IPLF 5
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Italia.
Invischiati per le feste
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5. Fuochi d'artificio - parte 1
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"È
un disastro!" Nicole si infilò entrambe le mani nell'elaborato
chignon, spettinandosi e sembrando addirittura più carina.
Alla
faccia del pile con i labrador, quel vestito le donava ancora di
più di quello che aveva indossato al diciottesimo di Maria. Era
dorato, terminava poco più su delle ginocchia con una gonna di
raso e poi aveva un piccolo corpetto in tulle e brillantini che
contrastava con le ciocche castane appena cadute dalla pettinatura.
No,
non era solo carina; era bellissima, pensò Giulio, e come in
risposta, lei gli schioccò le dita a due centimetri dalla faccia.
"Oh, ti stai mettendo in posa per il tuo prossimo calendario porno o mi stai ascoltando?"
Sapeva
che non sarebbe mai dovuto andare a quella festa. Nicole non era
bellissima, era solo mostro. Un mostro di ansia e logorrea che gli
stava corrodendo il fegato da venti minuti buoni.
"Basta."
sospirò, stanco, coprendole la bocca con una mano e sbavandole
così il rossetto color sangue di Giuda su cui lei aveva speso un
patrimonio.
"Non
mi rovinare il trucco o ti rovino io quella faccia da Luigi
Quattordicesimo che ti ritrovi! E sai che non ho problemi a usare il
mestolo, specialmente quando sono agitata!"
"Non è - successo - niente!" sfiatò Giulio, molto meno composto del solito.
"Come
no? Valentina, Maria, ripetetegli cosa è successo, visto che
forse ha le orecchie foderate da quei capelli d'angelo troppo nobili
per essere fatti accorciare da un comune parrucchiere plebeo."
Maria
sbuffò, senza dare troppa rilevanza ai loro ripetitivi
battibecchi, mentre Valentina eseguì meccanicamente: "Il water
ha preso a spruzzare, nessuno ci ha avvisato, il bagno si è
allagato."
"E quindi?" la incoraggiò Nicole.
"Quindi non possiamo chiudere Serena e Andrea nel bagno finché non sarà sistemato e asciugato."
"Poi..." incalzò la padrona di casa.
"Poi
c'è Alessio che si è già annaffiato di champagne e
che quindi non può partecipare alla scenetta del litigio con
Sandro senza rischiare che finisca veramente in rissa."
"Va
beh, facciamo a meno di quella." ovviò Giulio. "Avete attaccato
rami di vischio su ogni due metri di soffitto, fateci finire entrambi
sotto e fate dire al dj che è ora di baciarsi, o il
duemiladiciannove sarà un anno di sfiga nera. Andre lo
farà sicuramente."
"Andre
è chiuso fuori in terrazzo da quando è arrivato."
ringhiò Nicole, a cui mancava solo la bava da volpe
rabbiosa.
E
così Valentina decantò la chiosa di quella cronaca nera:
"In terrazzo ci è sfuggito di appendere il vischio, dato che non
c'è un soffitto, e tutto il piano era stato ambientato
all'interno della casa, nella convinzione che tuo fratello non fosse..."
Maria,
che se n'era stata per tutto il tempo seduta a braccia incrociate con
il balconcino bene in vista, decise di finire la frase per lei: "Un
cacasotto."
"Succede
sempre tutto nei momenti peggiori, eh?" abbozzò Giulio,
divertito nel sentirsi spiegare questi cataclismi con tale piattezza,
come se veramente l'unica a vedere sempre il dramma nel mondo fosse
Nicole.
Ma
lei era davvero fuori di sé, non voleva sentire ragioni:
contemplava quel che rimaneva del suo grande piano andare sempre
più allo sfacelo e allo stesso tempo sentiva qualcosa di
pressante montarle nel petto nei confronti di Giulio. Avevano lavorato
un sacco per quella serata e adesso che era rovinata, lui se ne stava
lì, inarrivabile e statuario come al solito, senza preoccuparsi?
Era così indolente da farle venire voglia di mollargli una sberla in pieno volto.
Giulio
era sempre, sempre così. Qualsiasi cosa accadesse, lui era
calmo, quasi annoiato, insomma, superiore agli eventi e le persone.
Rideva solo per situazioni da lui stesso selezionate, non si lasciava
sorprendere né coinvolgere, aveva il pieno controllo su tutto,
nonostante fosse palesemente la fine del mondo.
Il padre di Nicole amava questo pregio, lei, invece, lo riteneva nient'altro che un difetto.
E
poi, si era fatta bellissima quella sera: lui l'aveva vista e nemmeno
aveva battuto ciglio. Non che ci tenesse, eh, però lei, al
contrario, aveva fatto mezzo infarto solamente osservando come quella
stupidissima camicia bianca gli cadesse bene sui fianchi ed
evidenziasse il suo petto allenato e mediamente virile, come piaceva a
lei.
Avrebbe
decisamente fatto meglio a darsi una calmata prima che le venisse
l'istinto di saltargli addosso. Non si sa per cosa, ma comunque il
concetto era nei pressi.
"Sento
che questa serata sarà uno schifo." capitolò, allora, e
Giulio rivisse per un istante la festa di quell'estate. Capiva Nicole:
suo padre le aveva insegnato a puntare sempre al meglio, ma aspettarsi
sempre il peggio. E lo sapeva perché l'aveva insegnato pure a
lui.
