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Autore: lady lina 77    16/01/2019    5 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era una domenica di inizio estate bellissima, quella della gara di trotto.

Ross aveva affidato il piccolo Valentine ai Gimlet, pagando ai tre un biglietto per andare a vedere lo zoo cittadino, adducendo degli importanti impegni che lo avrebbero tenuto occupato tutto il giorno.

Gli spiaceva mentire, si sentiva un farabutto e un ladro ma per fare ciò che si era prefissato, doveva essere da solo. Valentine lo avrebbe voluto con lui, la domenica era il giorno in cui passavano più tempo insieme e ci era rimasto male per il fatto che non fosse andato allo zoo con lui, ma Ross sapeva di non poter fare altrimenti.

Odiava quel modo di agire nell'ombra, i sotterfugi... Odiava anche aver pianificato quel piano per vedere Demelza, a sua insaputa, odiava la fastidiosa sensazione che gli pareva sussurrare che la stava pedinando e che stava facendo qualcosa di assolutamente scorretto.

Non lo avrebbe fatto mai più ma quella dannata gara di trotto era l'unico appiglio che aveva per vederla. Non poteva chiedere di lei ai Boscawen, non poteva esporsi con Lord Basset più di quanto non avesse fatto a quel lussuoso matrimonio e non poteva appostarsi sotto casa sua ad aspettare che uscisse, rischiando di spaventare lei e i bambini. Sempre che le guardie non lo avessero cacciato prima di allora...

Demelza avrebbe preso parte come spettatrice a quella manifestazione e lui doveva trovarla e affrontarla, tutto quì. Non aveva nemmeno idea di cosa gli avrebbe detto, era arrivato a quel giorno spinto da frenesia e agitazione, senza un piano ben preciso o un discorso preparato. Era solo il suo istinto a guidarlo...

Doveva trovarla e sperare che fosse sola. Non era il caso che ci fossero i bambini con lei, decisamente no! E nemmeno quel damerino di suo marito... Sola, la voleva sola!

Si aggirò nel parco, gremito di gente. Ovunque c'erano nobili, ricchi uomini d'affari, donne eleganti che sventolavano i loro ventagli, bambinaie che correvano dietro a una moltitudine di graziosi ed elgantissimi bambini e venditori di cavalli in compagnia di purosangue di rara bellezza, pronti per essere acquistati dal migliore offerente.

Vicino all'ingresso del parco c'erano degli stands di legno che vendevano cibo e bevande e vi era un andirivieni di persone che vi si servivano per ristorarsi e abbeverarsi, sperando di sconfiggere la forte calura che faceva sudare ad ogni passo.

Beh, a Ross non importava né del cibo né dei cavalli. Forse in un altro momento sarebbe stato diverso, si sarebbe messo vicino alla staccionata che delimitava il percorso per la gara di trotto e di galoppo, avrebbe contrattato per acquistare un nuovo purosangue, avrebbe conversato con altri suoi pari, ma ora...

Camminò nel parco, sotto le piante del boschetto o nell'erba che lo delimitava e poi si avvicinò di nuovo alla staccionata del circuito, dove tanti uomini e donne erano assiepati per vedere la gara di cavalli.

Ross vi camminò vicino, percorrendone l'intera lunghezza e cercandola con lo sguardo. E finalmente la vide... Il suo cuore accelerò e si sentì emozionato come un ragazzino al primo appuntamento. Era così meravigliosa, perfetta... Ed era strano pensare che fosse la stessa donna che aveva vissuto e condiviso con lui la sua vita da moglie e madre a Nampara, cercando di sopravvivere a stenti, sventure e privazioni. Era dolorosamente cambiata adesso, troppo bella per non essere ammirata e troppo diversa per non rimpiangere ciò che era e che lui si era lasciato sfuggire. Vestita con un elegante e smanicato abito azzurro dalle maniche a sbuffo, Demelza osservava i cavalli che le sfilavano davanti. I suoi lunghi capelli pieni di boccoli erano stati lisciati e una mezza coda di cavallo li teneva a bada. Era bellissima come l'aveva vista al matrimonio, anche se leggermente più informale. Fece per avvicinarsi, anche se di fatto c'era molta gente attorno a loro e sarebbe stato meglio un posto appartato, quando si accorse che non era sola. Accanto a lei vi era un uomo alto, snello, elegante, dai capelli chiari e dallo sguardo vacuo. Suo marito?

