60 Cambi di prospettiva
60 Cambi di prospettiva
Gwennis guardò il Nano davanti a lei, in dubbio se sentirsi disgustata o offesa.
No. Quello che provo è invidia, ormai è ufficiale.
Diede con il pettine l'ennesimo strattone alla ciocca che
teneva tra le mani, che non voleva saperne di sbrogliarsi. Si
ricordò di come la prendessero in giro i suoi fratelli
maggiori, che le dicevano spesso che quando faceva brutto tempo i
suoi capelli sembravano mezzo miglio di lenza di cattiva
qualità, per come si attorcigliavano.
Ed in effetti era forse più di un'ora che, seduta davanti
al fuoco con i suoi ultimi abiti puliti, mentre gli altri erano stesi
ad asciugare, si sforzava di domare i suoi ricci ribelli,
con moderato successo. Per la maggior parte erano già
imbrigliati nella sua consueta pettinatura a trecce, tranne queste
ultime ciocche riottose. Al contrario, quel dannato Nano...
L'oggetto delle sue maledizioni sedeva, beatamente ignaro,
dall'altra parte del fuoco, avvolto in una coperta mentre i suoi unici abiti
erano stessi ad asciugare, e si limitava a passare il pettine preso a
prestito tra le onde dorate, che si arricciavano naturalmente in
morbidi riccioli, e si schiarivano sempre di più mentre si
asciugavano.
Se lasciassi asciugare i miei capelli in quel modo mi ritroverei con un cespuglio di rovi sulla testa! pensò
Gwennis sempre più indignata, non senza notare come il fuoco
strappasse bagliori dorati alla chioma del suo compagno di viaggio.
Il Nano sembrava immerso in profonde meditazioni, e Gwennis ormai
lo conosceva abbastanza bene per capire che stava pensando molto
intensamente. La sua mente lavorava mettendo insieme le
informazioni, e lei non doveva far altro che attendere,
perchè quando fosse stato pronto lui le avrebbe esposto le sue
conclusioni con inattaccabile logica.
Non per la prima volta, la Nana si trovò a sorprendersi
della situazione in cui si trovava. Il pensiero dei suoi fratelli
la portò a chiedersi come avrebbero reagito se avessero saputo
... di certo non avrebbero riconosciuto la loro saggia e rispettabile
sorellina, e avrebbero pensato, senza mezzi termini, che doveva essere
impazzita; o meglio, l’avrebbero derisa senza pietà,
rinfacciandole ogni volta in cui li aveva rimproverati per le
loro buffonate. Da settimane viaggiava con un Nano di cui
non conosceva nemmeno il nome, senza alcun altro, in circostanze quanto
meno discutibili per la sua rispettabilità; non che lui si fosse
mai comportato meno che onorevolmente, beninteso, tuttavia a
Gabilgathol la sua reputazione sarebbe finita in briciole, se avessero
saputo.
Beh, per quello che mi è
servito un comportamento perfettamente rispettabile... tanto
pensano tutto il male possibile anche adesso, quindi non farebbe poi
questa gran differenza.
Perchè la cosa più sorprendente, in effetti, era che
Gwennis in quella situazione ci si trovava benissimo. Certo, le
dispiaceva molto che la sua signora si preoccupasse, e le sarebbe
piaciuto poterle far sapere che stava bene; ma a parte
questo, e nonostante le difficoltà, la stanchezza ed anche
qualche imbarazzo, Gwennis aveva scoperto di essere contenta. Era
contenta di assaporare la libertà. Il suo compagno di viaggio
era intelligente, dotato di un senso dell'umorismo che le
sembrava irresistibile, e di ottime maniere; era un piacevole
conversatore, anche se non aveva mai spiaccicato nemmeno una parola suo
suo passato.
Del resto, nemmeno Gwennis era così desiderosa di rivangare
quanto le era accaduto negli ultimi anni; era sempre stata la classica
“brava ragazza”, rispettabile ed obbediente, e cosa ci
aveva ricavato?
A pensarci bene, però, se la sua vita non fosse stata un
tale disastro, forse la sua madre adottiva non avrebbe mai
pensato di mandarla da Dìs… e questo sì che
sarebbe stata una vera perdita; perché andare nel piccolo
insediamento degli esuli di Erebor le aveva aperto un nuovo mondo.
