Era
una domenica di inizio estate bellissima, quella della gara di
trotto.
Ross
aveva affidato il piccolo Valentine ai Gimlet, pagando ai tre un
biglietto per andare a vedere lo zoo cittadino, adducendo degli
importanti impegni che lo avrebbero tenuto occupato tutto il giorno.
Gli
spiaceva mentire, si sentiva un farabutto e un ladro ma per fare
ciò
che si era prefissato, doveva essere da solo. Valentine lo avrebbe
voluto con lui, la domenica era il giorno in cui passavano
più tempo
insieme e ci era rimasto male per il fatto che non fosse andato allo
zoo con lui, ma Ross sapeva di non poter fare altrimenti.
Odiava
quel modo di agire nell'ombra, i sotterfugi... Odiava anche aver
pianificato quel piano per vedere Demelza, a sua insaputa, odiava la
fastidiosa sensazione che gli pareva sussurrare che la stava
pedinando e che stava facendo qualcosa di assolutamente scorretto.
Non
lo avrebbe fatto mai più ma quella dannata gara di trotto
era
l'unico appiglio che aveva per vederla. Non poteva chiedere di lei ai
Boscawen, non poteva esporsi con Lord Basset più di quanto
non
avesse fatto a quel lussuoso matrimonio e non poteva appostarsi sotto
casa sua ad aspettare che uscisse, rischiando di spaventare lei e i
bambini. Sempre che le guardie non lo avessero cacciato prima di
allora...
Demelza
avrebbe preso parte come spettatrice a quella manifestazione e lui
doveva trovarla e affrontarla, tutto quì. Non aveva nemmeno
idea di
cosa gli avrebbe detto, era arrivato a quel giorno spinto da frenesia
e agitazione, senza un piano ben preciso o un discorso preparato. Era
solo il suo istinto a guidarlo...
Doveva
trovarla e sperare che fosse sola. Non era il caso che ci fossero i
bambini con lei, decisamente no! E nemmeno quel damerino di suo
marito... Sola, la voleva sola!
Si
aggirò nel parco, gremito di gente. Ovunque c'erano nobili,
ricchi
uomini d'affari, donne eleganti che sventolavano i loro ventagli,
bambinaie che correvano dietro a una moltitudine di graziosi ed
elgantissimi bambini e venditori di cavalli in compagnia di
purosangue di rara bellezza, pronti per essere acquistati dal
migliore offerente.
Vicino
all'ingresso del parco c'erano degli stands di legno che vendevano
cibo e bevande e vi era un andirivieni di persone che vi si servivano
per ristorarsi e abbeverarsi, sperando di sconfiggere la forte calura
che faceva sudare ad ogni passo.
Beh,
a Ross non importava né del cibo né dei cavalli.
Forse in un altro
momento sarebbe stato diverso, si sarebbe messo vicino alla
staccionata che delimitava il percorso per la gara di trotto e di
galoppo, avrebbe contrattato per acquistare un nuovo purosangue,
avrebbe conversato con altri suoi pari, ma ora...
Camminò
nel parco, sotto le piante del boschetto o nell'erba che lo
delimitava e poi si avvicinò di nuovo alla staccionata del
circuito,
dove tanti uomini e donne erano assiepati per vedere la gara di
cavalli.
Ross
vi camminò vicino, percorrendone l'intera lunghezza e
cercandola con
lo sguardo. E finalmente la vide... Il suo cuore accelerò e
si sentì
emozionato come un ragazzino al primo appuntamento. Era così
meravigliosa, perfetta... Ed era strano pensare che fosse la stessa
donna che aveva vissuto e condiviso con lui la sua vita da moglie e
madre a Nampara, cercando di sopravvivere a stenti, sventure e
privazioni. Era dolorosamente cambiata adesso, troppo bella per non
essere ammirata e troppo diversa per non rimpiangere ciò che
era e
che lui si era lasciato sfuggire. Vestita con un elegante e smanicato
abito azzurro dalle maniche a sbuffo, Demelza osservava i cavalli che
le sfilavano davanti. I suoi lunghi capelli pieni di boccoli erano
stati lisciati e una mezza coda di cavallo li teneva a bada. Era
bellissima come l'aveva vista al matrimonio, anche se leggermente
più
informale. Fece per avvicinarsi, anche se di fatto c'era molta gente
attorno a loro e sarebbe stato meglio un posto appartato, quando si
accorse che non era sola. Accanto a lei vi era un uomo alto, snello,
elegante, dai capelli chiari e dallo sguardo vacuo. Suo marito?