Ross sulle prime tremò, sentì la rabbia invaderlo e cercò di mettere a fuoco la figura, finché si accorse che quell'uomo lo aveva già visto, non era il marito di Demelza di certo e non gli era piaciuto per niente. Passeggiando con Basset alcune settimane prima ai giardini di Vauxhall, un tardo pomeriggio lo avevano incrociato circondato da donnine scollate e compiacenti, di dubbia moralità. Monk Adderly, ecco, questo era il suo nome, un membro del Parlamento e dell'aristocrazia londinese che preferiva i tavoli da gioco e i giardini di Vauxhall con le loro attrattive, alle questioni sociali affrontate a Westminster. Gli era parso un uomo viscido, sfuggente e vagamente strafottente, una di quelle persone che, quando la incontri, ti lascia addosso una cattiva sensazione. Nemmeno a Basset piaceva, segno che in quell'uomo dagli apparenti bei modi affabili, c'era davvero qualcosa che irritava chi lo incontrava. Non era il marito di Demelza ma lei sembrava consocerlo bene, parlavano insieme, ridevano e sua... moglie... pareva perfettamente a suo agio in sua compagnia. Certo, era probabilissimo che si conoscessero, Adderly frequentava spesso i salotti più importanti della capitale ma il fatto che Demelza desse confidenza a un uomo apparentemente così viscido e che a lui non piaceva, lo irritava. Lui la guardava con bramosia, Ross sapeva riconoscere in un uomo il volto della lussuria e di tanto in tanto tentava di sfiorarle la schiena per avvicinarla a lui anche se, a onor del vero, Demelza sembrava piuttosto agile a ristabilire subito le distanze.

Ross scosse la testa, era sfortunato! Se quell'idiota di Adderly non se ne andava, gli sarebbe stato impossibile andare da lei.

Si appoggiò al tronco di un grosso albero che lo celava alla folla e rimase ad osservare. E Adderly rimase accanto a Demelza, continuando a parlare, per tutto il tempo della gara. Lei gli dava retta, sembrava piacevolmente assorta dalla sua compagnia anche se Ross vedeva nel suo comportamento una sorta di sopportazione concessa per dovere e celata dalle buone maniere che stava adoperando con lui.

La gara finì con un frastuono di applausi e a quel punto due donne si avvicinarono ad Adderly che, con un inchino, in loro compagnia, si allontanò da Demelza. Lei lo saluto, la vide sospirare forse sollevata dal fatto che fosse sparito e poi si mise a parlare con un venditore di cavalli che, dopo la gara, si era avvicinato agli spettatori con le sue bestie.

Ross sospirò. Dannazione, voleva che si allontanasse e che si mettesse in un ambiente più riservato ma Demelza pareva intenzionata a non muoversi da lì. Si avvicinò di alcuni passi però, per esserle quanto più possibile vicino, senza essere visto.

La lieve brezza estiva gli portò alle narici un soffio del suo profumo. Sapeva di albicocca ed era piacevole da respirare.

"Signora!!!".

Improvvisamente, una voce fece sussultare Ross che si voltò, trovandosi davanti un'altra persona del suo passato, persa anni prima a causa dei suoi errori.

Circondata dai bambini di Demelza e da quello che sembrava un amichetto di Jeremy, Gustav probabilmente, la serva si avvicinò alla sua padrona. Era cambiata anche lei, dopo tutto... I suoi capelli perennemente in disordine erano chiusi in uno chignon tenuto a bada da una cuffia, aveva abiti puliti da tata e anche la sua persona sembrava più votata alla pulizia di quanto non fosse stata in passato. E i bambini... Tutti bellissimi e allegri, chiassosi come li aveva sempre visti e vestiti allo stesso modo, con abiti alla marinaretta che parevano andare molto di moda a Londra. Gli pareva tanto strano che Demelza seguisse i dettami della moda e che agghindasse così i suoi figli ma di fatto era entrata in un mondo con norme molto rigide che, anche se non gradiva, doveva aveva imparato a seguire.

