Book
Two: Fire
Chapter
eleven: Will you ever bow to me?
Si
vergognava particolarmente della piega che avevano preso le cose
all'interno della cella costruita per contenere – nel miglior
modo
possibile – la temibile Morte dell'Est. Era stato a
conoscenza dei
sentimenti che albergavano nel cuore del giovane Tai da tempo, e
proprio per questa ragione aveva pensato che promuoverlo a membro
della sua scorta personale sarebbe servito a tenerlo ben lontano da
eventuali guai. Un animo spinto unicamente dal desiderio di vendetta
o comunque dalla voglia di rivalsa non era buon consigliere, questo
Zuko lo sapeva forse meglio di chiunque altro: proprio
perché da
giovane lui stesso era stato vittima di simili emozioni, aveva
sperato, forse scioccamente, di poter insegnare a qualcun altro come
comportarsi nell'attimo in cui ci si sente in balia di forze tali da
renderci imprevedibili. In un modo o nell'altro si era convinto che
bastasse l'esperienza del suo passato a renderlo un bravo maestro, ma
si era sbagliato. Per via dei mille impegni e della totale mancanza
di attenzione che in realtà aveva prestato al figlio del
Generale
Yong, ora le cose erano sfuggite di mano sia a lui, l'insegnante, che
al suo stesso “discepolo”. La Morte dell'Est aveva
reclamato al
sua ennesima vittima, in una situazione per altro in cui più
di
chiunque avrebbe dovuto essere indifesa.
Che
fosse capace di stupirlo ancora nonostante la precaria posizione in
cui si trovava, costretta alla prigionia all'interno della base
nemica, aveva un non so che di straordinario per lui.
-
Da questa parte, prego.
Seguì
la guardia senza dire niente, ancora assorto nelle proprie
congetture. Per quanto quello fosse oramai a tutti gli effetti il suo
palazzo, doveva ammettere di non aver mai prestato molta attenzione a
quella parte del grande edificio in cui era stato cresciuto. Le
segrete non erano luogo adatto a lui, si era sentito ripetere
più e
più volte, sia quando era ancora molto piccolo che ora, nel
presente: una persona del suo rango non doveva mischiarsi con la
feccia, che si trattasse di poveracci ch'erano stati catturati per
aver commesso un grave torto nei confronti della famiglia reale o di
nemici resi prigionieri nel corso di un qualsivoglia scontro; a lui
spettava governare da un luogo sicuro, seduto al suo trono, protetto,
lontano dalla possibilità di respirare la stessa aria di
persone che
non erano state abbastanza furbe da saper scegliere a dovere con
quale parte schierarsi. Era ovvio che, se avessero deciso di stare
con lui e prima di lui con suo padre Ozai, molti di quegli stessi
prigionieri ora avrebbe avuto a disposizione la propria
libertà.
-
Mi raccomando. Stiate il più lontano possibile da lei.
La
guardia non si voltò neanche un secondo per guardarlo mentre
gli
parlava. Tenendo bene alzato un braccio davanti al volto, stava forse
concentrando tutta la sua attenzione nell'esercitare il proprio
Dominio su una piccola palla di fuoco, ora intenta a brillare qualche
centimetro sopra alle sue dita tese. L'intero cammino che conduceva
alla cella della Regina di Ba Sing-Se era già illuminato,
tuttavia
laggiù, nei meandri oscuri di quelle segrete, la luce pareva
non
essere mai del tutto sufficiente. Zuko aveva fatto scavare quello
spazio personalmente, ampliando ancora le dimensioni dei sotterranei
del palazzo. Si era dato quella pena poco tempo dopo la comparsa di
Toph, come se dal giorno alla notte uno strano presentimento gli
avesse suggerito che fosse necessario occuparsi di una simile
faccenda al più presto possibile, giusto per evitare che,
una volta
catturata, la Morte dell'Est potesse sfuggirgli troppo facilmente. Al
tempo non credeva che il giorno in cui l'avrebbe presa per davvero
sarebbe mai arrivato. Aveva preso quella decisione per puro
capriccio, seguendo più l'istinto che il buon senso.
-
Molti
soldati sono stati feriti gravemente, quando hanno provato a
divertirsi con la prigioniera. Uno è morto dissanguato.
Non
serviva certo
che lo dicesse a lui. Sapeva cosa era successo e solo per questa
ragione si era spinto a raggiungere quel posto sudicio ed umido. O,
per lo meno, questo era ciò che si ripeteva. La
verità era che
dentro gli si era smosso qualcosa quando era giunta la notizia della
morte di Tai alle sue orecchie: si era sentito come pervaso da una
grossa curiosità e allora, senza neanche riflettere, poche
ore dopo
l'accaduto aveva raggiunto la porta che conduceva alle prigioni.