Ross
sulle prime tremò, sentì la rabbia invaderlo e
cercò di mettere a
fuoco la figura, finché si accorse che quell'uomo lo aveva
già
visto, non era il marito di Demelza di certo e non gli era piaciuto
per niente. Passeggiando con Basset alcune settimane prima ai
giardini di Vauxhall, un tardo pomeriggio lo avevano incrociato
circondato da donnine scollate e compiacenti, di dubbia
moralità.
Monk Adderly, ecco, questo era il suo nome, un membro del Parlamento
e dell'aristocrazia londinese che preferiva i tavoli da gioco e i
giardini di Vauxhall con le loro attrattive, alle questioni sociali
affrontate a Westminster. Gli era parso un uomo viscido, sfuggente e
vagamente strafottente, una di quelle persone che, quando la
incontri, ti lascia addosso una cattiva sensazione. Nemmeno a Basset
piaceva, segno che in quell'uomo dagli apparenti bei modi affabili,
c'era davvero qualcosa che irritava chi lo incontrava. Non era il
marito di Demelza ma lei sembrava consocerlo bene, parlavano insieme,
ridevano e sua... moglie... pareva perfettamente a suo agio in sua
compagnia. Certo, era probabilissimo che si conoscessero, Adderly
frequentava spesso i salotti più importanti della capitale
ma il
fatto che Demelza desse confidenza a un uomo apparentemente
così
viscido e che a lui non piaceva, lo irritava. Lui la guardava con
bramosia, Ross sapeva riconoscere in un uomo il volto della lussuria
e di tanto in tanto tentava di sfiorarle la schiena per avvicinarla a
lui anche se, a onor del vero, Demelza sembrava piuttosto agile a
ristabilire subito le distanze.
Ross
scosse la testa, era sfortunato! Se quell'idiota di Adderly non se ne
andava, gli sarebbe stato impossibile andare da lei.
Si
appoggiò al tronco di un grosso albero che lo celava alla
folla e
rimase ad osservare. E Adderly rimase accanto a Demelza, continuando
a parlare, per tutto il tempo della gara. Lei gli dava retta,
sembrava piacevolmente assorta dalla sua compagnia anche se Ross
vedeva nel suo comportamento una sorta di sopportazione concessa per
dovere e celata dalle buone maniere che stava adoperando con lui.
La
gara finì con un frastuono di applausi e a quel punto due
donne si
avvicinarono ad Adderly che, con un inchino, in loro compagnia, si
allontanò da Demelza. Lei lo saluto, la vide sospirare forse
sollevata dal fatto che fosse sparito e poi si mise a parlare con un
venditore di cavalli che, dopo la gara, si era avvicinato agli
spettatori con le sue bestie.
Ross
sospirò. Dannazione, voleva che si allontanasse e che si
mettesse in
un ambiente più riservato ma Demelza pareva intenzionata a
non
muoversi da lì. Si avvicinò di alcuni passi
però, per esserle
quanto più possibile vicino, senza essere visto.
La
lieve brezza estiva gli portò alle narici un soffio del suo
profumo.
Sapeva di albicocca ed era piacevole da respirare.
"Signora!!!".
Improvvisamente,
una voce fece sussultare Ross che si voltò, trovandosi
davanti
un'altra persona del suo passato, persa anni prima a causa dei suoi
errori.
Circondata
dai bambini di Demelza e da quello che sembrava un amichetto di
Jeremy, Gustav probabilmente, la serva si avvicinò alla sua
padrona.
Era cambiata anche lei, dopo tutto... I suoi capelli perennemente in
disordine erano chiusi in uno chignon tenuto a bada da una cuffia,
aveva abiti puliti da tata e anche la sua persona sembrava
più
votata alla pulizia di quanto non fosse stata in passato. E i
bambini... Tutti bellissimi e allegri, chiassosi come li aveva sempre
visti e vestiti allo stesso modo, con abiti alla marinaretta che
parevano andare molto di moda a Londra. Gli pareva tanto strano che
Demelza seguisse i dettami della moda e che agghindasse così
i suoi
figli ma di fatto era entrata in un mondo con norme molto rigide che,
anche se non gradiva, doveva aveva imparato a seguire.