"Mamma!" - chiamò Jeremy, correndo vicino a Demelza.

Lei gli sorrise, stringendolo a se in un abbraccio. Gli accarezzò i capelli mentre i gemelli si arrampicavano sulla staccionata per vedere meglio i cavalli e Clowance vi si appoggiava, pensierosa e perfetta, come sempre.

Allora Jeremy, che cavallo vuoi? Questo signore me ne ha fatti vedere alcuni davvero belli”.

Il venditore sorrise al bambino, mostrandogli un purosangue dal mantello rosso. “E' un dono importante, piccolo Lord! Scegli bene! E' il tuo compleanno?”.

Demelza intervenne. “No, è un regalo perché è stato bravissimo negli studi, quest'anno! Ed è ora che abbia un cavallo tutto per lui”.

L'uomo annuì a Jeremy. “Bravo bambino, te lo meriti allora! Questo qui va veloce come un fulmine” - gli suggerì, mostrandogli la bestia che teneva per le redini. “Costoso, ma un costo che vale appieno il suo gran valore, Lady Boscawen”.

Demelza alzò gli occhi al cielo, come divertita dal modo di condurre gli affari di quell'uomo e Ross, da quella reazione, capì che il denaro non era davvero più un suo problema. Osservò allora Jeremy, il suo Jeremy che aveva ormai nove anni, era vestito alla marinaretta come un piccolo Lord e ormai, visto il genere di regalo, doveva aver imparato a galoppare. E allora cercò di non pensarci, cercando di concentrarsi su quella che sarebbe stata la sua scelta, per vedere se aveva occhio.

Jeremy osservò il purosangue costoso, ma poi camminò di alcuni passi lungo la staccionata ad osservare gli altri cavalli, fermandosi davanti a un meraviglioso esemplare bianco. “Voglio questo!”.

E' bianco come Queen!” - esclamò Clowance, correndo ad abbraccialo. Rideva, era la prima volta che la vedeva contenta e sembrava legatissima al fratello.

Jeremy rise. “E' bianco come il cavallo di papà, non come Queen! Voglio questo, mamma!”.

Bianco come il cavallo di papà... Sentirgli dire quelle parole, fu come una frustata al cuore di Ross... Eccolo quell'uomo che ancora sfuggiva alla sua vista, eccolo che diventava reale attraverso le parole di Jeremy, mostrandogli crudelmente che aveva preso il suo posto nel cuore di chi lui amava.

Demelza non lo contraddisse. “E sia, se sei convinto!”.

Convinto!”.

Il venditore sorrise. “Ottima scelta, piccolo Lord! Vuoi salirci?”.

Sìììì!Gustav, faccio un giro e poi torno subito e torniamo a giocare nel bosco!”.

Il venditore rise, soddisfatto. Poi si rivolse all'amichetto biondo di Jeremy, Gustav. “E tu, piccolo Lord? Tu non meriti un regalo per la tua bravura negli studi?”.

Gustav scosse la testa, sospirando. “I miei genitori mi hanno già regalato un maestro di latino quest'anno e quindi preferisco non rischiare di chiedere altri regali...”.

Jeremy rise, imitato da Gustav, poi scavalcò la palizzata, correndo dal cavallo scelto. Era stata una buona scelta, un ottimo animale pensò Ross, ma che avesse scelto quel colore perché era il colore del cavallo di suo padre... Santo cielo, non poteva accettarlo! Quell'uomo non era suo padre! LUI lo era e Demelza avrebbe dovuto ricordarglielo!

Lo osservò e lo vide salire agilmente sul cavallo e si rese conto che sapeva farlo. E quando il bambino partì al galoppo, incitato da Demelza a stare attento, cavalcò velocemente lungo il circuito, saltando senza problemi gli ostacoli sul suo cammino. Era bravo, aveva imparato a cavalcare senza sbavature e senza paura. Senza di lui...

