Note premature della funestissima autrice:
Allora, mi scuso per l'ennesimo ritardo, non starò a cercare
giustificazione perché io, avendo già scritto questa fic all'inizio
dell'estate e dovendola solo revisionare, dovrei fare solo un lavoor
quasi minimo, perciò, nonostante quello che mi sta capitando in questo
periodo e che mi rende più assente, non ho scusanti.
Detto questo, spero che vi piaccia il capitolo, ci troviamo nelle
note a fine testo.
Capitolo 5.
Il giorno dell'esecuzione era arrivato; sarebbe successo la sera,
per mano di Archer. In città c'era un caos piuttosto insolito, come un
giorno qualsiasi prima dell'invasione, eppure nell'aria aleggiava un
forte senso d'angoscia e timore. Lyra era uscita di casa per comprare
della frutta al mercato. Naturalmente, non c'era quasi nulla; sia per
la fame dei cittadini, che per lo scarso rendimento dei campi per colpa
del Team Rocket, che aveva vietato la circolazione di ogni mezzo
pubblico e privato (quindi anche trattori), i contadini si erano
trovati a coltivare alla "vecchia maniera": Goldenrod City era la città
più sviluppata di tutta la regione, prevalentemente più rurale e
all'antica, perciò erano più conosciute le tecniche più avanzare, per i
pochissimi agricoltori della zona.
Comperò delle mele e dei mandarini, che erano in abbondanza. Pensò
che qualche volta sarebbe stato bello fare una passeggiata nel bosco
per raccogliere dei funghi o delle bacche.
Sebbene il Visconte non fosse benvoluto, soprattutto dai contadini o
dagli operai più poveri, poiché teneva la frutta e il bestiame per sé
oppure li vendeva a prezzi intrattabili, il popolo di Goldenrod City
non avrebbe mai augurato a lui e alla figlia un destino simile.
Avrebbero preferito mille volte vedere morire un Rocket che un
concittadino. Fermandosi un attimo per annodare le pesanti borse, le
venne incontro probabilmente la signora più anziana e misteriosa di
Goldenrod City, se non di tutta Johto! Lyra era molto affezionata a
lei, siccome era stata l'unica che l'avesse aiutata, a parte Crystal e
Gold, nel momento in cui i genitori vennero a mancare.
La signora Hazel era un'anzianotta garbata, curiosa e modesta, della
quale vita si conosceva ben poco, tant'è che nemmeno la sua età era
nota.
"Buongiorno signora Hazel" La salutò educatamente Lyra non appena si
raggiunsero.
"Buongiorno, Lyra. Sei venuta a fare spese?" Chiese, cercando di
sbirciare all'interno delle borse.
"Se così si possono definire..." Mormorò, "avete bisogno di
qualcosa?".
La signora Hazel scosse la testa e disse: "No, volevo solo farti
notare quanto sei fortunata. Il Generale in casa tua è davvero gentile!
Mi ha portato le borse della verdura fino a casa, poi si è arrampicato
su un albero per recuperare il mio gattino. Peccato che poi sia caduto,
ma non si è fatto male. E' gentile anche con te?"
Lyra annuì.
"Sì, siamo diventati amici. All'inizio, signora Hazel, mi incuteva
paura e non gli parlavo, anche per orgoglio, ma poi... beh, è una
storia troppo lunga" Fece un sospiro. Erano già passati quattro giorni,
e né Crystal né Gold si erano fatti sentire.
La signora Hazel sorrise in modo estremamente dolce, come fa una
nonna riguardando le foto dei propri nipoti.
"E' sempre bello vedere una giovinetta come te innamorarsi"
Ridacchiò e, in pochi passi, scomparve tra la folla.
Lyra si riscosse solo nel momento in cui qualcosa le si poggiò sulla
spalla destra: era una mano. Si girò per vedere Ruby e Sapphire.
"Ciao, da quanto tempo!" Baciò entrambi e si sforzò di non pensare
alle parole della signora Hazel.
"Già, siamo stati molto occupati: il Team Rocket mi ha ordinato di
confezionare entro un mese più di duecento nuove divise! Ma sentili,
quelle di alcune reclute si erano sfracellate nei boschi, mentre erano
a perquisire tutti i casolari in cerca di non so cosa. Credo che il
nostro Generale non sappia tenere la bocca chiusa. E Sapphire ha deciso
di aiutare il panettiere" Raccontò Ruby con aria stizzita, spazzando
via con la mano della farina dalla spalla di Sapphire.
"Sì. A proposito, in questi ultimi giorni Gold non mi è sembrato per
nulla in forma... gli è successo qualcosa?" Ella non rispose,
oscurandosi in viso. Dalla sua cupa espressione, Ruby e Sapphire
capirono di dover lasciar in sospeso l'argomento.
Si avviarono insieme verso la piazza, dove scorsero i loro Generali
parlare insieme. Appena li videro, Proton e Petrel gli fecero segno di
avvicinarsi.
"Ehi" Salutò Petrel. Proton accennò ad un saluto.
"Come stanno procedendo le ricerche?" Chiese Sapphire. Proton
sorrise leggermente, conoscendo perfettamente l'abitudine di parlare
troppo dell'amico.
"Abbastanza bene: Archer ha ordinato alle reclute di perquisire la
casa al confine della città, credo siano già partiti" Disse Petrel con
noncuranza. Proton congelò sul posto.
