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PREPARATIVI PER IL RITORNO A CASA
Grindewald
Heron continuava a fissare, avvilito, lo schermo del computer.
Nessuna delle astronavi che avevano attaccato la Terra era arrivata sana al
suolo. Il pezzo più grande della più integra era di dimensioni pari ad un
fazzoletto.
Yarus, un altro giovane ufficiale della Flotta, si avvicinò a lui.
"Comandante, - gli si rivolse in tono educato ma non sottomesso - come torniamo
su Ariel?".
Il comandante sospirò.
"Non certamente con le ali. - rispose calmo, non rinunciando allo scherzo -
Sarebbe molto faticoso e impiegheremmo molto tempo . - si fermò e scoccò
un'occhiata divertita - Troveremo un modo, ufficiale Yarus. - - Forse ho
un'idea".
"La gente di questo pianeta potrebbe aiutarci?" domandò ancora Yarus.
"Potrebbe, amico mio. - rispose Heron - E forse lo farà".
Heron stava elaborando un pensiero. O meglio... dopo averlo ripreso, lo stava
rielaborando.
Gli era tornato in mente un dettaglio.
A destra in basso del monitor comparve una piccola icona e subito dopo lo
schermo fu quasi totalmente riempito dall'immagine di un interno conosciuto, al
centro del quale si materializzò un volto, anche questo noto.
"Chi erano quelli che volevano attaccarci, comandante Heron? - chiese Forrest,
adirato ma non troppo - Ne sa niente lei? - Heron sorrise.
"Criminali dello spazio" rispose, faceto
"Buon Dio! - esclamò Forrest - Neppure lo spazio si salva dalla delinquenza?".
"Purtroppo no" commentò Heron, amaro.
"E volevano attaccare il nostro pianeta?" chiese Forrest, perplesso.
"Attaccarlo ed inondarlo ulteriormente di spazzatura cosmica" rispose Heron, ora
serio.
Forrest alzò le sopracciglia.
"Oh! - fece, sinceramente stupito - Cavolo!".
Heron si congratulò con lui per l'azione di difesa/attacco intrapresa per
risolvere la faccenda. L'americano ringraziò, gongolante, quindi fissò
l'extraterrestre con preoccupazione chiedendogli perché lo vedesse turbato.
Quando Heron gli illustrò il motivo della sua apprensione, condendolo con un
pizzico di umorismo, Forrest sorrise apertamente - Amico, ricordi cosa ti ho
fatto vedere alla base?" domandò, allegro.
Ecco! Era proprio questo che Heron ricordava. Forrest aveva invitato lui e
Stefano a vedere cosa la base Area 51 custodiva nei suoi sotterranei. E fra gli
oggetti interessanti c'era anche un'astronave costruita con i detriti lasciati
sulla superficie della Terra. Non dava completo affidamento ma con qualche
ritocco avrebbe potuto ugualmente essere utilizzata. Lui era abile in questo
genere di interventi.
"D'accordo, capitano Forrest. - rispose - Allora forse ci rivediamo presto".
Forrest controrispose con un sorriso accattivante e la comunicazione venne
temporaneamente chiusa. Si girò e vide Weaver immobile davanti ad un monitor, ma
con lo sguardo perso oltre esso, le sopracciglia aggrottate ed un'espressione
alquanto perplessa.
"Qualcosa non va, collega?" gli domandò, un filo apprensivo.
Weaver si voltò verso di lui, come ridestato da un sogno e lo invitò ad
avvicinarsi avvisandolo di volergli mostrare qualcosa. Uno dei monitor a parete
fu nuovamente riempito con la mappa del mondo qualche attimo prima del lancio
dei missili contro le astronavi extraterrestri e Weaver, usando una penna
elettronica, indicò al suo capo i punti da cui erano partiti i razzi. Erano tre:
Nevada, Siberia e.... Polo Nord, per la precisione: un'isola delle Svalbard,
sopra la Groenlandia.
I due si scambiarono occhiate di stupore e dubbio e lo spazio fra di loro, e
tutto intorno a loro, si riempì di meraviglia e punti interrogativi. Sul
momento, non ci avevano fatto caso, impegnati come'erano stati nel seguire
l'attacco agli...attaccanti alla Terra, ma ora che avevano visto, e ci
pensavano, la cosa apparve davvero strana e singolare.
"Ne sa qualcosa, capo?" chiese Weaver.
"No" rispose Forrest, sconsolato.
"Vuole che indaghi?" incalzò il giovane scienziato.
"Indaghi, Weaver. - lo esortò Forrest - Indaghi pure". Si allontanò da lui, poi
si fermò e si voltò, guardando il giovane scienziato. Weaver gli lanciò
un'occhiata interrogativa.
"Vuole dirmi altro?" chiese.