Demelza si concentrò sul venditore di cavalli provvedendo al pagamento e i bambini iniziarono a fare baccano. Clowance le si avvicinò, chiedendole se poteva tornare a giocare con le sue amiche e poi, dopo aver ottenuto il permesso, corse via mentre il vento faceva muovere armoniosamente la gonnellina blu del suo abito alla marinara che la faceva somigliare ancora una volta a una perfetta bambolina.

Gustav la richiamò. “Vuoi che venga con te?”.

No!”.

Ma io voglio aiutarti a giocare!” - insistette Gustav.

Non ne ho bisogno, so giocare con le mie amiche da sola!” - ribatté Clowance. “E poi tu continui a venirmi dietro perché dici che da grande mi vuoi sposare e io non voglio che lo dici quando ci sono le mie amiche!”.

Ross sentì i capelli rizzarsi in piedi. Sposarsi??? Sarebbero passati secoli prima che Clowance... la sua piccola Clowance... Non voleva nemmeno pensarci al fatto che già sua figlia affrontasse situazioni del genere, anche se per gioco!

Va bene, non lo dico più! Ma mi sposerai?” - chiese Gustav, mentre Ross lo guardava scuotendo la testa... Santo cielo, non aveva la benché minima possibilità di farcela... Se tutti i pretendenti di Clowance erano così, lui avrebbe dormito fra due guanciali! Lei Gustav lo avrebbe schiacciato, ci riusciva già ora che aveva solo sei anni, tre in meno di lui.

Clowance gli si avvicinò, dandogli una leggera spinta. “Va in Cornovaglia, come re Artù! Trova una spada nella roccia, estraila, diventa re d'Inghilterra e poi torna da me! E ci penserò...”.

Santo cielo benedetto... Ross spalancò gli occhi, sinceramente ammirato ma ancora una volta intimorito dal caratterino di Clowance, Gustav annuì come se quanto chiesto fosse la cosa più facile del mondo e Demelza richiamò all'ordine la bambina, mandandola a giocare.

Demian guardò il ragazzino. “Cambia fidanzata!” - gli suggerì. E Ross si trovò decisamente d'accordo con lui.

Gustav sospirò, si avvicinò a Demian e lo prese per mano. “Torniamo a giocare da soli, allora? Dopo viene anche Jeremy, lo aspettiamo sotto le piante!”.

Demelza accarezzò i capelli biondissimi del gemellino, gli sussurrò nell'orecchio qualcosa e dopo avergli dato un bacio, lo lasciò andare con Gustav.

Rimase solo Prudie, con l'altra gemella, la pestifera Daisy. Ross osservò la scena, rendendosi conto che la bambina era scalza nell'esatto istante in cui se ne accorsero anche Demelza e Prudie.

Dove sono le scarpe?” - le chiese sua moglie, in tono dolce.

La piccola alzò le spalle e Demelza, con un sospiro, la affidò a Prudie. “Pensaci tu, ti aspetto alle sei all'uscita, con tutti i bambini. Vado a rinfrescarmi alla fontanella vicino alle stalle e a trovarmi un posto fresco dove sedermi, fa caldissimo. Cerca di essere puntuale a recuperare tutti i bambini, devo riportare Gustav a casa per l'ora di cena”.

Certo signora!”. Prudie, la cara Prudie che se l'era filata con Demelza sette anni prima e con cui avrebbe volentieri fatto due chiacchiere appena ne avesse avuto occasione, prese per mano Daisy, guardandola storto. “Dove sono le tue scarpe?” - le chiese, a una decina di metri da lui, senza che lo notasse, mentre procedeva verso il parco dove giocavano gli altri bambini.

Daisy alzò le spalle. “Non lo so, non lo ricordo! Avevo caldo...”.

Prudie ringhiò. “Non si gettano via le scarpe, anche se si ha caldo!”.

La piccola alzò lo sguardo a fronteggiarla. “Non le ho buttate via, è arrivato un ladro e le ha rubate! I ladri rubano, lo sai?”.

Prudie si inginocchiò, lanciando fiamme con il suo sguardo. “E' una bugia!”.

No!”.

Sì invece!”.

