Il
morso del diavolo
Cap.
26 – La fine dei giochi
La
cucina di Grimmauld Place era fiocamente illuminata da un grande
lampadario annerito dal tempo che sovrastava un lungo tavolo
affiancato da alcune sedie spaiate e una vecchia panca malferma.
Sugli otto bracci, le candele economiche avevano incrostato di sego
disciolto i rilievi intarsiati a mano. In più punti,
l’intonaco si
era inscurito per l’umidità e le pregiate
mattonelle, che
graziosamente ornavano una porzione di parete, si stavano
sbriciolando sull’assito del pavimento macchiato. Nel camino
in
mattoni, così incrostati di fuliggine che la magia ormai non
poteva
più far nulla, ardeva un allegro fuoco sopra il quale un
paiolo in
ghisa borbottava, diffondendo nell’aria un buon odore
d’arrosto.
— Sono
felice che sei finalmente tra di noi, Harry caro, così
riprenderai
il posto di prescelto e mio figlio non correrà
più inutili rischi.
Dopo
le parole pronunciate con tanta leggerezza dalla Signora Weasley, una
bolla acida scoppiò al centro del petto di Harry che si
agitò
incerto sulla sedia guardando prima uno, poi l’altro, i
presenti
nella stanza, senza riuscire a focalizzare nessuno. Avvertiva un
senso di inadeguatezza, le orecchie fischiavano e il sangue smise di
scorrergli nelle vene mentre un vischioso torpore lo avvolgeva
facendogli tremare lievemente le mani.
“Non
pensare,” si ripeteva come un mantra, “non
dare credito a
ciò che senti, sei stanco, vedrai che è tutto un
malinteso.”
— Ma
certo caro, — continuò
imperterrita la donna, battendo affettuosamente la propria mano su
quella scossa del Grifone. —
Sono
sicura che Silente ti avrà già informato che Ron
si è offerto
coraggiosamente di sostituirti ma, ora che sei qui, non è
più
necessario che metta a repentaglio la propria vita. Ci sei tu per
questo, vero? — chiese
speranzosa. Non ricevendo risposta, si accorse del
silenzio
sbigottito che aveva inghiottito la cucina e dello sguardo perso di
Harry.
— Harry,
— Remus si
avvicinò guardingo
afferrandogli piano le spalle. —
È il
cuore di una mamma che parla… —
Al
tocco dell’adulto, come se fosse stato punto da migliaia di Doxxi,
il Grifone scattò bruscamente in piedi
rovesciando in terra
la sedia.
— Parole
di una mamma? — lo
interruppe Harry con voce lievemente stridula. —
La mia, di mamma, —
sottolineò, —
non ha supplicato Voldemort di risparmiarmi la vita
offrendogli in cambio quella di Neville, —
Orgoglio e una punta di amarezza trasparirono dalle sue
parole. — Sacrificò
la propria! — quasi
urlò. Addolorato al pensiero, piegò
la testa verso il basso
per poi rialzarla di scatto puntando gli occhi, di un verde divenuto
cupo, dritto davanti a sé. Tutti i presenti scorsero
l’immenso
potere che si agitava all’ombra delle ciglia insieme alla
determinazione maturata in quei mesi di sofferenza. —
Lasciate questa proprietà immediatamente,
raccogliete le
vostre cose e andatevene, — disse
risoluto.
— Non
ci puoi cacciare: è la sede dell’Ordine
e Silente... —
provò
a intervenire Mundungus,
intimorito al pensiero di non poter più attingere alle
risorse della
casa per guadagnare illegalmente qualche Falci.
— Silente
non può nulla. La casa è mia e decido io, —
Harry osservò
le facce stupite dei
presenti e sorrise sardonico all’indirizzo del vecchio
preside. —
Ma come, non gli ha accennato dei suoi infruttuosi viaggi
al
Ministero? Tipico di lei nascondere notizie utili. Comunque,
è stata
una mia gentile concessione lasciarvi in questa casa per tutto questo
tempo, ma ora basta, è tempo di ripulisti. Dovete andarvene,
—
ribadì
serio mentre incrociava le
braccia al petto.
— Harry,
cerca di comprendere, — provò
a farlo ragionare Remus, — fuori
da qui
siamo tutti un bersaglio facile. —
In
molti asserirono alle parole del licantropo, altri guardavano
perplessi il preside che se ne stava quieto mentre si lisciava la
candida barba.