"Senti,
facciamo così." intervenne, prendendo le redini e anche le
spalle di Nicole piuttosto saldamente. "Tu che conosci a fondo quel
perdente di tuo fratello, ora pensi a un piano alternativo e lo
trattieni di sopra con o senza la sbronza di Alessio e le tette di
Maria. Sabrina qui sistema la situazione in bagno e io-"
"Sono Valentina." azzardò la moretta. "Valentina, non Sabrina."
"Scusa,
me lo dimentico sempre, ti offrirò una cena per rimediare." le
disse, mandandola in brodo di giuggiole, poi tornò a fissare
Nicole. "Io penso ad Andrea e Serena, così quando scendi
finalmente si sarà completata la tua personale missione di vita
e potrai smetterla di rovinarmi di nuovo la festa, eh?"
"Di nuovo?" fu l'innocente domanda di Nicole.
Giulio
le piazzò un sorrisetto mezzo figo e mezzo piscopatico in faccia
e lei comprese che forse era semplicemente meglio sorvolare.
"Va bene, se pensi di essere in grado, allora..."
"Nicole."
respirò un'alitata divina che mosse i suoi ciuffi e la fece
trapassare all'aldilà. "Io sono sempre in grado."
*
Serena
vide il didietro di Sandro sparire sopra le scale assieme allo
sgambettio di Nicole e, per la prima volta, si rilassò.
Sentì
i muscoli della pancia ritornare al loro posto e per la gioia, decise
di afferrare e addentare una tartina al salmone norvegese che la cuoca
Ramona aveva sfilettato a regola d'arte. Per fortuna Nicole aveva
rapito Sandro per portarlo in lande lontane, perché lei,
davvero, non ce la faceva più.
Appena
arrivati, il suo compagno l'aveva subito trascinata davanti al camino a
conoscere varie amiche di Nicole che, di riflesso, guarda caso, erano
pure amiche sue. Quand'era adolescente, Sandro si piazzava sempre in
salotto durante i pigiama party della sorella sperando di far colpo su
qualche ragazzina. Purtroppo, lui era sempre stato troppo bruttino e
sfigato per piacere davvero - questo Serena non gliel'avrebbe detto, ma
lo aveva letto in ogni sorriso di cortesia che queste 'amiche' gli
avevano rivolto.
Se
non altro, era contenta che ora lui fosse impegnato altrove. Anche se
erano tutte giovani abbastanza tranquille, lei si era sentita a disagio
nel vedere come lui ancora, a distanza di anni, facesse il galletto e,
come ad ogni evento pubblico con ragazze carine, la mettesse da parte
ignorandola di brutto.
Sospirò
e si disse che aveva troppe paranoie. Sandro l'aveva tradita solo una
volta, tutto il resto erano sue supposizioni. Aveva semplicemente
qualche difficoltà a superare il trauma di quell'estate, ecco
tutto.
L'aveva tradita solo una volta.
"Ops, scusa!"
Qualcuno
le era piombato addosso e lei si era appena voltata per incontrare una
chioma bionda e due paia di occhi nocciola mozzafiato. Rimase per
qualche secondo a fissare il ragazzo con il cuore in extrasistole, poi
fu sicura di essere morta.
"Serena!"
lo straniero si aprì in un sorriso, circondandole la vita con un
braccio e baciandole entrambe le guance. "Non pensavo di vederti qui,
che piacere! Come stai?"
"Oh,
G-Giulio..." Serena si riprese un po' a rilento, perché, come
nella precedente occasione, ci mise almeno mezzo minuto a convincersi
che quello non era Andrea, il suo Andrea, ma un altro tizio che gli
somigliava dolorosamente troppo. E quindi si ricordò di Giulio e
tutto il loro pregresso scambio di equivoci. "Il piacere è mio,
veramente. Sto bene, e tu come stai?"
"Non
ci si lamenta. Mi piace bazzicare qui a casa di Nicole, un po'
perché è davvero una signora casa e un po' perché
ciò dà fastidio alla padroncina isterica; non so se hai
potuto notare la scorsa volta..." il giovane ammiccò nella
direzione verso cui era convenientemente sparita tale 'padroncina
isterica'.
Serena
rise all'occhiolino beffardo di Giulio e si rese conto che qualche
giorno prima era stata troppo sconvolta per notare quella strana
relazione tra sua cognata e il ragazzo che aveva di fronte. Ma era
veramente strana, ne prese atto: troppo bellicosa per non nascondere
dei retroscena scandalosamente interessanti.
"Sei qui da sola? Posso offriti qualcosa da bere?"
"Oh, no, sono qui con..." guardò verso le scale, poi si spense e si vergognò pure della risposta. "Con Sandro."
Giulio finse di sorprendersi poi si esibì in un'espressione grave: "Ti offro qualcosa da bere."
Afferrò
due calici di prosecco millesimato spillato direttamente dalle riserve
della Valdobbiadene in cui Antonio e Francesca Lucich facevano
rifornimento e si avviò, con Serena, verso il terrazzo esterno.
Giulio
aveva già capito perché Andrea si fosse piazzato
lì fuori dal loro arrivo fino a quel momento: sapeva che avrebbe
visto Serena, quindi aveva trovato un luogo per nascondersi da Serena,
e nel frattempo si era giocato entrambi i polmoni a suon di sigarette
da nervoso pensando insistentemente a Serena. Che fratello maggiore
esemplare.
"Sai,
speravo che fossi anche tu alla festa, perché volevo presentarti
una persona." se ne uscì, mentre con la mano spingeva la schiena
della ragazza, alta quasi quanto lui e irrigidita dalla situazione.
