12. Battaglia
Quando
accompagnai Connor alla
porta di casa, mi parve che
fossero passati solo pochi minuti dal nostro arrivo.
Sembrava infatti che la nostra storia dovesse svolgersi sempre su
quella
soglia.. io da una parte, lui dall'altra, in procinto di andarsene.
Lo osservai
sistemarsi il
nodo della cravatta sopra la consueta camicia; aveva ufficialmente
smesso i panni del deviante per tornare l'RK800 della Cyberlife.
- Un perfetto
cacciatore di
devianti – approvai quando ebbe finito – nessuno
noterà la differenza rispetto a prima –
Cercavo di
apparire serena,
ma tenevo le mani strette all’altezza dello stomaco per
impedirle
di tremare e Connor, ovviamente, non se la bevve
- Ren io.. -
disse, avvicinandosi a me.
- Fai quel che
devi – lo interruppi – Solo… ti
scongiuro, fai attenzione – lo pregai.
- Ti prometto
che tornerò – asserì
l’androide con sguardo deciso.
- Vai a
salvare la tua gente adesso – sorrisi, alzandomi sulle punte
per lasciargli un bacio a fior di labbra.
Guardai Connor
salire sul taxi che lo aspettava davanti al marciapiede, e che ben
presto
scomparve lungo la strada innevata.
Bene.
Ora veniva il mio turno.
Mi
voltai chiudendo la porta e afferrai il giaccone di pelle imbottito di
Connor, infilandomelo.
Era di qualche
taglia in
più della mia, ma indossandolo mi sentivo più
protetta
che con un giubbotto anti proiettile. Le chiavi della moto tintinnarono
nella
tasca dei jeans di Kara, mentre le tiravo fuori dirigendomi in garage.
Qualche minuto dopo fui in strada, con la neve che si
infrangeva sulla
visiera del casco integrale, mentre scalavo le marce districandomi per
le vie di una Detroit fantasma.
Il coprifuoco
indetto dalla
Presidente aveva costretto la gente a restare nelle proprie case, a
meno di urgenti
necessità, e io non riuscivo a pensare ad un motivo
più
urgente del mio.
Markus stava
marciando in quel preciso momento, diretto al campo di smaltimento 5
nel cuore della
città... ed era proprio lì che mi stavo
dirigendo.
Se Connor ne fosse stato a conoscenza, probabilmente mi avrebbe chiusa
in casa e gettato la
chiave... ma lui ne era del tutto ignaro.
Avevo preso la
mia
decisione dopo averlo visto di nuovo con il suo completo addosso;
lui stava facendo la sua parte per cambiare le sorti degli androidi,
Hank aveva fatto la stessa cosa... ed ora toccava a me.
Vidi le luci
lampeggianti
ancora prima di mettere a fuoco le sagome dei mezzi della polizia. Ero
ormai entrata nella zona rossa e questo voleva dire che mi avrebbero
sicuramente fermato. Mi
ripetei mentalmente quel poco di strategia che mi ero preparata
finchè, come anticipato,
quando fui
vicina al blocco, un militare in tenuta da assalto mi intimò
di
fermarmi. Frenai con calma, arrestando la moto e appoggiando un piede a
terra.
-
L’accesso è
vietato, i civili devono rimanere in casa. Non ha sentito che
è
stato indetto il coprifuoco? - domandò l’agente
con la
voce leggermente alterata dall'elmetto.
Sforzandomi di
ignorare il fucile che teneva in mano, mi tolsi il casco fulminandolo
con lo sguardo.
- Sono qui per
conto di
Channel 16! - sbottai – Ho il materiale di sostituzioni della
telecamera che si è rotta! – dissi, indicandomi il
petto
dove, in realtà, c’era il mio zaino a tracolla
con il kit per la riparazione dei bio componenti.
- E hanno
chiamato lei? A quest’ora? - chiese il poliziotto.
- E chi altri
dovrebbero
chiamare? Non state ammazzando tutti gli androidi che vi arrivano a
tiro? Secondo lei n’è rimasto qualcuno agli studi?
-
sbottai stizzita.