Lyra, Petrel, Sapphire e Ruby non capirono la sua reazione, ma prese
a correre come una furia verso il municipio, dopo aver semplicemente
detto: "Non preoccupatevi, torno tra un po'".
"Tu ci hai capito qualcosa?" Domandò Ruby a Lyra, che scosse la
testa.
Petrel fece spallucce: "Avrà semplicemente dimenticato di consegnare
un rapporto importante ad Archer".
Finalmente Petrel aveva l'occasione di conoscere meglio Lyra Soul.
Proton gli aveva parlato tanto di lei, della sua personalità e della
sua bella casa.
"Se voi non siete occupati, gradirei prendere un tè a casa mia"
Disse Lyra, e tutti accettarono.
Seduti nel salotto di casa Soul, con una tazza di tè nero fumante
tra le mani, Lyra, Petrel, Ruby e Sapphire parlarono del più e del
meno. La parte più divertente della conversazione arrivò quando
Sapphire incominciò a raccontare, con la sua solita vena di
esagerazione, alcuni dei disastri di Petrel e Ruby.
La loro casa non era esattamente grande, ma molto accogliente e
vicina al municipio e alla stazione di polizia, al centro di Goldenrod
City. Per questo era stata scelta per alloggiare il Generale.
Petrel Lambda, originario di Violet City ma trasferitosi a Kanto
quando era piccolo, era una persona semplice: simpatica, chiacchierona
e forse un po' strana. Era difficile immaginarlo come un membro del
Team Rocket. Diceva che, nonostante non concordasse totalmente con la
loro ideologia, aspirava a diventare ricco e far parte del Team Rocket
era il modo più facile. Aveva conosciuto Proton appena quest'ultimo si
era arruolato. Aveva persino lavorato per lui, qualche volta: era
talmente bravo che aveva scalato la gerarchia del Team Rocket
immediatamente. Le aveva raccontato che solitamente era freddo e
distaccato, ma da quando era arrivato a Goldenrod City si era
addolcito. Petrel era certo fosse merito di Lyra, ma non lo disse ad
alta voce.
"Sapete, credo ci restino ancora un paio di mesi e ce ne andiamo" Si
confidò Petrel con viso nostalgico.
"Come mai?" Chiese Ruby.
"Beh, dobbiamo procedere. Nelle altre città ci siamo fermati molto
meno, e abbiamo bisogno di avanzare. In teoria adesso io dovrei essere
all'esecuzione della vostra amica, ma non ne ho voglia" Disse Petrel.
"Ah, Platina..." Lyra si rattristò.
Erano già le sei e un quarto e Proton non era ancora tornato. Di
solito avvertiva quando tornava a casa tardi.
"Proton non è ancora tornato... che gli sia successo qualcosa?"
Chiese Lyra ad alta voce, guardando la porta.
"Non ti preoccupare, Proton sa badare a se stesso. Magari è rimasto
bloccato in ufficio o altro"
"Già. Comunque dobbiamo andare, a noi civili è stato dato il
coprifuoco" Disse Ruby. Dopo un saluto veloce e la promessa di
rivedersi, Petrel, Sapphire e Ruby lasciarono la casa di Lyra.
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Quando finalmente Lyra sentì il rumore delle chiavi della porta
d'ingresso, raggiunse Proton nell'atrio. Stava leggendo in salotto, ma
senza concentrarsi per via delle sue preoccupazioni.
"Proton!" Il ragazzo le dava le spalle, intanto si sfilava la giacca
e il cappelli, posandoli sull'appendiabiti.
Appena lo vide in faccia, Lyra si portò una mano alla bocca: aveva
gli occhi incredibilmente vacui.
"Cosa ti è successo?" Sussurrò andandogli vicino. Avrebbe tanto
voluto accarezzarlo, ma le sembrava inopportuno e imbarazzante.
Nei suoi occhi Lyra leggeva un forte senso di colpa, che la spaventò
un po'. Tra meno di due minuti sarebbe cominciata l'esecuzione, ma non
pensava fosse per quello.
Le accarezzò la guancia con delicatezza, come se avesse paura che si
rompesse rotta in mille pezzi. Si recò al pianoforte, seguito da Lyra.
Cominciò a suonare con delicatezza una melodia che Lyra non sentiva da
tanto: la sua canzone.
Aveva iniziato pianissimo, ma presto ci mise tutta la passione di
cui era capace. Era il suo modo per sfogarsi. Lyra restò sulla porta,
sbalordita. Non lo aveva mai visto così concentrato.
La sua bravura al pianoforte era paragonabile a quella dei grandi
maestri di tutti i secoli; Lyra pensava che, un giorno, anche Proton
sarebbe entrato a far parte della storia della musica. Sicuramente, al
termine dell'occupazione del Team Rocket a Johto, Proton sarebbe
tornato a casa, si sarebbe esercitato ancora e si sarebbe iscritto in
una qualche accademia famosa di Kanto. Nonostante sapesse che Proton,
oltre la nera divisa, avesse un grande futuro davanti a sé, Lyra non
voleva che se ne andasse: nel momento in cui Proton e gli altri Rocket
abbandoneranno la regione di Johto, lui e Lyra non si sarebbero più
rivisti, se non nelle immagini sbiadite dei ricordi.
A giudicare dagli occhi vitrei ma concentrati a non lasciar
intendere nessuna emozione, Lyra credette che si stette trattenendo dal
piangere. Non aveva ancora aperto bocca da quando era rientrato a casa.