Gabilgathol era una città antica, che viveva in pace da
millenni; cosmopolita ed intellettualmente vivace, piena di studiosi di
ogni razza, e luogo di incontro di culture ed idee; ma anche dominata
dalla tradizione, che mai nulla aveva intaccato. Ed una delle
tradizioni principali dei Nani era il grande valore che davano alle
loro donne: poche, venerate… e protette. E se le Nane
delle classi lavoratrici erano molto considerate e godevano di
indipendenza, quando si trattava delle Nane della buona società,
specie se giovani, la protezione diventava un rigido protocollo di
regole di comportamento che finiva per togliere loro ogni
libertà. E se uscivi dalle regole per qualsiasi motivo, beh,
allora eri socialmente finita.
Gwennis era incappata proprio in quella disavventura, anche se non
riusciva a trovare in se stessa un briciolo di
responsabilità nell’accaduto, se non quella di essere
stata troppo accondiscendente.
E la cosa più interessante, peraltro, era che, solo dopo un
po’ di tempo trascorso con la principessa Dìs si era resa
conto di tutto quanto; e questo perché nelle Sale di Thorin di
respirava un’aria ben diversa.
I Longbeard avevano affrontato disgrazie e disavventure di ogni
genere; e per forza di cose anche i loro valori erano profondamente
diversi rispetto a Gabilgathol. Dopo averla osservata per qualche
giorno, una bella mattina Lady Dìs l’aveva portata con
sé mentre teneva corte, ascoltando le richieste del suo popolo e
giudicando le controversie; le aveva indicato un banco laterale su cui
si trovava carta e il necessario per scrivere, e le aveva ordinato di
prendere nota.
Gwennis era allibita.
“Ma…”
“Immagino che tu sappia
scrivere, no?” disse la principessa, imperturbabile. “Mi
hai detto che hai seguito delle lezioni presso la Scuola della
Grande Biblioteca: non hai mai preso appunti?”
“Si,” Gwennis era talmente
sorpresa che faticava a trovare le parole, “ma
è un compito importante, per uno scriba anziano!”
“Beh, cara, al momento scribi
non ne abbiamo, né anziani né giovani – mio
fratello si è preso i migliori – quindi dobbiamo
arrangiarci.” Poi la liquidò con un gesto noncurante.
“Te la caverai benissimo.”
Quella era stato il primo di una serie di compiti sempre
più impegnativi che le erano stati assegnati. Dopo pochi mesi,
ascoltava i rapporti e redigeva relazioni, discuteva i contratti con le
gilde ed i fornitori ed in genere assisiteva Lady Dìs in tutti i
suoi compiti di Reggente.
E le piaceva molto. Ed anche le lezioni con il Maestro
d’Armi erano state interessanti, sebbene all’inizio
l’avessero gettata nel più totale sconcerto. A Gabilgathol
nessuno avrebbe mai pensato di insegnarle a maneggiare un coltello! Ma
la principessa aveva detto che pur essendo ormai troppo tardi per far
di lei una guerriera, almeno doveva imparare a difendersi.
Forse è per questo, pensò Gwennis chiudendo l’ultima treccia, che
non mi sembra poi così strana la situazione in cui mi trovo. Il
futuro? Ci penserò quando sarà il momento.
Accantonati pensieri e ragionamenti, Gwennis ripotò
la sua attenzione al Nano davanti a lei e subito si rese conto
che stava facendo qualcosa di assolutamente inconsueto: le sue dita
stavano agilmente formando una spessa treccia bionda a partire dalla
tempia sinistra, mentre per tutto quel tempo Gwennis aveva sempre
visto il suo compagno di viaggio con i capelli raccolti in una semplice
coda sulla nuca trattenuta da un laccio di cuoio; al massimo gli aveva
visto alcune treccine sottili per tenere lontani dal viso i capelli
più corti. Giunte al termine della lunghezza della ciocca, le
dita rimasero ferme, mentre il Nano non aveva mutato in nulla la sua
espressione assorta.
Senza una parola, Gwennis gli tese uno dei fili con cui aveva chiuso le sue proprie trecce.
Il Nano stava pensando molto intensamente e per un lungo momento
non notò la mano tesa della sua compagna di viaggio, e quando lo
fece, rimase a fissarla un po’ stranito.