Invece no!” - rispose la piccola, non arretrando di nessun passo e sostenendo lo sguardo di Prudie anche davanti a quella bugia che portava avanti con tanta faccia tosta e senza il minimo tentennamento. Ross si accigliò, la mocciosetta aveva un certo invidiabile stile e se avesse affinato la tecnica, da grande avrebbe potuto fregare chiunque con quel faccino da angelo che si ritrovava.

Prudie, che doveva conoscerla bene, la prese per mano strattonandosela e trascinandosela dietro. “Andiamo a cercare le tue scarpe”.

Non so dove sono”.

Cercheremo in tutti i posti dove sei stata”.

Ma sono stata in tanti posti!” - si lamentò la piccola. “Non li ricordo!”.

Non mi interessa!” - ribatté Prudie.

Ma ho camminato tanto!”.

E camminerai altrettanto, adesso! Concentrati e pensa a dove sei stata”.

Non so cosa vuol dire”.

Se sai cosa vuol dire la parola 'ladro', sai anche che vuol dire 'concentrazione'! Coraggio bestiolina, inizia a pensare e a camminare”.

Ross si accigliò... Bestiolina? Si chiese cosa ne pensasse Lord Falmouth di quel nomignolo poco lusinghiero dato da Prudie alla sua piccola principessina ed erede... Ma poi capì che non era il momento. Demelza si stava allontanando, era sola ed era diretta ad un posto più riparato e isolato. Era il momento.

E con quel pensiero, senza essere visto e nascosto dal flusso della folla, la seguì. Esserle stato tanto vicino da poterla osservare senza essere visto, grazie alla gente che andava e veniva, era stata una fortuna ma ora doveva uscire allo scoperto. Sentiva il cuore in gola, le mani che gli sudavano e uno strano tremolio alle gambe e il suo stato d'animo strideva così tanto con la calma che ostentava Demelza in quel momento, tranquilla e all'oscuro di tutto.

La seguì di soppiatto, rendendosi conto che nonostante vivesse una vita agiata, aveva mantenuto il suo passo svelto. Demelza si allontanò dallo steccato, percorse un vialetto che portava ai chioschetti dove in tanti si stavano abbeverando e poi percorse un altro viale che sfilava dietro a una lunga fila di stalle affollate di cavalli, venditori e compratori. Ross non la perse di vista un attimo e quando la vide soprassare la zona delle stalle e fermarsi davanti a una piccola fontanella più defilata, posta all'inizio di un boschetto dove non c'era praticamente nessuno eccetto alcuni bambini che giocavano in lontananza, decise che era arrivato il momento...

Non aveva idea di cosa le avrebbe detto e onestamente non sapeva nemmeno cosa aspettarsi da lei. Demelza non sospettava minimamente della sua presenza, non si vedevano da anni e sicuramente, vedendolo, sarebbe stata sorpresa quanto lo era stato lui quando l'aveva vista in Chiesa. Come avrebbe reagito era un mistero e anche questo faceva male a Ross... Una volta erano un libro aperto l'uno per l'altra mentre ora erano praticamente due estranei che si ritrovavano dopo molto tempo, dolore e incomprensioni. E nessuno poteva prevedere le reazioni dell'altro...

Demelza si inginocchiò a bere dalla fontanella, sedendosi sul bordo di pietra della stessa. Il cinguettio degli uccelli doveva sembrarle molto piacevole e rilassante in quel momento, nella penombra degli alberi, dopo tutto il caldo patito durante la gara, tanto che non si accorse del suo passo che si avvicinava.

E quando lei allungò la mano per chiudere il rubinetto dell'acqua, Ross era dietro di lei e fece altrettanto, posando la mano sulla sua.

La sentì sussultare e poi la vide voltarsi lentamente verso di lui, come intimorita. E per la prima volta da quasi sette anni i loro sguardi furono di nuovo incatenati l'uno all'altra, gli occhi scuri di lui in quelli azzurro-verde di lei.

"Demelza...".