— Non
c’è dubbio! —
esclamò
il Grifone, per nulla propenso a cedere. —
Ma, come gentilmente mi è stato fatto notare,
sono io il
Prescelto e sulle mie spalle grava il peso del Mondo
Magico. Quindi, visto
che ho intenzione di abitare
qui, sareste tutti più sicuri andando altrove e,
soprattutto, stando
ben lontani da me, — ribadì
sarcastico. Intanto il preside osservava senza intervenire.
In
quel momento, dal corridoio giunsero dei rumori concitati e il quadro
della madre di Sirius, posto all’ingresso,
cominciò a vomitare
invettive anticipando l’irruente entrata di Ron nella stanza.
Senza
degnare nessuno di uno sguardo, il rosso, individuato subito Harry,
lo afferrò per la collottola e lo sbatté contro
il muro urlandogli
contro:
— Non
mi ruberai la ribalta, brutto figlio di puttana, avermi battuto a uno
stupido duello non ti rende superiore a me! —
gli sputò
in faccia.
— Ron!
— gridò
scandalizzata la madre. — Lascialo
andare e modera i termini, non è
così che ti ho educato. —
Poi,
ricordandosi all’improvviso
quello che suo figlio aveva detto, con voce incerta chiese: —
Che vuoi dire?
— Signora
Weasley, come vede, non solo il suo adoratissimo Ronnino
è
mesi che sa che frequento Hogwarts, ma è determinato a
ricoprire il
ruolo da cui lei non vede l’ora di sollevarlo, —
fece eco
Harry, piegando le labbra
in un sogghigno.
— Non
mancare di rispetto a me e a mia madre, —
Ron
lo scosse con violenza facendogli cozzare di nuovo la nuca
contro la parete.
— Tu
lo sapevi? — chiese
allibita la madre, allungando le braccia per cercare di fermare il
figlio, ma bloccandosi a mezz’aria.
— RonRon,
evidentemente la botta in testa ti ha procurato più danni
del
previsto. Ti ho già ribadito che non sono più
interessato a quel
ruolo dal giorno in cui Voldemort ha saputo che ero ancora vivo. —
La voce gli uscì frammentata e rauca a causa
della presa
ferrea sul collo. — O
forse mi sono arreso molto tempo prima, —
sibilò
piano, ormai paonazzo per la mancanza d’aria.
Successe
tutto talmente in fretta che nessuno ebbe modo d’intervenire,
anche
perché la maggior parte dei presenti era intenta a discutere
delle
nuove direttive imposte da Harry. In ogni caso, Ron non ebbe modo di
rispondere nulla perché, come evocati, irruppero nella
cucina i
gemelli.
— Togligli
le tue luride mani di dosso, —
ringhiò
Fred, puntando la propria bacchetta alla tempia del fratello che,
preso in contropiede, mollò immediatamente la presa. —
Stai bene? — chiese
apprensivo George controllando che Harry, una volta libero, non
avesse ferite.
— Fred!
George! — esclamò
Molly, portandosi una mano alla bocca, sorpresa
dall’atteggiamento
aggressivo dei propri figli.
— È
andato tutto bene? — Ignorando
i
presenti, Harry si rivolse ai gemelli massaggiandosi la gola
martoriata; sulla pelle candida cominciarono ad apparire dei segni
bluastri. Ricevuta una risposta affermativa chiamò
l’elfa.
Quando
Winky apparve in molti sussultarono per via della tensione
accumulata, quindi le disse, allontanando gentilmente da sé
le mani
del piccolo essere che cercava di sistemarlo: —
Accompagnami a finire il lavoro. —
Poi
continuò, rivolgendosi agli adulti. —
Al
mio ritorno voglio la casa libera, —
intimò
lapidario prima di svanire con un lieve pop.
— Siete
una vera delusione. —
I due gemelli
scossero la testa, gli occhi puntati dove stava Harry un attimo prima
di smaterializzarsi. — Soprattutto
lei,
Silente. — Si
voltarono di scatto
sfidando con lo sguardo l’uomo anziano. —
Harry si è fidato di lei, ha rischiato di morire
più volte solo per
compiacerla e lei lo ha ripagato così? Abbandonandolo!?
Meritate di
andarvene, tutti.
— Io
non lascio ciò che mi appartiene, —
iniziò
Ron, gesticolando come un folle, —
questa
è la casa del prescelto e la sede dell’Ordine
della
Fenice ed essendo io il membro più
rappresentativo, non me ne
vado! — scandì
pomposo puntando un dito su se stesso.
— Ahahahah!
— Risero i
gemelli, mimando il gesto di
asciugarsi le lacrime. — Non
conoscevamo questo tuo lato comico. —
Sogghignarono
all’indirizzo del fratello
che li guardava sempre più furioso. — La
casa appartiene a Harry e ti ha appena cacciato.
