INFORMATIC ELISA 2 (non toccare)
Candy ora correva, spingendo chiunque le fosse capitato davanti per
riuscire a farsi un po' di strada verso il bagno: voleva solo stare in
un angolino a piangere, mentre nella sua testa avrebbe mandato qualche
maleficio con la
speranza che diventasse reale. «Stai attenta,
puttana!» le
gridò un uomo, dopo che il suo prezioso drink venne
brutalmente
scaraventato a terra dalla povera ragazza che, onestamente, in quel
momento non poté fare altro che fregarsene altamente. "Fanculo pure al suo drink",
pensò, mentre poteva sentire qualcuno pestare i pezzi di
vetro che si erano sparsi a terra. "Fanculo
a me" continuò, sempre nella sua mente, "e a quando ho dato retta a quel
coglione!"
Candy si ritrovò a sentire attorno agli occhi quel
fastidiosissimo appiccicume che il trucco colato, e ormai rovinato, le
stava lasciando. Avrebbe volentieri cercato di strofinare via tutto con
la mano, ma la paura di sembrare ancora di più come una
specie
di misterioso essere uscito da un film dell'orrore la
bloccò.
Così, a testa bassa, spalancò la porta del bagno
e mentre
quasi soffocava per via dei singhiozzi del pianto, si rinchiuse nello
stretto spazio riservato esclusivamente al wc, bloccando la porticina
blu riempita di scritte offensive o a sfondo sessuale e lasciandosi
andare in un triste e doloroso
pianto pieno di delusione e rabbia.
Serj l'aveva osservata fino a quando non sparì letteralmente
tra
la folla. Non sapeva perché vedere una sconosciuta in quelle
condizioni gli provocò una tale fitta allo stomaco. Forse,
fu il
profondo odio che aveva nei confronti di colui che l'aveva appena fatta
scoppiare in lacrime, o forse fu il profondo dispiacere nel vedere un
ragazzo tradire la propria ragazza difronte agli occhi della stessa.
Rivolse uno sguardo a John, che non aveva smesso neanche un
secondo di guardare storto Joey, poi ne rivolse uno a Shavo e Daron
che, sballati come già erano, si ritrovarono ancora
più
confusi difronte a questa scena e ora si osservavano tra la loro,
immobili, alzando le braccie in segno di:"amico, che cazzo sta
succedendo?"
«Oh, no...» se ne uscì con una
fastidiosa vocina una
ragazza dai lunghi capelli castani, legati in una coda praticamente
perfetta:«Qualcuno ha fatto piangere Candy Candy...Joey, sei
davvero un cattivo ragazzo!» si leccò il palmo
della mano,
usandolo per sculacciare l'ormai ex-ragazzo di Candy.
Serj, che in quel momento riusciva ad avere in volto soltanto
un'espressione schifata, piena di disgusto, si avvicinò a
John,
dandogli una leggera pacca sulla spalla e sussurandogli che sarebbe
tornato a breve, mentre subito riprendeva a camminare sugli stessi
passi della ragazza incontrata poco prima: l'aveva vista scappare verso
il bagno, sapeva che si era rifugiata lì dentro come sapeva
che,
per un motivo o per un altro, doveva raggiungerla. Così, non
curante dell'adesivo che stava ad indicare a quale sesso fosse
destinato il bagno, aprì lentamente la porta, guardandosi
alle
spalle un attimo prima di entrare e rinchiudersi lì dentro.
«Cazzo! Mi ha visto?» se ne uscì nel
frattempo Joey,
con la bocca circondata di rossetto alla fragola.
«Merda...»
«Certo, brutto coglione!» Daron alzò le
braccie in
segno di ovvietà, dopo aver ricollegato bene i
fatti:«Certo che ti ha visto! E per fortuna, cazzo!»
Joey lo guardò male: non avrebbe mai accettato che qualcuno
gli
parlasse così. Aveva sempre avuto quel senso di
superiorità secondo la quale nessuno avrebbe potuto
mancargli di
rispetto: era già tanto se quella sera non avesse preso a
botte
Serj, ma ora che l'alcol, il fumo e il recente scompiglio gli stavano
mandando in tilt in cervello...a sentirsi chiamare in quel modo,
partì immediatamente in quarta contro il ragazzo che lo
aveva appena provocato.
Spinse via la troia che si era limonato fino a quel momento e a passo
svelto e furioso si avvicinò a Daron, con aria estremamente
minacciosa. «Che cazzo hai detto tu, chitarrista dei miei
coglioni?»