Lei non ebbe reazioni per alcuni istanti, sbatté le palpebre come per metterlo a fuoco, tremò e poi, senza dire nulla, si alzò di scatto, spezzando il contatto delle loro mani ancora unite. Indietreggiò, pallida come un cencio, fino ad arrivare con la schiena al tronco di un albero. "Non... Non..." - balbettò.

Ross per un attimo si trovò spiazzato. Credeva che la sua reazione sarebbe stata di rabbia, che avrebbe urlato, che avrebbe tirato fuori quel suo proverbiale caratterino che spesso li aveva portati a delle liti ma che la rendevano unica e affascinante ai suoi occhi e invece sembrava... spaventata... Aveva paura di lui... E non poteva essere, non poteva accettarlo! Capiva di averla presa di sorpresa, che probabilmente lui era l'ultimo dei suoi pensieri e che non capiva cosa ci facesse lì, ma che avesse paura... "Demelza...".

"NO!" - rispose lei, bloccandolo. "Non sei quì, non sei tu e non sei reale... Ora starai zitto, chiuderò gli occhi e quando li riaprirò, tu sarai scomparso! Non sei vero, non puoi essere tu...".

Ross deglutì. La voce di Demelza era metallica, impersonale e tremante. Era incredula, lo capiva, lui stesso aveva pensato di essere preda di allucinazioni quando l'aveva vista per la prima volta. Era normale, ora si sarebbe calmata e forse avrebbe potuto parlarle. "Sono vero, reale. Quanto te in questo momento".

Tentò di avvicinarsi per sfiorarle nuovamente lamano per calmarsi ma Demelza si ritrasse bruscamente. "Non toccarmi!" - disse, nello stesso modo in cui glielo aveva detto tanti anni prima, quando il loro matrimonio stava per finire e non voleva in nessun modo la sua vicinanza. "Vattene... Non sei vero, sei un sogno! Un incubo! E' il sole, il caldo... Mi ha dato alla testa e tu non sei reale! Sei lontano, a casa tua, in Cornovaglia...".

"Lasciami spiegare!".

Demelza scosse la testa, con gli occhi lucidi, come rendendosi pian piano conto che era vero, che era lì. "Non voglio sentire niente, né perché sei quì, né come tu abbia fatto a trovarti davanti a me in questo momento. Torna da dove sei venuto e lasciami in pace...".

Non era felice di vederlo, era palese che non volesse incontrarlo mai più. Ed era normale vista la sua vita e quanto successo fra loro ma non poteva, non poteva davvero fare quello che lei gli stava chiedendo. Non poteva andarsene! "Averti vista è stato un caso... Lasciami spiegare, voglio solo parlarti!".

Demelza lo guardò con sguardo perso, sfinito, come se improvvisamente le fosse crollato sulle spalle tutto il peso del mondo. Mai l'aveva vista così da quando l'aveva trovata a Londra e gli spiaceva farle quest'effetto e turbare la sua serenità, ma essersi ritrovati era la cosa più improbabile del mondo e se il destino aveva stabilito ciò, lui doveva cogliere l'occasione che gli era stata data. Era importante, per lui e per lei! Lo avrebbe capito anche Demelza appena si fosse ripresa dallo shock.

"Ross...". Disse quel nome che forse non pronunciava da tanto con un tono amaro e sofferente. Pareva annientata. "Non devi spiegarmi niente, non voglio sapere niente e non voglio parlare con te. Ora sparirai, come spariscono i brutti sogni quando ci si sveglia da un incubo e qualunque cosa tu faccia quì, andrai avanti a farla lontano da me".

Fece per allontanarsi, per scappare ma le corse dietro, prendendola per un braccio. "Demelza, aspetta! Solo un attimo!". Doveva parlarle, dirle come aveva saputo di lei, COSA aveva saputo, cosa l'aveva guidato fino a quella fontanella e chiederle... Chiederle mille cose che arrovellavano la sua mente! Non aveva diritto a trattenerla, lo sapeva, ma non si sarebbe fatto scoraggiare. "Demelza, ti prego! Solo un minuto!".

Lei si voltò, le guance rigate di lacrime. E a quel punto le lasciò il polso, era troppo sconvolta.

"Ti prego, Demelza...".

