Narnia's
Spirits
Ombre
dal passato.
Eve
continuò a restare nascosta nell'ombra, cercando di dare una
spiegazione logica a ciò che stavano registrando i suoi
occhi.
Non era possibile.
Fece scorrere lo sguardo lungo la lastra di
ghiaccio, analizzando con spasmodica attenzione ogni più
piccola parte dell'algida figura della Strega Bianca.
Non era
possibile.
Quella donna, quella pericolosa figura portatrice di morte e
assetata di potere... sarebbe dovuta essere morta. Morta.
Era morta,
dannazione!
Cosa ci faceva li? Evelyn non aveva mai pensato che ci
sarebbe stata la concreta occasione di ritornare a provare la
sensazione angosciante che le trasmetteva osservare quegli occhi
gelidi. A volte aveva avuto degli incubi a riguardo, ma la
realtà di quel momento era infinite volte peggiore.
Com'era
possibile?
Fece scorrere lo sguardo per la stanza, per quel poco che
riusciva a vedere rispetto all'angolazione in cui si trovava, cercando
di ignorare il battito furioso del cuore e la voglia di prendere e
scapparsene lontano facendo finta che si trattasse solo di
un'allucinazione.
Notò principalmente Caspian davanti alla
lastra di ghiaccio, imbambolato, che le tendeva la mano. Stava
stringendo un patto con la Strega? Cornelius non gli aveva spiegato
niente di come era stato difficile batterla, delle vite che si erano
sacrificate affinché ritornasse la primavera, di come aveva
provato a raggirare Aslan e tutti loro?
Sentì una fitta di
rabbia, Evelyn, davanti all'evenienza che il ragazzo potesse starli
tradendo con quella che era conosciuta come la principale nemica di
quella stessa terra che aveva proclamato di voler liberare. Un'emozione
che la sorprese per la violenza con cui le scoppiò nel cuore
tanto che si costrinse a prendere un respiro profondo per cercare di
restare lucida.
Chiuse gli occhi cercando di inspirare profondamente,
percependo l'aria pungente grattarle la gola.
Sicuramente c'era
un'altra spiegazione...
-Vieni, mio Re. Esaudirò i tuoi
desideri. Sconfiggerò Miraz.-
Tornò ad osservare
la scena nella stanza, Eve, vedendo come la mano del Principe fosse
sempre più vicina a quella di Jadis, la quale osservava il
ragazzo non nascondendo un ghigno di soddisfazione. Il suo corpo si
mosse prima della propria ragione, scattando come quando in guerra
vedeva uno dei propri fratelli in difficoltà.
-Non farlo,
Caspian!-
Era stata lei a parlare
a casaccio?
Senza che se ne rendesse
conto si ritrovò vicino alla tavola di pietra, fissata da
svariati paia di occhi che le riservarono delle note di astio e
sospetto, ma lei non li ricambiò più di tanto,
tenendo lo sguardo incatenato in quello della Strega Bianca –
o era Jadis ad averla come ammaliata, riuscendo ad imporsi con la sola
presenza?
La fredda indifferenza con cui la donna la stava studiando,
senza un minimo di turbamento a irrigidirle i lineamenti del viso, le
fece venire il dubbio che avesse percepito il suo arrivo fin quando
aveva iniziato a spiarla, forse perfino prima che iniziasse a guardare
i disegni sul muro e la prima ventata di aria gelida l'aveva colpita.
-Evelyn, cara, da quanto tempo. Beh, visto che a quanto pare sei
sopravvissuta nel bosco unisciti a noi, stavamo giusto per arrivare al
momento importante.-
La ragazza digrignò i denti,
restituendo uno sguardo in cagnesco al tono suadente che la donna aveva
usato nei suoi confronti. Nel bosco? Era stata lei ad attentare alla
sua vita? Occhieggiò Caspian, cercando di reprimere le
domande che le stavano nascendo e chiedendosi perché invece
il moro non sembrava essere stato toccato dal suo arrivo e le
continuava a dare le spalle.
Ma non aveva importanza... l'unica cosa
che doveva fare era trovare una soluzione per cercare di uscire da
quella situazione pericolosa.
-Ti piacerebbe, strega... ma non credo mi
interessi.- mormorò, alzando il mento e guardandola con
sufficienza, cercando di trasmettere una sicurezza che non possedeva.
Sentiva le gambe molli, il freddo che le si posava sulla pelle come una
carezza fintamente rassicurante, provocandole la pelle d'oca e una
terribile voglia di sfregarsi le braccia per cercare di farsi un po' di
calore.
Jadis sorrise, sinceramente divertita, sicura e tranquilla come
quando il gatto sa di poter vincere con il topo e perde tempo a
giocarci solo per prolungarne le sofferenze.
Evelyn fece appena in
tempo a vedere la Strega fare un cenno. Si ritrovò
intrappolata in una morsa prima ancora di percepire arrivare qualcuno
alle spalle: due braccia le bloccarono il corpo e la strinsero talmente
tanto con quelle che sembrarono delle unghie affilate che le
sembrò di avere degli spilli che le si conficcavano nella
carne.
