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17. A new home
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CANADA
Date
NOV
15TH,
2038
100011101101111011000010101010111011011010101110
CHATHAM-KENT
- ONTARIO
470
McNaughton Ave
Time
AM
01:04
«Dimmi,
Connor, avverti qualche genere di fastidio?».
Connor
osserva Kamski riporre i suoi strumenti e poi posare gli occhi su di
lui, in un’interessata attesa. Lancia un rapido esame delle
proprie
funzioni, operazione che non gli costa che una manciata di secondi, e
accenna un pacato diniego.
«Sembra
non ci siano conseguenze spiacevoli» azzarda.
Elijah
ride piano. «Ottima notizia. Tuttavia mi riferivo alle
modifiche che
ho apportato».
«Oh!»
esclama imbarazzato. Riflette brevemente.
«C’è un sottile ronzio
che ancora posso percepire, ma apparentemente è in
attenuazione:
all’inizio lo avvertivo in modo più intenso
rispetto a ora».
«Sì,
è una reazione momentanea: il sistema si sta allineando ai
nuovi
codici immessi. Altro?».
«Non
ne sono sicuro. È più… una sensazione,
in effetti» tituba.
Accigliato,
lo scienziato lo scruta con dubbio. «Sensazione, Connor? Di
che
genere?».
«Di
vuoto. Qualcosa che non posso afferrare, che sembra voler sfuggire ai
controlli incrociati del mio sistema, come… un miraggio?
Sì, penso
si possa definire così».
Riflette,
ma nessuna buona idea giunge in suo soccorso. «Non so cosa
pensare»
ammette, un po’ indispettito. Lo fissa negli occhi, con
decisione.
«Se dovesse venirti in mente qualche nuova informazione al
riguardo,
credi di potermela far conoscere?».
«Lo
farò certamente» promette Connor mentre segue con
gli occhi i
movimenti dell’uomo che, con metodo, disattiva il campo
magnetico
riponendo con cura i piccoli generatori e, infine, scollega
l’androide dall’alimentatore, dato che oramai la
sua batteria è
di nuovo autosufficiente. «Grazie, signore» si
decide a dire,
lasciando finalmente quel benedetto (e molto scomodo) tavolo.
«Non
c’è di che, Connor. Ammetto di aver fatto in gran
parte i miei
interessi ma, seppur così non fosse stato, di certo Markus e
il tuo
tenente Anderson avrebbero volentieri attentato alla mia salute
fisica, nel caso in cui avessi preso in considerazione l’idea
di
tirarmi indietro» spiega giulivo.
Connor
è un po’ sorpreso dalla replica di Kamski. Che
Hank non nutrisse
grande stima né simpatia per lo scienziato lo sapeva per
certo, ma
quali sono le motivazioni di Markus? Indirizza a quest’ultimo
una
fugace occhiata incuriosita, la quale viene raccolta e ricambiata.
Forse più tardi avranno la possibilità di
approfondire quella
questione.
*
Nel
lasso di tempo in cui lo scienziato si allontana per rimettere ordine
nel suo materiale, Connor viene raggiunto e accerchiato prima da Hank
e Sumo, poi da Markus e Jander, e tutti loro sembrano incredibilmente
ansiosi di sapere, così che Connor viene presto sommerso di
domande
tra le più disparate e, per quanto si impegni, non trova
neppure il
tempo di analizzarle a dovere e fornire una qualche parvenza di
risposta.
«I
circuiti e i biocomponenti di Connor sono perfettamente intatti e il
suo sistema operativo è funzionante a livelli più
che accettabili,
direi quasi ottimali» viene in suo soccorso Elijah, prendendo
nota
del palese disagio del povero RK800. «Personalmente gradirei
prendermi una pausa di qualche ora per riposarmi. Tuttavia vorrei
anche essere certo che i miei androidi siano al sicuro. Per tale
motivo vi proporrei di volervi trasferire da me».
Markus
sgrana gli occhi, visibilmente allarmato, e si para di fronte a
Connor deciso a impedire che prendano anche lui.