"Proton... è bellissima" Sussurrò Lyra. Lui sembrò non sentirla.
D'improvviso si alzò dallo sgabello, la raggiunse a grandi falcate e
l'abbracciò di slancio. Affondò il naso nei suoi capelli di seta,
donandole nel frattempo un bacio sulla testa. Profumava, come sempre.
D'altra parte Lyra era stata colta di sorpresa dal gesto del ragazzo,
tanto che era arrossita violentemente fino alla punta dei piedi.
Sperava che Proton non se ne accorgesse. Lentamente, Lyra strinse con
le braccia il suo busto, accarezzandogli impacciatamente la schiena.
"Scusami" Lyra quasi non lo sentì. Ad un tratto, si udì una serie di
spari dalla strada: il Visconte Berlitz e Platina Berlitz, sua figlia,
erano stati barbaramente uccisi.
Lyra rabbrividì al solo pensiero, e tutto divenne improvvisamente
silenzioso. Nessun urlo, nessuna preghiera giunse alle orecchie degli
abitanti di Goldenrod City; era come se i due Berlitz si fossero
rassegnati alla morte già da tempo, e non avessero combattuto per la
vita. Davanti ai suoi occhi si pararono immagini di pozze di sangue,
corpi tumefatti trascinati per l'asfalto e gettati in una fossa, si
distrasse dalla conversazione con Proton.
"Per cosa?" Gli chiese.
Proton strinse la presa e respirò profondamente, trattenendo un
singhiozzo.
"Oggi pomeriggio... sono andato da Gold e Crystal. Ho trovato Archer
e le sue reclute hanno trovato i membri della Resistenza. Li hanno
tenuti nascosti tutto il tempo, e io lo sapevo. Lyra, li hanno
arrestati, verranno giustiziati... mi dispiace, non ho potuto fare
niente" Mormorò flebilmente Proton.
Lyra si sentì mancare la terra da sotto i piedi, la stanza iniziò a
girare vorticosamente e le mani a sudare freddo mentre si riversava sul
pavimento,priva di sensi.
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Era legata e tenuta ferma da una catena che le cingeva i polsi, le
caviglie e la zona lombare. Tutto quello che poteva fare era allungarsi
per meno di due metri in quella stanzetta oscura dove era stata
rinchiusa. Sapeva che, nella prigione accanto a lei, Gold non era di
certo in condizioni migliori.
Il Team Rocket, con il loro "Generale Capo", era irrotto
all'improvviso nella loro abitazione, avevano perquisito la casa
sfregiando oggetti preziosi, sia a livello oggettivo che a livello
sentimentale, come, ad esempio, un vaso in ceramica decorato da Lyra
qualche anno prima. Era stato proprio uno scherzo del destino:
condannata a morte dopo aver litigato con la sorella. Tuttavia, per
quanto riguardava il Generale Proton Sherwood, che alloggiava nella sua
casa, appunto, aveva cambiato idea: le aveva dimostrato quanto tenesse
a lei, cercando in tutti i modi di impedire il loro arresto ma, spinti
da un sentimento di giustizia e solidarietà nei confronti dei membri
della resistenza, avevano confessato i loro 'crimini'. Successivamente
erano stati torturati e picchiati, ma nessuno di loro due avevano
spiccato parola; erano riusciti a scappare dal dolore rifugiandosi nei
loro ricordi, forzatamente vividi.
La minuscola stanza in cui Crystal era reclusa, come già detto, era
quasi indecente, eppure se lo aspettava: si sentiva odore di chiuso
dappertutto, l'unica fonte di luce era una candela dalla debole fiamma,
troppo lontana per cui lei potesse distinguere un palmo dal naso. Era,
naturalmente, un ambiente vuoto e freddo, dalle mura d'un grigio
sbiadito decadenti e su cui saliva una striscia di muffa, che
raggiungeva e si espandeva sul soffitto. Inutile dire che non c'erano
finestre, se non un piccolo buco nella parete alla sua destra che le
permetteva di distinguere il dì dalla notte.
Crystal era soddisfatta delle sue condizioni, perché significava che
lei era una Resistente. Non avrebbe mai ceduto al Team Rocket, neanche
al momento della sua morte. E lo stesso valeva per Gold. Entrambi
avevano lottato fino alla fine, incominciando dal nascondere i membri
della Resistenza nella loro cantina, poi sopportando di dover mantenere
quel segreto con Lyra, le retate e i controlli, i digiuni per nutrire i
loro 'coinquilini', le torture, la paura e infine la morte, la
destinazione che congiungeva tutti. Erano due esseri umani che avevano
sofferto e che continuavano a vivere. Avevano lottato per i loro
ideali, non cedendo al male o all'indifferenza, ed era ciò che li
rendeva umani, a distinguerli da una corvina massa di Rocket o dai
grigi cappotti di chi indossa l'irrilevanza. Ciò che la distingueva
dalla famiglia Berlitz era, appunto, la speranza: Crystal aveva avuto
speranza fino alla fine, e ancora ne portava nel cuore ghiacciato.
Speranza che tutto si risolvesse.
Almeno, due membri della Resistenza erano riusciti a scappare sul
motorino di Gold. Gli altri avevano rubato il camion per la loro
deportazione. Era una delle poche ragioni la rincuoravano.