"Oh, davvero? Magari avviso Sandro che..."
"Ma
va, che c'entra Sandro?" rise Giulio, fermandosi davanti alle porte del
terrazzo e socchiudendone appena una, giusto per spiare ed accertare le
ipotesi. "È solo mio fratello, sono sicuro che a Sandro non
dispiacerà se ti presento mio fratello."
In
men che non si dica, spalancò del tutto la porta, ci spinse
attraverso Serena, e poi la chiuse rimanendosene in casa. Nel tempo in
cui la ragazza e Andrea si voltarono verso l'interno per capire che
diavolo stesse succedendo, Giulio aveva estratto la sua personale copia
di chiavi e aveva chiuso i polli di fuori.
Voilà, un gioco da ragazzi. Nicole doveva solamente inchinarsi al suo cospetto.
"Giu,
ma che cazzo fai?" si era alterato Andrea, bussando sulla vetrata e
indicando Serena al suo fianco, ancora prima di averla salutata. "Non
vedi che è senza giacca? Vuoi farla morire di freddo?"
Giulio
ci rifletté un secondo: andò nella cabina armadio,
rubò un cappotto Armani qualsiasi tra la collezione di Francesca
e poi riaprì le porte giusto il tempo di gettare il capo in
terrazzo a quei due. Richiuse e si sfregò le mani con somma
soddisfazione.
"Quindi
è questo il piano?" sbuffò Andrea dall'altra parte della
porta. "Chiudermi qui fuori con lei per obbligarmi a parlarci?"
"Voi
due siete fratelli?" si era connessa Serena, nel frattempo, troppo
bloccata dal freddo e dalla sorpresa per fare qualsiasi cosa che non
fosse rimanere impalata dove Giulio l'aveva spinta.
"Scusa, Andre." il piccolo Pizzi alzò le spalle. "Sto solamente eseguendo ordini superiori."
"Dai, non fare lo stronzo, aprici!"
"Ne
parlo con Nicole, poi vi faccio sapere." sorrise, malevolo, soffiando
un bacio verso di loro. "Copritevi, mi raccomando... e non fatemi
diventare zio!"
Giulio
se ne tornò tra la folla degli invitati, mentre Andrea rimase
giusto qualche secondo a bussare alle vetrate come un gorilla, prima di
rendersi conto che Giulio aveva il suo stesso DNA, quindi la stronzata
l'avrebbe portata a termine fino in fondo.
Si
voltò finalmente verso la sua compagna di sventura e
trovò davanti a sé uno sguardo traumatizzato come se se
ne stesse di fronte allo spettro della gioventù.
"Puttana, se sei figa." gorgogliò, leggiadro, squadrandola dall'alto al basso. "Ti ricordavo più... vestita."
Serena
si riscosse anche per le lame ghiacciate che iniziavano a infilarsi
nella sua scollatura, così prese due piccioni con una fava e
coprì le sue grazie con il cappotto Armani che Giulio aveva
gentilmente fornito.
Se
non ci aveva già pensato il gelo dicembrino, avere Andrea
dell'autostop esattamente di fronte al viso le aveva definitivamente
lobotomizzato il cervello. E poi, le aveva pure detto che era figa. Con
un aplombe ottocentesco
che avrebbe fatto rizzare la pelle persino a Jane Austen, ma era in
tutto e per tutto un complimento. Quello che aveva disperatamente
sperato di strappare a Sandro qualche ora prima con molta, molta
più fatica. E senza risultati.
"Ciao, Andrea." produsse in un soffio. "Ti ricordi di me?"
"Certo, sei l'origine di ogni mio male." rivelò lui, senza vergogna. "Come stai?"
"Male. Anche tu, mi sembra."
"Sì,
anche io, grazie." diede una scossa a quei suoi capelli libertini poi
accennò all'interno della casa. "Quello era mio fratello Giulio.
Minore e anche minorato. Immagino non sia un caso che mi abbia
implorato di venire esattamente a questa festa ideando un piano omicida
per farmi avvicinare a te, ma tranquilla, lo soffocherò nel
letto questa notte, sempre se ci arriva a casa. Te?"
"Io... cosa?" fece Serena, ancora troppo tramortita. "A me piace tuo fratello; è molto gentile."
"Oh,
bene, non oso nemmeno pensare a come tu abbia potuto conoscerlo. Ha
rubato le mie ricerche su di te ed è venuto personalmente a
stalkerarti sotto casa? Ti ha fatto leggere la canzone su base armonica
a bocca che ti ho scritto? Perché quella era in preda a un
delirio post-intervento al femore, quindi è del tutto
giustificata."
Serena
rise, perché Andrea aveva un modo di parlare sempre così
rapido e incomprensibile, ma dannatamente divertente: "No, no, niente
di tutto ciò. In realtà, ho scoperto solo adesso che
siete parenti."
"Perfetto."
Andrea rovistò macchinosamente nelle ampie tasche del suo
Napapijri arancione, facendole credere che ci nascondesse viveri per
una stagione intera. "Ti spiace se mi fumo una paglia?"
"No,
no..." biascicò Serena, ancora incapace di chiudere la bocca di
fronte a quel suo sfrontato fascino, accentuato dalle lucine di Natale
che i Lucich avevano attorcigliato a ogni centimetro di ringhiera.
