loro ancora sostavano come
imbecilli davanti alla scrivania senza riuscire a trovare nulla di
sensato da dire.
Nella
foga di raggiungerli quasi cadde, ridendo come fosse ubriaco e gli
agenti rinunciarono a trattenerlo.
Sanji
li raggiunse schizzando d'acqua chiunque lungo il tragitto.
Saltellò
pure quando vide quello che Nami teneva in mano. “Ma quella
è la
tua borsa!!”
“Sanji?”
Ora
che si era avvicinato c'era qualcun altro che poteva vedere chi fosse
l'artefice di tutto il casino che aveva sentito. Lo schermo del
computer rimandava ancora il viso confuso di Chopper e suo fratello
strabuzzò gli occhi quando lo riconobbe.
“Chopper!
Che fai lì??”
Il
ragazzino spalancò la bocca ma non riuscì a dire
nulla, perplesso.
Sanji
nemmeno ci fece caso, sorrise entusiasta prima di voltarsi verso le
porte.
“Viola
amore, vieni!! Ti devo presentare mio fratello e i miei
amici!”
Nami
si sentì ancora più spaesata guardando la bella
ragazza che avevano
rincorso per giorni avvicinarsi a loro con gli occhi brillanti.
Stringere la mano che le offriva sembrò un'esperienza
extracorporea.
Per un attimo non riuscì a credere di averla davvero
davanti, di
poterla toccare. Il momento passò veloce
ma le lasciò una
sensazione da pelle d'oca e sapeva di non essere stata l'unica ad
averla. Lo sconcerto che passò sul viso di Zoro lo
sentì come fosse
proprio.
Si
guardarono per un attimo disorientati mentre Sanji portava Viola
più
vicino al computer e i suoi parenti si avvicinavano a loro volta,
incuriositi.
Quando
Rufy la superò per andare a salutare Brook e Robin si fece
avanti
per abbracciare la coinquilina, Nami si strinse nelle spalle e
sentì
quelle di Zoro rilassarsi.
“Assurdo...”
ridacchiò, prima di avviarsi verso l'ispettore -che come
tutti aveva
seguito la scena con la bocca aperta- per trattare il rilascio in
blocco dell'intera marmaglia.
Per
l'ennesima volta sapeva di dover provvedere lei a salvare il culo a
tutti.
Probabilmente
si sarebbe dovuta accontentare ancora per un po' di prendere in
prestito l'auto di suo fratello.
*
Il
tramonto sul mare con gli Yagara che navigavano placidi e i giochi di
luci contro i palazzi erano uno spettacolo davvero da mozzare il
fiato. La calma che si respirava nella piazza libera di turisti la
rendeva semplicemente magica. Ora capivano perché era una
meta così
gettonata.
Mentre
cercavano Viola e Sanji non erano riusciti a godersi quella
città da
sogno, adesso che le cose si erano sistemate avrebbero avuto molto
tempo da dedicargli. Erano riusciti a prenotare una stanza nello
stesso hotel solo dopo essere riusciti a rassicurare il concierge
che non gli sarebbe stato fatto terrorismo psicologico.
Nami
aveva pagato la cauzione per tutti ed erano stati rilasciati in tempo
per vedere il tramonto.
Avevano
trovato un ottimo locale dove fermarsi a mangiare all'aperto,
immersi nella pace della sera, accarezzati dall'arietta frizzante che
veniva dal mare e passava tra le calle, disperdendo il suo profumo
salmastro e acquistandone uno nuovo.
Per
la prima volta in due settimane non sentivano la costante tensione
sulle spalle che li aveva sempre accompagnati e avevano la
possibilità di starsene seduti comodi attorno al tavolino di
un bar
senza preoccupazioni. Per un paio di giorni avrebbero semplicemente
fatto i turisti. La prospettiva suonava tanto bella quanto
incredibile per le loro ossa doloranti e non vedevano l'ora di
mettere definitivamente la parola fine a tutta la vicenda.
Ma
prima c'era un'ultima cosa necessaria da chiarire e Nami
capì che
avrebbe dovuto chiedere direttamente perché i diretti
interessati
erano troppo impegnati a perdersi l'uno negli occhi dell'altra per
intavolare la conversazione di propria iniziativa.
Erano
ormai al caffè quando Nami prese parola, impossibilitata a
trattenersi oltre.