Da quando era stata catturata l'avevano avvertita che se avesse
tentato il digiuno o non avesse consumato tutto il 'cibo' che le
avrebbero portato, l'avrebbero sottoposta all'alimentazione forzata
mediante un tubo. Il tutto non perché si preoccupassero della loro
salute (sarebbe stato anche immensamente contraddittorio, considerando
il luogo in cui erano internati e che sarebbero stati uccisi; li
avrebbero anche potuti sfruttare nelle fabbriche o altro, ma Crystal si
rese conto nel tempo che il Team Rocket non aveva bisogno di ulteriori
merci, se non alimentari, dato che erano minuziosamente organizzati),
ma perché dovevano impedire il loro dimagrimento e, come conseguenza,
di riuscire a liberarsi dalle catene e scappare. Crystal aveva
addirittura rimuginato sul sedurre una recluta, farsi liberare e
scappare. Ma non poteva lasciare Gold, l'amore della sua vita. Avevano
lottato insieme e sarebbe morti insieme.
Il secondo giorno avvertiva un formicolio agli arti, che non si
muovevano già da troppo tempo. Non seppe dire a che ora, una recluta
impassibile al suo stato le imboccò una disgustosa minestra e un tozzo
di pane rinsecchito. Le piaceva paragonare la minestra a quella di sua
madre, al cavolfiore. Nel momento della sua morte, era troppo presa ad
occuparsi della sua sorellina per piangersi addosso. Era abbastanza
grande per potersi prendere cura di entrambe da sola, ma vennero
entrambe affidate ad una zia che veniva a trovarle per le feste. In
realtà, i genitori di Gold si presero cura di loro la maggior parte del
tempo. All'inizio lei e quest'ultimo si odiavano, anche perché Crystal
aveva ereditato il carattere serio e distaccato da sua madre, che
contrastava con l'allegria perenne e ingiustificata di Gold, difatti a
scuola era stata denominata 'Regina dei Ghiacci del Monte Argento',
poiché non era mai interessata a nessuno dei fatti che accadevano
dentro e fuori le mura. Il ragazzo aveva tentato di farla sorridere per
ragioni che lei riteneva inutili, ma non sempre ci riusciva. Aveva
tentato pure quando Crystal e Lyra mantenevano un pesante e assoluto
silenzio per giorni, più precisamente nella settimana della scomparsa
dei loro genitori.
Aveva perso il conto dei giorni in cui rimase là dentro, ma sapeva
che erano pochi. Sperava di morire presto: ogni giorno veniva
interrogata e torturata dal Team Rocket in qualsiasi modo. Riusciva
solo ad aggrapparsi a ricordi felici per non cadere nella disperazione
della sua realtà. Aveva sentito, purtroppo senza mai sapere se fosse
solo uno scherzo della sua immaginazione o fosse vero, la voce di Lyra.
Tentava di vederla, ma veniva fermata. Ogni minuto ripensava al suo
matrimonio per distrarsi: l'abito bianco panna, piuttosto semplice,
lungo e poco ampio fino ai piedi, con un piccolo strascico, la
scollatura a cuore e un filo di trucco. Lo sguardo rapito di Gold al
suo ingresso nella piccola cappella di New Bark Town, il pavimento a
scacchi, la grande vetrata che si ergeva dietro di loro, le altre
laterali, la luce fioca delle candele... le parole sussurratele da suo
padre, che la teneva a braccetto, gli occhi degli invitati su di sé, la
preghiera, la promessa, la consegna delle fedi, il bacio, il lancio del
riso e del bouquet all'uscita della cappella; ricordava l'euforia di
Lyra quando il piccolo mazzo di fiori le era caduto tra le mani. La
prima notte di matrimonio, la luna di miele in una località di Hoenn...
il suo stabilimento nella casa dei nonni di Gold, che erano entrambi
deceduti da tempo. Ricordava tutto e niente, le immagini imbianchivano
e si sgretolavano non appena tentava di afferrarle.
Una volta Proton Sherwood era arrivato a consegnarle il cibo. Mentre
l'aiutava a mangiare l'aveva aggiornata sulle condizioni di Lyra: lo
evitava in ogni modo, come se fosse la morte in persona.
"Mi odia. Si rifiuta di uscire dalla sua stanza finché sono a casa.
L'ho vista mentre tentava di vedervi, è molto determinata. Parlerò con
Archer a riguardo, ma non vi prometto niente" Disse Proton.
"Ma voi non c'entrate niente, anzi, avete tentato di salvarci la
vita!" Crystal fece un po' fatica a parlare, aveva la gola secca. La
voce appariva quella di una vecchietta.
"Lo so" Proton annuì nella penombra.
"Sai qualcosa di Gold? Quando ci uccideranno?"
"Nessuno sa nulla, forse Ariana... si dice che la vostra esecuzione
avverrà presto e di giorno, in modo che i cittadini possano osservarvi
dalle finestre, ma non prendetemi in parola" Sussurrò Proton.
"Proton, grazie per quello che stai facendo per noi. Spero che Lyra
ti perdoni"
Proton sorrise e abbandonò l'edificio. Non era riuscito a parlare
con Gold, ma era soddisfatto per quanto potesse esserlo in una
situazione simile.
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Il visconte e Platina Berlitz. I suoi genitori. Gold e Crystal.
Quante altre persone avrebbe dovuto perdere Lyra? Un avvenimento non
poteva semplicemente porre fine alla sua esistenza, com'era successo
per la prima, o non avrebbe potuto morire per dei nobili ideali, come
Crystal e Gold? Che valore aveva la sua vita, si stava chiedendo. Non
la meritava, si convinceva.