"Sì. - rispose Forrest, con aria risoluta - Se per caso le sue indagini
approdassero ad un risultato, trovasse i nostri ignoti benefattori e riuscisse a
comunicare con loro.... - fece una pausa studiata - li ringrazi per la
collaborazione".
"Non mancherò di farlo, comandante!" rispose Weaver con tono seriamente
scherzoso.
Area 51, alcuni
giorni dopo
L'astronave era pronta per la partenza e per affrontare un lungo viaggio
spaziale, intergalattico.
Heron, Addok e gli altri componenti dell'equipaggio avevano lavorato sodo per
apportare tutte le dovute modifiche atte ad adattare il veicolo a lunghi
tragitti, compresa l'installazione delle celle ad animazione sospesa che avrebbe
salvaguardato i corpi degli uomini e delle donne dagli effetti del tempo.
Tutti erano stanchi ma felici.
Tutti, tranne Heron e Addok.
Per loro tornare su Ariel avrebbe significato tornare a guardarsi da lontano,
rinunciando anche a quegli scarsi contatti fisici che concretizzavano il loro
amore. Ma Heron era consapevole che bisognava tornare a casa per poter portare
il "cibo" che alimentava gli impianti il cui scopo era continuare a dar vita al
pianeta, dunque, era ora di rientrare alla base.
Erano scesi sulla Terra per procurarsi l'uranio, invece, il comandante aveva
maturato un'altra idea e, prima di lasciare quel pianeta, l'avrebbe messa in
pratica.
La partenza fu stabilita proprio all'Area 51, indubbiamente più adatta,
soprattutto in fatto di spazio per decollare, rispetto alla scarsa ampiezza
della piccola valle svizzera.
I mezzi tecnologici più potenti, nonché il collegamento più diretto ai satelliti
ed al telescopio di Arecibo che l'Area 51 vantava nei confronti di una
postazione più piccola e privata, permisero ad Heron di stabilire un contatto
con Ariel. Il volto incorniciato dalla folta capigliatura candida del suo saggio
amico Adoniesis occupò il monitor.
"Ciao figliolo. - lo salutò l'uomo, sorridendo - come stai? Come va sulla Terra?
Penso bene se ti stai attardando a tornare".
"Stiamo per tornare, Adoniesis" annunciò Heron accennando un sorriso, non però
molto aperto.
Il sorriso di Adoniesis, invece, si allargò maggiormente.
"Bene! - esclamò l'uomo, visibilmente contento - Non vedo l'ora di
riabbracciarti. - poi si bloccò, aggrottando la fronte - Un momento..... -
aggiunse - stiamo?".
"Sì, amico mio. - annunciò Heron, stavolta più gioioso - Siamo tutti vivi.
Tutti, tranne Ollen".
"Fantastico! - esclamò il vecchio saggio, illuminandosi in volto - Capisco
perché tu voglia rimanere sulla Terra. La popolazione di quel pianeta è davvero
eccezionale. Ma che è successo ad Ollen?".
"Ha tentato di uccidermi. - rispose Heron, senza molta enfasi - Un terrestre
glielo ha impedito. E sai cosa accade quando un graduato attenta alla vita del
suo superiore".
La felicità si spense sul viso del saggio.
"Si viene espulsi nello spazio senza protezione e bombole d'ossigeno. - rispose
l'uomo, mesto - Una morte orribile".
"Già" confermò Heron, anche lui serissimo.
"Beh,..... - riprese Adoniesis, più animato, quasi a voler cacciar via
definitivamente quella brutta immagine - pensiamo ai vivi. Cercate di far presto
a tornare.... - si fermò per aver scorto sul volto del giovane comandante
un'espressione che non corrispondeva con esattezza alla gioia di rimetter piede
sul suolo del pianeta d'origine - Che hai, ragazzo mio? Cosa non ti rende
felice di tornare?".
"Lo sai, Adoniesis" rispose Heron, mesto.
Adoniesis abbassò lo sguardo, dimostrando di aver capito. Sapeva di lui e
Addok.
"Troveremo una soluzione al tuo problema" cercò di rassicurarlo.
"Sai che l'unica soluzione per noi è uscire dalla flotta" puntualizzò Heron.
"Ma la flotta, senza di voi, sarebbe un'astronave senza più guida. - replicò il
vecchio amico saggio mestamente - In balia di qualunque pericolo siderale".
"Lo so, amico mio. - convenne Heron altrettanto tristemente - Ma il prezzo da
pagare, riguardo ai sentimenti, è molto alto".
"Quando non siete in servizio potete fare ciò che volete" tenne a precisare
l'uomo.
"Certo. - confermò Heron - Ma si dà il caso che lo siamo per tre quarti della
nostra vita".
Adoniesis non replicò, limitandosi a chiudere gli occhi, costernato da quella
considerazione.
"Beh, .... - concluse poi, rialzando la testa - vi aspettiamo".
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