Cercò istintivamente di portare la mano verso l'elsa
della spada, spalancando gli occhi di sgomento quando si accorse che
non aveva nessuna arma con sé e ad accogliere le proprie
dita trovò il nulla. Era stata così impulsiva da
non accorgersi di non avere niente per difendersi. Si mise a calciare
all'aria, mentre veniva trascinata sempre più vicina alla
figura di Jadis, cercando di ritardare quel momento il più
possibile.
Doveva chiamare aiuto. Doveva cercare il modo di chiamare
aiuto.
Venne spintonata malamente un paio di volte e
inciampò in una pietra, perdendo l'equilibrio, restando
senza parole quando i palmi delle mani cozzarono contro il pavimento di
pietra provocandole vari graffi e pestò un ginocchio contro
un sasso ghiacciato.
Si voltò, trattenendo il fiato per il
dolore, decisa a rimettersi in piedi per fronteggiare il proprio
aggressore. Prima ancora che si fosse alzata uno schiaffo la
colpì con una violenza che nemmeno in battaglia ricordava di
aver mai sentito, facendola cadere nuovamente al suolo. Ci mise qualche
secondo a riprendersi e mettersi in ginocchio.
Sentì la
guancia bruciare tremendamente, Evelyn, bruciare di dolore ed
umiliazione per la situazione in cui si era cacciata – per
l'ennesima volta in pochi giorni, si ritrovava in balia dei nemici. Si
portò una mano al viso, sentendo la guancia pulsare sotto il
proprio tocco e percependo gli occhi farsi lucidi di frustrazione ed
impotenza.
Era una buona a nulla... Cosa pensava di fare senza nessuna
arma?
Alzò lo sguardo con titubanza, trovando la figura di
un lupo mannaro che si ergeva imponente sopra di lei, percependo il
freddo dell'acciaio della spada che le puntava contro sfiorarle la
gola. Analizzò l'ambiente con estrema cautela, rendendosi
conto di come oltre a Jadis fossero presenti altre quattro –
o forse cinque? – figure incappucciate.
-Evelyn...
Avresti dovuto accettare il mio invito.-
La Strega Bianca la
guardò scuotendo la testa con finta delusione e la Pevensie
ruotò leggermente il corpo per poterla osservare in faccia.
Ora che si trovava ai suoi piedi le sembrò di essere
completamente sotto il suo volere – nonostante praticamente
non fosse nemmeno lì in carne ed ossa.
Se quello era stato
solo l'inizio, non poté fare a meno di domandarsi quanto
ancora avrebbe potuto umiliarla. Pregò che qualcun altro si
accorgesse di ciò che stava accadendo prima che fosse troppo
tardi.
-Ti ho detto che non mi interessa.- le sibilò
nuovamente, riservandole uno sguardo carico di tutto l'astio che
riuscì a racimolare e portando la sua attenzione su
Caspian: il ragazzo in tutto quel tempo non sembrava aver mai distolto
gli occhi dalla figura che eterea fluttuava nel ghiaccio.
Aggrottò la fronte, provando a muoversi verso di lui per
scuoterlo da quel torpore, ma il ringhio che le arrivò alle
orecchie le ricordò veloce come un fulmine che si abbatte su
un albero di essere praticamente in trappola.
-Caspian... Caspian,
riprenditi! Non farti ingannare!- provò allora, rivolta al
ragazzo. Lo vide sussultare leggermente, senza trovare però
la forza necessaria per smuoversi da quella posizione.
-Non... non
riesco... Lei ha promesso...- lo sentì dire, in un soffio
spezzato. La poca volontà che mostrò le
ricordò di quanto anche Edmund si fosse fatto soggiogare.
Jadis riusciva sempre a capire in che modo penetrare nella mente umana
approfittando delle debolezze del momento.
Una leggera risata
sfuggì dalla Strega Bianca, che la guardò con
finta compassione.
-Non puoi fare niente per cambiare ciò
che sta succedendo, Evelyn.- le spiegò, quasi come se
parlasse con una bambina, tornando ad allungare la mano verso il
Telmarino.
-Perché?- Jadis si bloccò, incapace di
dare un significato a quella domanda e riportando lo sguardo sulla
Pevensie con una studiata lentezza.
-Perché cosa, cara?-
Alzò un sopracciglio, sbattendo le palpebre per mascherare
con la sorpresa quanto quell'ennesima interruzione l'avesse
infastidita. Ogni minuto che passava era prezioso e quella ragazzina le
stava facendo perdere tempo rischiando di mandare all'aria il suo
piano.
-Hai cercato di uccidermi.- Eve si morse un labbro, guardando
con malcelata curiosità la donna. Perché aveva
attaccato solo lei?
Jadis rimase qualche attimo a fissarla, pensierosa,
poi stirò le labbra in un sorriso compiaciuto.
-Vedo che la
tua conoscenza delle cose è sempre limitata. Tanto meglio.-
decretò, pungente, tornando a guardare Caspian che fece
qualche passo verso di lei, incerto.
Evelyn provò nuovamente
a parlare per distrarla ancora, ma una presenza alle sue spalle
bloccò sul nascere qualsiasi sua protesta, facendogliela
morire in gola con la stessa velocità con cui le era nata.