Non poteva nemmeno fare nulla per Gold e Crystal, solo piangere fino
allo sfinimento, digiunando e guardando fuori dalla finestra, il petto
ristretto dall'infinito malessere che la notizia datagli da quello che
credeva essere suo amico - o meglio molto più di un amico, da parte sua
-, che ora pareva esserle rivoltato contro, come un'arma a doppio
taglio. Tutte quelle sensazioni di dolore, senso di colpa, tristezza e
inutilità che Lyra portavano erano troppe per il suo esile corpo.
Ben presto si decise: se doveva morire, doveva farlo per le persone
a lei più care.
Lyra corse a perdifiato verso la Piazza Centrale, non curandosi del
divieto di uscire posto dal Team Rocket o dalla battente pioggia. Le
persone la squadravano malamente attraverso i vetri delle finestre,
chiedendosi se quella ragazza fosse pazza o se cercasse un modo
originale per suicidarsi. In pochi sapevano che stava andando da sua
sorella.
"Crys! Gold!" Urlò Lyra cercando di scavalcare quel muro che erano
le reclute del Team Rocket e che le ostruivano la visuale, arrivata
nella Piazza Centrale. Li aveva visti trascinati dal Team Rocket
attraverso la finestra della sua stanza.
Venne bloccata da cinque Rocket, che faticarono non poco a tenerla
ferma. Proton, Gold e Crystal si voltarono a guardarla scioccati,
insieme al loro capo dai capelli blu e gli occhi azzurri.
"Lyra, va' via da qui. Ormai non c'è più niente che tu possa fare
per noi, abbiamo riconosciuto di essere colpevoli!" Le gridò Crystal.
A Lyra non importava del fatto che Crystal e Gold avessero nascosto
i membri della Resistenza a casa loro. Dopotutto avevano fatto solo
quello che loro e il popolo ritenevano giusto. Avevano rischiato la
vita per quello scopo, e se un giorno Johto avesse ritrovato la libertà
sarebbe stato loro, il merito: morti per la patria.
"Non importa. Gold, Crys, io ho bisogno di voi" Una lacrima solcò la
guancia di Lyra, ma l'ignorò.
"Lyra, sappiamo bene che questi sono tempi duri per tutti, ma è
arrivato il nostro giorno. Abbiamo fatto del nostro meglio per salvare
delle vite, e questo è il risultato. Io e tua sorella ci siamo amati
per tutta la vita, finché è durata. Avrei senz'altro preferito
andarmene in un altro modo e in un altro momento, ma almeno so di aver
mantenuto una promessa: quella di amare Crystal!" Urlò solennemente
Gold. Nel frattempo dei Rocket avevano legato lui e Crystal ad una
sedia, vicini tanto da sfiorarsi appena con le braccia e le mani.
Il prete di Goldenrod City era davanti a loro, guardandoli con gli
stessi occhi ricolmi di lacrime di Lyra. Gli si poteva leggere il
rimpianto, la pena.
"Gold Dallas e Crystal Soul, che Dio vi benedica, in questo tragico
momento. Siate protetti sotto l'ala del vostro angelo custode, che egli
non vi abbandoni mai. Che i vostri sforzi valgano a qualcosa, che il
nostro Dio vi accolga in paradiso, che il vostro corpo e la vostra
anima liberino le vostre sofferenze, che la fiamma del vostro amore
resti per sempre accesa da illuminare il cammino della vita ai vostri
cari. E con queste sante parole, io vi benedico" Con l'acqua santa, il
prete fece il segno della croce ad entrambi.
"Pronunciate pure le vostre ultime parole" Disse il Generale dai
capelli blu ordinando ai soldati di alzare le armi. Proton, Petrel, e
l'altra donna dai capelli rossi si raddrizzarono all'istante. Proton
guardò Lyra negli occhi, vedendo in essi solo odio.
"Lyra, non fare sciocchezze. Sono felice di essere stata tua
sorella, e sono felice di aver sposato un uomo fantastico come Gold. Ho
un'unica consolazione per la mia morte: almeno sarò certa che io e Gold
saremo per sempre insieme. Per favore - Crystal si rivolse ai soldati
che tenevano ferma Lyra e, in modo quasi impercettibile, anche a Proton
- non fatele male" Disse Crystal, per poi sussurrare a Gold il 'ti amo'
più sincero che qualcuno abbia mai detto, ricambiato dal ragazzo.
Crystal e Gold si guardarono intensamente negli occhi, mentre Lyra
scoppiò in singhiozzi. Entrambi si allungarono per quanto potevano e le
loro labbra si sfiorarono l'ultima volta, ma prima di poter avere un
effettivo contatto...
"Fuoco!"
Lyra chiuse gli occhi strettamente, udendo l'assordante rumore di
spari vicino a lei e avvertendo un panno bagnato sulla bocca, a
soffocare le sue disperate urla. Era troppo debole per ribellarsi, così
si lasciò addormentare sperando che, al suo risveglio, avrebbe visto
Gold e Crystal seduti vicino a lei, dicendole che era stato solo un
brutto sogno. Gold per lei era come un fratello e Crystal, sua sorella
di sangue, la sua migliore amica. Entrambi l'avevano protetta per anni,
le avevano dato affetto e avevano condiviso con lei tutto.