- Dobbiamo
essere prudenti… -
- Allora usi
quel suo
rilevatore di temperatura, se deve, e mi faccia passare – gli
intimai – sto rischiando la pelle per avere una promozione,
cosa
crede? Che mi diverta? Con questo freddo… - lo interruppi.
L’agente,
ormai senza parole, mi puntò alla testa il termometro
elettronico che diede esito positivo.
-
L’area stampa
è cento metri più avanti. Non superi le
recinzioni che
delimitano l’area, intesi? - annunciò alla fine.
- Molto
gentile – borbottai io, rimettendomi il casco e dando gas.
Dovetti
procedere con calma
perché la visiera mi si appannava ad ogni respiro che
facevo. Avevo il cuore che minacciava di scoppiarmi nel petto ed ero
coperta di sudore nonostante la temperatura glaciale. Mi era andata
maledettamente bene… per ora.
Parcheggiai la
moto vicino
agli altri mezzi della stampa e raggiunsi il capannello di giornalisti
assiepati dietro un’alta rete metallica.
L’area
giornalistica dava
direttamente sullo spiazzo antecedente l’ingresso del campo
n.5,
presieduto da uno spiegamento di forze armate che contava perfino
alcuni carro armati.
Davanti ad
esso, era stato
allestito un presidio circolare protetto da una barricata improvvisata,
fatta di auto, cartelli stradali e pannelli digitali.
Mi avvicinai
di più alla grata, aguzzando la vista tra
le maglie romboidi per scorgere qualcuno nell’accampamento.
Ero quasi
sicura di aver individuato la figura di Markus, quando ci fu un
tremendo scoppio e le
fiamme si levarono improvvisamente alte al centro della barricata.
Per un attimo
non capii
cosa stesse succedendo, e solo quando la spessa cortina di fumo che si
era creata si diradò, vidi che i soldati avevano fatto
irruzione
all’interno della barricata.
I giornalisti
attorno a me
erano in fermento; i cronisti si affrettarono a richiedere la diretta,
commentando con sgomento la decisione dei militari di attaccare
nonostante la protesta si stesse svolgendo pacificamente. Dal canto mio
ero
atterrita, udivo i colpi di arma da fuoco e le urla dei devianti come
se fossero stati di fianco a me, e in un attimo fui riportata a
Jericho,
in quell’inferno.
Mi allontanai
dalla rete
metallica, ma solo per prendere la rincorsa. Afferrai con la mano
sinistra
il bordo del recinto e grazie al biocomponente del mio
braccio, riuscii senza sforzi a issarmi oltre ad essa. Qualcuno dietro di me
gridò al mio indirizzo, forse un avvertimento, ma io non ci
badai.
Presi a correre verso la barricata, perché no, non poteva
finire così, con l’ennesimo massacro.
Ero a una
ventina di metri dal presidio, quando venni fermata.
- Cosa crede
di fare?! -
Nonostante il
rumore della
battaglia, riconobbi la voce del soldato che mi aveva fermata al posto
di blocco. Mi afferrò saldamente per le braccia cercando di
portarmi via.
- State
massacrando delle persone che non vi hanno fatto nulla di male!! -
gridai io.
- Non sono
persone – replicò l’agente –
Stia ferma! -
Ma io di
fermarmi non ne
avevo proprio l’intenzione, anzi, presi a divincolarmi con
maggior vigore, tanto da costringerlo a serrarmi le braccia attorno al
corpo per trattenermi.
All’interno
della
barricata intanto, sembrava che lo scontro fosse terminato...
- Non vi
rendete conto? Non sono solo macchine! - protestai scalciando.
- Lei adesso
viene con me, si consideri in arresto – berciò
l’uomo strattonandomi.
- Mi lasci
andare!!! -
- Hold on just
a little while longer… -
Sia io che il
militare ci
fermammo nello stesso istante, come congelati....
I devianti stavano
cantando e le loro voci si levavano abbastanza alte, perché
chiunque lì presente potesse udirle.
Approfittando
del momento
di distrazione del soldato, mi divincolai dalla sua presa, ignorando il
suo alt e percorrendo quei pochi metri che mancavano alla barricata.