"Mamma!"
- chiamò Jeremy, correndo vicino a Demelza.
Lei
gli sorrise, stringendolo a se in un abbraccio. Gli accarezzò
i capelli mentre i gemelli si arrampicavano sulla staccionata per
vedere meglio i cavalli e Clowance vi si appoggiava,
pensierosa e perfetta, come sempre.
“Allora
Jeremy, che cavallo vuoi? Questo
signore me ne ha fatti vedere alcuni davvero belli”.
Il
venditore sorrise al bambino, mostrandogli un purosangue dal mantello
rosso. “E' un dono importante, piccolo Lord! Scegli bene! E'
il tuo
compleanno?”.
Demelza
intervenne. “No, è un regalo perché
è stato bravissimo negli
studi, quest'anno! Ed è ora che abbia un cavallo tutto per
lui”.
L'uomo
annuì a Jeremy. “Bravo bambino, te lo meriti
allora! Questo qui va
veloce come un fulmine” - gli suggerì,
mostrandogli la bestia che
teneva per le redini. “Costoso, ma un costo che vale appieno
il suo
gran valore, Lady Boscawen”.
Demelza
alzò gli occhi al cielo, come divertita dal modo di condurre
gli
affari di quell'uomo e Ross, da quella reazione, capì che il
denaro
non era davvero più un suo problema. Osservò
allora Jeremy, il suo
Jeremy che aveva ormai nove anni, era vestito alla marinaretta come
un piccolo Lord e ormai, visto il genere di regalo, doveva aver
imparato a galoppare. E allora cercò di non pensarci,
cercando di
concentrarsi su quella che sarebbe stata la sua scelta, per vedere se
aveva occhio.
Jeremy
osservò il purosangue costoso, ma poi camminò di
alcuni passi lungo
la staccionata ad osservare gli altri cavalli, fermandosi davanti a
un meraviglioso esemplare bianco. “Voglio questo!”.
“E'
bianco come Queen!” - esclamò Clowance, correndo
ad abbraccialo. Rideva, era la prima volta che la vedeva contenta e
sembrava legatissima al fratello.
Jeremy
rise. “E' bianco come il cavallo di papà, non
come Queen!
Voglio questo, mamma!”.
Bianco
come il cavallo di papà... Sentirgli dire quelle parole, fu
come una
frustata al cuore di Ross... Eccolo quell'uomo che ancora sfuggiva
alla sua vista, eccolo che diventava reale attraverso
le parole di Jeremy,
mostrandogli crudelmente
che aveva
preso il suo posto nel cuore di chi lui amava.
Demelza
non lo contraddisse. “E sia, se sei convinto!”.
“Convinto!”.
Il
venditore sorrise. “Ottima scelta, piccolo Lord! Vuoi
salirci?”.
“Sìììì!Gustav,
faccio un giro e poi torno subito e torniamo a giocare nel
bosco!”.
Il
venditore rise, soddisfatto. Poi si rivolse all'amichetto biondo di
Jeremy, Gustav. “E tu, piccolo Lord? Tu non meriti un regalo
per la
tua bravura negli studi?”.
Gustav
scosse la testa, sospirando. “I miei genitori mi hanno
già
regalato un maestro di latino quest'anno e quindi preferisco non
rischiare di chiedere altri regali...”.
Jeremy
rise, imitato da Gustav, poi scavalcò la palizzata, correndo
dal
cavallo scelto. Era stata una buona scelta, un ottimo animale
pensò
Ross, ma che avesse scelto quel colore perché era il colore
del
cavallo di suo padre... Santo cielo, non poteva accettarlo!
Quell'uomo non era suo padre! LUI lo era e Demelza avrebbe dovuto
ricordarglielo!
Lo
osservò e lo vide salire agilmente sul cavallo e si rese
conto che
sapeva farlo. E quando il bambino partì al galoppo, incitato
da
Demelza a stare attento, cavalcò velocemente lungo il
circuito,
saltando senza problemi gli ostacoli sul suo cammino. Era bravo,
aveva imparato a cavalcare senza sbavature e senza paura. Senza di
lui...
