IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE
5° capitolo
– La verità di un androide
Akemi mi libera dalle corde che mi tenevano legato alla sedia, poi
pigia dei tasti numerici di una console e, quando finisce, sento uno
strano rumore provenire dalla stanza adiacente a questa. Devo sapere ma
lei è concentrata e non mi fa neanche parlare.
«Usciamo e appena troveremo un posto sicuro ti
spiegherò tutto il resto».
Contrariamente al mio carattere, la seguo senza dire una parola
obbedendo ai suoi ordini come se fossi tornato in guerra, attraversiamo
il corridoio ed entriamo in un'altra stanza dove, appoggiato sul
tavolo, c’è il mio braccio.
«Il mio occhio non c’è qui»
dico quasi sbuffando.
«Lo hanno loro di sicuro perché è
fabbricato con una tecnologia militare su cui stanno studiando da anni.
James, siamo ancora in pericolo ma questa zona è la migliore
che posso trovare in questo momento per raccontarti tutto».
Muovo il capo per confermare che sono pronto ad ascoltare e lei inizia
facendomi una domanda. «Che cosa sai davvero di un
androide?»
«Una macchina dalle sembianze umane con un hardware evoluto
per fare in modo che abbia reazioni simili e uguali a un essere
umano» rispondo compiacendomi delle mie conoscenze sulla
tecnologia post guerra.
«E se ti dicessi che le mie compagne ed io in
realtà siamo dei cyborg?»
L’affermazione mi turba perché proprio i cyborg
erano stati la causa delle guerre di colonizzazione e con la firma dei
trattati, fu dichiarata illegale la pratica di potenziare un essere
umano e, di fatto, si aprì la strada all’androide
evoluto.
«Noi siamo ancora delle macchine ma non in modo completo
perché le parti del nostro corpo sono prettamente robotiche
ma molti dei nostri organi sono dell’essere umano a cui sono
stati strappati. E sono proprio il cervello e il cuore la base della
tecnologia che ha sviluppato il nostro modello
“comportamentale”».
La sensazione a questa verità è quella di un
treno che ti colpisce in piena corsa e fatico anche a parlare
perché penso anche alle parole di Baxter sul discorso dello
smembramento del mio corpo. Lui stava dicendo che avrebbero usato le
mie parti essenziali per creare un automa potenziato da mettere in
vendita.
«Ora capisco a cosa si riferiva dicendo che aveva in pugno un
tuo oggetto prezioso».
«Esatto; lui non ha paura del mio cervello poiché
è già sotto controllo dal Mainframe, ma teme la
reazione del mio cuore che è subordinata alle sensazioni e
che, liberato dal controllo mentale, agisce in modo
indipendente».
Ora comprendo perché Akemi aveva provato un sentimento
d’amore nei miei confronti, però ancora una cosa
non era chiara. «Di chi sono in realtà cuore e
cervello?» chiesi cercando di usare del tatto ponendo la
domanda.
«Non so risponderti attribuendo un nome preciso ma so che
nessuna persona ha mai dato la sua autorizzazione
all’espianto e che si tratta di uomini e donne rapite e
mutilate ancora nel pieno delle loro facoltà
mentali».
Dalle parole di Akemi il mio pensiero è diretto
immediatamente verso Omar perché l’ho conosciuto
quando era in forte depressione per la scomparsa, e mai ritrovata,
della sorella maggiore sulla quale esprimeva sempre il dubbio atroce
che fosse stata rapita per il mercato nero dei trapianti di organi. Le
squadre speciali, probabilmente lo avranno avvicinato con la scusa dei
suoi trascorsi punitivi a causa delle droghe proponendogli, come
soluzione, di lavorare per loro proprio sulla pista che già
lui immaginava fosse giusta.
La rabbia si sta facendo di nuovo largo nel mio cuore,
m’inserisco il braccio cibernetico e noto che hanno lasciato
sul tavolo anche le mie due pistole che prendo senza pensarci un
attimo. Adesso basta, devo agire.
«Akemi, come possiamo distruggere tutto?»
«Dobbiamo raggiungere la sala dove sono contenuti i computer
che gestiscono l’intero mainframe e distruggerli. Tolto il
collegamento neurale, la parte fisica rimasta smetterà la
sua funzione».
Lei mi ha risposto in modo freddo e distaccato ma io ho notato la
contrazione del suo viso perché, di fatto, mi stava
spiegando cosa dovevo fare per ucciderla ed io sento di me la tenerezza
che avevo conosciuto solo prima delle guerre così, senza
dirle del mio sentimento, riformulo la mia domanda. «Che cosa
dobbiamo fare per stanare Baxter e toglierlo di mezzo?»
Lei fa un sorriso, ha capito benissimo che non voglio che muoia e che
farò il possibile che questo suo desiderio possa avverarsi
così mi risponde: «Ci dirigiamo nella sala del
mainframe e da lì riattiverò il mio bottone rosso
di collegamento e da quel momento Ivy saprà che stiamo per
distruggere tutto. Lui la seguirà perché non
può perdere tutti i soldi che hanno investito nella
Redmington House».