Mentre
lui lottava contro l'accendino delle Spice Girls dicendo una parolaccia
al secondo, però, lei si diede uno schiaffo immaginario per
rinsavire dal torpore. Doveva prenderne atto: Andrea dell'autostop era
assieme a lei, chiuso sul balcone della casa del suo ragazzo, e le
aveva appena detto che era figa e che le aveva scritto una canzone.
Dopo sei mesi in cui non si erano mai più visti, nemmeno per
caso.
Anziché gridare aiuto a pieni polmoni, tossicchiò: "In realtà sì, mi dispiace."
"Cosa?" fece lui, troppo concentrato su come distruggere l'ordigno con il solo utilizzo del pollice.
"Mi dispiace se fumi. Se fossi la tua ragazza, ti pregherei di smettere."
Andrea sorrise con la sigaretta intatta tra le labbra: "Stavo giusto cercando una buona ragione per farlo."
Finalmente la fiamma si liberò.
"Ma non sei la mia ragazza, quindi..."
Accese la sigaretta e ripose i resti dell'accendino nella tasca da marsupiale che si ritrovava.
"Vuoi un tiro?" le propose allungando l'arma del male.
Serena
ci rifletté per qualche secondo: tutta quella situazione era
assurda, c'era un freddo assassino e lei doveva dire a Sandro dov'era o
quello l'avrebbe cercata chissà... Nah, non l'avrebbe cercata
manco se fosse sparita per sempre in circostanze sospette con tutta la
sua collezione di pupazzetti di Star Wars.
E
su quella sigaretta che le era stata porta si erano adagiate per
qualche secondo le perfette, sinuose labbra di Andrea dell'autostop,
che l'avevano fatta innamorare in poco più di un quarto d'ora.
"Sì, grazie."
"Ah, ma quindi fumi?"
"No, ma potrei provare."
"Ma
che cavolo dici?" Andrea si mise a ridere, dando luogo al fenomeno
naturale delle sue tre rughette che si increspavano a lato degli occhi
esattamente come s'increspava la tartina al salmone nello stomaco di
Sere. "Non ti ha insegnato la mamma che non si accettano cose dagli
sconosciuti?"
"Tipo i passaggi?"
"O
le caramelle." Andrea la guardò con tonnellate di malizia.
"Peggio ancora le sigarette, ché poi ti assuefai alla nicotina e
anziché andare in giro in macchina quando sei nervosa, te ne
resti in terrazzo a fumare."
"Allora perché offri, Andrea?"
"Perché
mi piace tentare. Comunque, ho cambiato idea." spense la sigaretta
contro il bancone fregandosene di lasciare sul bianco del cemento un
antiestetico punto di carbone. "In realtà fumo solo
perché sono nervoso."
"Ah,
davvero?" Serena incrociò le braccia, affidandosi al suo
infallibile sarcasmo per sopravvivere alla disarmante semplicità
di Andrea. "C'è qualcosa che ti rende agitato?"
"Devo
veramente spiegartelo?" lui alzò le sopracciglia, in uno spunto
litigioso che Serena recepì come sexy. Scemo era bello; serio,
semplicemente da svenimento.
E
lei aveva riflettuto anche troppo su quanta roba si fosse persa,
letteralmente e moralmente parlando. Quindi capì il suo fastidio
e addirittura lo precedette: "Perché non mi hai mai cercata?"
"Oh, io non ti ho cercato..." Andrea roteò gli occhi. "Mi serve una paglia."
"Sembravi
preso dalla testa ai piedi, avevi implorato di avere il mio cognome, il
mio numero, qualsiasi cosa... pensavo avessi colto il riferimento della
targa; ti avevo visto annotarla dallo specchietto mentre me ne andavo e
quindi ero quasi certa che avessi fatto in modo di risalire a me." si
stupì pure della sua inedita scontrosità; apparentemente
usciva solo in presenza di quel biondastro. "Forse non ci sei
riuscito...?" propose, cercando di moderare i toni.
Andrea
si era visibilmente infastidito: "Se speravi così tanto che ti
cercassi, allora perché non mi hai dato direttamente il tuo
numero?"
"Te l'ho spiegato."
"Fai
un po' troppo la preziosa per poi venirti a lamentare, micio miao."
Andrea lampeggiò verso la mano di Serena posata sulla ringhiera,
da cui brillava lo stesso anellino che lui aveva notato il giorno
dell'autostop.
Così, lei la ritirò con grande imbarazzo: "Dev'essere successo qualcosa nel frattempo, di cui non vuoi parlare."
"Tipo un birillone con uno scopino da cesso pubblico al posto dei capelli."
"Che
stronzo!" si lasciò sfuggire Serena, sorpresa dalle mille e uno
sfumature del carattere di Andrea. Aveva appena offeso il suo ragazzo,
ma soprattutto il suo gusto in fatto di ragazzi, con non più di
undici parole. "Intendevo che per non avermi più voluto cercare,
dev'essere successo qualcosa a te, tipo che ti sei accorto che non te
ne importava nulla."
Andrea
schioccò la lingua con immenso fastidio: "Sì, hai
ragione. Ci ero riuscito a rintracciarti dalla targa, cara Serena
Migliorini, ex residente in via Monte Grappa, ora stabilmente
trasferita al civico 45 barra E di via Palladini con l'ex-ex fidanzato
e le duecentoventi corna che ti ha messo in testa." berciò lui,
piacevole come un cactus nelle mutande. "Ma ho potuto renderle
graditamente visita solo dopo un mese dal nostro lieto incontro
perché una gentile Subaru Crosstrek mi ha sfracellato lungo
l'asfalto assieme alla mia bicicletta di merda, che ha fatto sì
che in ventiquattrore perdessi la fidanzata, l'amante e pure
l'integrità di alcuni punti cruciali del mio scheletro."