— Non
mi interessa, io rimango e se ha qualcosa da obiettare, lo
uccido quel bastardo!
— Ron!
— Molly,
sconvolta, urlò
di nuovo, rimanendo
pietrificata con le mani
piazzate sui
fianchi larghi.
— Quel
bastardo, come dici tu, in questo preciso istante, nonostante sia ben
consapevole del tuo odio, sta usando il suo potere per proteggere,
con un potente incantesimo, casa nostra, —
gli
ringhiarono in faccia i due gemelli.
— Ma
cosa state dicendo! — strepitarono
allarmate più voci, mentre loro padre si avvicinava agitato
chiedendo spiegazioni.
Presi
in contropiede, i due ragazzi sospirarono frustrati: “Harry
ci
ammazzerà quando lo verrà a sapere.”
Deglutendo a vuoto più
volte, si accinsero a spiegare, limando un po’ la storia: —
Ci trovavamo a girare
l’angolo di una
traversa a Diagon
Alley
quando, per mera fortuna, abbiamo assistito allo scambio
di
battute tra alcuni Mangiamorte
che si
vantavano di
aver ricevuto l’incarico di distruggere
la Tana questa
notte.
—
Arthur strinse la moglie
tra le braccia
cercando di calmarla mentre
il figlio più
grande, Charlie, imboccava veloce la porta.
— Abbiamo
subito contattato Harry e, grazie a lui e alcuni suoi
amici,
li abbiamo preceduti di un soffio riuscendo a salvare il salvabile.
Purtroppo per la casa non c’è stato modo di
evitare il peggio. —
Entrambi ignorarono le
battute sarcastiche
sul perché non avessero contattato l’Ordine,
invece che Potter,
sostenendo che magari avrebbero fatto un lavoro migliore.
— Comunque,
una volta che quegli stronzi se ne sono andati, l’abbiamo
ricostruita portando sostanziali migliorie, o meglio, grazie
all’ingenio di Harry, ora la casa è più
stabile e sicura. —
Tutti guardarono George sconvolti, non solo per
ciò che aveva
appena detto, ma anche perché quella era la prima frase
pronunciata
senza la voce intercalante del gemello.
— Sai,
Ron, — ripresero
a parlare
all’unisono
i due gemelli, —
per Harry sarebbe
stato facile ignorare la faccenda, far rimbalzare la pluffa
a
qualcun altro, —
guardarono
di sbieco il preside,
— che
avrebbe sicuramente perso
minuti preziosi
a convincere
tutti delle sue tesi per poi stilare un piano ben congegnato
delegando a
altri
l’esecuzione.
Invece,
guarda un po’, nonostante tu gli abbia lanciato alle spalle
un
Avada Kedavra, un gesto molto
nobile da parte tua,
dobbiamo riconoscerlo, — sorrisero
con scherno al fratello più piccolo mentre la madre si
accasciava a
terra distrutta dall’ultima notizia, —
non
ha indugiato un secondo precipitandosi di persona e ha tanto brigato
che ora hai ancora una casa dignitosa. Sorprendente, vero? —
concluse Fred.
— È
il minimo che potesse fare! —
ribadì
sicuro di sé, Ron. —
Miseriaccia, ma non
lo capite? Siete degli Schiopodi o cosa? Sono certo
che è
colpa sua se hanno attaccato la Tana, tutti sanno
che passa
l’estate da noi. —
Rabbrividì dal
disgusto al solo ricordo. — Il
suo nome è sinonimo di sventura ed essere accompagnati a lui
è
romantico come prendere il tè assieme a un Dissennatore.
Un
poderoso pugno lo fece volare contro la credenza, in un frastuono di
pentole e vasellame che cozzava a terra. Gli adulti, pronti
a intervenire con la bacchetta alla
mano, rimasero
basiti
davanti alla rabbia con cui uno dei gemelli Weasley aveva colpito il
fratello.