Ci
avevano impiegato
un po' ad arrivare fino a lì, ma ora finalmente il rumore
della
chiave a girare nella serratura della cella sentenziò la
fine del
suo – breve – viaggio. Ora non poteva
più rimuginare su cosa
fosse bene dire o non dire, su cosa avesse insomma davvero intenzione
di far presente alla sua nemica. Si era preso quel lasso di tempo per
riflettere e mettere insieme un discorso che avesse un senso, ma
oramai non poteva fare altro se non pagare le conseguenze della sua
stessa avventatezza.
-
Vi prego di essere
prudente.
Entrò
all'interno
dell'abitacolo senza alcuna esitazione, come era giusto che fosse. Un
Sovrano che si rispetti mai si può permettere di lasciar
trapelare
dell'incertezza e, in questo, sarebbe andato molto d'accordo con Toph
stessa che a sua insaputa era del medesimo avviso. Per quanto
certamente capitasse ad entrambi di immaginare come avrebbe potuto
essere la loro vita se condotta lontano da quei loro destini, sia
l'uno che l'altra avevano un'idea ben chiara di come dovesse essere
una persona che stava al potere: erano dei ragazzini, tuttavia non
c'era spazio per la paura o per i dubbi.
-
Non credevo che
saresti tornato qui vivo.
La
voce di Toph Bei
Fong gli apparì piuttosto serena considerata l'avventura che
aveva
da poco vissuto. Guardando meglio però Zuko si rese conto
che la sua
era tutt'al più una farsa. Essere attaccata a quel modo da
qualcuno
non doveva essere stato bello, nemmeno quando si possedeva tutta la
forza interiore di cui lei era in possesso: il solo pensiero che il
suo assalitore fosse ancora vivo e quindi intenzionato ad avere la
propria rivincita era stato abbastanza da scuoterla, se lo sentiva.
Quel sorriso sghembo era ben diverso da quello che in precedenza le
aveva visto in volto la prima volta in cui si erano incontrati faccia
a faccia.
-
Visto che sei qui,
dimmi... - Continuò Toph, inclinando il capo. - Quale parte
del
corpo vuoi che io ti stacchi questa volta?
-
Il soldato a cui
ti stai riferendo è morto.
Decise
di
interrompere all'istante quel giochetto, impedendole così di
continuare – seppure inconsciamente – a rendersi
ridicola. Aveva
cominciato a rispettarla abbastanza da non riuscire a sopportare
l'idea che una persona come lei si mostrasse inerme. Non lo poteva
vedere e per questo non aveva capito chi fosse. Solo per questo stava
parlando a quel modo, solo per questo non gli pareva più la
formidabile opponente conosciuta sul fronte. Sì, doveva
essere così.
-
La tua mira è
stata impeccabile. - Continuò. - Hai morso via la carne
proprio dove
passava la giugulare, tanto in profondità da rendere ogni
possibilità di tentare almeno di salvarlo completamente
inutile. Non
che ce ne sia stato il tempo, comunque...
Mentre
parlava si
era avvicinato a lei di qualche passo fino a raggiungere la catena
che andava legandosi all'anello di metallo stretto attorno al collo
della sua avversaria. Si piegò lentamente, afferrandola e
tirandola
con un forte strattone, Toph a scattare in piedi per riflesso.
-
...più i giorni
passano più comincio ad ammirare le tue prodezze. Hai una
forza di
volontà invidiabile.
Al
posto suo
chiunque altro si sarebbe arreso, non ne aveva alcun dubbio. Non
conosceva nessun uomo che avesse la sua stessa forza – o
forse
quella era solo testardaggine? - né ricordava di aver mai
conosciuto
un'altra donna con quel medesimo carattere. Bisognava essere dei
folli per continuare imperterriti a lottare a quella maniera. O
questo o si doveva essere in possesso di una fiducia talmente forte
nel futuro da non essere in grado di permettere a cose come lo
sconforto di prendere il sopravvento.
-
È
quasi ironico. - Disse ancora. - Io, ventiduesimo imperatore della
Grande Nazione del Fuoco, pilastro su cui si basano le fondamento di
questo stesso palazzo e Re che presto dominerà il mondo... Io,
Zuko, ammiro te.