Quando Andrea riprese finalmente fiato, Serena si ritrovò senza.
"Sei stato..."
"Spappolato. Steso. Spiaccicato."
"Ma ti sei fatto..."
"Un
mese. Dentro all'ospedale. Per poi uscire e venire sotto casa di tuo
padre con le costole ancora rotte e sapere che tanto ti era bastato a
dimenticarti di me. Ok che sono stato io quello a fare la fan sfegatata
del nostro breve incontro ravvicinato, credendo di aver conosciuto la
mia personale Cenerentola, ma te non sei affatto Cenerentola, te sei
quella stronza ingannatrice di Malefica e io mi sono lasciato fregare
dalla tua mela avvelenata." Andrea prese una sigaretta. "Merda! Sapevo
che non dovevo ascoltare quel moccioso menomato e le sue feste da
rientro in società!"
Serena
si riprese con un inudibile colpetto di tosse: "Senti, hai... hai...
mescolato le storie. Malefica è la cattiva de 'La bella
addormentata nel bosco', mentre quella di 'Cenerentola' è-"
"Serena." disse Andrea fissandola con la sigaretta di nuovo tra le labbra. "Chi cacchio se ne infischia?"
"Ascolta, io questo non potevo minimamente immaginarlo-"
"Certo,
perché piuttosto di darmi il numero come fanno tutte, hai dovuto
comunicarmi una sciarada egizia in codice morse, tramite segnali di
fumo comprensibili solo da un indigeno Cherokee!"
"Ho
avuto paura di essermi innamorata!" sciorinò allora, lei,
emettendo una nuvoletta di condensa molto consistente, dovuta
all'abbondate dose di fiato e coraggio che aveva messo in
quell'ammissione. "Anzi, ero terrorizzata perché avevo provato
qualcosa di completamente nuovo e diverso dal solito."
"Ma
vedo che sei una conservatrice." la smontò, implicando di nuovo
il suo anello di fidanzamento. "A quanto pare quando mi hai scritto che
merito di più, stavi dando a me il consiglio che serviva a te,
ma che hai palesemente ignorato."
Serena
era atterrita, completamente divisa tra l'abbandono totale all'istinto
o la confortante fedeltà all'abitudine. Che cosa doveva fare?
Che cosa doveva dire?
"Tu che cosa vuoi, Serena?" le chiese, allora, Andrea, spiazzandola del tutto.
Non era che cosa doveva, ma che cosa voleva.
In cuor suo sapeva molto bene che cosa voleva.
E ce l'aveva a solo un passo di distanza.
*
"Oh,
eccoti, vieni!" Giulio avvistò Nicole scendere finalmente dal
piano superiore e le fece cenno verso il posto in prima fila sulla
porta del terrazzo. Dai costosi inserti in vetro si scorgevano molto
bene Serena e Andrea, attualmente intenti a discutere con enfasi.
"Ci sei riuscito!" esclamò la ragazza, incastrandosi accanto a lui. "Levati, fammi vedere. Come hai fatto?"
"Puoi annotarlo tra la lista dei miei miracoli. A quanto siamo, adesso? Duecento? Trecento?"
Nicole
roteò gli occhi: "Non mi sembra una soluzione molto romantica,
Messia. Stanno congelando e se non sbaglio, stanno pure litigando."
"Beh,
c'era anche la possibilità che Andrea si gettasse di sotto, ma
è ancora lì, quindi sta andando alla grande. Te lo
assicuro."
Nicole fissò Giulio con occhi grandi e inquietati.
"La scoria radioattiva dove l'hai lasciata?" le chiese senza neanche il bisogno di specificare che si stesse riferendo a Sandro.
"Beh,
ho deciso di mantenere le basi del piano originale con un po' di
modifiche." sussurrò lei, come se parlando troppo forte i due di
fuori potessero sentirla. "Abbiamo piazzato Alessio ubriaco in camera
di mio fratello e con un po' di ipnosi l'abbiamo convinto di essere
Luke Skywalker e che Sandro fosse in realtà Dark Fener."
Giulio
increspò le labbra in un sorriso e Nicole, che gli era
così terribilmente vicino, non poté fare a meno di
ricordare quanto fossero morbide e baciabili.
Il
problema era... perché lo stava ricordando? Aveva forse
recentemente fatto qualche sogno erotico su di lui? Doveva
assolutamente parlare con Maria.
"E
poi?" la riscosse Giulio, che con le orecchie stava sul racconto di
Nicole, mentre con gli occhi sulle mosse da
innamorato-offeso-deficiente-codardo-sociopatico di suo fratello.
"Poi
sono venuta a dire a Sandro che c'era Alessio ubriaco in camera sua,
che stava parlando al pupazzo di Master Yoda affinché gli
insegnasse a combattere e che di lì a poco avrebbe maneggiato
incautamente la sua spada laser comprata al Lucca Comics al costo di
tre stipendi. Ovviamente Sandro si è precipitato di sopra e
quando ha aperto la porta, gli ho messo la torcia del telefono alle
spalle e Alessio ha creduto di avere una visione. Si è buttato a
terra gridando: noooooo, tu non sei mio padre, tu non sei mio padre!"