Siamo d’accordo, apro la porta lentamente per sbirciare fuori
quindi le faccio segno di seguire me questa volta perché
adesso so dove andare e ho le armi per difenderci. Lei, prima di
muoverci, mi bacia appassionatamente ed io ricambio il suo gesto come
non avevo fatto prima di questo giorno. Corriamo verso la meta ma sento
chiamarmi da una voce conosciuta.
«Finalmente l’ho trovata signor Donovan!»
esclama il tenente Stewart.
Sorrido. «Non ho mai provato tanto piacere
nell’incontrare un poliziotto».
«James no, lui sta con loro!» dice Akemi mentre mi
strattona il braccio.
Smetto di sorridere. Sono davvero uno stupido, dovevo collegare Baxter
a Stewart e al fatto che il tenente avesse interrogato Akemi e poi
lasciato me libero grazie alla testimonianza del Grigio. Se avessi
messo prima in moto il cervello sentendo la voce del poliziotto avrei
sparato subito e invece ora mi ritrovo con la sua pistola puntata verso
il mio volto e pronta a fare fuoco al minimo accenno di fuga.
«Guardi cosa sta combinando, ha messo in agitazione tutti con
le sue mosse impreviste. Eravamo convinti che non sapesse niente dopo
averla interrogata e invece la ritrovo qui mentre cerca di arrecarci un
danno enorme».
«Dovevo continuare a disprezzare la polizia corrotta di
questa città così le avrei piantato un bel
proiettile nel cervello senza pentimento» rispondo
beffardamente in modo di provocarlo a fare un gesto istintivo.
Invece, una reazione istintiva la fa Akemi mettendosi davanti a me.
«James, fidati di me. Spara!»
Guardo Stewart, lui è bloccato perché,
probabilmente, non si può permettere di distruggere un
cyborg così prezioso senza essere autorizzato dal suo capo,
alzo entrambe le mie pistole e sparo a raffica crivellando il
poliziotto che crolla a terra. Penso che possiamo procedere nel nostro
piano ma Ivy, armata di fucile, ci sbarra la strada che porta ai
computer e non credo che tema di eliminare Akemi
com’è successo a Stewart in precedenza.
«Lei signor Donovan mi crea davvero troppi
grattacapi» dice Baxter appena giunto nel corridoio.
«Se vuole far vivere il suo cuore ancora per molti anni posso
aiutarla ma se intende distruggere tutto il mio lavoro Ivy, a questo
punto, cancellerà la minaccia anche se dovesse arrecarmi un
piccolo dispiacere dato che adoro il viso che lei ha scelto per la
nostra Akemi».
Akemi non teme niente. «Fidati di me e distruggi tutto senza
pensarci».
Mi spiace, non riesco a smettere di pensarti e anzi in questo momento
sto studiando una via di fuga per entrambi ma Baxter ha una soluzione
propria per risolvere la questione. Dalla tasca estrae un cellulare e
me lo mostra con il ghigno di chi ha vinto.
«Vede, il disturbo cerebrale della povera Akemi ha continuato
a progredire peggiorandone la stabilità e quindi mi basta
premere questo pulsante per azzerare il suo software e metterla a
dormire fino a quando un nuovo padrone sceglierà di
assemblarle un nuovo corpo.
Ora non ho nessuna carta da giocare, siamo nelle loro mani qualsiasi
cosa decido di fare, guardo Akemi per capire se ha qualche idea ma
anche lei è senza parole e scuote la testa. Posso soltanto
vendere la mia pellaccia a caro prezzo così punto una
pistola verso Baxter e l’altra contro Ivy.
«Chissà chi dei due farà per primo la
propria mossa se lei schiacciando il pulsante o io premendo il
grilletto» dico per metterlo in una condizione di svantaggio
ma lui ha anche un'altra carta che fa saltare il banco e la gioca
subito.
Ivy si sposta dalla porta della sala dei computer, consegna il fucile a
Baxter e si piazza davanti a lui per proteggerlo.
«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con un
fucile, l’uomo con la pistola è un uomo
morto» dice ridendo Baxter mentre cita una frase di un famoso
film.
«Lei sa anche come va a finire» rispondo io che
conosco molti film del passato.
La tensione è alta, ma rimango calmo e lucido in situazioni
del genere che ho dovuto affrontare durante la guerra, ma so anche che
le mie possibilità di uscirne vivo sono pochissime.
All’improvviso, dalle bocche di areazione, scende un fumo
denso che mi ricorda altri fatti della guerra, così metto
subito la mano alla bocca per proteggermi, almeno per poco,
dall’odore acre del fumogeno che sta riempiendo totalmente il
corridoio, ma nello steso istante avanzo verso Baxter per anticipare le
sue mosse sapendo bene che Ivy non avrà problemi a
riprendersi il fucile per colpirmi. Akemi corre verso di loro, anche
lei non soffre il fumogeno, sento le grida delle due ragazze ma
c’è troppo fumo perché possa percepire
dove si trova il Grigio, così mi accorgo soltanto
all’ultimo momento che mi è così vicino
da potermi sparare.