-Ora stai zitta e osserva per bene.-
La Pevensie si voltò,
chiedendosi se avesse sentito male. Fece dardeggiare lo sguardo per la
stanza, notando gli sguardi assetati e spiritati che le restituirono
quelle creature che per millenni non avevano fatto altro che tramare
alle loro spalle, piantandolo poi sulla nuova figura che le era
comparsa vicino e la osservava, ghignando.
A Lucy e Trumpkin non
sarebbe piaciuto...
Evelyn sentì una stretta al cuore,
incapace di provare la rabbia che invece le sarebbe dovuta nascere
appena aveva posato gli occhi sul nano.
-Nicabrik...-
Sarebbero andate
così le cose? Con Caspian imbambolato come un fantoccio per
colpa del potere delle malie di Jadis e lei a terra, ad osservare
impotente la liberazione della più grande disgrazia per
Narnia?
***
Dhemetrya
sospirò, abbassando l'arco ed incamminandosi per
raggiungere il bersaglio e riprendere le frecce che vi spiccavano al
centro.
Aveva approfittato della momentanea pausa che tutti sembravano
essersi messi d'accordo di fare, dopo aver passato la mattinata tra
scherzi ed allenamenti non troppo duri, per poter fare qualche tiro.
Temeva che quella prolungata lontananza dai propri doveri l'avesse
messa fuori gioco, ma a quanto pareva si era fatta problemi per niente.
La sua mira era sempre eccellente, i suoi tiri puliti, veloci
– proprio come ci si aspetterebbe da una persona che ha
passato tutti i giorni per più di mille anni ad addestrarsi
per spingersi sempre al limite delle proprie capacità.
I
tormenti della sera prima sembravano aver abbandonato la sua mente, ma
la conversazione con Peter ancora le ronzava fastidiosa tra i ricordi:
le aveva riportato alla memoria un passato pieni di dettagli che aveva
sepolto per il proprio bene e per preservare un equilibrio mentale,
limitando a lasciarsi guidare da ciò che sarebbe dovuto
succedere.
Ed ogni giorno era succeduto ad un altro, ogni giorno sempre
così simile al precedente ed al successivo. Ed i giorni
erano diventati mesi, ed i mesi anni. Centinaia di anni passati a
vagare per la foresta di Narnia come lo spirito come era, anni passati
tra il dolore e la solitudine, figlia di una leggenda troppo lontana
perché fosse ricordata.
Non aveva nemmeno finto di volere
troppo la vicinanza di Lia o Antares. Loro stavano insieme da sempre,
si completavano, lei... lei era sola.
Aveva sempre percepito di non
combaciare come avrebbe dovuto con quei due compagni di vita, e tutto
ciò che era successo sentiva che le aveva solo dato ragione.
L'unica persona che avrebbe potuta comprenderla era sparita nel nulla
da un giorno all'altro. Aveva deciso di scomparire, di annullarsi,
troppo pressata dalla prospettiva di una vita immortale in quella terra
fiabesca.
Se ne era andata e a lei non aveva minimamente pensato
– e aveva fatto male, come una pugnalata che per tutto quel
tempo non aveva mai smesso di sanguinare.
Tirò fuori con
forza le frecce dal bersaglio, riponendole nella faretra con un gesto
di stizza, facendo finta di non sentire la voragine di angosciante
disperazione che le si era aperta alla bocca dello stomaco.
Non le
capitava quasi mai di pensare a lungo, cercava di evitarlo il
più possibile, perché si conosceva troppo bene ed
era consapevole delle conseguenze che portava.
Inspirò
profondamente per calmarsi, occhieggiando la figura di Lia con la
osservava con attenzione, sentendo quegli occhi azzurri farle
un'analisi fin troppo attenta. Non la sopportava quando la guardava
così – in realtà, talvolta non
ricordava nemmeno bene perché non si sopportassero.
Era
passato troppo tempo.
“Sono
così interessante da
studiare?” Dhemetrya le lanciò
un'occhiataccia,
alzando le sopracciglia in una muta domanda.
“Ho visto cose
più interessanti.” Fu la piccata
risposta della
lupa. Dhem la vide ruotare leggermente il capo di lato e non
poté fare a meno di trovarla buffa, nonostante tutto.
“Come
no...” Lasciò la frase in sospeso,
dandole le spalle e tornando ad punto di partenza. Strinse l'arco,
facendovi passare sopra le dita, percependo con i polpastrelli i
particolati ghirigori arabeschi che erano incisi sulla superficie.
Quel
minimo contatto bastò a rassicurarla per poterle permettere
di calmarsi e aiutarla a far tornare la quiete necessaria per
riprendere la concentrazione. Si preparò a tirare di nuovo
una serie di dardi, ma si bloccò a metà del
movimento, rimanendo immobile.
Qualcosa non andava.
C'era stato un
cambiamento minimo nell'ambiente attorno a lei, qualcosa da poter
essere accomunato ad una goccia di pioggia che cade nel posto
sbagliato, ma che a lei, nonostante il poco potere che possedeva, non
era sfuggito... qualcosa non andava.