Giulio
aveva staccato gli occhi da davanti a sé, per posarli con
interesse su Nicole e scoppiare in una bellissima, gorgogliante risata:
"Non ci credo..."
"Sì,
sì! E poi è arrivata Valentina che ha chiesto scusa a
Sandro, ma Alessio si è mezzo ricordato del piano, credendo che
avessimo invertito i ruoli tra lei e Maria ed è partito con
un'imbarazzante scenata di gelosia, brandendo sul serio la spada laser.
Prima che mio fratello lo spaccasse in due, è intervenuta la
vergine Maria con il corsetto da pole dancer per placare gli animi e distrarre lo scimmione."
"Quindi ora è ancora di sopra con Sandro? Da sola?"
"No,
è arrivato Angelico, un po' brillo, ha fatto a sua volta una
scenata a mio fratello, ma ora hanno scoperto di essere entrambi fan di
Star Wars, così hanno avviato l'episodio a tema dei Simpson e se
lo stanno guardando tutti e cinque in camera. Credo che Ange ne
approfitterà per sbaciucchiarsi Maria."
Giulio
guardò Nicole, scuotendo la testa: "Con i piani che ti inventi,
sei tu che staresti davvero bene con quello svalvolato di mio fratello,
non Serena..."
"...facciamo scambio?"
Giulio
evitò di rispondere, piazzando il solito sorrisetto tattico. Ma
Nicole era arrossita dalle orecchie ingiù perché si era
resa conto che Giulio aveva riso come un bambino al suo racconto, e che
non si era pronunciato sullo scambio di cui sopra, e che era solare e
rilassato come poche volte l'aveva visto. Quindi non era vero che tutto
lo scocciava, o che lei lo scocciava...
Ed
erano ancora troppo maledettamente vicini perché non sentisse
quell'assurdo mancamento all'altezza dello stomaco che si sente,
generalmente, quando si è innamorati persi.
*
"Senti,
Serena, mi dispiace." sbottò Andrea, abbandonando la schiena
sulla ringhiera e lanciando la sigaretta ancora intatta alle sue
spalle, nel vuoto.
Lei
lo guardò al limite dell'indecisione: aveva davanti la
felicità e le stava sfuggendo dalle dita. Stava spostando da
sola la lancetta che scandiva il conto alla rovescia verso la monotonia
della sua vita infelice.
"Continuo
ancora a ragionare come se fosse quest'estate e tu fossi a tutti gli
effetti single." si spiegò il biondo, incupito e di colpo
piatto. "Invece sei fidanzata e io non ho nessun diritto di mettermi in
mezzo. Non dovrei, e Giulio e Nicole non avrebbero dovuto progettare
tutto questo casino a monte. Sono stati molto irrispettosi di entrambi,
ma d'altra parte sono piccoli e dementi."
"Nicole
è la sorella di Sandro." si sentì di condividere Serena,
ora che avevano ufficialmente capito di essere stati invischiati da due
diciottenni in un'opera di ricongiungimento astrale, come se davvero si
trovassero in uno di quei film delle gemelle Olsen.
Andrea
allargò gli occhi: "Lei è la sorella del tuo fidanzato?
Wow, crudele contro il suo stesso sangue! Ora capisco perché
piace a Giulio."
"Anch'io,
poco fa, ho avuto l'impressione che si piacessero." disse Serena,
incrociando le braccia e accomodandosi nella stessa posizione di
Andrea, poco distante da lui. Le lucine di Natale impazzavano alle loro
spalle e presto anche la notte si sarebbe accesa dei botti di
Capodanno.
"Se
Lucia fosse tornata da te, qualche giorno dopo la vostra rottura, tu
che avresti fatto?" domandò Serena ad Andrea, quasi banalmente.
Lui si prese il tempo giusto per riflettere, poi fornì una prevedibile risposta sincera: "L'avrei perdonata."
"Perché?"
"Perché avrei voluto un sacco la mia ragazza accanto, mentre me ne stavo rinchiuso in ospedale con mille rimpianti."
"E ti saresti rimesso assieme a lei, quindi? Nonostante il tradimento comprovato?"
Gli occhi nocciola di Andrea saettarono per l'ambiente circostante, dapprima indecisi, ma poi risoluti: "Sì."
"Perché? Perché sei un fesso? Uno stupido? Un conservatore?"
L'angolo
destro della bocca del ragazzo si alzò in mezzo sorriso:
"Sì, specialmente le prime due. Ma non solo. Perché ci
tenevo al nostro rapporto, l'avevo coltivato con molti sforzi e, come
già avevo avuto l'onore di spiegarti, non avrei voluto mandarlo
al vento così."
"In tutto ciò che hai elencato manca la voce 'perché la amavo'."
"Ma la amavo."
"L'avresti
amata, anche se fosse tornata da te quel giorno? Dopo le emoticon del
medio con cui aveva commentato la tua caduta in bicicletta e il bacio
pubblico ad effetto sorpresa nelle braccia di uno sconosciuto, sul
luogo del vostro appuntamento?"
Andrea fece una smorfia: "Ti piace rigirare il dito nella piaga?"
"Rispondimi, dai."
Il ragazzo sospirò a fondo, turbato come un artista e privo di quella sua caratterizzante scintilla vitale.
"Beh, no." partorì, infine. "Cioè sì, ma in realtà no. È complicato."
Serena
annuì con aria saggia: "Esatto. È quello che è
successo a me con Sandro ed è complicato. Molto complicato."
