Comunicazioni interrotte

di _Lightning_
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3. Echi di guerra

 

Spare me your judgements
And spare me your dreams
'Cause recently mine
Have been tearing my seams

 

 

 

 

La sala comune sembra quasi affollata, anche con solo tre persone ad occuparla.

Tony è sprofondato in una delle poltrone, schermato da un ologramma azzurrino proiettato dal suo cellulare, con una tazza di caffè apparentemente fredda e quasi intatta posata sul tavolino. Nataša sta seduta con le braccia incrociate sulla penisola della cucina, e sembra stare di guardia, nonostante sia in borghese. Gli sguardi di entrambi vengono calamitati su di lui non appena fa il suo ingresso, e Steve quasi spera di aver interrotto qualcosa, piuttosto che pensare a loro due completamente muti nella stessa stanza per chissà quanto tempo. Di certo, non gli sfugge il nodo di tensione che sembra aleggiare tra loro e che si stringe col suo arrivo. Non sa come interpretare la cosa: forse hanno risolto i vecchi dissapori, forse li hanno solo inaspriti. Il nodo sembra tendere i suoi fili anche verso di lui, ingarbugliandosi ancor di più e avviluppandolo a sua volta.

«'Giorno, Cap,» esordisce Tony, flemmatico, con la voce arrochita di chi non parla da molto che fa vacillare le sue ipotesi riguardo a possibili chiarimenti in atto.

«Ehi,» replica lui laconico, con un'occhiata evasiva a entrambi.

Nataša ricambia il saluto con un lieve cenno del capo, che scuote appena i suoi capelli chiari a cui non ha ancora fatto del tutto l'abitudine1. Tony invece si acciglia, storce la bocca e lascia ricadere il telefono in grembo, interrompendo i suoi traffici. Steve, di spalle, scruta entrambi con la coda dell'occhio mentre recupera una tazza dal lavello, e coglie di sfuggita i loro sguardi che si intersecano per un istante. Irrigidisce la mascella di riflesso, ma trattiene ogni commento riguardo a possibili discussioni avvenute a sua insaputa. Con Tony nei paraggi, fare un'osservazione simile sarebbe come togliere la sicura a una granata difettosa.

«Novità?» chiede infine proprio quest'ultimo a mezza voce. 

Nel dirlo, incrocia le braccia e reclina la testa all'indietro sullo schienale del divano, per inquadrarlo meglio e fugare ogni dubbio riguardo a chi si stia rivolgendo.

«Che intendi?» ribatte Steve, preventivamente sulla difensiva.

Ha imparato a non rispondere a una sua qualunque domanda senza vagliare tutti i possibili significati intrinsechi.

Nataša si limita a scrutarli da bordo campo, spostando gli occhi acuti ora su uno, ora sull'altro, probabilmente prendendo nota di ogni mossa per tentare di prevedere le loro reazioni, ma apparentemente decisa a non interporsi. Non gli è ben chiaro quanto sappia di ciò che è accaduto dopo Lipsia, né se questo potrebbe influenzare le sue azioni, considerando che si è sempre mossa in una zona d'ombra indefinita tra i due schieramenti.

«Non arrivano molti aggiornamenti, dalle mie parti,» replica Tony, tranquillo. «Non sapevo neanche che Ross fosse cenere fino a stamattina2... mi aspettavo almeno un brindisi collettivo per l'occasione,» commenta, con appena un'alzata di sopracciglia.

Ci sono talmente tanti risvolti secondari in quell'osservazione amaramente sarcastica, che Steve decide di ignorarli in toto.

«Nessuna novità,» risponde quindi, senza tradire la minima inflessione. «La cyborg si è chiusa nella sua stanza e Scott e Clint sono ancora irreperibili,» aggiunge a mo' di chiarimento, versandosi del caffè tiepido che non ha voglia di bere.

Nel mentre lancia un'occhiata penetrante a Nataša, in attesa di un suo commento, ma la donna non rompe la sua patina gelida e continua a tacere. Se anche sa qualcosa su Barton, non sembra intenzionata a condividerlo. Non con lui, almeno.