Daron ignorò prontamente il super-prevedibile "uhhh"
generale,
tipico di un film americano, che la gente aveva innalzato come delle
pecore. Sollevò ancora di più la testa, senza
smuoversi
di un centimetro. «Ho detto che sei un coglione...»
rivolse
un rapido sguardo a Shavo e John, incurante delle loro occhiate che
chiedevano esplicitamente di non continuare la frase, per poi ritornare
a fissare colui che gli stava letteralmente col fiato sul
collo:«...coglione»
**
Candy spingeva nervosamente le gambe contro la porta
sperando, a
causa della rabbia, di spaccarla. Non poteva e non voleva crederci:
come aveva fatto il suo ragazzo a farle una cosa del genere? Lei lo
amava da ben due anni: due anni passati a pensare solamente a lui.
Sapeva che certe volte aveva comportamenti un po' strani, ed eccessivi.
Ma, alla fine, chi non li ha? Con lei si era sempre comportato come un
ragazzo per bene, sempre pronto a consolarla ed aiutarla per qualsiasi
problema. Perché ora le aveva fatto questo? Forse, pensava,
non
era più adatta per lui. Forse, continuava, l'aveva annoiato
ed
ora voleva provare cose nuove. Tante domande simili, tutte insieme, si
facevano spazio nella mente della ragazza che continuava a piangere
ininterrotamente mentre ad ogni lacrima si passava una mano sotto agli
occhi per asciugarsi. Era come se non avesse più fiato. La
testa
le stava esplodendo. Ma lei, non riusciva proprio a smettere.
«Candy?»
Ad un tratto, il silenzio. "Merda!"
pensò, tirando subito su con il naso. Qualcuno
l'aveva sentita piangere...l'ultima cosa che avrebbe voluto! La bocca
leggermente spalancata per riprendere fiato, e gli occhi completamente
rossi che puntavano fissi lo spazietto sotto alla porta per osservare
qualsiasi movimento all'esterno. Era talmente confusa, che neanche si
rese conto di essere appena stata chiamata per nome. Neanche si chiese
chi potesse essere.
«Ti ho sentita, sai?» l'uomo riprese a camminare,
lentamente. «Dove sei?»
Serj.
Gli occhi di Candy stavano ricominciando a riempirsi di lacrime. Lei li
strizzò, cercando di trattenersi, staccandosi dalla pelle
bagnata qualche capello che fece distrattamente passare dietro alle
orecchie. Non voleva parlare...non poteva parlare. Non voleva che la
sua voce tremante e spezzata dai singhiozzi, ancora faticosamente
trattenuti, fosse udita. Espirò, inspirò ed
espirò
di nuovo.
Serj si fermò al centro della stanza.
Candy si portò le mani al volto.
«Qui» se ne uscì lei dopo almeno una
decina di
secondi di assoluto silenzio, quasi involontariamente. Neanche lei
sapeva perché glielo avesse detto.. neanche ci voleva
parlare
lei, in quel momento. Si sentiva una scema. Iniziò a
scuotere la testa e a riempirsi di piccoli schiaffetti il viso. Perché-diavolo-l'ho-detto?
L'uomo si avvicinò e si appoggiò a braccia
conserte sulla
porta dietro la quale si trovava la ragazza. «Tutto
bene?»
Tirò su con il naso, un'altra volta, mentre ritornava a
sentire
quell'odioso nodo alla gola. Il respirò si fece
più
pesante, il labbro inferiore ricominciò a tremare. No, no!
Stava
per piangere di nuovo...con qualcuno a pochi centimentri da lei! Si
portò le mani alla bocca, per non farsi sentire. Si
appoggiò con i gomiti sulle ginocchia ed osservava quasi
attentamente le nere scarpe che indossava Serj dallo spazietto tra
l'entrata del wc ed il pavimento. Non si spostavano neanche di un
centimetro.
«Candy?»
Candy ormai sapeva che l'uomo non si sarebbe arreso e che sarebbe
rimasto nella stanza con lei. Da una parte si sentiva infastidita:
certe volte, quando era davvero triste ed impegnata a sfogare i suoi
sentimenti attraverso litri di lacrime, detestava avere qualcuno
accanto che avrebbe potuto sentirla. La imbarazzava, piangere vicino a
qualcuno. E quando quel qualcuno iniziava a far
domandare...lì,
andava totalmente fuori di testa! Ma dall'altra parte, questa persona
la incuriosiva: la incuriosiva davvero tanto! Era, forse, una delle
persone più ragionevoli dentro quel locale, secondo lei, o
almeno, era la più ragionevole fra tutte le persone in cui
si
era imbattuta quella sera. Quindi, perché fare scena muta?