Quando
finalmente la
raggiunsi, vidi Markus, North, Josh e un’altra manciata di
devianti cantare di fronte ai soldati schierati e pronti a far fuoco.
Era una visione talmente surreale, talmente bella nella sua
tragicità, che mi vennero le lacrime agli occhi.
- Everything
will be alright… -
La voce di
Markus si spense
per ultima e dopo pochi istanti i militari abbassarono i fucili e
iniziarono ad indietreggiare. Sopra di me, l’elicottero di
Channel 16 girava senza sosta, riprendendo tutto.
Vidi le
espressioni
dei devianti, dapprima confuse, aprirsi in un largo sorriso
quando realizzarono che ci erano riusciti, che erano salvi.
Arrampicandomi
sopra una vettura entrai finalmente nel cerchio della barricata.
- Markus!
North!! -
A quel
richiamo tutti quanti si voltarono verso di me, che procedevo a passo
sicuro nella loro direzione.
- Seren?! Cosa
ci fai qui?! - esclamò al culmine dello stupore il leader
dei devianti.
- In
realtà non lo so esattamente… - risposi io
– ma non potevo restare a casa senza fare nulla! - aggiunsi.
North, al
fianco di Markus, scoppiò a ridere.
- Ne hai di
coraggio! - commentò.
- In
realtà inizio a
credere che sia incoscienza – replicai con un mezzo sorriso
– Markus, avete notizie di Connor? - domandai tornando seria.
- Per ora
nulla..- rispose l’androide.
Il mio cuore
perse un
battito nel sentire quella frase, ma cercai di pensare positivo; non
era detto che le cose fossero andate per il verso sbagliato, no?
- Ho qui con
me il kit per la riparazione, posso dare un’occhiata ai
feriti se volete – proposi.
- Ci sarebbe
di grande aiuto – rispose Josh.
- Bene allora
– annuii.
Iniziai quindi
a darmi da
fare, soccorrendo tutti quelli che ne avevo bisogno, anche se molti,
purtroppo, erano irrimediabilmente compromessi. I loro
corpi giacevano su quel che restava del campo di battaglia intriso di
Thyrium e fumo. Forse non lo potevano sapere, ma quella notte avevano
contribuito a cambiare la storia del mondo per sempre.
Il commento a
caldo del
Presidente Warren non tardò ad arrivare, la quale
affermò
di aver ordinato la ritirata delle forze militari e che, vista
l’opinione pubblica, forse era arrivato il momento di
considerare
il fatto che gli androidi potessero davvero essere una nuova forma di
vita intelligente.
- Meglio tardi
che mai.. - borbottai mentre saldavo un cavo sanguigno per fermare
l’emorragia di uno dei devianti colpiti.
Ero
così intenta nel mio lavoro, che ci impiegai qualche secondo
a realizzare che qualcuno mi stava chiamando.
- Seren!
Sbrigati! Vieni a vedere!! -
Il grido di
North mi
attirò fuori dalla barricata, dove lei, Markus e Josh
stavano
osservando una folla di migliaia di persone dirigersi ordinatamente
verso di noi.
Capii dopo un
attimo che quelli erano tutti androidi e che la figura in testa altri
non era se non..
- Connor
– mormorai incredula.
Le mie gambe
si mossero autonomamente prima ancora che il cervello desse loro
l’ordine.
Mi misi a
correre con la
vista resa tremolante dalle lacrime, ma nonostante questo riuscii
benissimo a vedere l’espressione sorpresa di Connor mentre si
rendeva conto di chi gli stesse correndo incontro. Stava aprendo la bocca
per
dire qualcosa, quando mi buttai letteralmente fra le sue braccia. Lo
strinsi a me così forte che se fosse stato umano sicuramente
si
sarebbe lamentato per il dolore.
- Ce
l’hai fatta! - esclamai euforica tirandomi indietro per
guardarlo in faccia.
- Ren!
Sarò ripetitivo, ma cosa diavolo ci fai qui?! -
replicò lui.
- Non potevo
lasciarti da solo – risposi semplicemente.