Tony libera un sospiro plateale e fin troppo sonoro, come avrebbe fatto in un qualunque giorno di due anni prima in reazione a una risposta poco soddisfacente, ma il tutto assume dei contorni forzati e artefatti. Sarebbe un'imitazione di se stesso quasi credibile, se non fosse per le occhiaie più marcate del solito e per la linee di tensione che non abbandonano gli angoli delle sue labbra; se non fosse per le spalle incurvate, per i capelli e il pizzetto insolitamente poco curati e per lo sguardo che si fissa troppo spesso nel vuoto, appannato.

Steve non è certo che la propria facciata sia poi molto più credibile di quella di Tony. Di sicuro quest'ultimo ha molti anni di allenamento in più alle spalle. Per quanto lo riguarda, raramente ha sentito l'impellenza di mascherare i propri pensieri ed emozioni, se non sul campo di battaglia. Ma lì è nelle retrovie, lontano dal fango insanguinato e dalle urla soffocate: non c'è nessuna esplosione, nessun compagno in pericolo, nessun filo spinato da oltrepassare che possano distoglierlo dal fuoco serrato dei suoi pensieri.
E stavolta non hanno vinto; non ci sono festeggiamenti a colmare il vuoto dei commilitoni caduti e a soffocare il dolore di chi li piange. Ad accoglierlo non ci sono le grida vittoriose del Commando, né il braccio saldo di Bucky sulle spalle, né gli occhi al contempo fieri e dolci di Peggy.
Alza appena lo sguardo oltre il bordo della tazza e si scontra con il muro di silenzio davanti a sé, con le schegge ostili ancora schierate tra lui e Tony, con gli occhi freddi ed evasivi di Nataša.

Beve un sorso di caffè e reprime un conato: sa di rame, e terra, e ruggine, e invia una schicchera acuta alla sua tempia dolorante. Posa la tazza sul bancone, faticando a mantenersi imperturbabile mentre sulla lingua ristagna la consistenza farinosa di un sottile velo di cenere. Il gesto finisce per essere più brusco di quanto intendesse e il rumore improvviso fa trasalire Tony, a sua volta sovrappensiero; Nataša si irrigidisce appena e Steve riconosce la tensione dei muscoli pronti allo scontro. Stringe a sua volta il manico della tazza pensando che, forse, avrebbero tutti bisogno di spendere un paio d'ore a distruggere sacchi da boxe.

«Come procede invece il tuo “piano”?3» butta lì, con un cenno del mento verso Tony, guidato dall'urgenza di spezzare quel silenzio e le ondate di nausea ed emicrania che si infrangono nella sua testa.

Nataša ha un fremito e alza la testa, chiaramente in ascolto. Tony in tutta risposta si mette goffamente in piedi, cercando di non pesare sulla ferita mentre recupera la giacca dallo schienale. Si rassetta in modo meccanico la camicia sgualcita, ritardando la propria risposta. È distratto: Steve se ne accorge dal modo in cui ticchetta per un istante le dita al centro del petto dove un tempo c'era il reattore, per poi realizzare l'inutilità della cosa e afferrarsi fuggevolmente la spalla sinistra, in un gesto estraneo ma ripetuto che Steve non è ancora riuscito a collocare.

«Ci sto lavorando,» risponde poi, poco convincente, guardandolo brevemente negli occhi per poi concentrarsi sullo schermo del telefono.

«Tutto qui?» Steve non riesce a reprimere un'intonazione accusatoria, indirizzata più alla situazione generale che a lui, ma che non lo esclude comunque del tutto.

L'altro alza di scatto lo sguardo, fattosi repentinamente duro e tinto da un'ombra della stessa, gelida rabbia che vi è emersa in Siberia. Rabbia e dolore, si corregge Steve, come si forza a fare ogni volta che rievoca suo malgrado quell'ultimo istante di lucidità prima dello scontro. È un'ombra che si dissipa con un singolo battito di palpebre, e il suo volto torna ad essere una precaria maschera d'indifferenza, gli occhi scuri di nuovo calmi e disinteressati.

«Se hai qualche idea utile, non sarò certo così stupido da rifiutarla per principio,» asserisce piattamente, come al solito in modo non univoco, con mille possibili richiami che pizzicano fastidiosamente la pazienza di Steve. «Anche se ne sarei molto tentato,» aggiunge graffiante, schioccando la lingua con finto rammarico.