Qualcosa in Narnia era cambiato.
Si tirò ritta, chiudendo gli occhi e concentrandosi:
saggiò l'aria attorno a lei, percependo la
sofficità del terreno sotto i calzari, ascoltando il
vento tra le fronde degli alberi ed il sole posarsi sulla sua pelle.
Ma
nonostante l'apparente quiete e il paesaggio silenzioso in cui era
avvolta sentiva che qualcosa di brutto – un potere
estremamente maligno e che avrebbe riconosciuto anche se fossero
passati mille e mille anni ancora – stava nascendo li vicino,
facendole tendere i muscoli come una corda di violino.
Tutto vibrava di
allarme. Tutto intorno alla casa di Aslan, in un modo fin troppo vicino
a tutti loro perché non potesse provare la sinistra
sensazione della paura che ti striscia addosso.
Pericolo.
La terra
sotto i suoi piedi tremò appena come scossa da un brivido,
l'aria si era fatta più secca e pesante. Dhemetrya ebbe la
sensazione di ritornare indietro di centinaia d'anni, percependo quel
passato a fatica sepolto tornare a stendere i suoi lunghi artigli su
tutti loro.
Pericolo.
Si voltò verso Lia, con la
preoccupazione mal celata nello sguardo, e la trovò che
annusava l'aria, le orecchie dritte e gli occhi puntati verso la casa
di Aslan. E Dhemetrya ne ebbe la conferma, per l'ennesima volta, che il
legame con tutto ciò che la circondava e faceva parte di
Narnia era qualcosa che andava oltre ogni immaginazione, oltre ogni
possibile spiegazione.
Stava succedendo qualcosa.
***
-Fermi!-
Peter quasi
si lanciò addosso alla prima figura
incappucciata che trovò sulla propria traiettoria, la quale
andò a sbattere contro un mucchio di rocce sporgenti. Fece
ruotare Rhindon per aria, costringendo i nemici a disperdersi per
evitare di essere colpiti.
Possibile che nessuno li avesse visti
entrare? Possibile che
lui non avesse visto niente di tutto
ciò che stava succedendo, che non avesse potuto prevederlo,
nonostante i dubbi che sapeva circolavano tra l'esercito?
Strinse la
mascella fino a sentire i denti stridere tra loro per il nervoso,
avvicinandosi con passo deciso a quelle che sembravano essere due
fattucchiere dagli occhi strabici ed ingaggiandole in un combattimento.
Cercò di ignorare la sensazione di avere addosso lo sguardo,
pronto a captare ogni sua minima reazione o emozione, di Jadis.
Percepì un brivido lungo la schiena senza il coraggio di
guardare verso la lastra di ghiaccio che svettava tra due colonne di
pietra.
Se quella donna...
Cercò di colpire le due
avversarie con una forza tale che quelle furono costrette a dividersi
per evitare il suo affondo, rotolando di lato e rimettendosi in piedi
nel giro di qualche istante. Estrassero entrambe un pugnale, mettendosi
in posizione d'attacco e iniziando a girare in tondo studiando Peter,
che rinsaldò la presa sull'elsa di Rhindon, in attesa.
Trattenne il fiato, il biondo, percependo il tempo stringere quando
lanciò uno sguardo veloce in direzione di Caspian.
...se si
fosse liberata non se lo sarebbe mai perdonato.
Appena entrò
nella stanza e la visuale fu libera dalla schiena del fratello gli
occhi di Edmund dardeggiarono ansiosi per l'ambiente.
S'immobilizzò quando le sue pupille agitate si posarono
sulla figura fluttuante nel ghiaccio.
Sentì la gola
diventargli immediatamente secca e le gambe pesanti, incapace di
distogliere lo sguardo da quello seccato che gli stava restituendo la
strega.
Jadis.
La mente era come se gli fosse improvvisamente spenta,
persa in un oblio di tormenti ed incubi senza fine. Sentì
una fitta bruciante al cuore, Edmund, – la fitta bruciante
del tradimento – che quasi gli fece mancare il respiro, tanto
che si portò una mano alla gola.
Jadis.
Un senso
angosciante, come di mani gelate che gli si chiudevano sul petto,
pressandolo talmente pesantemente che pensò sarebbe
soffocato sul posto. Percepì le spire del gelo insinuarsi
sotto i vestiti in modo quasi graffiante, lambendogli le membra con la
finta benevolenza che tanto lo aveva ammaliato tempo addietro
– una sensazione per cui mai aveva trovato parole per poterla
descrivere.
Il moro chiuse gli occhi, cercando di scacciare dalla mente
la miriade di emozioni che si susseguivano in modo talmente brusco da
farlo sentire profondamente spaesato, cacciando via il ricordo di
quegli occhi spietati in cerca di potere che avevano sempre letto
troppo bene il suo animo di ragazzino ribelle.
Cercò di
trovare fin nel profondo la forza per calmare il proprio respiro,
stringendo l'elsa della spada come se fosse l'unica cosa che potesse
tenerlo ancorato alla realtà evitandogli di lasciarsi andare
alla profonda voragine che il terrore e quel senso di colpa mai del
tutto sparito stavano scavando nel suo animo.