«Siamo ai titoli di coda del film signor Donovan».
Pessimo errore quello di parlare prima di sparare; mi volto di scatto e
premo a ripetizione il grilletto della mia pistola sicuro di averlo
colpito quando il fumo che ci stava circondando inizia a diradarsi per
l’intervento di qualcuno che urla. «Buttate le armi
e sdraiatevi a terra, siamo delle squadre speciali!»
Obbedisco immediatamente all’ordine lanciando la pistola
più possibile lontano da me, non ho motivo di dubitare che
si tratti davvero di uomini della polizia nazionale e mentre mi sdraio
incrocio gli occhi di Baxter e dal sangue che gli cola dalla bocca
aperta, sono certo che quell’uomo non farà
più del male a nessuno.
Epilogo – Il
desiderio dell’androide
«Signor Donovan lei è stato imprudente a entrare
nella Redmington House da solo senza informare le autorità.
Comprendo la sua decisione ma non posso giustificarla perché
è comunque un’azione illegale, capisco che la
fiducia nella polizia locale sia ai minimi storici avendo anche avuto
la prova della corruzione di Stewart, ma non posso chiudere un occhio,
mi scusi l’espressione, sul fatto che lei avesse delle armi
in mano per colpire un cittadino, però…»
Il capitano della squadra speciale mi stava facendo una bella ramanzina
ma smise di parlare ad alta voce e si avvicinò
all’orecchio per terminare la frase.
«Però, non le contesteremo nessuna azione
perché il signor Yadder era davvero un brav’uomo e
stava lavorando per me in modo impeccabile».
Guardai il viso del capitano ed ebbi subito la sensazione di averlo
già visto da qualche parte e chiesi: «Era lei a
guidare la macchina che ho visto molte volte?»
«Chissà» mi rispose mentre si
allontanava.
Finito di parlare con il capitano andai da Akemi, la strinsi tra le
braccia e le dissi sorridendo: «Finalmente è tutto
finito, posso esaudire il nostro desiderio», ma sentii subito
che qualcosa non andava come sperato.
«Mi dispiace James di averti coinvolto in questa faccenda e
mi dispiace che il nostro desiderio non potrà avverarsi.
Voglio però ringraziarti per avere dato al cuore di un
essere umano la felicità di cui era stato privato, e di
conseguenza, di avermi amato in tutti gli istanti in cui abbiamo
vissuto insieme».
Akemi fu messa su un lettino accanto a Ivy e solo in quel momento
ricordai che la donna che avevo davanti era un cyborg e quindi una
macchina progettata illegalmente e che sarebbe stata disattivata
secondo i protocolli previsti dall’armistizio firmato alla
fine delle guerre e a nulla valsero le mie proteste che furono
ricompensate solo con dei soldi dei quali non sapevo più che
farmene.
Mi sono fermato in un locale molto tranquillo durante il mio viaggio in
moto per raggiungere la fattoria dei miei nonni che non vedo da
parecchi anni e mentre sorseggio uno strano intruglio, che i gestori
chiamano “la bomba della casa” ho ripensato di
nuovo ad Akemi e ai suoi ultimi momenti di vita. Sì, di
vita, perché quella donna con il corpo di un robot, con un
cervello formato più da circuiti elettronici che di carne,
aveva un cuore che batteva forte. Se non fosse stato strappato con la
forza a un'altra persona ma donato spontaneamente penso che avremmo
gioito per la perfetta operazione di un trapianto di cuore dimenticando
che a riceverlo fosse stato un robot. Lei aveva solo il desiderio di
vivere perché stava cercando di conoscere il sentimento che
tutti noi cerchiamo stando insieme con altre persone…
La felicità.
Citazione
Questa citazione completa - Quando un uomo con la pistola incontra un
uomo con un fucile, l’uomo con la pistola è un
uomo morto – è una frase integrale tratta dal
bellissimo film di Sergio Leone “Per un pugno di
dollari”.
N.d.A
- Così giunge al termine questa storia a capitoli che ho
adorato scrivere perché mi ha dato
l’opportunità di provare a fare un thriller dove
non si cerca l’assassino, ma è più
interessante scoprire le motivazioni che spingono i personaggi a fare
delle scelte.
- La filmografia su questo tipo di argomento è aumentata di
pari passo con le migliore tecnologie applicate alla realizzazione dei
film e molti di questi possono ispirare a scrivere ma, nel mio caso,
soprattutto due mi hanno indirizzato verso la trama di questa storia:
Il sempre bellissimo “Blade Runner” di Ridley Scott
(il mio epilogo sotto certi versi ricorda il finale del film) e una
serie televisiva che non ha avuto molto successo “Almost
Human” (in particolare una puntata in cui alle donne
androidi, create per essere delle prostitute, veniva applicata la pelle
di donne reali).
- Ringrazio tutte le persone che hanno letto la storia e in speciale
modo chi l’ha anche commentata.
- Ringrazio Molang che mi ha dato l’opportunità di
sistemare, a livello grammaticale, questa storia.
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