“Che
cosa è successo dopo che hai raggiunto lo Yagara?”
Non
era ancora chiaro come le cose fossero esattamente andate. In
commissariato non c'era stato ovviamente alcun momento per chiedere e
dopo erano tornati subito in hotel. Sanji e Viola si erano
immediatamente chiusi in camera con la scusa di cambiare quei vestiti
bagnati e non ne erano riemersi se non mooolto tempo dopo. Brook
aveva fatto ridere tutti commentando con un ghigno che togliere il
sale di dosso era un'impresa particolarmente ardua.
Quando
finalmente scesero non mostrarono un grammo di imbarazzo per averli
fatti aspettare e Nami si ritrovò ad essere d'accordo con
loro. Ne
avevano passate fin troppe per preoccuparsi di una cosa del genere e
fu particolarmente soddisfatta di vedere finalmente la
felicità
negli occhi di entrambi.
Ma
ora che tutto era alle spalle, la prigione, l'attesa, le vesciche sui
piedi, perfino Rufy tranquillo e rilassato con la pancia piena,
voleva avere delle risposte.
Sanji
ridacchiò, un luccichio furbo nello sguardo. Viola, al suo
fianco,
sorrise.
Alle
sue parole Zoro sollevò il viso facendosi attento, ogni
traccia di
sonnolenza avesse mai deciso di prenderlo, ora sparita e anche Robin
raddrizzò le orecchie in attesa. Erano rimasti gli unici al
tavolo.
Franky
si era fermato a cenare con loro, sarebbe ripartito la mattina dopo
non appena recuperato il camion dal deposito sequestri. Se l'era
cavata con una bella multa e un ammonimento, era incensurato per sua
fortuna e -cosa che aveva sconvolto Nami- era la sua prima
infrazione. Da una ventina di minuti ballava in mezzo alla piazza
mostrando spassosamente a Rufy e Usop le mosse migliori del suo
repertorio, rigorosamente in camicia hawaiana e mutande. Quei
pantaloni gialli avevano fatto un'orribile fine non appena varcate le
porte della centrale.
Poco
più in là, Kaya e Brook stavano ancora
conversando con Chopper in
video chiamata. Avevano scoperto di avere molteplici interessi in
comune, non avevano smesso di parlare nemmeno durante la cena.
Viola
rise seguendo il suo sguardo. “Si sono intesi subito, chi
l'avrebbe
mai detto?”
Sanji
fece una smorfia. “Oh, io non avevo dubbi. Rufy fa amicizia
anche
con i sassi.”
Zoro
annuì mentre Robin lanciava al ragazzo lontano uno sguardo
affettuoso.
Nami
sorrise furba. “Non cambiate discorso... allora, che
è successo?”
chiese di nuovo allungandosi sul tavolo. Al diavolo la privacy,
doveva sapere, stava morendo di curiosità.
Sanji
si grattò una guancia e per la prima volta sembrò
imbarazzato.
“Beh,
non ho mai voluto prendere molte lezioni di nuoto...”
iniziò
titubante. “Ho rischiato più volte di essere preso
in pieno da uno
dei battelli!”
Viola
si batté una mano in fronte. “Quando l'ho visto
non volevo
crederci...”
Lui la
guardò. “È stata la forza dell'amore
che mi ha spinto a fare
quella pazzia!”
“Per
fortuna non sei stato triturato da un'elica...”
commentò
Robin facendo ridere Viola.
Nami
abbozzò una risatina. Era stato un pensiero comune a quanto
pareva.
“E
poi?”
Sanji
sorrise mentre il ricordo lo afferrava e lo riportava a qualche ora
prima quando la piazza, il bar, tutti i suoi amici e quell'atmosfera
serena erano solo una speranza. Quando c'era lei
che lo
guardava mentre si issava rudemente sullo Yagara e il ragazzo dal
naso lungo si faceva avanti per aiutarlo.
Steso
a pancia in giù l'aveva guardata a lungo cercando di
riprendere
fiato. Sembrava surreale averla vicino.
La
ragazza bionda si teneva a distanza insieme al tizio con l'afro e
nessuno di loro aveva la benché minima idea di chi avessero
davanti.
Tutti, tranne lei che sapeva e continuava a
fissarlo come
avesse visto un fantasma.