Anche
Hank sgrana gli occhi, ma non si limita a una passiva dimostrazione
di rifiuto. Invece ringhia, visibilmente contrariato. «Ma
nemmeno
per sogno!» sbotta, tenendo d’occhio sia Connor che
Markus per
accertarsi che non vadano da nessuna parte, soprattutto non in
compagnia di quel Kamski. «Pensi seriamente che ti lascerei
portarli
via con te? Vorresti forse trascinarli di nuovo in quel covo di tuoi
pari, che non ci penserebbero nemmeno un minuto a metterli sotto
chiave (se va bene)?» protesta con veemenza.
Contro
ogni aspettativa, sia del tenente che degli androidi, la reazione di
Kamski è un leggero e divertito stirarsi di labbra.
«Ho
forse parlato di condurli alla torre della CyberLife? Francamente non
mi è parso» commenta ragionevole.
«E
dove altro?» tenta Markus, guardingo.
«In
verità pensavo piuttosto alla mia villa sul fiume».
Hank
si imporpora, decisamente impermalito dalla nuova e a suo parere
affatto migliore proposta. Connor si limita a storcere il naso, non
più entusiasta del collega, attirandosi in quel modo la
curiosità
dello scienziato.
«Mi
sembra di intuire che la proposta non incontri il tuo favore»
prova
pacato.
Interdetto
dal fatto che l’interesse apparentemente sia concentrato
unicamente
su di lui, Connor scuote piano la testa.
«No,
non proprio. Senza offesa, signor Kamski, ma quella casa mi rammenta
sensazioni poco piacevoli. E… il colore dell’acqua
è piuttosto
angosciante» ammette, spalleggiato senza riserve
dall’aperta
approvazione di Hank e persino di Sumo.
Elijah
tuttavia torna a sorridere, indulgente. «Vorrei farti notare
che
quella che avete avuto in precedenza modo di visitare è solo
una
piccola parte della dimora. Inoltre il rosso è ottenuto con
un
semplice trattamento chimico e fotocromatico per nulla dannoso, ma
che in sostanza risulta del tutto momentaneo e comunque facilmente
evitabile».
«Oh»
soffia Connor, un poco in imbarazzo.
«Tu
hai in mente qualcosa!» l’accusa invece senza mezzi
termini Hank.
«Mi
sembra evidente, tenente Anderson» ammette candidamente
Elijah senza
affatto scomporsi. «Ma non vado di fretta, dopo tutto;
c’è un
tempo e un luogo per ogni cosa, e questo a mio parere è il
tempo per
tirare il fiato e concedersi qualche momento di tranquillità
e
riposo. Ebbene, avete riflettuto a sufficienza? Siete infine giunti a
una conclusione?».
«Non
vedo perché non potrebbero semplicemente rimanere
qui» replica Hank
con ostinazione, per nulla persuaso all’idea di addentrarsi
nella
tana di quella iena.
«Naturalmente,
potreste» concede tranquillo. «Ma a quale scopo? E
in seguito? Lei
pensa che, molto semplicemente, potrebbero nascondersi dietro la
porta di una casa oltre confine, nella speranza che il mondo al di
fuori si dimentichi del problema in fretta, in modo da poter fare
presto ritorno alla loro città? È proprio certo
che accadrà
questo?».
Hank
scatta in avanti, più rapido di quanto chiunque potesse
aspettarsi,
afferra Elijah per il colletto della camicia e lo scrolla con rabbia.
Con qualche momento in più a sua disposizione avrebbe anche
potuto
togliersi lo sfizio di strapazzarlo un po’, giusto per
dimostrargli
che a volte non basta avere soldi e cervello, bisogna anche saperli
usare al momento opportuno. Connor però non sembra
concordare con la
sua linea di pensiero e lo ha già bloccato per le spalle in
modo che
non possa fare ulteriori danni (è forte quel piccoletto di
plastica
e circuiti!), così è costretto a desistere e a
borbottare
contrariato, distogliendo lo sguardo dallo sfacciato sorriso sornione
dello scienziato.
«Avresti
fatto meglio a lasciarmelo maltrattare come si deve» lamenta
rivolto
all’androide.
«No,
sarebbe stato un errore, Hank».
«Un
errore? Nah, quello non è umano nemmeno la metà
di quanto lo sei
tu».