"Proton, portala a casa" Disse Archer indicando il corpo della
ragazza che giaceva a terra, dato che i Rocket l'avevano mollata là
senza alcun ritegno.
Proton la prese delicatamente in braccio, guardandola con dolcezza e
compassione.
"Non eravate così... sensibile, prima di arrivare qua" Archer attirò
la sua attenzione.
"Prima eravamo in guerra" Sottolineò Proton cercando di porre fine
al più presto la conversazione con lui. Guardò per l'ultima volta i
corpi sanguinanti di Gold Dallas e Crystal Soul, lasciati a terra in
una macchia rosso scuro. Erano pallidi, gli occhi chiusi e un sorriso
sulle labbra. Si tenevano ancora per mano quando vennero caricati su un
carro e portati via.
Archer alzò le spalle e si congedò, seguito dai suoi Rocket.
Proton si affrettò a portare Lyra a casa e ad adagiarla sul suo
letto, dandole un bacio in fronte e una carezza sulla guancia ancora
umida dalle versate lacrime. Non era sicuro di sapere tra quanto si
sarebbe svegliata, ma sarebbe stato meglio non farsi trovare in casa.
Dopo la notizia del loro arresto, Lyra era svenuta e, al suo risveglio,
aveva pianto e dato dei pugni al petto di Proton. Ormai si era quasi
rassegnato: sapeva che avrebbe dovuto combattere i suoi sentimenti, ma
la verità era che Proton voleva combattere con i suoi sentimenti.
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Mahogany Town, regione di Johto - quattro giorni dopo
L'atmosfera, in quella piccola cittadina affacciata sul Lago d'Ira,
era lugubre come non mai. Reclute del Team Rocket sorvegliavano strade,
negozi, case. La loro presenza era oppressiva, se non incredibilmente
soffocante. I poveri abitanti avvertivano che stava accadendo qualcosa:
qualche giorno prima una sinuosa donna dai capelli rossi era entrata in
città, era stata portata nel Quartier Generale del Team Rocket e, poche
ore dopo, ne era uscita con una busta gialla tra le mani. Di solito in
quell'edificio entrava e usciva, oltre alle reclute, un agente che non
faceva altro che impartire ordini ai cittadini.
Eppure quel piccolo cambiamento aveva un significato nascosto:
qualcosa stava per accadere, e per i Rocket non era una cosa bella.
Da quel giorno le reclute si esercitarono giorno e notte nei
combattimenti corpo a corpo, ad usare mitragliatrici, fucili e pistole,
ma non erano abbastanza preparati.
Successe una fresca mattina di primavera: il Team Rocket cercò di
avanzare verso Olivine City ma là vennero colti alla sprovvista da un
battaglione di Hoenn, il Team Aqua. E una sentinella aveva riferito che
un altro battaglione di Hoenn, il Team Magma, era sbarcato a Kanto e
stava risalendo la regione da New Bark Town, una cittadina vicino al
confine.
L'unico pensiero dei cittadini era: "Finalmente le altre regioni ci
stanno aiutando!".
Tra l'altro, a vivacizzare gli animi era stato un probabile membro
della Resistenza, che fece recapitare nelle case un codice di un
programma radio che permetteva di ascoltare un particolare messaggio:
<>.
I più acuti credevano che i membri della Resistenza si fossero
alleati con Kalos e Hoenn, e che avessero lanciato il messaggio da
Lumiose City, e avrebbero potuto anche avere ragione. Era giunta voce
da Goldenrod City che i membri della Resistenza erano scappati. Due
prodi paladini li avevano tenuti nascosti per il tempo necessario, ma
erano stati giustiziati.
La mattina dopo, improvvisamente, un contadino barbuto colpì alla
testa una delle reclute di ronda, facendolo svenire, con una bottiglia
di vino. Gli abitanti si ritirarono nelle loro case per non subire
l'ira funesta del Team Rocket. Solo il contadino restò in strada.
"Voi del Team Rocket verrete sconfitti! Lo sappiamo!" Urlò l'uomo.
Delle reclute lo trattennero, ma altri contadini gli arrivarono da
dietro e, con i loro strumenti, uccisero le reclute. Un sopravvissuto
informò il Quartier Generale di ciò che stava accadendo in strada.
Qualcuno cercò di appiccare un incendio al Quartier Generale, ma
venne fermato in tempo. Nel mentre delle reclute si appostarono sul
tetto dell'edificio, chi con dei fucili, chi con la mitragliatrice. La
rivolta si concluse in un bagno di sangue.
Eppure tutti ormai sapevano che il destino del Team Rocket era
segnato.
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Proton resistette all'impulso di bussare alla sua porta e appoggiò
vi accostò l'orecchio. Udiva dei singhiozzi che gli laceravano il
cuore; subito dopo essersi risvegliata e sfogata violentemente, Lyra
era scappata in soffitta e non era più uscita. Proton era a pezzi:
aveva sviluppato dei forti sentimenti per la ragazza, e saperla
soffrire per colpa sua lo faceva sentire ancora peggio. Ovviamente
aveva rifiutato di parlargli, e come biasimarla! Proton si sentiva
immensamente solo in quella casa a lui ormai estranea.
"Lyra..." Proton si coprì la bocca con le mani, indietreggiando:
sapeva che la stava ascoltando. Come previsto, i singhiozzi di Lyra si
fermarono.
Si mosse bruscamente, probabilmente rannicchiandosi sulle assi in
legno del pavimento, troppo oppressa dal senso di colpa e dalla
tristezza assillante.