Sanji
si permise il lusso di ammirarla. Era bellissima, proprio come
nell'unica foto che aveva di lei.
Portava
dei semplici jeans, una camicetta bianca e le Converse. E lo guardava
ad occhi sgranati.
Era
lì, era realmente lì e il
pensiero suonò fin troppo stupido nella sua
testa, ma non
riuscì a non formularlo. Sapeva perfettamente che lei era
reale, ma
vederla di persona era tutta un'altra cosa.
Aveva
dei parenti, prendeva gli Yagara per fare un giro, indossava le
Converse rosse. Lei esisteva. E la
realtà delle cose lo
risvegliò peggio di una secchiata d'acqua.
Doveva
parlarle.
Riuscì
a rimettersi in piedi, i muscoli doloranti per la corsa e la nuotata
che iniziavano nuovamente a farsi sentire.
Usop
era ancora al suo fianco. “Ti serve aiuto..?” gli
chiese
titubante. Ancora non capiva chi fosse quello sconosciuto che aveva
affrontato le onde pur di salire sulla loro imbarcazione ma non
sembrava un pericolo, solo un poveraccio.
Sanji
negò col capo, un ringraziamento silenzioso e si
voltò verso di
lei.
“Viola...”
Non
sapeva da dove cominciare. Il discorso perfetto che si era preparato
era svanito.
“Che
fai qui, Sanji?”
La sua
voce era stata appena più forte di un sussurro e nonostante
il tono
duro riuscì a fargli perdere un battito.
I suoi
cugini si girarono a guardarla e poi tornarono su di lui con le facce
di chi aveva appena risolto il più grande dei dilemmi.
Sanji
fece un passo nella sua direzione ma capì subito che non
avrebbe
dovuto farlo. Usop e Brook gli si pararono davanti e Viola si
ritrasse come se l'avesse colpita.
Si
bloccò preso alla sprovvista. Insomma, d'accordo che non era
al
massimo della presenza ma chi credevano che fosse? Non era certo un
mostro, non le avrebbe mai fatto del male! Non volontariamente, per
lo meno. Gliene aveva già fatto troppo senza rendersene
conto.
Nelle
loro facce vedeva l'astio e una forte dose di sospetto. Si stavano
tutti chiedendo cosa ci facesse lì e lui sapeva che non
avrebbe
avuto un'altra occasione. Era pronto a farsi valere, lo spazio era
pochissimo e non era lì per nessun genere di lotta.
“Io...
io devo scusarmi!” non avrebbe potuto iniziare in altro modo.
“Sapessi quanto ti ho cercata...” Si
passò una mano tra i
capelli bagnati.
Viola
non fiatava ma non si perdeva una sillaba, il cipiglio serio.
“Sono
un idiota!” su questo era certo nessuno avesse nulla da
obiettare.
“Per tre anni ho creduto...” si bloccò
respirando
affannosamente. Dio, ammetterlo con lei era più difficile di
quanto
lo fosse stato dirlo a Zoro. Forse perché con lei aveva
tutto da
perdere.
“Ho...
ho interpretato male i tuoi messaggi... per tre anni ho creduto... ho
creduto che tu fossi un ragazzo!”
Lo
sconcerto durò un secondo sul suo viso, poi tornò
prepotente di
nuovo il sospetto.
Era
palese che non gli credesse e Sanji sentì il bisogno di
spiegarsi
meglio. “So che sembra assurdo, ma è la
verità! Non sono mai
stato molto bravo con le lingue e a quanto pare dopo anni in spagnolo
faccio ancora schifo!” abbozzò una risatina che
suo malgrado fece
alzare gli angoli della bocca a Brook. “Per tutto il tempo
credevo
di parlare con un uomo! Credevo fossi lui!”
Usop
spalancò la bocca vedendosi indicare.
“Ti
descrivevi in maniera molto femminile. La foto che mi hai mandato vi
ritraeva insieme e beh... il tuo diminutivo mi ha messo su una falsa
pista... tutti quei discorsi strani sulla ceretta e i the con le
amiche... pensavo che fossi gay...”
Alla
faccia orripilata di Usop, Brook scoppiò a ridere e dovette
sedersi
per non crollare a terra. Sanji sorrise a quello scoppio, almeno la
sua idiozia risultava simpatica e non cattiva.
Kaya
si fece avanti per sostenere il muso lungo del fidanzato.