— Brutto
deficiente, se tu non avessi avuto l’ingegnosa idea di
denunciare
Harry a Tu-sai-chi, non sarebbe successo tutto
questo. —
Ron impallidì, sul suo volto le efelidi spiccavano in modo
macabro,
mentre, balbettando, chiedeva come lo avessero saputo. —
Hai forse scordato la connessione tra Harry e
Colui-che-non-deve-essere-nominato? Ovvio che
sì! Visto che
eri certo fosse diventato un Magonò, hai ritenuto ormai
superfluo
quel piccolo e significativo particolare. —
I
due ragazzi gesticolavano enfatizzando le parole. —
Avresti dovuto nascere con un enorme pustola in fronte
come il
Clabbert, con una variante, invece di avvisarti del
pericolo,
quando si illumina, avverte tutti noi che stai per combinare una
delle tue solite idiozie! — Indignato,
Ron cercò di alzarsi inciampando e scivolando sul disastro
creato
prima, mentre le sue giustificazioni si perdevano nel fracasso. —
È tardi per chiedere scusa: Tu-sai-chi
ha ottenuto
quello che voleva e la Tana ha pagato il prezzo
della sua
generosità. Mi fai schifo, —
conclusero
entrambi con rabbia mentre la madre, stretta
nell’abbraccio
del marito, singhiozzava forte.
— Fred,
George, — una
voce penetrante bloccò i ragazzi, —
basta
così, grazie. —
Severus avanzò nella
stanza, le sue vesti nere svolazzavano facendolo sembrare un
avvoltoio in cerca della preda. —
Signore, Signori, — disse
rivolgendosi ai presenti, piegando il braccio verso l’elfo
che
attendeva sull’uscio strofinando felice le mani, —
Kreacher vi farà strada accompagnandovi alla porta. Arthur,
pur non
approvando, la tua casa ora è sicura. —
Si
girò verso l’uomo e, senza battere ciglio, porse
un foglietto
verde oliva. — Qui
troverai le istruzioni
per raggiungere la Tana, ogni tuo discendente vi
potrà
accedere così come qualsiasi creatura a loro affiliata.
Invece, per
eventuali ospiti, dovrai semplicemente scandire per esteso il loro
nome al rappresentante del quadro riportato sul foglio. È
inutile
che sbirci, Molly, — l’apostrofò
Severus, infastidito per l’ingerenza. —
Solo
tuo marito è in grado di leggerlo. Non guardarmi con
quell’espressione Arthur, —
sbuffò
spazientito. — Siamo
in guerra e ogni
precauzione è più che giustificata. — Superò
Ron ancora in terra, guardandolo con disgusto, e raggiunse il preside
seduto al tavolo; gli
altri, mestamente e a
testa bassa, si apprestarono a uscire dalla casa, consapevoli che
nulla potevano contro l’arcigno professore.
— Albus,
— piegò
il capo in segno di saluto stiracchiando le labbra in un mezzo
sorriso. — Volevo
farti presente che stamattina ho depositato gli
incartamenti
per l’adozione di Harry, essendo il suo padrino. —
All’espressione perplessa del vecchio mago
aggiunse: —
A mia totale insaputa, Lily Evans mi ha nominato padrino di suo
figlio qualche giorno prima della sua morte e, se te lo stai
chiedendo, esiste un documento depositato alla Gringotts che lo
dimostra. Da questo momento dichiaro la mia dissociazione dalla
fatiscente compagnia dell’Ordine della
Fenice. Non
sarò più la tua spia, Albus, e ogni voto fatto in
precedenza è
decaduto. La mia priorità, d’ora in poi,
è prendermi cura del
ragazzo. — Nell’angolo
dov’era ancora accasciato a terra, Ron sbuffò,
già pregustando di
farsi scappare quella succulenta informazione al momento giusto. —
Signor Weasley, non creda
che non sappia
cosa nasconde la sua espressione e di conseguenza l’invito,
in
futuro, a non fare ulteriori sciocchezze perché io non sono
portato
alla clemenza. —
Lo
incenerì con lo sguardo. —
In
ogni caso, lo dico a suo beneficio, il Signore Oscuro è a
conoscenza
della mia decisione e,
sebbene abbia
vivacemente protestato, temo
che dovrà
farsene una ragione anche lui.
— Come?
— Per la prima
volta, in quella lunga serata, intervenne la voce del preside.
Severus sospirò piano, incerto su cosa potesse rivelare.
— Voldemort
pensa che qualcuno tenga sotto scacco il suo miglior alleato
e si sta prodigando per scoprire
chi è
e, quando crederà di averlo scovato, per costui non ci
sarà scampo.
— Tutti
intenti ad ascoltare il Pozionista,
nessuno si era accorto dell’entrata silenziosa di Harry
nella stanza; Ron
ringhiò e quando cercò
di avventarsi sull’altro ragazzo
ricevette un calcio negli
stinchi da Fred.
Come se non fosse stato interrotto, il Grifone
continuò: —
Noi
— additò se
stesso e il padre —
abbiamo
tutta l’intenzione di fare in modo che le cose non cambino:
Voldemort avrà la sua vendetta e lei, preside, ha
il suo prescelto.