Connor
socchiude le labbra, sorpreso, e accenna un lieve sorriso.
«Non per
lui, Hank, ma per te.
Ti saresti messo nei guai».
«Il
giovane Connor ha ragione, tenente Anderson; dovrebbe agire con
maggior prudenza».
«Fai
il favore di tenere per te i tuoi consigli, Kamski, non sono in vena.
Comunque non intendo lasciare nelle tue mani Connor, e neppure Markus
e quell’altro».
«Jander»
suggerisce Connor alle sue spalle.
«Che?»
dubita Hank, non comprendendo le sue parole.
«Il
nome dell’altro androide. Si chiama Jander».
«Ah…
Beh, comunque si chiami è proprio fuori questione che
restiate soli
con quello
lì»
si ostina Hank.
«Ovviamente
può onorarci della sua compagnia, tenente
Anderson» tratta Elijah,
il quale non vede l’ora di risolvere la questione della
sistemazione per poi prendersi una meritata pausa
di riflessione
di almeno una dozzina di ore.
Con
cautela, Markus si fa avanti accostandosi al poliziotto e a Connor, e
attirando con discrezione l’attenzione di
quest’ultimo. Connor lo
fissa in tralice, domandando in silenzio spiegazioni e presto anche
Hank si accorge dello scambio dei due androidi.
«Che
succede?» si informa a quel punto.
Markus
solleva lo sguardo sull’uomo e, anche se un po’
restio, prova a
spiegarsi. «Non posso dirmi il soggetto più adatto
per affermarlo,
ma credo che su un punto Kamski possa avere ragione».
«Sarebbe
un evento» brontola Hank con sarcasmo.
«Va’ avanti, ragazzo»
chiede asciutto ma disposto ad ascoltare.
«Le
persone, soprattutto gli abitanti di Detroit, non impiegheranno certo
una manciata di giorni per lasciarsi alle spalle quello che
è
accaduto. Gli esseri umani sanno bene come portare rancore molto a
lungo. Non so lei come la pensi, ma personalmente non sento di poter
aspettare anni per tornare a
casa,
e… odio nascondermi».
«Sì,
Markus dice il vero» approva Connor. «Sono stato
creato da poco, ma
quella è la mia città, Hank. Non
posso… non voglio
rimanere nascosto in Canada per chissà quanto tempo ancora,
senza
uno scopo vero e proprio per di più». Sorride,
d’improvviso,
prendendo Hank alla sprovvista. «Sono ancora un poliziotto,
dopo
tutto. Sono stato creato per questo e vorrei poter continuare a fare
quello che mi riesce meglio».
Hank
sbuffa, scuote la testa, torna a guardarlo, sospira.
«D’accordo.
Hai vinto tu, ragazzino».
*
Si
ridesta bruscamente con un grugnito di vago allarme e si guarda
attorno, confuso. Fuori è buio pesto e non distingue che
ombre scure
immobili nell’immobilità del paesaggio, ma un
rumore deciso torna
ad attrarre l’attenzione di Alex: qualcuno bussa al portello
del
suo elicottero. Sbuffa, irritato per il poco dolce risveglio e per
l’ora più che tarda (sono già passate
le due di notte e avrebbe
di sicuro apprezzato poter dormire ancora un po’). Tuttavia
là
fuori bussano di nuovo e, a giudicare dal tipo di suono, pare proprio
che si stiano spazientendo.
“Figurarsi”
elucubra mentalmente con una certa dose di acidità. Alla
fine però
si decide a darsi una veloce sistemata e a vedere chi è il
seccatore. Quando socchiude il portello, come sospettava
già, si
ritrova a incrociare lo sguardo con quello abbastanza impaziente del
suo capo e, guardando oltre, di quelli di una discreta
quantità di
altra gente molto male assortita e molto meno umana di quanto si
augurasse; c’è perfino un cane, enorme, sbavante e
assolutamente
peloso. Geme internamente pensando: “Il mio povero
elicottero”.
«Uhm…
‘Sera, capo. Qualche problema?» biascica, mezzo
tramortito dal
sonno.
«Non
al momento, Alex. Ma c’è qualche
novità, in effetti: come puoi
certo notare, avremo ospiti» annuncia, con più
tetraggine di quanta
si attendesse il pilota, conoscendo il soggetto.