Demelza
si concentrò sul venditore di cavalli provvedendo al
pagamento e i
bambini iniziarono a fare baccano. Clowance le si avvicinò,
chiedendole se poteva tornare a giocare con le sue amiche e poi, dopo
aver ottenuto il permesso, corse via mentre il vento faceva muovere
armoniosamente la gonnellina blu del suo abito alla marinara che la
faceva somigliare ancora una volta a una perfetta bambolina.
Gustav
la richiamò. “Vuoi che venga con te?”.
“No!”.
“Ma
io voglio aiutarti a giocare!” - insistette Gustav.
“Non
ne ho bisogno, so giocare con le mie amiche da sola!” -
ribatté
Clowance. “E poi tu continui a venirmi dietro
perché dici che da
grande mi vuoi sposare e io non voglio che lo dici quando ci sono le
mie amiche!”.
Ross
sentì i capelli rizzarsi in piedi. Sposarsi??? Sarebbero
passati
secoli prima che Clowance... la sua piccola Clowance... Non voleva
nemmeno pensarci al fatto che già sua figlia affrontasse
situazioni
del genere, anche se per gioco!
“Va
bene, non lo dico più! Ma mi sposerai?” - chiese
Gustav, mentre
Ross lo guardava scuotendo la testa... Santo cielo, non aveva la
benché minima possibilità di farcela... Se tutti
i pretendenti di
Clowance erano così, lui avrebbe dormito fra due guanciali!
Lei
Gustav lo avrebbe schiacciato, ci riusciva già ora che aveva
solo
sei anni, tre in meno di lui.
Clowance
gli si avvicinò, dandogli una leggera spinta. “Va
in Cornovaglia,
come re Artù! Trova una spada nella roccia, estraila,
diventa re
d'Inghilterra e poi torna da me! E ci penserò...”.
Santo
cielo benedetto... Ross spalancò gli occhi, sinceramente
ammirato ma
ancora una volta intimorito dal caratterino di Clowance, Gustav
annuì
come se quanto chiesto fosse la cosa più facile del mondo e
Demelza
richiamò all'ordine la bambina, mandandola a giocare.
Demian
guardò il ragazzino. “Cambia fidanzata!”
- gli suggerì. E Ross
si trovò decisamente d'accordo con lui.
Gustav
sospirò, si avvicinò a Demian e lo prese per
mano. “Torniamo a
giocare da soli, allora? Dopo viene anche Jeremy, lo aspettiamo sotto
le piante!”.
Demelza
accarezzò i capelli biondissimi del gemellino, gli
sussurrò
nell'orecchio qualcosa e dopo avergli dato un bacio, lo
lasciò
andare con Gustav.
Rimase
solo Prudie, con l'altra gemella, la pestifera Daisy. Ross
osservò
la scena, rendendosi conto che la bambina era scalza nell'esatto
istante in cui se ne accorsero anche Demelza e Prudie.
“Dove
sono le scarpe?” - le chiese sua moglie, in tono dolce.
La
piccola alzò le spalle e Demelza, con un sospiro, la
affidò a
Prudie. “Pensaci tu, ti aspetto alle sei all'uscita, con
tutti i
bambini. Vado a rinfrescarmi alla fontanella vicino alle stalle e a
trovarmi un posto fresco dove sedermi, fa caldissimo. Cerca di essere
puntuale a recuperare tutti i bambini, devo riportare Gustav a casa
per l'ora di cena”.
“Certo
signora!”. Prudie, la cara Prudie che se l'era filata con
Demelza
sette anni prima e con cui avrebbe volentieri fatto due chiacchiere
appena ne avesse avuto occasione, prese per mano Daisy, guardandola
storto. “Dove sono le tue scarpe?” - le chiese, a
una decina di
metri da lui, senza che lo notasse, mentre procedeva verso il parco
dove giocavano gli altri bambini.
Daisy
alzò le spalle. “Non lo so, non lo ricordo! Avevo
caldo...”.
Prudie
ringhiò. “Non si gettano via le scarpe, anche se
si ha caldo!”.
La
piccola alzò lo sguardo a fronteggiarla. “Non le
ho buttate via, è
arrivato un ladro e le ha rubate! I ladri rubano, lo sai?”.
Prudie
si inginocchiò, lanciando fiamme con il suo sguardo.
“E' una
bugia!”.
“No!”.
“Sì
invece!”.