Magari, provare a rispondere alle sue domande non le sarebbe costato
poi così tanto, no? In più, ormai, si era fatta
sentire e aveva rivelato il proprio "nascondiglio".
«Che-» un singhiozzo,
«c'è?»
«Ti andrebbe di uscire fuori?» domandò
lui, gentilmente.
«No» tagliò corto lei, secca, sincera da
una parte, ma dubbiosa dall'altra.
«So che non ci conosciamo» riprese lui, cercando di
farsi
ancora più vicino, «ma mi dispiace vederti
così.» fece girare attorno al polso l'orologio che
indossava ogni giorno, con la speranza di sentire la voce della
ragazza. «Scusa se, magari, posso sembrarti un po' sfacciato,
ma
Joey è sempre stato un cretino...per non dire altro. Non ti
saresti dovuta trovare qui, stasera.»
«E invece ci sono. Ci sono venuta e ora sono ridotta peggio
di...peggio...non lo so! A me neanche piacciono questi maledetti posti!
Li ho sempre odiati, cazzo! C'è un motivo se non ci metto
mai piede: ogni fottuta volta che ci entro finisco in
lacrime!»
«Lo so che non ti piacciono questi posti...me ne sono
accorto.»
Silenzio.
«Me ne sono accorto molto prima che succedesse quel che
è successo. Ti ho vista, quando ti ha presentata...quasi
quasi, ti avrei aiutata a scappare» accompagnò
quest'ultima frase con una risatina, cercando di sdrammatizare in mezzo
a quella cupa atmosfera che si era formata tutt'intorno. «Non
meriti di piangere per quella persona. Sei una ragazza per bene, ne
sono certo. Mi spiace vederti così, Candy. So quanto sia
brutto quando qualcuno di cui ti fidavi prende un coltello e te lo
conficca dritto nella schiena, è orribile, lo so. Ma, prima
o poi, capirai che grande liberazione sia stata.» Poi,
deciso, alzò il tono della voce e si smosse dalla posizione
tenuta fino a quel momento. «Anzi, sai che ti dico? Hai fatto
bene a venire qui, stasera. Almeno hai capito con che razza di persona
avevi a che fare.»
Candy smise di piangere. Di colpo. Come se improvvisamente qualcuno
avesso premuto un tasto "reset" e l'avesse riportata all'inizio della
serata. Si strofinò gli occhi finendo per
ritrovarsi sul
palmo delle mani l'ennesima macchia nera di mascara. Perché,
si
chiedeva lei, questo sconosciuto dal nome estraneo e totalmente
inaudito, l'aveva aiutata già una volta e ora stava cercando
di
consolarla? Quelle parole...quelle semplici, premurose, affettuose
parole le avevano fatto sentire una strana e particolare sensazione
allo stomaco. Quel tipo di sensazione che ti fa totalmente dimenticare
delle tue insicurezze, del tuo trucco sparso attorno agli occhi, del
tuo rossetto sbavato, dei tuoi capelli non più perfetti come
quando sei uscita di casa, e ti fa aprire senza troppi problemi quella
maledetta porta che sei stata a fissare per tutto il tempo, facendoti
ritrovare difronte ad un estraneo che, alla fine, tanto estraneo poi
non era più.
Candy stette lì a fissarlo, con lo sguardo distrutto ma con
un
sorriso accennato, guardandolo dritto negli...negli occhiali da sole,
cavoli! Ma perché se ne andava in giro con degli occhiali da
sole pure di notte?
«Grazie...di nuovo»
Serj si avvicinò di più a lei, passandole un
pollice
sullo zigomo per bloccare una lacrima solitaria.
«Dai...»
le disse, stringendola in un leggero abbraccio mentre Candy abbandonava
la testa sul suo petto, stringendo l'uomo a sua volta. «Basta
piangere» continuò quasi sussurrando,
strofinandole
lentamente la mano sulla schiena.
A volte la vita andava così. Non c'era un motivo, o forse
si,
chissà. Ma Candy in quel momento si sentì meglio
di
qualsiasi altra volta qualcuno l'avesse abbracciata. Le braccia di Serj
l'avevano fatta sentire estremamente protetta dal mondo esterno: era
come se nessuno ora potesse farle nulla...per la seconda volta. Non lo
avrebbe mai ammesso, almeno per ora, ma quel semplice abbraccio fu
centomila volte meglio di qualsiasi bacio le avesse dato quel verme di
Joey Barnes. Se fosse stato per lei sarebbe rimasta lì, a
farsi
cullare fra quelle baccia, sicura di non dover più temere
qualche altra lacrima sprecata.