Cadde
il silenzio
dopo questa sua affermazione, non tanto perché Toph si era
sentita
intimorita a causa di una simile introduzione o orgogliosa al
pensiero di essere fonte di un tale sentimento per il nemico. Il
silenzio cadde perché mentre Zuko la stava osservando
studiandola
con la sua solita minuzia nei dettagli, lei stessa stava osservando
lui pur senza vederlo, e questo solo per meglio capire se le sue
fossero parole dette con sincerità. Quando intuì
che le pensava
davvero, quelle cose, si sentì finalmente in dovere di
controbattere.
-
Dovresti
riflettere prima di parlare, piccolo arrogante. - Sentenziò.
- Puoi
forse far capitolare la terra stessa? Può il tuo potere far
collassare una montagna?
Rimase
zitta qualche
secondo prima di continuare.
-
Non importa quanto forte il vento soffi, una montagna non finisce in
mille pezzi. Il
Regno della Terra
non cadrà.
Quel
che intendeva dire era che il suo popolo non avrebbe ceduto solo
perché lei era stata fatta prigioniera. Confidava nei suoi
commilitoni, nei suoi sottoposti, sapeva che avrebbero continuato a
lottare e che a breve – non avesse dovuto fare ritorno
– qualcun
altro avrebbe preso il comando per far fronte alle minacce. E se
anche non fosse toccato ai Dominatori della Terra, allora prima o poi
altri si sarebbero fatti avanti. La cosa straordinaria della
speranza, era che poteva accendersi nel cuore di chiunque, quando uno
meno se lo aspettava. In ogni cosa al mondo doveva esserci un
equilibrio e dinanzi alla comparsa di un male molto grande a sua
volta sarebbe comparsa la fonte che avrebbe dato inizio alla sua
sconfitta.
Toph
credeva in
questo.
-
...non possiamo
fare altro se non attendere e stare a guardare.
La
risposta di Zuko
non tardò ad arrivare ma, nel complesso, le parve essere
priva di
vero e proprio trasporto. Era strano avere a che fare con quel
ragazzo proprio perché nella maggior parte delle occasioni
non si
dava pena di provare niente. In quel momento le veniva difficile dare
sostegno a tale tesi visto che non poteva usare le sue
capacità, le
solite che di norma le permettevano di capire all'istante quali
fossero i sentimenti di chi aveva attorno, però sapeva che
in fondo
pensandola in quel modo non poteva essere poi tanto lontana dalla
verità. Lo stesso Signore del Fuoco era a conoscenza di
questa sua
peculiare condizione, per questo qualche ora prima si era stupito
nell'averla voluta vedere con tanta urgenza. Erano da tempo ormai che
non sentiva qualcosa. Qualsiasi cosa. Perfino la
semplice
curiosità era diventata una specie di sconosciuta per lui.
Per non
parlare poi del senso d'ammirazione.
-
Come ti dicevo,
non tutte le persone possiedono la tua stessa forza. Nella migliore
delle ipotesi il tuo esercito terrà duro ancora per qualche
settimana, forse qualche mese, ma poi... - Le sorrise, lasciando a
metà la sua frase e dandole infine le spalle per uscire da
quella
cella. - Tolta di mezzo te nulla potrà più
fermarmi.
Lasciata
sola la
prigioniera con queste ultime parole, Zuko non attese oltre e
percorse a ritroso la strada che dal salone del palazzo lo aveva
condotto fino a lì. Non aspettò nemmeno che la
guardia gli
illuminasse il cammino, né si fermò poco
più avanti a rendere noti
i sunti della sua discussione con Toph al resto dei suoi Consiglieri,
i quali si erano raccolti tutti all'uscita ad aspettarlo con l'aria
di chi già era in procinto di vomitargli addosso tutto il
suo
disappunto. In fondo sapeva perfettamente cosa gli avrebbero detto.
Prima di mostrare la loro preoccupazione per la sua
incolumità –
visti i recenti avvenimenti accaduti da che la Morte dell'Est era fra
loro – avrebbero finito col rimproverarlo, insinuando senza
mezzi
termini che il suo gesto avventato avrebbe anche potuto essergli
fatale. E lui, come al solito, si sarebbe ritrovato a sospirare
appena, stufo di quel solito tran tran e di quelle solite
chiacchiere.
Solo
uno fra quel
mucchio di volti attirò davvero la sua attenzione.
Poco
distante da
tutti gli altri vide Sokka, le mani conserte dietro la schiena e lo
sguardo divertito, le labbra piegate nel suo solito sorriso.
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