“Ma cosa..”
Sbattè le palpebre e tornò al presente. Riconobbe il
laccio che gli veniva teso e solo in quel momento si rese conto
di quanto, in modo assolutamente automatico, le sue dita avevano
formato. Trattenne il respiro mentre la sua mente lavorava
freneticamente.
Le mie dita ricordano quello che io ho dimenticato! Trecce, portavo trecce abitualmente… ma perché?
Sapeva, come un dato di fatto, che quelle trecce significavano qualcosa.
“Mamma, mamma! Guarda! Ho fatto le mie trecce!” …
“Bravissimo piccolo mio! Papà sarà così orgoglioso di te…”
Un ricordo lampeggiò nella mente del Nano, sensazione
più che visione, due braccia calde, affetto, sicurezza…
“Mastro Nano? Stai bene?”
Il ritorno alla realtà fu brusco come una secchiata di acqua gelida in pieno viso. Si riscosse con molta fatica.
“Sì, sì… stavo pensando…”
“Ti serve un laccio per la treccia?”
Il Nano guardò la treccia nelle sue mani e il filo nella
mano di Gwennis. Annuì; lo prese e fissò meccanicamente
la treccia, poi prese fiato ed espose le conclusioni a cui era giunto.
Non voleva che la Nana facesse domande di cui temeva le risposte.
“Sono quasi sicuro che Lirien non sia prigioniero dei Goblin.”
Ci fu un attimo di gelo, mentre le sopracciglia di Gwennis scattavano verso l’alto.
“No scusa… sono settimane che ci aggiriamo in questa
foresta dimenticata da Mahal, e adesso mi dici che l’elfo che
stiamo cercando non è qui?!” le ultime parole contenevano un accenno di attacco isterico.
Il Nano scosse il capo.
“Non ho detto che non è qui,” precisò,
“anzi, sono sicuro che sia qui… o almeno lo era fino
a ieri e non ho motivo di pensare che le cose siano cambiate nelle
ultime ore. Solo… che credo che non sia più prigioniero
dei Goblin.” E passò a spiegare.
“Secondo me, deve essere fuggito da parecchio, magari
già nei primi giorni dopo la cattura; ma non è mai
riuscito ad infrangere il loro accerchiamento. Potrei ritenere
che il capo di questo drappello di Goblin sia più furbo della
media, ed abbia pensato che tentare di acchiappare un elfo in una
foresta non fosse una grande idea. Così, anziché
stringere il cerchio lo ha allargato. Ha distribuito i suoi in
pattuglie che hanno il solo scopo di impedire a Lirien di andare
a est o a nord, spingendolo da qualche parte in cui
presumibilmente sia possibile intrappolarlo. E’ per questo che ci
sembra che i Goblin vaghino a casaccio nella foresta: quelli che
incontriamo non sono sempre gli stessi. E se prima ci stavamo spostando
costantemente verso sud, da un paio di settimane vaghiamo più o
meno nella stessa zona.”
“Quindi stiamo arrivando al dunque,” osservò Gwennis. Il Nano annuì.
“Dobbiamo essere vicini alla trappola. Ho poco tempo per portare Lirien fuori di qui.”
“E come conti di fare?”
Il Nano sogghignò, alzando gli occhi verso la parte alta della caverna.
“Facendolo sparire sotto i loro occhi,” rispose, “ma prima devo trovarlo.”
Accidenti a lui ed a tutti i maledetti orecchie-a-punta! Dove sei finito, in nome di Mahal?
Il Nano si accucciò sotto il cespuglio di felci. Con la
nuova prospettiva in mente, in poche ore aveva rintracciato le
pattuglie di Goblin che circondavano la zona; era stato facile,
perché non facevano nulla per nascondersi, anzi.
Ha senso. Loro sono i battitori, quindi devono farsi sentire. Non
era stato nemmeno difficile non farsi catturare da loro, perché
in effetti non stavano cercando nessuno. Si dirigevano in una direzione
precisa, anche se il Nano non capiva in base a cosa
l’avessero scelta. Avranno ordini di agire così, immaginò.