"Voglio che tu smetta di piangere. So bene che sei arrabbiata e hai
tutto il diritto di esserlo, ma non sopporto sentirti piangere" Rispose
il ragazzo appoggiando la fronte alla porta in legno di betulla.
Percepì Lyra avvicinarsi alla porta per poi dire a voce alta, quasi
urlando: "E' tutta colpa tua, tua e della tua stupida banda se Crystal
e Gold sono... è tutta colpa tua! Vi odio tutti!".
"Lyra..." Ripeté Proton con voce flebile, "non ho ordinato io di
perquisire la casa di Crystal e Gold. Mi ero già accorto che
nascondevano qualcosa, io li ho soltanto protetti finché ho potuto, e
non mi sto giustificando. Tra meno di due settimane ce ne andremo,
Lyra... non ci vedrai mai più. Hanno già mandato l'ordine da Mahogany
Town. Tra poco riprenderai la tua vita di sempre. E' vero, Crystal e
Gold non saranno più con te fisicamente ma loro ti guarderanno e
veglieranno su di te, ovunque siano".
Appena Lyra colse i passi di Proton farsi sempre più lontani, sporse
la testa e lo spiò in silenzio. Non voleva che se ne andasse, non
ancora.
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Passò un'altra settimana prima che Lyra e Proton si rividero.
"Finalmente hai deciso di uscire dalla soffitta" Proton la colse di
sorpresa. Lyra era in giardino per una passeggiata, stare tutto il
giorno in casa a fare niente non era da lei. Di certo non si aspettava
di trovare un Proton con i suoi abiti normali, una t-shirt blu e un
jeans scuro, senza il cappello; quel giorno doveva aver finito prima di
lavorare, dopotutto dovevano solo svolgere le ultime faccende prima di
lasciare la città.
Lyra lo ignorò tenendo, tuttavia, le sopracciglia aggrottate. Non
avrebbe ceduto, non ancora. Era furiosa, anche se era difficile essere
arrabbiata con lui, questo lo doveva ammettere: ogni giorno le lasciava
fuori dalla porta di camera sua un pezzetto di cioccolato, praticamente
impossibile da ottenere di quei tempi, e la sera le suonava la sua
sonata preferita al pianoforte. Passava le sue giornate a guardare il
suo povero giardino trascurato: l'erba era cresciuta abbastanza da
essere troppa, per Lyra; un acquazzone aveva quasi distrutto le aiuole
sparse per lo spiazzo erboso. Per fortuna, la sua quercia preferita e
il piccolo dondolo erano illesi. Quando il Team Rocket se ne sarebbe
andato avrebbe dovuto farlo tornare al suo stato originale.
Continuò la sua camminata.
"Lyra, guardami negli occhi" Mormorò Proton con voce ferma,
afferrandole la mano e costringendola a voltarsi verso di lui.
Lyra alla fine alzò lo sguardo, ignorando quella vocina che era la
ragione che le diceva di andare via.
"Cambia qualcosa?" Disse gelidamente. L'espressione di Proton si
addolcì e si avvicinò di più a lei, rilasciando la presa sulla sua mano
per portarsela al fianco.
"Cambia tutto" Sussurrò Proton con sincerità, gli occhi verdi erano
vitrei. Azzerò lentamente la distanza tra di loro, poggiando
delicatamente le labbra su quelle di Lyra. La strinse in un abbraccio,
non curandosi dei deboli tentativi di Lyra di contrastarlo. Tentò di
indietreggiare, nonostante non volesse farlo, perché sapeva quanto
tutto ciò fosse sbagliato.
Lyra cedette a quelle sensazioni meravigliose che quel contatto così
intimo le stava procurando e, ascoltando la parte più irrazionale e
sentimentale di sé chiuse gli occhi, godendosi quel bacio tanto
bramato. Presto il bacio dolce e casto si fece sempre più passionale;
Lyra mise una mano tra i capelli di Proton, attirandolo più vicino.
Proton mosse le mani su e giù per i fianchi, leccandole il labbro
inferiore per chiedere l'accesso. Si lanciarono in una lotta fino a
quando entrambi dovettero staccarsi per riprendere fiato.
Dire che aveva le farfalle nello stomaco era un eufemismo, Lyra
avvertiva un uragano di farfalle. Forse era un eufemismo anche quello;
non esistevano parole capaci di descrivere il suo solleticare di
stomaco, le gambe che sembravano essersi trasformate in gelatina, e
quella sensazione meravigliosa.
Nel momento in cui si staccarono, restando tuttavia abbracciati, si
guardarono negli occhi con estrema dolcezza. Finalmente entrambi
avevano compiuto un gesto in grado di lasciar intendere i loro
sentimenti repressi per così tanto tempo. Proton le accarezzò la
guancia e Lyra sorrise leggermente mentre le gote si imporporavano.
Quel momento di piacevolezza venne interrotto da un sibilo
improvviso, che proveniva dal cielo. Si sentirono delle urla
agghiaccianti, la corsa che la gente per strada aveva iniziato pur di
arrivare a casa o in qualsiasi altro riparo il prima possibile. Si
vedevano degli aerei grigi solcare il cielo: le bombe.
Senza pensare, Proton prese Lyra per il braccio e la trascinò dentro
casa.