**
«Okay, adesso basta!» sbottò John,
buttandosi contro
Daron per afferrarlo e portarlo via da Joey e co. «Possibile
che non riesci a startene buono un attimo?»
Nel frattempo, Daron e Shavo si erano ritrovati in una vera e propria
rissa. Fu più che altro Daron, in realtà, ad
iniziare una
furiosa scazzottata con i suoi nemici dopo averli riempiti di insulti,
mentre Shavo si era aggregato giusto per non lasciar solo l'amico.
John, invece, aveva cercato invano di allontanarli: quando facevano
così, erano davvero insopportabili. Lui le odiava le risse,
si
capiva a prima vista che era un tipo abbastanza serio che non si
lasciava trascinare facilmente, ma i suoi due amici certe volte erano
davvero indomabili!
«Quel coglione...» ripeté sottovoce
Daron passandosi
la mano sulla bocca ricoperta di sangue per via del labbro spaccato.
Qualcuno lo aveva colpito in pieno, senza pensarci due volte.
«Spero di non dover avere più a che fare con
quella faccia
di merda»
«Io con questa gente ho definitivamente chiuso!»
affermò Shavo ad alta voce mandando, con un gesto della
mano, a
quel paese tutta la compagnia con cui lui e i suoi amici erano tipici
riunirsi.
«Finalmente» commentò John, serio
all'esterno, ma
estremamente contento e soddisfatto all'interno, ricevendo pure
un'occhiataccia da parte di Shavo.
«Piuttosto...» fece Daron guardandosi attorno
accigliato, «Serj dov'è?»
John si voltò, guardandosi attorno come aveva fatto Daron un
paio di secondi prima. Tutto questo casino gli aveva completamente
fatto dimenticare di Serj! «Non saprei» fece
spallucce,
«Si è allontanato poco fa per andare da
Candy»
«Ovunque sia deve farsi vivo subito. Mi sono stufato, voglio
andarmene a letto» sbuffò Shavo, ricevendo un
mezzo
scappellotto da parte di Daron che gli aveva gridato di
avere un minimo di compassione.
Dopo un paio di minuti passati ad offendersi a vicenda per pura noia,
come ogni tanto succedeva, Serj li raggiunse accompagnato da Candy.
Quest'ultima aveva deciso di darsi una sistemata prima di venir fuori:
non voleva
lasciare nemmeno una traccia sul suo viso che rimandasse ad un
potenziale pianto. L'uomo le aveva premurosamente risistemato i capelli
la quale, in preda a quella piccola crisi, la ragazza aveva
scompigliato del tutto quasi sull'orlo di strapparseli. Il trucco
invece era stata costretta a rimuoverlo del tutto. Ora capiva
perché quasi tutte le ragazze si portavano dietro i
cosmetici
ovunque andassero. L'ultima cosa a cui lei avrebbe pensato prima di
uscire di casa, era proprio quella di un possibile e necessario
ritocco: non impazziva molto per queste cose, a lei piaceva la
semplicità...e di sicuro, riempirsi la faccia di colore e
robe
varie non era per nulla un qualcosa di semplice! Anzi, un altro motivo
per cui odiava il make-up era quello di nascondere il proprio volto. "Con tutto quel trucco sul viso
attirerei molti", si era sempre ripetuta, "Ma quanti rimarrebbero la
mattina successiva?"
Serj si
fermò di
colpo, a pochi passi da Daron. Lo scrutò per bene
soffermandosi
specialmente sul labbro incriminato:«che diavolo ti
è
successo?» chiese avvicinandosi.
«Il solito cretino» intervenne John dando un
colpetto sul
braccio del più giovane. «Te, invece, come
stai?» si
rivolse a Candy, quasi totalmente nascosta dietro Serj per paura di
imbattersi in qualcuno di poco piacevole. «Tutto
bene?»
«Un po' meglio» mormorò con lo sguardo
abbassato,
«Non è di certo una cosa che si supera in qualche
minuto»
«Certo, ci mancherebbe»
«Daron Malakian!» Daron gridò
all'improvviso e
allungò contento una mano verso la ragazza. Tutti e tre i
ragazzi spalancarono gli occhi per qualche attimo, colti alla
sprovvista. Dio, quel ragazzo era davvero imprevedibile! Candy non
poté trattenere un leggero sorriso ed allungò
lieta la
sua mano per stringere quella del ragazzo, di cui solo ora notava i
grandi e scuri occhioni fissati su di lei.