Sono sicuro che non sentirà minimamente la
nostra mancanza.
Buona serata, — concluse
allegro, invitando i presenti rimasti ad affrettarsi verso
l’uscio.
— Forza
ragazzi, —
disse rassegnato il Signor
Weasley aiutando Ron ad alzarsi, —
andiamo
a casa.
— Mi
dispiace, padre, ma noi restiamo con Harry. —
parlarono
all’unisono i gemelli.
Arthur li guardò entrambi negli occhi, ignorando il verso
esasperato
della moglie mentre usciva aggrappata al braccio di Ron, che li
scrutava interdetto, poi, soddisfatto di ciò che vi lesse,
posò
orgoglioso le proprie mani sulle loro spalle.
— Perfetto,
— sorrise,
improvvisamente stanco, — abbiatene
cura.
— Sei
sicuro ragazzo? —
Il preside si
alzò con studiata calma e, abbandonata la sua aria svagata,
forte
della sua autorità, cercò di imporsi scrutando
Harry fin
nell’anima. Il Grifone non si sottrasse a
quell’esame e,
dentro di sé, riconobbe quel fastidio creato
dall’invasione di
un’altra mente. Sorridendo scaltro, si apprestò a
percepire una
voce, quella che un tempo credeva fosse la propria coscienza,
suggerirgli di rivedere la propria decisione. In un batter di ciglia,
la volontà del preside si ritrovò scaraventa
fuori dalla mente del
ragazzo. Sorpreso da tanta forza, il vecchio mago, per non cadere in
terra, fece due passi in dietro; Harry sfoggiò un ghigno
compiaciuto, gemello a quello del padre poco distante. Sperando che
nessuno si fosse accorto dello scambio di occhiate appena avvenuto,
Albus Silente, a malincuore, lasciò Grimmauld Place.
— Io
sto dalla tua parte, — disse
Moody avvicinandosi a Harry. —
Qualunque
essa sia. — Al
suo occhio magico non era
sfuggito lo strano colloquio avvenuto tra il ragazzo e il suo vecchio
amico; aveva cominciato a nutrire forti dubbi sul preside sin dalla
conclusione del Torneo Tre Maghi e, in qualche
misura, quella
sera erano stati confermati: Albus aveva usato la Legillimanzia
per controllare il loro Salvatore.
— È
l’inizio di una nuova era, —
osservò
giocosa Tonks, con i capelli rosa confetto, mentre prendeva da uno
scaffale dei grandi bicchieri opachi. —
Brindiamo! —
esclamò,
passando a tutti i calici ed
evocando una bottiglia di vino rosso; Remus scosse
la testa davanti all’esuberanza della donna.
In
quel momento, il pendolo del salotto, rintoccò dodici colpi.
— Buon
anno, padre. — Harry,
commosso, alzò il bicchiere verso Severus trattenendo a
stento le
lacrime di gioia. —
Buon
anno a tutti! —
gridò sovrastando il
rumore del camino nella sala dell’arazzo che vomitava fuori
Draco,
Blaise, Neville e Luna, che indossava stravaganti orecchini in oro
raffiguranti dei Troll obesi. I gemelli,
trasportati
dall’entusiasmo, fecero scoppiare un paio dei loro fuochi
d’artificio magici riempiendo tutto il piano di fumo.
— Weasley!
— urlò
Severus, — rimediate
subito o farò di voi l’elemento segreto di una
nuova pozione di
mia invenzione. — Tutti
risero e si
rilassarono, ringraziarono in gran segreto Molly per
l’arrosto sul
fuoco, e si sedettero affamati al tavolo in cucina.
Tra
quelle antiche mura, aleggiò una gioia mai assaporata prima;
una
nuova vita e nuove sfide erano in serbo per ogni commensale: una
nuova intesa, un nuovo obiettivo, un nuovo destino tutto da
riscrivere.
Note
dell’Autrice: con questo capitolo si
conclude la storia.
È
stato un viaggio lungo, cominciato più di tre anni fa,
durante il
quale io sono cambiata così come il mio modo di scrivere.
Ringrazio
particolarmente la Beta che mi ha aiutata in questo cammino ma anche
tutti i lettori che sono passati di qua. Siete stati in molti,
più
di quelli che mi sarei aspettata.
Grazie
per tutti i commenti ricevuti e un grazie anche ai lettori che si
sono affezionati alla storia. Grazie di cuore a tutti.
P.s.
è previsto un seguito.