"Lyra, dove sono le chiavi della cantina?" Disse Proton davanti a
lei. Lyra estrasse dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi e ne
prese una un po' arrugginita e piccola. Cercò di infilarla nella toppa,
ma le mani le tremavano per il terrore. Proton, che sembrava essere
cupamente calmo, lo fece al posto suo, poi spalancò la porta e la
spinse dentro, entrando dopo di lei.
"Qui dovremmo essere al sicuro" Mormorò Proton. C'era un leggero
odore di muffa e si sentiva un gocciolio senza che entrambi lo
vedessero. Riuscivano ancora a percepire le urla della gente, ma erano
attutite dalle pareti. Nessuno si sarebbe mai aspettato un attacco da
parte delle altre regioni, specialmente un attacco aereo.
A tentoni raggiunsero un angolino della cantina buia, su cui Proton
si sedette, per prendere Lyra in braccio. La ragazza respirava
affannosamente, si aggrappava ciecamente alla maglietta di Proton.
"Hai paura?" Sussurrò. Non ci fu nemmeno bisogno che Lyra
rispondesse. Proton si sentì stupido per averglielo chiesto. Prese ad
accarezzarle i soffici capelli e la strinse a sé.
"Quanto tempo durerà?"
"Non ne ho idea. Ho visto pochi aerei, quindi non credo che durerà
tanto" Rispose Proton.
"Vuoi parlare?" Le chiese dopo. Lyra affondò la testa nel suo petto,
sapendo a cosa si riferisse. Un piccolo sorriso strisciò sul suo viso;
Proton poteva quasi percepire quanto stesse arrossendo: era il momento
giusto e anche una distrazione per non pensare a cosa stesse succedendo
là fuori, o cosa era successo di recente. Con il suo bacio, Proton
glielo aveva fatto scordare.
"D'accordo..." Le sembrava quasi infantile far incominciare Proton a
parlare poiché era fin troppo imbarazzata.
"Lyra... per me è stato bellissimo e non mi pento di nulla
nonostante io sappia i rischi che corro; però ho paura per te, non solo
perché Archer potrebbe avere dei comportamenti inquietanti nei tuoi
confronti, ma anche per i bombardamenti. E' pericoloso stare qui,
Lyra... " Mormorò Proton. Lyra rimase con il fiato sospeso, "devi
fuggire al più presto".
Si udì il rombo assordante di una bomba scesa dal cielo e
schiantatasi su un edificio. Più tardi videro che era vicino al
municipio, il vero obbiettivo. Almeno non c'erano stati morti, ma pochi
feriti.
"Ma io non voglio partire senza di te!" Lyra si allontanò da lui,
"proprio ora che...".
Proton fece un sorriso triste, che Lyra non poteva vedere.
"Tanto non avrebbe comunque funzionato. Io faccio parte del Team
Rocket. Però, se scapperai ti farò una promessa" Disse Proton. Aveva
già ideato un piano per la fuga di Lyra: tra poco tempo sarebbe dovuto
partire un convoglio diretto a Kanto con delle merci. Lyra si sarebbe
potuta imbucare su quel treno e sarebbe arrivata a Kanto. Con la poca
supervisione che offrivano le reclute, sarebbe stato molto semplice.
Ovviamente sarebbe stato presente.
"Che promessa?" Lyra abbassò la voce.
Proton si riavvicinò a lei e si chinò sul suo orecchio.
"Se tu scapperai, io ti prometto che ci rivedremo: alla fine
dell'occupazione, quando tu sarai a Kanto, mi rivedrai. E non indosserò
la divisa, non mi riconoscerai. Tu sarai davanti alla tua nuova casa,
con delle borse in mano. E io ti chiederò se hai bisogno di aiuto, tu
mi ignorerai. Come quella volta, ricordi? Dopo mi riconoscerai, mi
abbraccerai" Lyra stava già piangendo, immaginandosi la scena, e
rendendosi conto che quella era, più o meno, la stessa promessa di
un'altra conversazione, agli albori della loro relazione.
Voleva obbiettare, ma i singhiozzi e le lacrime la soffocarono.
Senza dirsi una parola, uscirono dalla cantina e guardarono fuori
dalla finestra: una coltre di polvere e fumo impediva la vista della
zona del municipio.
Lyra dipinse la città per metà distrutta in una cortina di polvere
marroncina, il cielo plumbeo e un semplice aereo che lo squarciava, con
la drammatica musica di Proton come accompagnamento. Entrambi non
avevano mai operato meglio.
Effettivamente Lyra e Proton da soli erano bravi, ma insieme erano
complementari e perfetti. Così che nessuno avrebbe mai potuto
eguagliarli. Lyra e Proton piansero in silenzio, insieme.
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Funesto angolino della funesta autrice:
Non uccidetemi, sono troppo giovane per morire. Rileggendo alcune
parti ha messo addosso pure a me una certa depressione.
Bene, direi di saltare i soliti convenevoli del tipo "Recensite e
segnalatemi gli errori e bla, bla bla...", credo di averne scritti
abbastanza. Comunque sia, tenterò di aggiornare più spesso :)
Credo di aver finito, per ora; spero che vi sia piaciuto e che non
vi abbia tediato l'improvviso cambio di personaggi, o il contrasto tra
un momento tragico e uno, comunque, felice, per poi tornare alle
catastrofi, ma sono fatta così :))
Alla prossima,
Soul <3
PS: non ho aggiunto io la bella colorazione blu del testo a metà capitolo, credo sia un errore di EFP =_= |