Alex
fissa per un lungo momento il suo capo, stranito dalla situazione
inattesa, poi fa vagare lo sguardo sul gruppo assiepato sul
praticello in cui ha parcheggiato
il suo elicottero. Hanno tutti un aspetto parecchio esausto, perfino
i soggetti artificiali, nota. Conta tre androidi, un San Bernardo e
tre umani, di cui uno che non ha un’aria particolarmente
entusiasta.
“Brutte
cose” si ritrova a pensare. Chissà, forse non
è stata poi un’idea
tanto geniale, come gli era parsa all’inizio, proporsi come
pilota
all’amministrazione della CyberLife, un paio di anni prima.
«Qual
è il programma?» decide di informarsi a quel punto.
«È
molto semplice, Alex: ci accompagnerai alla mia villa sul fiume e in
seguito potrai tornare alla torre. Sono certo ti farà
piacere
qualche altra buona ora di sonno».
«Ci
può scommettere… Uh!... Scusi, capo»
soffia, preoccupato della
possibilità di aver passato il segno lasciandosi sfuggire
qualche
parola di troppo.
«Non
preoccuparti. Forza, ora: prima partiamo, prima giungeremo a
destinazione».
*
Sei
persone (o quanto meno umanoidi) e un cane di grossa taglia hanno
qualche difficoltà a entrare con agio
nell’abitacolo di un
elicottero che, almeno sulla carta, è destinato al trasporto
di soli
cinque individui adulti, compreso il pilota. Ma Dick ha insistito
allo sfinimento per accompagnare Hank e Connor, e di certo il
poliziotto non si è neppure sognato di perdere di vista gli
androidi
né tanto meno di lasciare a casa dell’amico Sumo.
Così al momento
sono tutti poco allegramente assiepati e pigiati dentro il velivolo
come tante sardine in scatola, o meglio, tutti tranne Elijah che,
come c’era da aspettarsi, ha seraficamente preso posto
accanto ad
Alex, fingendo con molta perizia e disinvoltura di non sentire gli
insulti nemmeno troppo velati degli altri passeggeri.
Dal
canto suo Alex sta cercando di calcolare a mente il peso complessivo
del carico e capire se il suo povero elicottero (Lilly, per i pochi
intimi, ovvero lui solo) sopporterà tutta quella marmaglia
fino a
Detroit.
Hank
odia volare, e detesta anche essere costretto a scegliere, tra due
mali, quello minore. E, beh, attualmente il male minore è
trovarsi
schiacciato contro il finestrino di un elicottero in volo verso la
sua città con il suo cane che mugola triste contro le sue
gambe.
Figurarsi il male peggiore!
*
Prima
di decollare, Elijah ha inviato un breve messaggio a Chloe, con il
quale l’avvisava dei suoi piani imminenti. Per questo motivo
quando
atterrano sulla sponda del fiume non troppo distanti dalla sua villa,
un’automobile scura li intercetta prima che scendano e un
androide
agghindato in livrea li fa accomodare con efficienza tutti
all’interno del veicolo che, al contrario
dell’elicottero, si
rivela molto spazioso e permette loro non solo di respirare con
facilità ma di trovarsi addirittura a proprio agio.
«Ecco,
questo è senz’altro un ottimo modo per sperperare
denaro»
commenta Hank, un po’ più soddisfatto per la
sistemazione attuale.
Elijah
annuisce impercettibilmente, osservando il paesaggio mezzo sepolto
dalla neve. «Confido che troverà altrettanto di
suo gradimento i
locali della dimora che vi ospiteranno» prevede tranquillo.
Nel
mentre l’auto ha percorso il viale che costeggia il fiume e
si
addentra nel garage di cui è dotata la villa, la quale
è collegata
allo stesso dall’interno, così che una volta scesi
dalla vettura
gli ospiti possano raggiungere i locali abitativi senza essere
costretti a esporsi al vento gelido dell’inverno che oramai
ha
preso il sopravvento sulla città.
«Bentornato,
Elijah» lo accoglie la conosciuta voce di Chloe.