“Invece
no!” - rispose la piccola, non arretrando di nessun passo e
sostenendo lo sguardo di Prudie anche davanti a quella bugia che
portava avanti con tanta faccia tosta e senza il minimo
tentennamento. Ross si accigliò, la mocciosetta aveva un
certo
invidiabile stile e se avesse affinato la tecnica, da grande avrebbe
potuto fregare chiunque con quel faccino da angelo che si ritrovava.
Prudie,
che doveva conoscerla bene, la prese per mano strattonandosela e
trascinandosela dietro. “Andiamo a cercare le tue
scarpe”.
“Non
so dove sono”.
“Cercheremo
in tutti i posti dove sei stata”.
“Ma
sono stata in tanti posti!” - si lamentò la
piccola. “Non li
ricordo!”.
“Non
mi interessa!” - ribatté Prudie.
“Ma
ho camminato tanto!”.
“E
camminerai altrettanto, adesso! Concentrati e pensa a dove sei
stata”.
“Non
so cosa vuol dire”.
“Se
sai cosa vuol dire la parola 'ladro', sai anche che vuol dire
'concentrazione'! Coraggio bestiolina, inizia a pensare e a
camminare”.
Ross
si accigliò... Bestiolina? Si chiese cosa ne pensasse Lord
Falmouth
di quel nomignolo poco lusinghiero dato da Prudie alla sua piccola
principessina ed erede... Ma poi capì che non era il
momento.
Demelza si stava allontanando, era sola ed era diretta ad un posto
più riparato e isolato. Era il momento.
E
con quel pensiero, senza essere visto e nascosto dal flusso della
folla, la seguì. Esserle stato tanto vicino da poterla
osservare
senza essere visto, grazie alla gente che andava e veniva, era stata
una fortuna ma ora doveva uscire allo scoperto. Sentiva il cuore in
gola, le mani che gli sudavano e uno strano tremolio alle gambe e il
suo stato d'animo strideva così tanto con la calma che
ostentava
Demelza in quel momento, tranquilla e all'oscuro di tutto.
La
seguì di soppiatto, rendendosi conto che nonostante vivesse
una vita
agiata, aveva mantenuto il suo passo svelto. Demelza si
allontanò
dallo steccato, percorse un vialetto che portava ai chioschetti dove
in tanti si stavano abbeverando e poi percorse un altro viale che
sfilava dietro a una lunga fila di stalle affollate di cavalli,
venditori e compratori. Ross non la perse di vista un attimo e quando
la vide soprassare la zona delle stalle e fermarsi davanti a una
piccola fontanella più defilata, posta all'inizio di un
boschetto
dove non c'era praticamente nessuno eccetto alcuni bambini che
giocavano in lontananza, decise che era arrivato il momento...
Non
aveva idea di cosa le avrebbe detto e onestamente non sapeva nemmeno
cosa aspettarsi da lei. Demelza non sospettava minimamente della sua
presenza, non si vedevano da anni e sicuramente, vedendolo, sarebbe
stata sorpresa quanto lo era stato lui quando l'aveva vista in
Chiesa. Come avrebbe reagito era un mistero e anche questo faceva
male a Ross... Una volta erano un libro aperto l'uno per l'altra
mentre ora erano praticamente due estranei che si ritrovavano dopo
molto tempo, dolore e incomprensioni. E nessuno poteva prevedere le
reazioni dell'altro...
Demelza
si inginocchiò a bere dalla fontanella, sedendosi sul bordo
di
pietra della stessa. Il cinguettio degli uccelli doveva sembrarle
molto piacevole e rilassante in quel momento, nella penombra degli
alberi, dopo tutto il caldo patito durante la gara, tanto che non si
accorse del suo passo che si avvicinava.
E
quando lei allungò la mano per chiudere il rubinetto
dell'acqua,
Ross era dietro di lei e fece altrettanto, posando la mano sulla sua.
La
sentì sussultare e poi la vide voltarsi lentamente verso di
lui,
come intimorita. E per la prima volta da quasi sette anni i loro
sguardi furono di nuovo incatenati l'uno all'altra, gli occhi scuri
di lui in quelli azzurro-verde di lei.
"Demelza...".
Lei
non ebbe reazioni per alcuni istanti, sbatté le palpebre
come per
metterlo a fuoco, tremò e poi, senza dire nulla, si
alzò di scatto,
spezzando il contatto delle loro mani ancora unite.