E quando si decise ad
aprire gli occhi dopo un tempo che gli sembrò infinito,
deciso ad affrontare le proprie paure, la vide.
Fu come se in mezzo a
quel turbinio di emozioni e figure fosse l'unica cosa che i suoi occhi
fossero riusciti a cogliere davvero. Più di Peter che menava
fendenti all'aria, più di Caspian imbambolato,
più di Lucy in mezzo ad una lotta che non le sarebbe dovuta
appartenere.
Evelyn.
Edmund si mosse in automatico, rendendosi conto si
trovava in difficoltà, a terra e con gli occhi spiritati che
riflettevano l'espressione più sconvolta che le avesse mai
visto dipinta in faccia negli ultimi tempi.
Senza darsi nemmeno il
tempo di riflettere o appurare che nessuno lo stesse per attaccare
corse verso il lupo mannaro che la teneva sotto tiro, ferendogli una
delle zampe posteriori con la spada per attirarne l'attenzione.
L'animale ululò di dolore, spalancando gli occhi di sorpresa
per quell'interruzione inaspettata, e si voltò per osservare
in faccia il proprio avversario, ringhiando di indignazione.
Il
Pevensie indietreggiò, evitando per pura fortuna una zampata
diretta allo stomaco, per allontanare ancora di più il
nemico dalla sorella. Il lupo gli ringhiò contro di
insoddisfazione per quel gesto andato a vuoto, mostrando i denti
affilati e giallastri, e si accovacciò per prepararsi con
uno slancio a saltargli addosso.
***
Evelyn
sbatté le palpebre un paio di volte, guardandosi
intorno con il fiato bloccato in gola per l'ansia, incapace di dare un
senso alle scene che stavano scorrendo davanti ai suoi occhi.
Si
tirò in ginocchio quasi a fatica, percependo una fastidiosa
fitta al punto della gamba che aveva urtato poco prima, non potendo
fare a meno di sentirsi sollevata nel vedere le figure di Peter ed
Edmund che si destreggiavano in quei combattimenti poco lontani da lei.
Quella leggerezza durò poco però, sentendo un
grido provenire da poco più lontano, riconoscendo quella
voce tra i mille ringhi e clangori di spade e metallo.
Lucy.
Lucy non
era fatta per la guerra, Lucy non era fatta per uccidere e quella ne
era solo l'ennesima dimostrazione.
Eve spalancò gli occhi di
terrore, vedendo che alla sua sorellina veniva girato un braccio dietro
la schiena in una posizione quasi innaturale, osservando con
apprensione Trumpkin che le andava in soccorso.
Voltò lo
sguardo allarmato verso Caspian, immobile dentro il cerchio di
ghiaccio, consapevole che Jadis era sempre più vicina a
prendere la mano del ragazzo e che l'unica persona che rimaneva per
poterla fermare prima che si liberasse era lei. Fu allora che lo
notò.
Un lupo mannaro.
L'animale era nascosto dietro le
rocce, scivolava accompagnato dalle ombre, pronto ad attaccare la prima
persona che sarebbe risultata più debole tra quelle
presenti. Eve sentì il cuore dividersi in mille pezzettini
alla sola idea di ciò che l'istinto aveva capito prima
ancora della ragione.
Avrebbe dovuto scegliere, perché non
c'era abbastanza tempo.
Salvare Narnia... o la sua famiglia?
***
Peter
evitò
un coltello lanciato nella sua direzione
riparandosi dietro una roccia, per poi tornare allo scoperto e correre
in direzione della nemica che glielo aveva lanciato contro. La Narniana
indietreggiò, e in suo soccorso arrivò la
compagna, che si frappose fra lei ed il Re.
La seconda cercò
di pugnalare il Pevensie un paio di volte, ma i suoi colpi andarono a
vuoto grazie a Rhindon che usò per fermare l'avanzata della
lama. Per allontanarla da sé il biondo le tirò un
calcio e menò un fendente in avanti, e quella istintivamente
si allontanò con un movimento così rapido che
Peter non avrebbe creduto possibile ad una figura tanto trasandata.
Deciso a non lasciarle tempo per riprendersi le andò
incontro, facendo un paio di affondi che quella parò con la
sua arma. La nemica ghignò, e a Peter sembrò
tanto una presa in giro. La cosa gli diede fastidio tanto che
sentì il nervoso fargli tremare la presa su Rhindon. Cosa
aveva da ridere? Non c'era niente di divertente.
I suoi occhi chiari
lampeggiarono di rabbia per quell'affronto, tanto che si
buttò contro la sua avversaria quasi senza pensarci, deciso
a porre fine a quella storia il prima possibile.
Un ululato si
elevò per la stanza e Peter in automatico si
voltò
per cercare la figura di Edmund, trovandolo a qualche metro da lui con
il lupo mannaro che lo stava lentamente mettendo all'angolo.
Istintivamente cercò di correre in aiuto del moro, ma si
ritrovò ad inciampare in qualcosa e cadere per terra,
percependo subito una fitta alla tempia.