Andrea rimase stranamente in silenzio, pensando a quel Meriti di meglio :) che
lei gli aveva lasciato nel telefono. Così, approfittando del
momento proficuo, Serena completò il quadro che aveva tentato di
disegnare: "Per tutto quel tempo ho creduto che tu avessi dimenticato
me. Non avevo idea di quello che ti era successo, né che fossi
così incazzato."
"Sapevi il mio indirizzo, avresti potuto..."
"Ero
convinta che non te ne fregasse nulla. Dai, guardami." sospirò.
"Non sono una modella. Non ho mai avuto avventure amorose e nemmeno
scappatelle adolescenziali. Ho avuto Sandro, sempre e solo Sandro. La
mia unica sicurezza nella vita, quel che mi spingeva a convincermi che
qualcuno a cui piaccio, su questa Terra, esiste."
"Più di qualcuno." la corresse lui.
"Ma
per me non è così facile da credere." insistette. "Per te
sì, perché sei così bello, così vivace,
così piacevole in ogni aspetto, ma io sono una Serena a caso che
passava per di lì in macchina e che era lontana anni luce dal
culo a mandolino di Lucia e dal sesso in auto che per te sembrava
così logico. Pensavo che quel passaggio avesse contato
così tanto per me come non aveva contato niente per te." per un
attimo Serena ebbe paura di quelle parole, si sentì in colpa di
pronunciarle, soprattutto con Sandro così prossimo a lei,
così vicino...
Ma poi.
Poi
guardò le mani calde e grandi di Andrea, con le vene in evidenza
che lo rendevano un po' più vecchio di quanto in realtà
fosse, perfette per lei e su di lei, e tutta la paura le passò,
perché era vero. Non era più la finzione di ogni giorno,
quella delle cene dai Lucich, o delle serate-film con Sandro e dei
messaggini ambigui che si doveva convincere fossero solo sue sbagliate
interpretazioni. Era vero quel che stava dicendo: lo sentiva muoversi
nelle viscere dai ricordi di quel giorno d'estate.
"Sono
stata così male per questo pensiero." concluse. "Mi sono
sforzata di soffocarlo tra i mille impegni quotidiani e ho fatto di
tutto per dimenticarti. Sandro si è manifestato giusto nel
momento in cui mi era crollato il mondo addosso, e allora ho avuto
così paura di quella sensazione che ho deciso di tornare
indietro a quando tutto era più grigio, ma più concreto.
Ed è davvero stupido, perché non ci siamo nemmeno
veramente conosciuti, eppure mi è sembrato di dover smaltire una
relazione di anni."
Ad Andrea tutta quella riflessione piacque molto. Tanto che sorrise, anche se era triste.
"Ti
capisco, mi è successo pressappoco lo stesso, peccato non avessi
una Sandra con i capelli da scopino del water per poter affogare le mie
pene d'amore. Il mio Walter ha sofferto come un cane in questi sei
mesi."
Anche
Serena si lasciò rallegrare dalla battuta, ma dentro la tasca si
rigirava attorno all'anulare quel regalo di Sandro di ancora cinque o
sei anni prima. Una promessa era una promessa... lei non sarebbe stata
Serena Migliorni, se l'avesse disonorata, anche se i motivi per poterlo
fare in tranquillità c'erano tutti.
"Scommetto
che quei due non ci lasceranno uscire finché non vedranno i
fuochi d'artificio." sbuffò Andrea, infreddolito e sconfitto
nell'anima. "E non intendo propriamente quelli di mezzanotte."
Serena
si trovò d'accordo con l'affermazione, perciò si rimise
in piedi e si fermò di fronte al ragazzo, che era bellissimo
come nessuno, e alto pressappoco come lei: "Non posso farlo, Andrea."
rivelò, con qualcosa di scintillante negli occhi.
Lui
non seppe se interpretarle come lacrime oppure altro, ma di sicuro lo
colpirono profondamente: rendevano Serena ancora più fragile,
ancora più profonda di come già, in pochi minuti, l'aveva
conosciuta.
"Che cosa non puoi fare?"
"Questi
fuochi d'artificio di cui parli e che Nicole e Giulio vorrebbero, io...
non posso farlo per un sacco di motivi, nessuno valido quanto il bacio
che vorrei ci scambiassimo qui e ora, ma comunque favoriti per
maggioranza numerica. Tu sei un ragazzo che ha dei principi
meravigliosi, deve ringraziare i tuoi genitori da parte mia, davvero,
ringraziali. Però ne ho pure io e li devo ascoltare,
sennò farei del male a troppe persone."
Andrea
sorrise rapito, ma a sua volta leggermente attanagliato da un nodo alla
gola: "Non si capisce un cazzo di quello che dici."
"Dico che se ci baciassimo, non mi fermerei più come l'ultima volta. Quindi mi fermo prima." lo deluse del tutto.
Andrea
afferrò pienamente il punto del discorso. E lo odiò a
morte, eh, ma ormai aveva capito l'antifona. Dio l'aveva dotato di una
bellezza inumana, ma ci aveva pensato la sua cara mammina a rimpinzarlo
di umanità e comprensione. Puah, a volte avrebbe voluto semplicemente essere Giulio.
Serena
cercava una reazione qualsiasi da Andrea, anche solo uno schiaffo o una
parolaccia. Invece la stupì con un sorriso e un amichevole: "Ok."
La ragazza capì immediatamente che quello era l'uomo della sua vita.