Indietreggiò,
pallida come un cencio, fino ad arrivare con la schiena al tronco di
un albero. "Non... Non..." - balbettò.
Ross
per un attimo si trovò spiazzato. Credeva che la sua
reazione
sarebbe stata di rabbia, che avrebbe urlato, che avrebbe tirato fuori
quel suo proverbiale caratterino che spesso li aveva portati a delle
liti ma che la rendevano unica e affascinante ai suoi occhi e invece
sembrava... spaventata... Aveva paura di lui... E non poteva essere,
non poteva accettarlo! Capiva di averla presa di sorpresa, che
probabilmente lui era l'ultimo dei suoi pensieri e che non capiva
cosa ci facesse lì, ma che avesse paura... "Demelza...".
"NO!"
- rispose lei, bloccandolo. "Non sei quì, non sei tu e non
sei
reale... Ora starai zitto, chiuderò gli occhi e quando li
riaprirò,
tu sarai scomparso! Non sei vero, non puoi essere tu...".
Ross
deglutì. La voce di Demelza era metallica, impersonale e
tremante.
Era incredula, lo capiva, lui stesso aveva pensato di essere preda di
allucinazioni quando l'aveva vista per la prima volta. Era normale,
ora si sarebbe calmata e forse avrebbe potuto parlarle. "Sono
vero, reale. Quanto te in questo momento".
Tentò
di avvicinarsi per sfiorarle nuovamente lamano per calmarsi ma
Demelza si ritrasse bruscamente. "Non toccarmi!" - disse,
nello stesso modo in cui glielo aveva detto tanti anni prima, quando
il loro matrimonio stava per finire e non voleva in nessun modo la
sua vicinanza. "Vattene... Non sei vero, sei un sogno! Un
incubo! E' il sole, il caldo... Mi ha dato alla testa e tu non sei
reale! Sei lontano, a casa tua, in Cornovaglia...".
"Lasciami
spiegare!".
Demelza
scosse la testa, con gli occhi lucidi, come rendendosi pian piano
conto che era vero, che era lì. "Non voglio sentire niente,
né
perché sei quì, né come tu abbia fatto
a trovarti davanti a me in
questo momento. Torna da dove sei venuto e lasciami in pace...".
Non
era felice di vederlo, era palese che non volesse incontrarlo mai
più. Ed era normale vista la sua vita e quanto successo fra
loro ma
non poteva, non poteva davvero fare quello che lei gli stava
chiedendo. Non poteva andarsene! "Averti vista è stato un
caso... Lasciami spiegare, voglio solo parlarti!".
Demelza
lo guardò con sguardo perso, sfinito, come se
improvvisamente le
fosse crollato sulle spalle tutto il peso del mondo. Mai l'aveva
vista così da quando l'aveva trovata a Londra e gli spiaceva
farle
quest'effetto e turbare la sua serenità, ma essersi
ritrovati era la
cosa più improbabile del mondo e se il destino aveva
stabilito ciò,
lui doveva cogliere l'occasione che gli era stata data. Era
importante, per lui e per lei! Lo avrebbe capito anche Demelza appena
si fosse ripresa dallo shock.
"Ross...".
Disse quel nome che forse non pronunciava da tanto con un tono amaro
e sofferente. Pareva annientata. "Non devi spiegarmi niente, non
voglio sapere niente e non voglio parlare con te. Ora sparirai, come
spariscono i brutti sogni quando ci si sveglia da un incubo e
qualunque cosa tu faccia quì, andrai avanti a farla lontano
da me".
Fece
per allontanarsi, per scappare ma le corse dietro, prendendola per un
braccio. "Demelza, aspetta! Solo un attimo!". Doveva
parlarle, dirle come aveva saputo di lei, COSA aveva saputo, cosa
l'aveva guidato fino a quella fontanella e chiederle... Chiederle
mille cose che arrovellavano la sua mente! Non aveva diritto a
trattenerla, lo sapeva, ma non si sarebbe fatto scoraggiare.
"Demelza, ti prego! Solo un minuto!".
Lei
si voltò, le guance rigate di lacrime. E a quel punto le
lasciò il
polso, era troppo sconvolta.
"Ti
prego, Demelza...".