"Lasciami andare... Sparisci, torna nel buio che ha avvolto il tuo ricordo in questi sette anni... Non c'entri più nulla con me".

"Non direi!" - rispose, rendendo palese una cosa che sapeva benissimo anche lei. Non sarebbero bastati quei sette anni e quanto successo a cancellare il legame che c'era stato fra loro e cosa aveva generato. Restava l'uomo che aveva amato e sposato e il padre dei suoi due figli più grandi. E Ross non voleva prendere in considerazione null'altro in quel momento, non l'uomo che aveva sposato adesso né i bambini che erano nati da quel matrimonio. Doveva parlarle, doveva discutere con lei di tante cose! Capire cosa provasse, cosa le era successo in tutto quel tempo, la natura del suo matrimonio, il ricordo che ancora la legava a lui, se c'era... E Ross era sicuro che ci fosse! "Demelza, sei sconvolta, lo ero anche io la prima volta che ti ho vista alcune settimane fa, ma se ti sedessi un attimo e ti calmassi, io...".

Demelza si accigliò, a quelle parole. "La prima volta che mi hai vista? Settimane fa? Quando...?".

"Beh, ecco, io...".

Lei lo bloccò, impedendogli di proseguire in quel racconto. "Lascia stare, non mi importa e non voglio saperlo!".

"Demelza!".

La donna scosse la testa, arretrando. "No! Non voglio sentire niente! Non voglio sentire la tua voce, mai più!". Gli voltò le spalle, d'un tratto corse via allontanandosi e rendendo palese che nulla l'avrebbe fermata.

Ross fece alcuni passi per seguirla ma si rese conto che avrebbe solo peggiorato le cose. Era sconvolta, arrabbiata, ferita... Capiva cosa provasse, capiva quanto il peso di quei sette anni che lui aveva sentito giorno per giorno sulle spalle ma che lei forse aveva relegato in un angolo della sua mente mentre viveva la sua nuova vita, dovessero pesare su di lei. Era un peso enorme da sostenere tutto in una volta, all'improvviso.

Non poteva fermarla, non poteva imporsi, non in quel momento! Lei non lo avrebbe ascoltato, si sarebbe irrigidita ancora di più e solo qualche giorno di pace avrebbe potuto alleviare il suo animo.

Doveva avere pazienza e in fondo sapeva dove viveva e come trovarla... Avrebbe cercato un'altra occasione per rivederla e sicuramente l'avrebbe trovata più agguerrita ma anche più preparata. Ora lei sapeva che lui era a Londra e Ross era anche piuttosto certo che nei giorni a venire sarebbe stato al centro dei suoi pensieri!


...


La sua mente era come una tavola bianca mentre la carrozza la riportava a casa. Non era sicura di cosa provasse, se paura o rabbia. O se fosse semplicemente sconvolta, tanto da non riuscire a formulare pensieri coerenti. Si sentiva tremare e allo stesso tempo le pareva di bruciare per la febbre...

Mai, MAI avrebbe voluto rivedere Ross, mai avrebbe creduto di incontrarlo di nuovo a Londra. Cosa ci faceva lì? Perché? Aveva scoperto dove viveva ed era venuto a cercarla per qualche motivo? O era stato solo il caso, come aveva asserito vagamente lui? Quando l'aveva vista la prima volta? Cosa sapeva di lei? C'era Elizabeth con lui? E i loro figli? Si era trasferito e aveva lasciato la Cornovaglia per qualche strano motivo?

Se non fosse scappata, Ross forse avrebbe risposto a tutte queste domande ma in quel momento si rese conto che non voleva alcuna risposta da lui.

Voleva solo l'oblio, quell'oblio inconsapevole che aveva alleviato il suo dolore in quei sette anni, consentendole di ricominciare a vivere un'esistenza nuova come una nuova Demelza rinata dalle ceneri.

E invece Ross era comparso, riportando in vita quella donna lacerata, ferita e disperata che era giunta nella capitale quasi sette anni prima, riaprendo ferite che mai si erano chiuse del tutto ma che erano state alleviate da un nuovo amore, da una nuova famiglia, da due nuovi figli e dai tanti nuovi amici che aveva incontrato. Perché era tornato, PERCHE'???