Steve sceglie di concentrarsi su quel dolore latente, piuttosto che sulla rabbia; scarta l'opzione di ribattere ancora, lasciando cadere il rimprovero che gli è sovvenuto spontaneo e che, in un'altra situazione, non avrebbe mancato di esprimere.

«Tienimi aggiornato,» dice invece, più pacato, ed è troppo tardi per correggersi ed usare il plurale.

Gli occhi di Tony scattano rapidi verso Nataša, poi rivolge a lui una lieve, eloquente alzata di sopracciglia, ma non commenta. La donna invece trafigge entrambi con una singola, lunga occhiata, ma non rompe il suo mutismo, che a questo punto sta travalicando i contorni di una semplice presa di posizione imparziale, iniziando seriamente a destabilizzarlo.

«Vado da Shuri,» annuncia Tony subito dopo, recuperando una parvenza di brio e distogliendo Steve dall'intento di apostrofare Nataša. «Voleva mostrarmi qualcosa riguardo al vibranio,» continua, in un chiaro tentativo di allontanarsi dalle schegge acuminate che hanno inavvertitamente smosso.

«Avete qualcosa in mente?» Steve coglie la palla al balzo, arrischiandosi ad abbandonare la neutralità dell'angolo cucina per portarsi di fronte a lui e rivolgere così la schiena a Nataša, anche se sente i suoi occhi trapassargli la nuca.

Mantiene comunque una distanza ragionevole da lui e si poggia alla penisola con le braccia incrociate sul petto, diminuendo appena la differenza di statura tra loro e assumendo una posa non ostile; Tony segue con occhi guardinghi quello spostamento, ma non si ritrae, anche se le sue dita si contraggono lievemente sulla stoffa della giacca, che ancora esita a indossare.

«Siamo in fase riorganizzativa,» alza le spalle, come a dare supporto a quella spiegazione vaga. «Io devo ripristinare l'alloggio per nanoparticelle e lei deve rimettere in sesto la tuta di T'Challa.»

Per un attimo, nel parlare di invenzioni e progetti, torna ad essere Tony: il suo sguardo si illumina, anche se è solo un brillio fievole velato dalla menzione di un compagno scomparso.

«Poi ho recuperato qualche dato sullo scontro con quella prugna rinsecchita di Thanos. Raccolto sulla mia pelle, in effetti,» specifica, con una smorfia insoddisfatta e un cenno al suo fianco ancora malandato. «Shuri pensa di poter apportare qualche potenziamento mirato alla Mark per evitare di farmi ridurre a un colabrodo un'altra volta.»

«Le lasci mettere mano alla tua armatura?» Steve fa tanto d'occhi per quell'affermazione, cercando invano di ricordare l'ultima volta in cui qualcuno di loro ha avuto il permesso anche solo di avvicinarsi a una delle Mark.

Tony sposta il peso da un piede all'altro e guadagna mezzo passo di distanza, portando poi una mano a sfregarsi la nuca.

«Solo al reattore, in realtà,» lo corregge, con una palpabile nota di reticenza. «E ti ricordo che aveva quasi salvato Visione e, di conseguenza, l'universo,» ribatte con ovvietà. «È una ragazzina sveglia,» accenna un sorrisetto che però sfuma subito in una linea tesa, e torna a stringersi nervosamente la spalla.

Steve si limita ad annuire, comprensivo. A Shuri farà bene un po' di compagnia, e forse anche a Tony. Hanno tutti bisogno di distrarsi ed è sollevato che almeno loro due possano trovare qualche momento di serenità in laboratorio, che dopotutto è una valida alternativa ai sacchi da boxe.

«A proposito di vibranio... il tuo wok da guerra è in dirittura d'arrivo con una delle armature da trasporto,4» lo informa poi Tony, parlando in fretta e fingendo improvviso interesse per un filo sporgente della giacca con cui prende a giocherellare. «Entro stasera potrai riavere il tuo giocattolino. E anche una calzamaglia succinta nuova di zecca, se mai dovesse prenderti un attacco di nostalgia,» si schiarisce la gola e punta lo sguardo sulla vetrata che costituisce la parete di fondo, come se il suo interlocutore fosse disperso nella savana là fuori.