"Lasciami
andare... Sparisci, torna nel buio che ha avvolto il tuo ricordo in
questi sette anni... Non c'entri più nulla con me".
"Non
direi!" - rispose, rendendo palese una cosa che sapeva benissimo
anche lei. Non sarebbero bastati quei sette anni e quanto successo a
cancellare il legame che c'era stato fra loro e cosa aveva generato.
Restava l'uomo che aveva amato e sposato e il padre dei suoi due
figli più grandi. E Ross non voleva prendere in
considerazione
null'altro in quel momento, non l'uomo che aveva sposato adesso
né i
bambini che erano nati da quel matrimonio. Doveva parlarle, doveva
discutere con lei di tante cose! Capire cosa provasse, cosa le era
successo in tutto quel tempo, la natura del suo matrimonio, il
ricordo che ancora la legava a lui, se c'era... E Ross era sicuro che
ci fosse! "Demelza, sei sconvolta, lo ero anche io la prima
volta che ti ho vista alcune settimane fa, ma se ti sedessi un attimo
e ti calmassi, io...".
Demelza
si accigliò, a quelle parole. "La prima volta che mi hai
vista?
Settimane fa? Quando...?".
"Beh,
ecco, io...".
Lei
lo bloccò, impedendogli di proseguire in quel racconto.
"Lascia
stare, non mi importa e non voglio saperlo!".
"Demelza!".
La
donna scosse la testa, arretrando. "No! Non voglio sentire
niente! Non voglio sentire la tua voce, mai più!". Gli
voltò
le spalle, d'un tratto corse via allontanandosi e rendendo palese che
nulla l'avrebbe fermata.
Ross
fece alcuni passi per seguirla ma si rese conto che avrebbe solo
peggiorato le cose. Era sconvolta, arrabbiata, ferita... Capiva cosa
provasse, capiva quanto il peso di quei sette anni che lui aveva
sentito giorno per giorno sulle spalle ma che lei forse aveva
relegato in un angolo della sua mente mentre viveva la sua nuova
vita, dovessero pesare su di lei. Era un peso enorme da sostenere
tutto in una volta, all'improvviso.
Non
poteva fermarla, non poteva imporsi, non in quel momento! Lei non lo
avrebbe ascoltato, si sarebbe irrigidita ancora di più e
solo
qualche giorno di pace avrebbe potuto alleviare il suo animo.
Doveva
avere pazienza e in fondo sapeva dove viveva e come trovarla...
Avrebbe cercato un'altra occasione per rivederla e sicuramente
l'avrebbe trovata più agguerrita ma anche più
preparata. Ora lei
sapeva che lui era a Londra e Ross era anche piuttosto certo che nei
giorni a venire sarebbe stato al centro dei suoi pensieri!
...
La
sua mente era come una tavola bianca mentre la carrozza la riportava
a casa. Non era sicura di cosa provasse, se paura o rabbia. O se
fosse semplicemente sconvolta, tanto da non riuscire a formulare
pensieri coerenti. Si sentiva tremare e allo stesso tempo le pareva
di bruciare per la febbre...
Mai,
MAI avrebbe voluto rivedere Ross, mai avrebbe creduto di incontrarlo
di nuovo a Londra. Cosa ci faceva lì? Perché?
Aveva scoperto dove
viveva ed era venuto a cercarla per qualche motivo? O era stato solo
il caso, come aveva asserito vagamente lui? Quando l'aveva vista la
prima volta? Cosa sapeva di lei? C'era Elizabeth con lui? E i loro
figli? Si era trasferito e aveva lasciato la Cornovaglia per qualche
strano motivo?
Se
non fosse scappata, Ross forse avrebbe risposto a tutte queste
domande ma in quel momento si rese conto che non voleva alcuna
risposta da lui.
Voleva
solo l'oblio, quell'oblio inconsapevole che aveva alleviato il suo
dolore in quei sette anni, consentendole di ricominciare a vivere
un'esistenza nuova come una nuova Demelza rinata dalle ceneri.
E
invece Ross era comparso, riportando in vita quella donna lacerata,
ferita e disperata che era giunta nella capitale quasi sette anni
prima, riaprendo ferite che mai si erano chiuse del tutto ma che
erano state alleviate da un nuovo amore, da una nuova famiglia, da
due nuovi figli e dai tanti nuovi amici che aveva incontrato.