Non sapeva cosa volesse Ross, non sapeva nulla. E non voleva sapere nulla, non voleva permettere a Demelza Poldark di riemergere dalle tenebre, soppiantando la tranquillità di Lady Boscawen e dei suoi bambini.

Demian le toccò il braccio mentre Prudie la guardava pensierosa e preoccupata per quel suo mutismo. "Mamma, sei arrabbiata?".

Accarezzò i capelli biondi del suo piccolo principe. "No amore, sono solo stanca".

Clowance, che giocava sul sedile opposto con Daisy ancora scalza e Jeremy rimasto solo dopo aver lasciato Gustav a casa sua, rise. "E' stanca perché Monk Adderly l'ha trovata e rapita e a mamma non piace ma deve essere gentile ed educata con lui!".

Demelza le sorrise. "Certo...".

Demian sospirò, rinfrancato. Poi le diede un bacio sulla guancia, rannicchiandosi fra le sue braccia. Lui capiva sempre quando qualcosa non andava in lei, era il più piccolo dei suoi figli ma era anche estremamente sensibile e ricettivo se la vedeva turbata.

Lo coccolò, desiderosa di calmare il suo cuore in subbuglio e di trovare la pace nel calore dell'abbraccio del suo bellissimo bambino biondo. Demian riusciva sempre a calmarla, sempre...

Quando arrivarono a casa e scesero dalla carrozza, anche Jeremy corse ad abbracciarla, come capendo che qualcosa non andava. "Mamma...".

"Cosa c'è?".

"E' per il cavallo che ho scelto? Costa troppo?".

Gli sorrise, accarezzandogli i capelli e stringendolo a se. Jeremy, come Demian, aveva un cuore d'oro e una sensibilità unica. Era colui che si sentiva responsabile dei fratellini e anche di lei, dopo la morte di Hugh. Lo amava immensamente, era stato il suo compagno di dolore sette anni prima, quando aveva vissuto l'inferno, e lei invece avrebbe voluto che fosse solo felice e un bambino senza pensieri. Eppure Ross prima e la morte di Hugh dopo, lo avevano caricato di responsabilità che non gli spettavano. Lo abbracciò più forte, desiderosa di proteggerlo da tutto e TUTTI e di rassicurarlo. "Ho solo mal di testa, faceva troppo caldo! Non preoccuparti, te lo meriti il tuo cavallo e niente costerà mai troppo se serve a renderti felice".

Jeremy annuì e Prudie si avvicinò, dandogli un buffetto sulla guancia. "In casa, tutti e quattro. Non è il cavallo il problema, sono le scarpe di quella bestiolina di tua sorella! Non le ho trovate, signora!".

"Non sono una bestiolina, sono una bambina senza scarpe perché me le hanno prese i ladri!" - rispose la gemellina, incrociando le braccia, con cipiglio imbronciato.

Prudie le diede una pacca leggera sulla testa. "Zitta, piccola bestiolina bugiarda! E ora, tutti in casa! Con o senza scarpe!".

Demelza le sorrise, osservando i bambini correre via più sereni e chiassosi, come al solito. "Non importa, gliele ricompreremo le scarpe. Ne ha tante, dopo tutto...".

Prudie la guardò, stupita che dicesse una cosa del genere. Non era da Demelza sperperare il denaro e soprattutto non insegnare ai bambini la responsabilità di gestire le loro cose. "Ragazza, cosa c'è? Stai male?".

Demelza scosse la testa con sguardo perso. "No...".

"C'è qualcosa che non va, sei bianca come un cencio e a Prudie non puoi non raccontarla giusta! Che succede? Hai la faccia di una che ha visto un fantasma...".

Un fantasma... Quale modo migliore per descrivere il suo incontro di poche ore prima? "Hai ragione, ho visto un fantasma..." - sussurrò, osservando il vuoto davanti a lei.

Prudie spalancò gli occhi, prendendola letteralmente in parola. Impallidì. "Fantasma? Del signor Hugh?".

Demelza scosse la testa. "No, non Hugh... Ross!".




  
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