Steve si concede qualche secondo per assorbire l'informazione e, mentre è grato per il gesto forse non del tutto spontaneo che sta compiendo Tony nei suoi confronti, dubita di voler davvero tornare a indossare quei simboli. Dopo la battaglia ha fatto a pezzi con le sue stesse mani la vecchia tuta da combattimento sdrucita e scolorita, ancora inzaccherata di fango, sangue e cenere. A ricordargli la sconfitta bastano i vuoti e i silenzi impossibili da ignorare. Ha tenuto solo la stella bianca un tempo cucita al centro del petto, staccatasi ormai da mesi; giace nel cassetto del comodino accanto al suo blocco da disegno che non apre da una settimana, un'altra reliquia di un passato ormai sepolto che lui ha smesso da tempo di rappresentare.

«Grazie,» dice comunque, perché in fin dei conti anche quello è un ramoscello d'ulivo e sarebbe sciocco rifiutarlo di nuovo.

«Non lo faccio per te, te l'ho già detto4,» lo rimbecca lui con fare altero, ostinandosi a negare un perdono che Steve vorrebbe almeno intravedere oltre i suoi gesti e parole taglienti, oltre lo scudo sollevato e pronto a colpire. «Shuri mi aspetta,» sentenzia poi, sbrigativo, e indirizzando un'occhiata inaspettatamente truce a Nataša.

Si infila finalmente la giacca, trattenendo una smorfia quando il movimento stuzzica la ferita, si raddrizza il bavero e si avvia verso l'uscita senza voltarsi indietro, alzando una mano fiacca a mo' di saluto. Steve si immette sulla sua scia lasciandogli un lieve vantaggio, diretto a sua volta in palestra.

«Avete visto Bruce?»

L'inaspettata domanda arriva da Nataša, ed entrambi inchiodano sui loro passi e si girano di scatto verso di lei, presi in contropiede dal suo improvviso rianimarsi.

«Ti decidi a entrare in scena e sbagli anche battuta?» osserva Tony con fare saccente, troncando l'inizio di una risatina con un ghigno amaro.

Steve aggrotta le sopracciglia e i suoi occhi si infossano, divenendo cupi; le labbra si tendono, seminascoste dalla barba.

«Mi sono perso qualcosa?» scandisce apostrofando Tony, ma guarda entrambi in cagnesco.

«Nulla d'importante,» ribatte lui, sempre con un'espressione falsamente divertita stampata in faccia, come se il tutto si ricollegasse a qualcosa di comico di cui solo lui è al corrente. «Ci sono problemi più urgenti, a quanto pare,» conclude, con un brusco cenno del capo in direzione di Nataša che dovrebbe essere un invito a spiegarsi.

«Bruce è sparito,» dice lei, sempre atona.

Si è alzata dal suo sedile, con gli occhi verdi che sembrano schermare ogni emozione agendo come specchi per chi cerca di decifrarli. Steve trattiene l'impulso di sospirare: ne ha abbastanza di questi giochetti psicologici e di questo passo gli andrà davvero in pappa il cervello. Di sicuro il mal di testa non è migliorato.

«Pensavo che fosse con te,» si rassegna a lasciar cadere l'argomento e si rivolge a Tony, che scuote seccamente il capo.

«L'ultima volta l'ho visto tre giorni fa e ha declinato la mia offerta di un happy-hour in laboratorio. È ancora presto, starà ronfando nella sua stanza,» ribatte disincantato.

«Non c'è,» ribatte secca Nataša.

«Non ti chiederò come fai a saperlo,» borbotta lui, alzando un sopracciglio inquisitore.

Steve gli rifilerebbe volentieri uno scappellotto per la sua solita, inopportuna impertinenza. Allo stesso tempo è quasi grato che si sia ripreso almeno in parte e che stia procedendo sul suo consueto, indipendente binario di sarcasmo, portando avanti quella labile pantomima in cui l'universo non è davvero finito e loro stanno semplicemente battibeccando come al solito.

«Semplicemente, oggi non l'ho visto,» esplica freddamente lei. «Ed è preoccupante, considerando le sue attuali condizioni...» Nataša lascia in sospeso la frase, inclinando verso il basso la bocca e cercando lo sguardo di Steve, che concorda con un cenno del capo.