Perché
era tornato, PERCHE'???
Non
sapeva cosa volesse Ross, non sapeva nulla. E non voleva sapere
nulla, non voleva permettere a Demelza Poldark di riemergere dalle
tenebre, soppiantando la tranquillità di Lady Boscawen e dei
suoi
bambini.
Demian
le toccò il braccio mentre Prudie la guardava pensierosa e
preoccupata per quel suo mutismo. "Mamma, sei arrabbiata?".
Accarezzò
i capelli biondi del suo piccolo principe. "No amore, sono solo
stanca".
Clowance,
che giocava sul sedile opposto con Daisy ancora scalza e Jeremy
rimasto solo dopo aver lasciato Gustav a casa sua, rise. "E'
stanca perché Monk Adderly l'ha trovata e rapita e a mamma
non piace
ma deve essere gentile ed educata con lui!".
Demelza
le sorrise. "Certo...".
Demian
sospirò, rinfrancato. Poi le diede un bacio sulla guancia,
rannicchiandosi fra le sue braccia. Lui capiva sempre quando qualcosa
non andava in lei, era il più piccolo dei suoi figli ma era
anche
estremamente sensibile e ricettivo se la vedeva turbata.
Lo
coccolò, desiderosa di calmare il suo cuore in subbuglio e
di
trovare la pace nel calore dell'abbraccio del suo bellissimo bambino
biondo. Demian riusciva sempre a calmarla, sempre...
Quando
arrivarono a casa e scesero dalla carrozza, anche Jeremy corse ad
abbracciarla, come capendo che qualcosa non andava. "Mamma...".
"Cosa
c'è?".
"E'
per il cavallo che ho scelto? Costa troppo?".
Gli
sorrise, accarezzandogli i capelli e stringendolo a se. Jeremy, come
Demian, aveva un cuore d'oro e una sensibilità unica. Era
colui che
si sentiva responsabile dei fratellini e anche di lei, dopo la morte
di Hugh. Lo amava immensamente, era stato il suo compagno di dolore
sette anni prima, quando aveva vissuto l'inferno, e lei invece
avrebbe voluto che fosse solo felice e un bambino senza pensieri.
Eppure Ross prima e la morte di Hugh dopo, lo avevano caricato di
responsabilità che non gli spettavano. Lo
abbracciò più forte,
desiderosa di proteggerlo da tutto e TUTTI e di rassicurarlo. "Ho
solo mal di testa, faceva troppo caldo! Non preoccuparti, te lo
meriti il tuo cavallo e niente costerà mai troppo se serve a
renderti felice".
Jeremy
annuì e Prudie si avvicinò, dandogli un buffetto
sulla guancia. "In
casa, tutti e quattro. Non è il cavallo il problema, sono le
scarpe
di quella bestiolina di tua sorella! Non le ho trovate, signora!".
"Non
sono una bestiolina, sono una bambina senza scarpe perché me
le
hanno prese i ladri!" - rispose la gemellina, incrociando le
braccia, con cipiglio imbronciato.
Prudie
le diede una pacca leggera sulla testa. "Zitta, piccola
bestiolina bugiarda! E ora, tutti in casa! Con o senza scarpe!".
Demelza
le sorrise, osservando i bambini correre via più sereni e
chiassosi,
come al solito. "Non importa, gliele ricompreremo le scarpe. Ne
ha tante, dopo tutto...".
Prudie
la guardò, stupita che dicesse una cosa del genere. Non era
da
Demelza sperperare il denaro e soprattutto non insegnare ai bambini
la responsabilità di gestire le loro cose. "Ragazza, cosa
c'è?
Stai male?".
Demelza
scosse la testa con sguardo perso. "No...".
"C'è
qualcosa che non va, sei bianca come un cencio e a Prudie non puoi
non raccontarla giusta! Che succede? Hai la faccia di una che ha
visto un fantasma...".
Un
fantasma... Quale modo migliore per descrivere il suo incontro di
poche ore prima? "Hai ragione, ho visto un fantasma..." -
sussurrò, osservando il vuoto davanti a lei.
Prudie
spalancò gli occhi, prendendola letteralmente in parola.
Impallidì.
"Fantasma? Del signor Hugh?".
Demelza
scosse la testa. "No, non Hugh... Ross!".
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