«Candy Verstappen»
«E' un piacere, Candy! Oh, questo è Shavo
Odadjian: passa
le sue intere giornate a fumare erba perché non ha un cazzo
da
fare» l'interpellato provò a controbattere, ma
senza
successo a causa di Daron che lo interruppe e che continuò
molto
appassionatamente le presentazioni. «Quello lì
è
John Dolmayan: è quello messo un po' meglio di
tutti...»
poi si avvicinò all'orecchio della ragazza, senza farsi
sentire
da colui che era appena stato introdotto:«...quindi il
più
noioso. Ma shhh! Non dirgli che te l'ho detto» poi si fece
indietro e indicò velocemente Serj, che già
temeva quello
che avrebbe detto il suo amico:«quel brontolone lì
è Serj Tankian» Candy alzò gli occhi
verso di lui,
«Ha sempre qualcosa da ridire, ma alla fine...è
quasi una
brava persona»
«Comunque non sto tutto il giorno a fumare erba»
«Io
giuro di non essere un brontolone»
«Ti ho sentito comunque, scemo»
Candy emise una risatina, divertita. Diede per l'ennesima volta uno
sguardo ad ognuno: erano soggetti particolari, certo. Non li conosceva
per niente, li aveva appena incontrati, ma non poteva assolutamente
negare il fatto che gli stessero tutti quanti ispirando una particolare
simpatia. Per la prima volta, si era ritrovata a parlare con dei
completi sconosciuti senza sentirsi nemmeno un briciolo a disagio. Non
erano come gli altri che, nel corso della sua vita, Candy si era
ritrovata ad avere davanti intenti a parlarle o ad improvvisare qualche
presentazione non richiesta. Molto probabilmente era stato Serj a darle
tutta questa sicurezza, entrato automaticamente nelle grazie della
ragazza.
«Avete dei nomi strani» commentò.
«E' perché abbiamo origini armene»
rispose il
più vecchio il quale ricevette in risposta un cenno con la
testa. «Tutto nella norma»
«Vi spiacerebbe se uscimmo da qui? Tutto questo caos mi ha
altamente stufato» domandò John.
«Candy!» l'irritante, insopportabile, odiosa,
assolutamente
non gradita voce di un Joey ubriaco, avanzante verso la ragazza tradita
poco prima, si era propagata improvvisamente verso i ragazzi che
riuscirono solo a rivolgergli uno sguardo pieno di odio. In un solo
secondo erano già tutti e quattro posizionati davanti
all'oggetto del desiderio del ragazzo, pronti per respingerlo e non
fare in modo che si avvicinasse troppo. Fu costretto a fermarsi ed,
accigliato, con l'angolo del labbro superiore sollevato,
guardò
con altrettanto disprezzo i quattro, alzando in risposta il medio.
«Fanculo Candy! Adesso te la fai pure con questa band di
falliti?»
"Band?"
Pensò Candy,
abbozzando nella sua mente il pensiero che i ragazzi appena conosciuti
potessero aver formato una piccola band fra di loro.
«Band di falliti?» si fece avanti Shavo, ridendo,
«Si
dia il caso che colui a passare le sue serate ad ubriacarsi in
discoteca mentre si limona qualche troia trovata a caso, sia tu.
L'ultima cosa che puoi permetterti di fare è dare dei
falliti a
noi.»
«Perché non te ne vai via invece di dare aria alla
bocca?» continuò Serj, indicando qualcosa dietro
Joey,
«Là è pieno ragazze, proprio come
piacciono a te.
Non penso che Candy voglia aver più qualcosa a che fare con
qualcuno di spregevole come te»
Candy non poteva crederci. Non poteva. Nessuno l'aveva mai difesa in
questa maniera prima d'allora. Nessuno. Le palpebre leggermente
socchiuse, la bocca un poco aperta e la testa incinata da un lato
appena. Silenziosamente si avvicinava a piccoli passi, godendosi la
scena, sentendosi protetta.
«Andate a farvi fottere, tutti quanti.»
sbottò in
definitiva il nemico di turno, voltando le spalle e tornandosene da
qualche parte sconosciuta. «Fanculo voi, quella puttana di
Candy
e i vostri fans di merda!»
Serj si appressò alla giovane e le passò una mano
sul braccio, «Non starlo a sentire»
«Sul serio, ragazzi» Candy iniziò ad
intrecciare le
propria dita alzando le sopracciglia, quasi insicura, «Vi
ringrazio davvero tanto...»
«E di cosa?» Shavo le mise un braccio dietro al
collo,
stringendola in una specie di abbraccio mezzo storto. «Quel
pezzo
di merda deve starti lontana! Anzi, andiamocene direttamente...e, dato
che ormai ti è stato accennato qualcosa, direi di
approffitare e
presentarci un po' meglio»
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