Sanji lo sentì chiederle con un filo di voce 'davvero sembro
gay?'
prima che lei lo tirasse in disparte con uno sbuffo divertito.
Sanji
si sentì più leggero alla loro decisione di farsi
da parte, avevano
intuito che non rappresentava un pericolo.
L'unica
che sembrava non volergli ancora concedere il beneficio del dubbio
però, era proprio Viola. Ferma immobile a braccia conserte,
non
abbandonava l'aria sospettosa. Lo scrutava come un felino che studia
la preda.
“Io
ti ho respinto...” continuò deciso.
“...perché pensavo fossi un
uomo e ci stessi provando... aggiungici il fatto che quella notte non
ero perfettamente sobrio ed ero in un pessimo stato emotivo ed ecco
che ho combinato il casino più grande della mia
vita!”
Sanji
si passò una mano tra i capelli. Il peso sullo stomaco che
si
affievoliva sempre più lasciando il posto all'illusione di
mille
farfalle svolazzanti.
“È
per questo che sono qui! Ho attraversato l'Europa per trovarti!
Dovevo spiegarti, non potevo lasciarti andare! Dovevo dirti che
quando ho finalmente aperto gli occhi ho dato un senso a
quell'irrazionale desiderio di mantenere i contatti con te! Ti
consideravo una persona straordinaria quando pensavo fossi un uomo.
Volevo scriverti, dirti sempre cosa mi succedeva. Era così
facile
parlare con te! Mi conoscevi meglio di chiunque altro, a te ho
raccontato cose che nessuno sa! Viola, quando ho capito chi eri, ero
già innamorato di te da anni!”
Un
silenzio da brividi accolse la sua dichiarazione.
Lo
Yagara continuava la sua veleggiata in mare aperto e gli unici suoni
arrivavano dai gabbiani e dalle onde che si infrangevano contro lo
scafo.
Sanji
deglutì e il sorriso gli morì sul viso mentre i
secondi passavano e
da lei non arrivava alcuna reazione. L'aria pungente del tardo
pomeriggio lo fece rabbrividire, ricordandogli di essere ancora
completamente fradicio.
L'euforia scemò poco a poco mentre prendeva atto di non avere
più assi
nella manica.
Non si
era aspettato che gli gettasse le braccia al collo, quello no.
Capiva
il bisogno di metabolizzare la notizia, non pensava nemmeno che lo
avrebbe scusato in quattro e quattr'otto. Era pronto anche per gli
insulti.
Voleva
solo che dicesse qualcosa!
Ma
Viola taceva. I lacci delle scarpe sembravano essere diventati
più
interessanti di lui ed aveva un'aria pensierosa, sembrava soppesare
le sue parole, ma non avrebbe potuto dirlo con sicurezza. Non
conosceva le più basilari espressioni del viso della donna
di cui
diceva di essere innamorato ed era impreparato sul significato del
suo linguaggio del corpo.
Come
un fulmine a ciel sereno si rese conto che non conosceva affatto la
donna che gli stava di fronte. Lui conosceva Vic ed aveva imparato ad
associarlo a determinati modi di fare, ma con la mente di un uomo che
guarda un altro uomo. Viola era diversa da Vic.
Con il
cuore in gola capì che non sapeva come interpretare quel
silenzio.
Ma
avrebbe potuto imparare.
Conosceva
la sua anima, tutto il resto l'avrebbe imparato e amato nello stesso
modo! Viola doveva solo dargliene la possibilità!
Usop,
Kaya e Brook guardavano ad alternanza prima uno e dopo l'altra senza
osare intervenire, in attesa come lui di conoscere il verdetto.
Sanji
sostenne fiero lo sguardo su di lei. Se gli avesse dato un cenno, un
qualsiasi indizio che non gli credeva, era pronto a fare anche
l'impossibile. Se necessario, sarebbe andato avanti tutta la notte a
dirle quanto l'amava, quanto aveva disperatamente bisogno del suo
perdono.
Il
destino glielo volle risparmiare.
“Quindi...”
Sanji
rizzò le orecchie al suono della sua voce. Viola guardava
costantemente a terra.
“...dopo
tre anni di lettere e confidenze mi vieni a dire che pensavi fossi un
uomo?”
Il
tono era piatto, privo di emozione e Sanji guardò i cugini
in cerca
di aiuto. Quelli si strinsero nelle spalle.