L'aveva
ascoltata, l'aveva compresa, aveva messo da parte la rabbia, l'orgoglio
e persino i suoi stessi desideri, perché rispettava lei e le sue
ragioni. Serena un uomo così l'avrebbe sposato in quell'esatto
istante, ad occhi chiusi, senza ripensamenti.
Così
si sporse verso il suo orecchio coperto da ciuffi biondi e
sussurrò: "Però questa volta lasciami il tuo numero. Per
favore."
Andrea
la fissò intensamente per un tempo imprecisato, nel quale
all'interno del suo cervello gli indigeni Cherokee che usava per
decifrare i messaggi delle donne si misero a ballare una danza
propiziatoria suonando i bonghi di pelle di gnu. Nel frattempo, nella
realtà, i suoi occhi si spostavano instancabili sul viso morbido
di Serena, su quelle labbra tenui, sulle guance colorate dall'aria,
rendendola trepidante come se stesse attendendo un giudizio universale.
"Sai dove abito." le disse, infine, semplice e criptico come a volte sapeva sorprendere.
"E se non ti trovo? Se qualcuno ti investe, o Lucia ritorna, o gli alieni ti rapiscono, o..."
"Ok, ok. Allora meglio se te lo segni: 338 4952..."
Serena
estrasse il suo telefono dalla pochette, euforica al punto di tremare
tutta e sbagliare quel numero mille volte. Alla fine lo salvò
come Andrea Autostop e gli fece uno squillo giusto per sincerarsi di
non aver dato luogo all'ennesimo equivoco.
"Posso anche salvarti con il tuo vero cognome. Come ti chiami?"
"Oh, tu vuoi sapere troppo, adesso, micio mia-"
"PIZZI!"
gridò Nicole spalancando la porta del terrazzo e facendosi
sentire dall'intero vicinato. "P - i - doppia zeta - i! Gira con la
Cinquecento rossa di sua madre e ha un fratello degenere che puoi
trovare persino nelle fanpage di Instagram!"
"Adesso
basta, Nicole, sei molesta." Giulio tirò la ragazza per la gonna
e la fece sparire all'interno, lasciando la porta aperta in un palese: missione (parzialmente) compiuta, ora siete liberi.
Andrea e Serena risero e quest'ultima salvò il numero nel telefono come Andrea Pizzi Autostop Cinquecento Rossa.
Va
bene, non c'erano stati i fuochi d'artificio - non ancora - ma dopo una
rapida consultazione segreta dietro la porta, Nicole e Giulio avevano
convenuto che per il momento questo passo avanti sarebbe stato
più che sufficiente per entrambi. L'anno nuovo stava per
arrivare: Nicole avrebbe fatto inserire tra i buoni propositi di Serena
lasciare Sandro e gettarsi tra le braccia di Andrea per porre fine alle
sofferenze del suo Walter. Giulio invece avrebbe spiegato ad Andrea
come fare complimenti alle ragazze senza sembrare un sopravvissuto a
vent'anni di naufragio su un'isola deserta.
E
ora, si sarebbero fatti bastare lo spettacolo pirotecnico che di
lì a poco avrebbe illuminato casa Lucich. Beh... casa Lucich, e
non solo.
***
ANGOLO AUTRICE
Ho amato questo capitolo.
Non so voi, ma io l'ho amato, soprattutto perché - e finalmente
posso dirlo - io ho una cotta strabiliante per Andrea. Non
fraintendetemi, Giulio ha fascino e tutto, ma Andre è
così 'cazzaro' (per citare Giu) che mi ispira una dolcezza e una
tenerezza infinite. E' decisamente un esemplare raro, che vorrei avere
tutto per me, ma adesso è ora di finirla con gli auto-elogi e
passare alle cose serie.
Che ve ne pare di questo capitolo? Com'è andato finora il piano di Nicole e Giulio? A me sembra abbastanza bene, no?
Nonostante le iniziali difficoltà, i ragazzi sono stati davvero
bravi. Non credete anche voi che se si unissero seriamente,
porterebbero a termine molte missioni? Giulio è risoluto e
pragmatico, Nicole spumeggiante e creativa. Insieme, sono una bomba. Ma
restando in tema di bombe e altre cose che esplodono, io starei
davvero, davvero attenta al prossimo capitolo e ai fuochi d'artificio
di cui si è tanto parlato. Non tanto perché sono
potenzialmente pericolosi - sono certa che i ragazzi sapranno
maneggiarli a dovere - ma quanto più perché hanno il
potere di illuminare. Sapete, sono tante le cose che si possono
illuminare, come ad esempio il cielo, una stanza, uno schermo, la
memoria...
Io vi aspetto dunque nei prossimi giorni con una cascata di
appuntamenti, qui specificati cosicché possiate prenderne nota:
- 06/02: Cap 1 della nuova storia a quattro mani
(titolo e cover saranno rivelati DOMANI sui miei social)
- 07/02: Cap 2 della nuova storia a quattro mani
- 08/02: Cap 6 di Invischiati per le feste, il cui titolo, ovviamente, sarà "Fuochi d'artificio - parte 2"
Ci vediamo e grazie, grazie, grazie per tutto il supporto che mi state
dando! Sinceramente, non vedo l'ora di sapere se vi è piaciuto
questo fatidico riavvicinamento tra Serena e Andrea e cosa vi aspettate
per loro e per i piccoli di casa nei prossimi capitoli!
Alla prossima,
Daffy
***
Contatti:
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