Dietro di noi,
nel frattempo, i devianti
usciti vivi dalla protesta e quelli portati in salvo dal campo n.5 si
erano
avvicinati, creando una vera e propria massa omogenea.
A quel punto mi feci da parte,
lasciando che Connor e Markus si confrontassero.
- Ci sei
riuscito Markus – esordì Connor.
- Noi ci siamo
riusciti
– replicò l’androide – questo
è un
grande giorno per il nostro popolo, gli umani non hanno scelta adesso,
dovranno ascoltarci – disse con un sorriso fiero.
Connor gli
lasciò la scena, affiancandosi a me. Sentii la sua mano
cercare la mia e le nostre dita si intrecciarono.
North si
avvicinò invece a Markus e li guardai con un sorriso mentre
si baciavano da persone libere.
- Stanno
aspettando tutti
che tu dica qualcosa – disse alla fine la deviante
riferendosi
alla moltitudine di androidi che li circondava.
- Credo sia
arrivato il momento – concordò Markus.
Lo vidi
dirigersi verso un
grosso container vicino a noi, sufficientemente alto per servire da
palco improvvisato ed essere visibile a tutti quanti.
Con un gesto
della mano chiamò North, Josh e Connor che salissero con
lui.
Connor si
incamminò, per poi girarsi quando sentì che io
invece non mi muovevo.
-
Questa è la
vostra vittoria, è il momento di voi androidi –
gli dissi
rispondendo alla sua espressione confusa – ti aspetto qui
–
aggiunsi, lasciando con delicatezza la sua mano.
Connor
tentennò un paio di secondi e poi annuì, salendo
anche lui sopra al container.
Io mi misi a
lato, vicina ad un altro paio di androidi completamente bianchi.
Avevo avuto
modo di
ascoltare alcuni racconti di chi era sopravvissuto al campo di
smaltimento e al solo pensiero mi si stringeva di nuovo un doloroso
nodo alla gola.
Dovevamo farci
perdonare molto…
- Oggi, la
nostra gente
finalmente emerge da una lunga notte – prese la parola Markus
– Dal primo, vero, giorno della nostra esistenza, abbiamo
tenuto
per noi il nostro dolore, abbiamo sofferto in silenzio, ma è
arrivato il momento di alzare la testa e di dire agli umani chi siamo
realmente.- disse abbracciando con lo sguardo la folla - Di dirgli che
siamo persone anche noi! Siamo una nazione! E oggi, oggi inizia la
sfida più dura delle nostre vite, il momento in cui dobbiamo
dimenticarci delle nostre amarezze e bendare le nostre ferite. -
Dalla mia
angolazione avevo
una chiara visione del gruppo che stava sopra il container, ma mi ci
volle comunque qualche istante per notare il movimento di Connor.
Aggrottai le
sopracciglia vedendolo portare una mano dietro la schiena, e smisi di
respirare quando lo vidi estrarre la pistola.
- Il momento
in cui
dobbiamo perdonare i nostri nemici. Gli umani sono sia i nostri
creatori che i nostri oppressori e domani dovremo far sì che
diventino i nostri compagni, e magari un giorno anche nostri amici.-
continuò Markus ignaro di tutto.
Spostai lo
sguardo verso il led di Connor che lampeggiava ad intermittenza, rosso
fuoco.
La mia bocca
si aprì
per gridare un avvertimento, ma lo soffocai sul nascere. Guardai con
apprensione le pistole alla cintura sia di
North che di Josh… non avrebbero esitato a sparargli. Improvvisamente
però, Connor si arrestò; lo vidi guardarsi
leggermente intorno, poi
guardare l’arma nella sua mano che si affrettò a
riporre dietro la schiena.
- Ma il tempo
della rabbia
è finito, adesso dobbiamo costruire un futuro comune, basato
sulla tolleranza e sul rispetto. Noi siamo vivi! E adesso…
siamo
liberi!! -
Il discorso di
Markus terminò, e la folla esplose in un boato di
approvazione.