Si era anche reso conto che i Goblin erano in realtà molti
più di quanto pensasse, perché di fatto non li aveva mai
visti tutti insieme. O forse hanno ricevuto rinforzi? Quindi la situazione sul campo a questo punto era molto chiara.. tranne un particolare. Dov’era il dannato Elfo?
Il Nano aveva notato che gli Elfi sono notevolmente più
leggeri sui piedi delle altre razze, e si muovono molto agilmente nella
natura; ma da qui a non lasciare la minima traccia…
Sono io che non riesco a vederle?
No, era sicuro del proprio talento come esploratore, così come
di guerriero. Non gli erano sfuggite tracce… non ce
n’erano proprio.
Si guardò intorno. Si trovava in un avallamento, e la visuale era scarsa. Avrei bisogno di un punto di vista migliore.
Alzò gli occhi verso il cielo che si intravedeva tra i rami degli alberi.
Un piccolo piede scomparve nel folto del fogliame, svariati metri sopra la sua testa.
“Scendi di lì! Mamma si arrabbierà.”
Un paio d’occhi scintillanti di malizia brillava nell’ombra tra le foglie.
“Sei un fifone. Smettila e vieni su con me, noioso!”
“I Nani non si arrampicano sugli alberi!”
“E chi l’ha detto?”
Ancora! Era successo ancora… flash che duravano pochi
secondi ma lo lasciavano senza fiato. Stava cercando di riprendersi,
quando…
Sorrise. I Nani forse non si arrampicano sugli alberi, ma gli Elfi sì.
Dopo un’altra mezz’ora, il Nano si era reso
conto che trovare un elfo che si nascondeva su un albero in una
foresta era un’impresa ridicola; non aveva la minima
possibilità. La soluzione era che fosse Lirien a vedere lui; ma
farsi vedere da Lirien ed allo stesso tempo nascondersi dalle pattuglie
di Goblin non era certo semplice.
Superò una cresta montuosa e si fermò di colpo. Aveva trovato la trappola, ma anche molto altro.
Si trovava ai margini del ghiaione che aveva attraversato prima,
finendo poi per trovare la grotta, ma alcune decine di metri più
a monte. Da quel punto di vista era evidente che non si trattava di una
pietraia, ma di una vera e propria frana, relativamente recente. Oltre
la frana appariva con chiarezza un dislivello di cui il gradino che
formava la cascata costituiva l’inizio e che proseguiva a perdita
d’occhio diventando un vero e proprio burrone della
profondità di decine di metri. Il pianoro di cui il burrone
costituiva il margine esterno consisteva in una distesa spoglia,
cosparsa di resti anneriti, quanto rimaneva di un furioso incendio che
doveva aver devastato la foresta non più di qualche mese prima,
vista l’assenza di ricrescite. Si estendeva almeno per almeno un
paio di chilometri.
Se riescono a spingere Lirien oltre questa frana non avrà scampo. Sarebbe completamente allo scoperto.
A questo punto il piano era uno solo: trovare Lirien, raggiungere
la frana, ma più in basso, attraversarla e scomparire nella
grotta, il tutto senza finire allo scoperto e senza farsi sorprendere
dai Goblin.
Semplice, no?
Costeggiò la frana, scendendo verso valle, e si rese conto
che si poteva vedere il margine superiore della cascata; osservando
bene era possibile distinguere anche i bordi superiori della conca,
ma solo sapendo esattamente cosa cercare. Spostò lo
sguardo verso sinistra e raggelò.
Due Goblin si aggiravano nella boscaglia, ed erano diretti proprio
verso l’imbocco della spaccatura dove si riversava la
cascata… dritti verso il rifugio dove aveva lasciato Gwennis.
Angolo Autrice
Bene bene
bene…un altro piccolo passo verso la conclusione! Ci avviciniamo
ormai ai capitoli già scritti quindi potrei – potrei
– aggiornare con meno ritardo. Ma non faccio promesse che potrei
non mantenere! Di certo, come ho sempre detto, questa storia
arriverà alla fine. Parola di scout.
Angolo del *GRAZIE*
Jodie_always, Inuiascia, Laurenlindorean, Cinthia988 : la vostra voce è musica.
Ginevras: OMG qualcuno legge ancora L’Erede di Durin e lo trova interessante! Sono sopraffatta dall’emozione.
A tutte le lettrici un abbraccio forte
Alla prossima
Bacio
Idril
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