La
guarda negli occhi e abbozza un piccolo sorriso. Ovviamente non si
tratta dello stesso androide che ha lasciato alla torre; non ci
sarebbe stato il tempo materiale per quel trasferimento. Ma
ciò ha
ben poca importanza dato che possiedono un software in comune. In
sostanza il programma Chloe controlla due unità (in quel
caso, ma
potenzialmente avrebbe l’opportunità di gestire
fino a quattro
unità separate senza minimamente risentirne né
avere cali di
prestazione indesiderati).
«È
tutto in ordine?» si accerta, ben sapendo che se
così non fosse
stato, come prima cosa lo avrebbe prontamente messo al corrente di
una tale informazione.
«Sì,
Elijah, come da tue indicazioni» conferma Chloe.
«Desideri
riposare, ora?».
«Fra
poco. Prima voglio assicurarmi che tutti siano sistemati nel migliore
dei modi» obbietta pacato.
Mentre
si sposta lungo il corridoio viene seguito a ruota dagli ospiti e da
un altro androide addetto alla cura della casa. Il suo seguito,
durante il tragitto, non manca di guardarsi attorno con titubanza e
curiosità insieme. Come precedentemente fatto notare dal
padrone di
casa, l’abitazione è vasta e i locali attraversati
fino a quel
momento non appartengono a quelli già visionati durante la
prima
visita di Hank e Connor: niente sale d’aspetto
autoproclamanti né
piscine di dubbio gusto; solo un corridoio minimalista ornato da luci
al led e qualche quadro astratto (dono, a quanto sembra, di Carl
Manfred, giudica a prima vista Markus), e un salotto arioso dotato di
un’ampia parete a vetri dalla quale si può
spaziare con lo sguardo
sul fiume sul quale sorge la villa e, più in là
sulla sinistra,
sulla famigerata torre sede della CyberLife. Nel lato non esposto
all’esterno fa bella mostra di sé
un’ampia tavola di legno
laccato in bianco contornata da sedie nere, sulla quale sono
già
sistemati i coperti per gli ospiti, quelli umani per lo meno,
evidentemente pronti per la colazione di un mattino ormai prossimo al
raggiungimento.
«A
qualunque ora riusciate a svegliarvi, avrete a vostra disposizione di
che rifocillarvi. Ora, credo, è giunto il momento di
riposare,
finalmente. Se volete procedere, Chloe stessa vi mostrerà le
vostre
camere. Per qualunque esigenza, non temete di chiedere. Sono certo
scoprirete che i miei collaboratori e io abbiamo notevoli risorse da
mettere a vostra disposizione» assicura Elijah, congedando in
questo
modo i suoi ospiti e allontanandosi in silenzio per raggiungere a sua
volta la destinazione delle sue prossime, riposanti ore.
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BREAKING
NEWS
PORTI
E STAZIONI SORVEGLIATI – Tutti i porti fluviali e le stazioni
ferroviarie e di linea sono sorvegliati dalla scorsa mattina per
impedire la presenza a bordo di treni, autobus e imbarcazioni di
clandestini umanoidi
ANNUNCIO
DAL PRESIDENTE WARREN – Approvata la nuova legge che vieta
agli
androidi di riunirsi in gruppi, sia a livello pubblico che privato
FONDATA
LA GDMI - Al via l’attesa Direzione Generale per gli
Accertamenti
sull'Incremento delle Macchine all'interno dei nuclei familiari.
L’attuale situazione preoccupa l’amministrazione
che vuole
disporre di dati più precisi per essere pronta a prendere
tempestivi
provvedimenti
DISPOSITIVI
DI SICUREZZA PER L’ESERCITO - Si valuta la
possibilità di
accettare all’interno dell'esercito unicamente macchine
umanoidi
che rechino un certificato di sicurezza e la possibilità di
disattivazione ed eventuale smantellamento immediati nel caso in cui
si verificassero errori potenzialmente pericolosi
ESEQUIE
PER CARL MANFRED – Nella mattina del prossimo 16 novembre si
terranno, presso la cappella Our Lady of the Rosary i funerali per la
morte del famoso pittore Carl Manfred, deceduto in seguito a
complicazioni cardiache nella sua abitazione di Detroit
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