Io avevo
ancora gli occhi
incollati su Connor, che non appena si girò dalla mia parte,
parve capire che dovevo aver visto tutto. Mentre gli altri si godevano
il loro momento di trionfo, lui scese dal container venendomi
incontro.
Quando mi ebbe
raggiunta,
mi prese per mano e mi portò un po' più distante,
al
riparo da uno dei dissuasori in cemento usati dai militari per
l’eventuale rappresaglia.
-
Cos’è successo? - gli chiesi immediatamente.
-
Amanda… Amanda mi ha forzato a tornare al giardino zen, mi
ha intrappolato lì dentro! - rispose Connor agitato.
- Come?! -
esclamai io con voce strozzata.
- Mi ha detto
che era
esattamente andato secondo i suoi piani.. Ren, sapeva che sarei
diventato un deviante!! Mi ha usato fino all’ultimo per
cercare
di uccidere Markus! - disse.
- Ma non lo
hai fatto – replicai afferrandolo per le braccia e cercando
di calmarlo.
-
Perchè mi sono
ricordato di una cosa che mi aveva detto Kamski poco prima di lasciare
casa sua… “C’è sempre un
piano B nei miei
programmi, dopotutto non si sa mai...”- disse ripetendo le
esatte
parole di Elijah.
- E cosa
volevano dire? - domandai confusa.
-
C’era uno strano
monolite nel giardino, con l’impronta di una mano.. ho sempre
trovato strana la sua presenza lì dentro, non aveva senso
– rispose Connor – L'unica cosa che mi è
venuta in mente è stata quella di cercarlo.. Sono riuscito a
trovarlo per un soffio, e appena l'ho toccato mi ha riportato
qui – spiegò.
- Mio
Dio… - mormorai rendendomi conto del pericolo corso.
- Ho paura che
Amanda non si arrenderà così facilmente.. -
affermò Connor guardandomi.
- Qualsiasi
cosa
deciderà di fare, le hai già dato prova che non
sei
più il suo burattino Connor. Quei giorni sono finiti per
sempre. - lo rassicurai accarezzandogli una guancia.
- Possiamo
interrompere? -
Mi voltai
verso Markus e North appena sopraggiunti.
- Certo
– risposi io con un sorriso.
- State bene?
- domandò il leader dei devianti.
- Connor era
preoccupato perché sono tipo 48 ore che non riposo
– mentii.
- Non ha tutti
i torti allora – replicò North.
- Come vi
muoverete adesso? - chiesi rivolta a Markus.
- Credo che
verremo presto
contattati dal governo, immagino che vorranno un incontro –
rispose il deviante – per ora aspetteremo –
aggiunse.
- E voi? Che
programmi avete? - ci interrogò la sua compagna.
- Torniamo a
casa nostra? -
Mi voltai per
guardare Connor che, passata la sorpresa per le parole appena uscite
dalle mie labbra, sorrise.
-
Sì, torniamo a casa -
Jericho's
place:
No, non sono
sparita, tranquilli! xD
Grazie alla mia
solita flemma,
mi sono persa per strada e di conseguenza vi porto il penultimo
capitolo in ritardo, pedonatemi ^^"
Mi auguro che vi
abbia almeno soddisfatto, almeno è un pò
più lungo dei precedenti xD
Finalmente la
guerra dei
devianti è finita! Selenis ha cercato in qualche modo di
dare
una mano, spinta dal desiderio di non fare solo da spettatrice ancora
una volta. Alla fine (come credo fosse abbastanza prevedibile) tutto
è finito per il meglio e la ragazza ha potuto riabbracciare
Connor che, nonostante il tentativo di plagio da parte di Amanda,
è riuscito a fermarsi prima dell'irreparabile... ed ora
c'è solo una cosa da fare: tornare a casa.
Come avrete
capito, il
prossimo capitolo sarà (ahimè) l'ultimo... Inizio
già a sentire la nostalgia.... xD Ma la tristezza lasciamola
a
tempo debito!
Per ora ringrazio
tutti i Lettori
giunti fin qui, chi mi ha lasciato una recensione e chi ha
inserito la storia tra le preferite (Rebecca_mecenero).
Un abbraccio a tutti!
Marta
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