Si voltò,
rendendosi conto che mentre era distratto le due nemiche ne avevano
approfittato per avvicinarsi e fargli lo sgambetto, colpendolo poi alla
nuca con l'elsa di un pugnale. Si ritrovò inchiodato a
terra, con Rhindon a qualche metro di distanza e una dei nemici che lo
stava soffocando a mani nude.
Nell'agitazione data dalla progressiva
mancanza d'aria, Peter riuscì a formulare il pensiero che
nonostante fossero più basse e sembrassero più
anziane, la loro forza sembrava superare di gran lunga quella di un
soldato. E puzzavano, di marciume e fogna...
Aveva bisogno d'aria.
Provò a levarsi di dosso
quella creatura, sentendone il peso sullo stomaco, dimenando le gambe e
provando a girarsi di lato con colpi di reni.
-Peter!-
Le
graffiò il viso e le braccia, sentendo le proprie unghie
penetrare
nella pelle unta, ma quella non sembrava toccata e lo guardava con gli
occhi ghignanti di chi sa di avere la vittoria in pugno. L'adrenalina
probabilmente le pompava così prepotentemente il sangue
nelle vene da renderla quasi immune al dolore.
Peter sentiva le braccia
iniziare a formicolare, la vista diventargli appannata, le forze
venirgli meno.
Aria...
***
Evelyn
guardò allarmata Edmund messo all'angolo dai due lupi
mannari e Peter disteso a terra che veniva soffocato. Sentì
gli occhi farsi lucidi di frustrazione, mentre osservava le vite dei
suoi fratelli in pericolo e senza sapere cosa fare.
Il panico e la
paura si impossessarono di lei come poche volte gli aveva permesso e si
sentì sperduta, impaurita come la bambina che di notte
piangeva in braccio alla mamma sentendo le bombe esplodere vicino a
casa.
Si odiò Evelyn, si odiò talmente tanto da
sentire una tremenda rabbia accecarle la mente per non sapere cosa
fare, sentendosi pressata da tutto ciò che sarebbe potuto
succedere a causa di una sua decisione sbagliata. Per la prima volta
nella propria vita Evelyn si sentì inchiodata a terra,
incapace di muoversi e ragionare, dimentica di tutte le volte che si
era impegnata per mantenere la calma in battaglia.
Aslan... Aslan,
aiutaci, ti prego.
-Arrenditi, Figlia di Eva, e guardami mentre
anniento i tuoi fratelli.-
La Pevensie sentì quella frase
entrarle in modo ovattato nel cervello e a fatica staccò gli
occhi dai Pevensie, posandoli sulla figura di Jadis con il braccio
fuori dal ghiaccio che la guardava, vittoriosa e sicura come una
cacciatrice che sa di avere in pugno la preda.
Eve strinse i pugni
tanto da sentire male, sentendo nascere dentro di sé i
germogli della rabbia e della vendetta per ciò che aveva
cercato di fare loro in passato. Per come aveva tradito Aslan, per come
aveva cercato di far rivoltare Edmund contro Peter, per come aveva
trattato i Narniani e congelato Narnia.
Per tutto.
Senza pensarci con
un movimento che perfino lei si sorprese per la velocità con
cui l'aveva effettuato fu vicino alla lastra e con uno spintone fece
cadere Caspian fuori dal cerchio. Jadis sgranò gli occhi,
oltraggiata da quella reazione, occhieggiando il Principe ormai fuori
dalla sua malia ed Evelyn che ne aveva preso il posto all'interno del
cerchio.
Storse il naso, Jadis, in modo così impercettibile
che nessuno lo notò. Evelyn non andava bene per il suo
piano...
***
Edmund
evitò il balzo del suo avversario rotolando di lato,
rialzandosi immediatamente e rimettendosi in una posizione di difesa.
Quello slittò sul lastricato, producendo un fastidioso
stridio quando cercò con l'aiuto dei lunghi artigli di
fermare la propria scivolata.
Il moro sorrise, preparandosi a colpire
il lupo alle spalle, ma un colpo alla schiena lo fece volare di qualche
metro, facendogli perdere l'equilibrio e rotolare a terra. Senza
perdere la presa sull'elsa della spada Edmund
cercò di tirarsi in piedi, portando l'arma davanti a
sé e muovendola all'aria per precauzione, non capendo chi lo
avesse colpito con così tanta forza.
Fece dardeggiare gli
occhi per la stanza, sentendo il fiato mancargli per la botta,
rendendosi
conto tra la confusione nella propria mente della figura animalesca che
era appena uscita dall'ombra. Si morse un labbro, nervoso, vedendo il
nuovo nemico coalizzarsi con l'altro che si era rimesso in piedi e lo
stava osservando, rabbioso e con la bava alla bocca.
Istintivamente
fece qualche passo indietro, studiando la situazione e cercando di non
far capire quando gli facesse male il fianco che aveva pestato contro
la pietra. Probabilmente gli sarebbe venuto un livido. Uno dei due fece
per dargli una zampata, costringendolo ad indietreggiare.
Non andava
bene. Lo stavano mettendo all'angolo.
Edmund cercò
freneticamente di pensare ad una soluzione, sapendo benissimo che
nessuno probabilmente sarebbe venuto in suo soccorso.