«Quali condizioni?» Tony allarga appena le braccia a sollecitare un chiarimento.

«Non lo sai?» si stupisce Nataša, prima che Steve possa rispondere, conscio dei dettagli che Tony deve essersi perso durante il suo isolamento volontario5.

«Sono un genio, ma non posso sapere anche quel che non mi viene detto,» butta lì lui con finta leggerezza, inviando al contempo un'occhiata glaciale nella sua direzione.

Steve si irrigidisce e stringe la stoffa della camicia fino a sbiancarsi le nocche, vedendo il ramoscello d'ulivo lasciare il posto all'ennesima, vana frecciatina.

«Ha avuto qualche “problema” con Hulk. A quanto pare, non riesce a trasformarsi e in battaglia ha dovuto usare la tua Hulkbuster come surrogato,» spiega concisa Nataša, captando il picco di tensione tra loro due e agendo tempestivamente da cuscinetto sia verbale che fisico, visto che le distanze tra loro si sono sensibilmente accorciate e sono ora a un braccio l'uno dall'altro.

«Oh. Male,» commenta lui, sfregandosi allarmato il pizzetto e cogliendo infine la gravità della situazione.

«Quindi, non sappiamo dov'è?» Steve si rivolge istintivamente a Tony, come tante altre volte in passato durante le riunioni strategiche, e quello aggrotta la fronte, interpretandola invece come un'accusa.

«Rogers, non vedo Banner dalla Sokovia,» risponde con voce contratta. «Pensi davvero che abbia un qualche interesse a fargli da balia?» conclude, con uno sguardo laterale a Nataša, che lo fulmina di rimando.

«Non guardare me, Stark. Non lo nascondo certo sotto al letto,» scandisce tagliente, in un chiaro invito a raccogliere quella provocazione servita su un piatto d'argento.

Tony sembra abboccare, e Steve presagisce una battutina sfrontata che farà probabilmente entrare Nataša in modalità KGB.

«Piantatela,» intima, con una nota ferrea e autoritaria che si instilla automaticamente nella sua voce mentre si interpone tra loro con fermezza, alzando corrucciato i palmi. «E fatemi capire bene...»

Prima di continuare, si assicura che Tony non abbia ancora intenzione di dar fiato al suo sarcasmo e che Nataša abbia desistito dall'intento di strangolarlo.

«... abbiamo perso Hulk?»

 



 

Note:
1 Il perché Steve non sia "abituato" ai nuovi capelli di Nataša troverà spiegazione in seguito. Ringrazio sentitamente T612 per le delucidazioni in merito al personaggio <3
2 Questo dettaglio su Ross fa parte del mio headcanon. Suvvia, non possono essersi disintegrati solo i buoni, no? :P
3 Riferimento alla one-shot Speaking Terms, in cui Tony afferma, molto vagamente, di avere un piano.
4 In Siberia, Tony ha riparato lo scudo di Steve, e in Speaking Terms gli comunica l'intenzione di restituirglielo, affermando a libera interpretazione che "non lo fa per lui".
5 Riferimento a Interferenze, in cui Tony ha passato i primi giorni dopo essere tornato da Titano chiuso nella sua stanza ed evitando il contatto con gli altri, ancora sotto shock per la perdita di Peter e il fato incerto di Pepper.

Note Dell'Autrice:

Finalmente, un capitolo un po' più corposo tutto per voi <3
Sottolineo che il tutto è sempre filtrato dagli occhi di Steve, che non è oggettivo né onnisciente, e che qualunque comportamento anomalo degli altri personaggi troverà spiegazione nel corso della storia (o nelle note a pié di pagina come ho fatto finora).

Un grazie enorme a _Atlas_, shilyss e T612 che hanno commentato lo scorso capitolo e a serica e ninfetta che hanno commentato il precedente, oltre a tutti voi che avete aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite <3
Non siate timidi, ogni commento è bene accetto! :D
Tenterò di aggiornare regolarmente ogni mercoledì, vediamo se riesco a tenere il ritmo :')
Alla prossima settimana!

-Light-

P.S. Perdonate i mille riferimenti ad altre storie della serie con relative note, ma ci tenevo a creare un contesto coerente e a gettare ponti collegamento tra tutte loro.





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