Viola
proseguì alzando appena un po' la voce. “Avresti
attraversato
l'Europa per dirmi questo?”
Lui
deglutì. “Beh... si, ma soprattutto per dirti che
ti amo...”
balbettò. Ma perché sempre a lui capitavano le
domande enigmatiche?
“Certo...”
Sanji
sudò freddo. Sentiva il cuore battere in troppi posti
diversi per
essere sicuro di quello che provava.
Era paura
quella che sentiva? Eccitazione, tristezza, angoscia? Perché
Viola
non gli dava il ben servito senza girarci così attorno? La
sua
postura rigida parlava per lei e Sanji iniziava ormai a perdere le
speranze.
“Io...”
“Quello
che mi hai scritto non è perdonabile...”
E
alla fine, eccola là la verità. Detta chiara e
tonda dalla sua
voce.
Non
era sicuro che il cuore gli si fosse spezzato a metà.
Sembrava più
disintegrato. Sparpagliato per terra e frantumato sotto una pressa.
Viola
alzò gli occhi su di lui. Sapeva già cosa sarebbe
accaduto ora. Si
sarebbe fatto accompagnare fino al molo più vicino e sarebbe
sparito
dalla sua vita senza voltarsi indietro. Era felice di averci almeno
provato. Sperava che gli altri lo trovassero prima o poi. Lui non
aveva più la forza di fare niente.
Viola
lo guardava seria e lui era troppo impegnato ad imprimersi nella
testa le sfumature color miele dei suoi occhi per accorgersi che la
distanza tra loro diminuiva sempre di più.
Non
ebbe neanche il tempo di stupirsi quando se la trovò ad un
palmo dal
naso.
La
vide curvarsi su sé stessa e alzare una gamba nella sua
direzione,
caricare il piede a martello e schiantarlo con violenza inaudita
direttamente sulla sua faccia.
La
botta fu atroce e lo spedì di nuovo in acqua. Ne riemerse
con il
sangue che colava dal naso e dolori muscolari che si diradavano per
le articolazioni.
La
faccia faceva un male cane ma riuscì a riaprire gli occhi
per
puntarli increduli su di lei che si ergeva fiera dallo Yagara, un
dito iroso puntato contro di lui.
“Si,
hai ragione, sei un idiota! Non sai lo spagnolo, mi hai offeso da
ubriaco... pensavi che fossi un uomo!”
Sanji
sgranò gli occhi. Gli altri li guardavano scuotendo la
testa.
“Sappi
che se davvero fossi stata l'uomo gay che credevi non avrei mai
perdonato la tua stupida lettera!”
Viola
respirò col naso, gli occhi che si riducevano a due fessure
e Sanji
si affossò depresso ancor di più nell'acqua,
preparandosi al colpo
di grazia. Non aveva più il coraggio di guardarla.
La
sentì muoversi irrequieta sulla barchetta prima che la voce
le si
ridusse ad un sussurro. “Devi solo ringraziare il fatto che
non lo
sono...”
Il
rumore di un corpo che cadeva in acqua gli fece rialzare la testa di
scatto. Quello che vide dopo gli mozzò il respiro e il naso
prese a
pulsare dolorante.
Viola
nuotava a piccole bracciate verso di lui ed era un sorriso quello che
le illuminava volto.
Gli
mise le braccia intorno al collo e lo attirò a
sé. Era seminuda,
aveva lasciato i pantaloni e le scarpe sullo Yagara. Sanji non
pensava che il cuore potesse arrivare a battere tanto forte senza
provocargli danni fisici.
Viola
gli sorrise, gli occhi che brillavano. “Sei fortunato che
sono
donna e innamorata di te da tre anni. Altrimenti col cavolo che ti
avrei perdon...-!”
Sanji
non riuscì a trattenersi. Se ne infischiò del
naso gocciolante, del
freddo pungente, del pubblico. Anche del fatto di averla interrotta.
Avrebbero parlato ancora dopo, per tutto il tempo che voleva. Ma se
non l'avesse baciata entro cinque secondi l'avrebbe rimpianto per
tutta la vita.
Viola
rispose immediatamente con l'entusiasmo di chi aspettava solo quello
per tornare a respirare. Nemmeno le importava del sangue.