Percepì la presenza del fuoco dietro di sé e
capì che non avrebbe potuto indietreggiare maggiormente. I
due lupi si accovacciarono per prepararsi a saltargli addosso, tirando
indietro le orecchie e mostrando i denti, ringhiando.
Si
preparò ad approfittare della prima via di fuga che gli si
sarebbe prospettata davanti, rendendosi conto che non aveva altra
scelta. Affrontarli entrambi senza potersi muovere liberamente e con
solo un'arma era praticamente un suicidio. Doveva essere veloce e
sperare che i due gli lasciassero dello spazio per poter rotolare via.
Ci furono attimi di tensione, poi i due nemici si scambiarono
un'occhiata, decidendo di balzare in avanti quasi all'unisono. Edmund
si preparò al contatto, percependo già addosso le
unghiate ed i morsi che probabilmente avrebbe subito, preparandosi al
bruciore lancinante che gli avrebbero provocato le ferite.
Ma un'ombra
saltò addosso ai due, scaraventandoli contro le rocce e
strappandogli degli ululati di dolore.
Il Pevensie sgranò
gli occhi, sorpreso, mettendoci qualche attimo nel riconoscere nella
figura che si era frapposta fra lui ed i due nemici Lia.
Lia.
-Lia!-
La lupa
ringhiò, un ringhio così basso ed animalesco che
Edmund non le aveva mai sentito fare se non quando Evelyn era stata
attaccata. I due lupi mannari sembrarono incerti sul da farsi,
osservando la figura della Narniana con il pelo gonfio e gli occhi che
non si staccavano dalle loro figure come se potesse leggergli l'anima,
i denti ben in vista.
Senza nemmeno dar loro il tempo di reagire si
lanciò all'attacco, in una lotta fatta di morsi, graffi e
ululati strozzati. Edmund non poté nascondere dei brividi
lungo la schiena, percependo la violenza delle fauci quando
schioccavano a vuoto ed osservando le figure ammassarsi in un groviglio
di peli e ringhi.
***
Aria.
Il biondo cercò, con l'ultimo
barlume di ragione e di forze che gli rimanevano, di capire dove fosse
finita Rhindon, tastando il pavimento roccioso alla cieca e senza
trovare niente di utile. Anche una pietra gli sarebbe stata d'aiuto...
-Peter!-
Forse qualcuno lo stava perfino chiamando, ma i suoni stavano
diventando così attutiti che non sapeva dire se si trattasse
di allucinazioni... E improvvisamente si sentì libero dal
peso che gli gravava sul petto, dalla stretta alla gola che gli rendeva
sempre più difficoltoso respirare, percependo l'aria
arrivargli improvvisamente ai polmoni in modo quasi graffiante.
Il Re tossì un
po' di volte, prima di riuscire a tirarsi in piedi e notare la sua
nemica a terra con un paio di frecce conficcate nel petto. Frecce
bianche.
Dhemetrya.
Sbatté le palpebre, sorpreso, cercando
la ragazza tra la confusione degli eventi che troppo velocemente si
stavano susseguendo in quei pochi metri di spazio. La trovò
che combatteva contro l'altra avversaria in un corpo a corpo.
Cercò Edmund con lo sguardo, trovandolo affiancato a Lia, e
sorrise, sollevato nel vedere il fratello stare bene.
Un
campanello d'allarme iniziò a trillargli nella testa
così forte da dargli quasi fastidio.
Caspian.
Si
voltò in modo tanto brusco da sentire male al collo,
fissando lo sguardo sulla lastra di ghiaccio e spalancando gli occhi.
Jadis.
La Strega conservava l'espressione algida ed altezzosa che mai
la abbandonava, ma Peter aveva imparato a vedere oltre quelle iridi
spietate che frenetiche si muovevano per osservare l'ambiente
circostante.
Fretta. Jadis aveva fretta di concludere qualsiasi cosa
stesse facendo per liberarsi. Fu allora che vide Evelyn correre verso
Caspian e finire lei stessa davanti alla Strega.
No.
Non avrebbe
permesso che si avvicinasse a qualcun altro dei suoi fratelli. Mai
più.
Cercò disperatamente Rhindon, impugnandola e
correndo verso la sorella. La spinse via in modo talmente impulsivo che
quella cadde addosso ad un Caspian ancora confuso.
-Peter, no!- La
sentì gridare, dal basso. Il Pevensie alzò la
spada verso Jadis, minaccioso.
-Stai lontana da loro.-
sibilò, puntandole l'arma contro. La Strega Bianca sorrise,
quasi intenerita.
-Peter caro... era da tanto che aspettavo di
rivederti.- gli disse, con tono materno, come se gli fosse davvero
mancato. Il Pevensie chiuse gli occhi, percependo quella voce suadente
soffiargli nelle orecchie come un sussurro lontano e reprimendo un
brivido. Sentì il corpo farsi pesante e si morse un labbro,
rendendosi conto della corruzione che la donna stava cercando di
infilargli in testa.
-Vuoi vincere, vero? Io posso aiutarti.-
continuò Jadis, cercando di volgere in suo favore il modo in
cui le cose si erano complicate.
