[Dedicato a S. Benaim, la sua poesia mi ha scossa e me ne sono lasciata contaminare, solo per questa volta, solo per un po’.]
Intendo
Il mio cuore è un albero.
Un albero imponente, al centro di una foresta che non riesce a riconoscere, e nella sua solitudine non sa se sperare che, in fondo, gli altri alberi siano uguali a lui o se essere terrorizzato dalla prospettiva.
E nella sua minacciosità non desidera altro che qualcuno costruisca un’altalena su uno dei suoi rami contorti.
Ma quando dico ‘albero’, intendo foglia, ogni singola foglia che si vivacizza al suo incancrenirsi; ma quando dico ‘foglia’, intendo nervatura, che si biforca e si assottiglia fino al punto che anche il più pignolo degli studiosi si stancherebbe di seguirla; ma quando dico ‘seguirla’, intendo abbracciarla,
ma quando dico ‘assottigliarsi’, intendo cantare sottovoce.
E ‘sottovoce’ significa con tutto il fiato che ho, fino a scorticarmi i polmoni per gridare, ma quando dico ‘i polmoni’ intendo le mani.
[Puoi chiedermi allora: ma perché ti ostini a infilare le mani nel fuoco, non vedi che ti ustioni!?
Ma lo so, solo che] Ho veramente troppo FREDDO,
e quando dico ‘freddo’, intendo fame, di uno che è stato nel deserto e ora ruba biscotti per ficcarseli in tasca, ma quando dico ‘biscotti’ intendo poesia e bellezza, ma quando dico ‘ficcarseli in tasca’ intendo ingozzarmene furiosamente fino a crepare soffocata, ma quando dico ‘crepare’ intendo essere salvata.
Il mio cuore è un albero, un albero, come ce ne sono tanti,
e le mie radici sono code di lucertola di cristallo fragilissimo, che vorrebbero solo prendere un po’ di sole ma devono crescere verso il basso, e se si spezzano poi ricrescono ma piene di zanne che mordono dentro e fuori.
Il mio cuore è un albero ma è anche la corteccia, ma è anche ogni singola incisione fatta sulla corteccia da vandali o da innamorati, anzi spesso è difficile riconoscere la differenza.
Ma quando dico ‘vandali’, intendo altri cuori offensivamente identici al mio,
ma quando dico ‘identici’, intendo alieni e mostruosi e irraggiungibili, e quando dico ‘altri cuori’ intendo ovviamente sempre e comunque il mio.
Il mio cuore,
e quando dico ‘mio’, intendo di tutti, è un albero.
Dovrebbe respirare anidride carbonica ed emettere ossigeno, ma l’anidride non basta per tutta la foresta e allora gli altri alberi la rubano e anche lui la ruba quando può,
ma quando dico ‘foresta’, intendo la chioma di questo singolo albero, che soffoca se stesso per riuscire a respirare.
Ma quando dico ‘respirare’, intendo sopravvivere. Ma quando dico ‘sopravvivere’, intendo amare e essere amata.
Il mio cuore è un albero,
ma qualcuno lo ha già abbattuto molto tempo fa, ne ha fatto pagine di carta e io speravo che fosse un libro di poesia, ma invece è la lista della spesa per un’enorme festa di compleanno a cui non verrà nessuno.
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