Sentì
fischi di approvazione venire dallo Yagara e lo stomaco si contorse
su sé stesso sentendo il suo corpo seminudo aderire
completamente al
suo sotto la superficie dell'acqua. Aveva le labbra più
morbide del
mondo, non pensava che l'avrebbe mandato in corto circuito solo il
pensiero di averla tra le braccia.
Mantenersi
a galla diventò complicato troppo presto e dovettero
interrompere
quel bacio tanto atteso. Ridendo si appoggiarono l'uno all'altra,
senza nessuna intenzione di allontanarsi.
Sanji
non riusciva a smettere di guardarla mentre gli toccava piano lo
zigomo, dispiaciuta per avergli fatto tanto male.
Sentì
l'affetto per lei crescere dal centro del petto e diffondersi. La
donna dei suoi sogni era perfetta. Dentro e fuori. E finalmente
l'aveva trovata.
Quello
era senz'altro il momento migliore della sua vita... peccato che
avesse le ore contate.
“...perché
a quel punto è arrivata la guardia costiera che ha intimato
ad
entrambi di salire a bordo. A quanto pare è vietato tuffarsi
nei
canali...”
Nami
li guardò basita e Viola ridacchiò mentre Sanji
alzava le spalle.
“Ci
hanno arrestato e portato in caserma. Il resto lo sapete.”
concluse
mettendo una mano sulla schiena della sua ragazza che gli si
accoccolò addosso con un sorriso dolce.
Nami,
Zoro e Robin si guardarono, uno più incredulo dell'altro.
Zoro
alzò un sopracciglio. “Ti ha fatto volare dalla
barca con un
calcio?”
Sanji
restituì lo sguardo. Il tono canzonatorio del suo amico non
gli fece
neanche il solletico, era troppo felice per rispondere alle
provocazioni.
“Io
non mentivo quando ho detto che aveva un bel caratterino...”
mormorò furbescamente Robin, sorseggiando il suo
caffè.
Viola
rise toccando piano la faccia del suo ragazzo. Il naso era ancora un
po' rosso ed aveva un piccolo livido sul dorso. “Fa ancora
male?”
chiese dispiaciuta.
“Non
più.” sorrise di rimando lui. “Ma
ricordami di non farti più
arrabbiare!”
Nami
sbuffò una risatina. “Voi si che sapete
divertirvi...”
“Io
invece non mi sono mai sentito più stanco...”
mormorò Zoro
chiudendo gli occhi e mettendosi comodo allungando le gambe sotto il
tavolo.
Nami
si sentì d'accordo. L'universo aveva rimesso a posto le cose
e
incredibilmente non vedeva l'ora di tornare a casa e riprendere la
solita vita frenetica tra università e famiglia. Le
mancavano
persino le urla del nonno.
Guardò
il fratello giocare con Franky e Brook al centro della piazza, mentre
Robin li raggiungeva. Rufy le mise un braccio intorno alle spalle,
stringendola a sé e sentì Brook congratularsi con
loro. Due passi
più in là, Kaya chiacchierava ancora al telefono
con Chopper e a
loro si era aggiunto Usop. Dovevano essere nel pieno di un racconto
emozionante se gli urletti di entusiasmo del fratellino di Sanji
erano tanto forti da arrivare alle sue orecchie.
I
due innamorati seduti con lei non badavano più al resto del
mondo da
diversi minuti e Nami si ritrovò ad invidiarli un po'.
Quel
viaggio se lo sarebbe ricordato per tutta la vita. Avevano incontrato
personaggi di tutti i tipi e i migliori se li erano portati appresso
fino alla fine. Ma soprattutto, aveva avuto modo di fare i conti con
i propri sentimenti.
Sbirciò
verso Zoro, notando che ronfava già come un ghiro e si perse
per un
attimo a guardare i suoi capelli che cambiavano sfumatura con i giochi di luce del
tramonto.
Tutto
era finito per il meglio ed ora era necessario tornare alla vita di
tutti i giorni.
Sorrise
intenerita, scostando un ciuffetto ribelle dalla fronte del ragazzo
addormentato. Lui si mosse un po' nel sonno senza svegliarsi e lei
ritirò piano la mano.
Sentì
la determinazione crescere dentro di lei.
Il
viaggio forse era finito ma per quanto la riguardava aveva ancora
qualcosa da fare.
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