Alle spalle del ragazzo, Dhemetrya
stava lottando con Edmund contro uno dei lupi mannari e Trumpkin aveva
ucciso Nicabrik, Lia stava sbranando l'altro mannaro.
Peter si
ritrovò a fissare il viso impassibile della donna,
ricordando quanto con un semplice gesto fosse potente e temuta. La
Strega tornò a sporgersi con il braccio e mezzo viso fuori
dalla lastra di ghiaccio, non smettendo di fissare il Pevensie negli
occhi, inchiodandolo sul posto con la propria magia.
-Vieni, una goccia
basterà.- Peter tentennò, iniziando ad abbassare
la spada, percependo la propria volontà venire meno ed i
dubbi inondargli la testa. Forse era davvero l'unica speranza per
Narnia...
Per quanto avrebbe voluto gridare di no, il Pevensie si
sentiva immobilizzato, costretto ad allungare la mano verso quella che
rappresentava uno dei suoi più profondi incubi. Era lei che
per notti intere aveva sognato che ridendo gli portava via i fratelli,
uno ad uno... era lei che aveva formato in Edmund un senso di colpa
perenne.
Perché non riusciva a reagire, allora?
-Peter!-
Evelyn si alzò con uno scatto, andando vicino al fratello e
prendendogli il braccio, quasi ancorandovisi addosso prima che si
avvicinasse troppo alla lastra. Poi puntò lo sguardo
incattivito su Jadis che la osservò, sbattendo le palpebre,
rendendosi conto che la ragazza era all'interno del cerchio senza
subire la sua influenza.
La Strega assottigliò lo sguardo, inviperita.
-Tu...- Prima che potesse dire altro l'espressione della donna
mutò. Tutti non capirono il motivo di un cambiamento tanto
repentino fino a che non seguirono dove stava guardando.
Al centro del
ventre la punta di una spada fuoriusciva dal ghiaccio. Jadis
urlò di dolore e disperazione, cercando inutilmente di
afferrare l'oggetto metallico che stava inesorabilmente crepando il
ghiaccio che usava come portale sul mondo.
Peter aggrottò la
fronte, riprendendo il controllo di se stesso, Evelyn si
portò una mano alla bocca sconvolta nell'osservare la donna
come in preda alle convulsioni, gli occhi rivolti all'indietro e la
bocca spalancata. Con un ultimo grido la lastra si ruppe in mille
pezzi nel giro di pochi secondi.
-...Edmund.-
Evelyn era ancora attaccata al braccio di Peter ed
osservava il fratello con la spada a mezz'aria, nel punto in cui prima
era presente il corpo della Strega Bianca. Il moro fece passare lo
sguardo da lei agli altri presenti nella stanza, provando un immediato
sollievo nel vederli stare bene.
Inchiodò poi gli occhi su
Peter, riservandogli una punta di risentimento, ancora sconvolto per
ciò che rivedere Jadis gli aveva provocato e osservando come
il Pevensie lo stesse guardando con un'espressione quasi allucinata.
-Lo so. Era tutto sotto controllo.-
Ciao
a tutti! Eccomi
di ritorno con questo capitolo che... beh, ora capite perché
dicevo che scrivere dei combattimenti non fa molto per me? ^^''' Mi
è stato molto "pesante" mettere giù questo pezzo,
infatti credo si percepisca che la mia introspezione deve esserci un
po' ovunque, ho cercato di dare il massimo cambiando anche qualcosina
nonostante l'azione non sia
un genere che mi appartiene e spero possiate apprezzare il mio sforzo.
Piccola spiegazione: il fatto che Jadis
pensi che "Evelyn non va bene per il suo piano" è dato
perché la formula dice "del sangue di Adamo basta una
goccia", quindi io ho liberamente dedotto che per liberarsi
serve un figlio di Adamo (e quindi Eve, femmina, non va
bene e non
subisce l'influenza dell'incantesimo anche se entra nel cerchio).
Inoltre viene fuori che Evelyn davanti alla reale figura di Jadis si
impanica totalmente. Non vi veniva voglia di gridarle "muoviti,
stupida,
cosa aspetti?!" - a me si lol. Rivederla davvero con tutto
ciò che stava succedendo l'ha mandata un po' in panne.
Nel prossimo capitolo, che vi porterò per Natale, ci
sarà un mini pezzo che la riguarda con Edmund e che spero
possa piacervi e che personalmente ho trovato molto tenero scrivere, e
un pezzetto su Lia,
Dhem e Antares che spero troverete interessante. Purtroppo in queste
settimane non sono stata molto bene quindi non ho più
sistemato nessuno dei capitoli vecchi o scritto nulla di nuovo,
cercherò di recuperare piano piano.
Nel frattempo spero di avervi portato una lettura gradita, vi ringrazio
dell'attenzione, dei preferiti, ricordate, seguite e di coloro che si
fermano a lasciarmi un parere. Ci tengo a dire che ogni
commento, anche
solo un paio di righe, è sempre ben accetto e aiuta la
motivazione.
Grazie a tutti,
D. <3
|