“Loving can hurt, loving can hurt sometimes |
But it’s the
only thing that I know | When it gets hard, you know it can | get hard sometimes |
It’s the only
thing that makes us feel
alive”
Ed Sheeran. Photograph
Blue Jam, Glasgow, 21 novembre
Ore 10:13 PM
Quattro anni dopo
Il locale, non tanto grande, era pieno di persone,
molte delle quali in piedi a riempire ogni angolo pensabile. Il basso mormorio
era un suono costante, un sottofondo fisso sul quale si stagliava chiara la
voce di Ewan.
Un uomo solo sul
palco insieme alla sua tastiera elettrica: quello era Cassian o, meglio, il “progetto
Cassian”, come lui lo aveva nominato. Il ragazzo non si era messo a fare
il solista o, meglio, quello che stava portando avanti non ne aveva le
intenzioni. Come Cassian non aveva pubblicato alcun album, tutte le canzoni che
aveva inciso in quell’anno dalla nascita del progetto erano scaricabili in
download gratuito dal sito internet degli Shards. Anche i concerti, le “tour”,
si limitavano a qualche sporadica serata in piccoli locali sparsi per la Gran
Bretagna.
Di certo non
avrebbe lasciato gli Shards, mai. Sarebbero partiti a breve per la nuova
tournée europea, con lo scopo di pubblicizzare il loro ultimo album, finalmente
nato dopo alcuni ritardi.
Con la band era
in grado di provare emozioni uniche e vivere con un’intensità ineguagliabile i
concerti in giro per il mondo. Inoltre, Trent, Chase e Chris gli erano sempre
stati vicino e Ewan era da sempre convinto che gli amici salvano la vita.
Perciò non avrebbe mai chiuso con gli Shards. Il progetto Cassian era solo un
passatempo, nato più per distrazione e bisogno che altro. Da quasi un anno
aveva iniziato a comporre canzoni che con gli Shards non avevano nulla a che
vedere, perché parlavano di sé, a differenza delle storie che raccontava come
cantante del quartetto.
Gli amici si
erano detti d’accordo, così Ewan aveva cominciato a comporre, solo voce e
tastiera e un fiume di emozioni a sgorgare dalla sua voce. Aveva capito cosa
significava parlare di sé, condividere con altri pensieri personali e non gli
dispiaceva. Solo che, ogni volta, farlo gli scatenava dentro un uragano, ondate
continue di sensazioni contrastanti, che per quanto piacevoli a volte e
dolorose altre, erano capaci di animarlo.
Tuttavia era dell’energia
e della vita degli Shards che Ewan sembrava nutrirsi, per questo, come Cassian,
aveva preso la scelta di non ingrandire il suo progetto. Quello del solista non
era la sua natura, era solo una valvola di sfogo. Per sua fortuna i suoi
migliori amici questo lo avevano capito e continuavano a sostenerlo nel suo
voler portare avanti il progetto a quel modo. Forse avevano capito quanto gli facesse
bene avere la possibilità di parlare di qualcosa che voleva mantenere distante
dalla sfera degli Shards.
L’esibizione del
cantante era prossima a finire. Non aveva lunghe scalette e non le voleva
nemmeno. Quella che aveva scelto di portare avanti come solista era una
dimensione più piccola e ristretta in tutti i sensi; esibizioni brevi e poche
parole, così che la musica potesse essere la sola protagonista.
Fra i presenti
all’esibizione vi era anche Amelia. La ragazza apprezzava molto quella versione
acustica di Ewan, sebbene anche lei sapesse che non avrebbe mai potuto avere lo
stesso significato degli Shards. Conosceva le canzoni di Cassian e le piacevano
molto ma, esattamente come il cantante, era ben consapevole che quel progetto
sarebbe sempre rimasto ben nascosto dall’ombra della band, un’ombra che negli
anni aveva accresciuto la sua intensità con un nuovo disco di platino e alcune
delle canzoni più belle che la ragazza avesse mai udito. Anche per quei motivi
sapeva che gli Shards avrebbero continuato ininterrotti sul loro cammino e che,
se mai si fossero separati, la causa non sarebbe certo stata la calibrata
attività da solista di Ewan.
Era in piedi
vicino al bancone, accanto a lei George, gli occhi fissi sulla figura del
cantante. Ne osservava le mani scorrere precise sui tasti dello strumento
musicale, gli occhi blu tenuti bassi sui propri gesti, le labbra che sfioravano
il microfono a ogni nuova parola, i capelli di pochi centimetri spettinati
sulla testa. In quella versione acustica, in Cassian, Amelia trovava vi fosse
una bellezza struggente, tale da incantarla. Le era innegabile ammettere che Ewan
continuasse a esercitare su di lei un magnetismo unico, ma dopo quattro anni
quell’attrazione, quei sentimenti che sentiva per lui, erano diventati una
parte di sé che aveva imparato a comprendere e a cui, ora, si sentiva legata.
Quando il
concerto finì ci volle quasi un’ora prima che Ewan riuscisse a salutare tutti i
fan accorsi lì per lui. Era pur sempre il cantante degli Shards e molte delle
persone che a fine concerto interagirono con lui lo fecero più per quel suo
ruolo di cantante che per il progetto Cassian in sé – anche se tutti gli
dissero di apprezzarlo.
Anche nei suoi
rapporti con i fan non era cambiato affatto in quegli anni. Continuava a essere
uno a cui piaceva scambiare quattro chiacchiere con i propri sostenitori,
ringraziandoli con sincerità per il supporto che sempre dimostravano. Si fece
foto, firmò qualche autografo e intavolò conversazioni con alcuni fans con cui
parlò di musica e cinema.
Quando nessuno
sembrò più interessato alla presenza di Ewan, il ragazzo tornò sul piccolo
palco nell’angolo destro del locale e smontò la sua strumentazione, riponendo
cavi, microfono e tastiera al sicuro, così da recuperarli prima di
andarsene.
Era da poco
passata la mezzanotte quando ultimò il tutto. Nel locale le persone erano
calate di molto, ora sembrava più un pub come un altro, con amici che si
ritrovano a trascorrere del tempo insieme davanti a una birra, senza alcuna
voglia apparente di andarsene da lì. La radio stava trasmettendo Photograph di Ed Sheeran, appena percepibile sopra il vocio delle persone.
In quel clima di calma, Ewan andò a sedersi al bancone del locale, ordinando
una lager che gli venne servita subito. Il ragazzo dietro alle spine si
complimentò con lui per il piccolo show, ma non aggiunse altro, venendo subito
richiamato al suo lavoro da un cliente. Il cantante bevve un goccio di birra e
iniziò a scorrere messaggi e notifiche sui social, finché non venne raggiunto.
«Ciao.»
Riconobbe quella
voce prima ancora di vedere il viso della persona che l’aveva salutato.
Dopotutto aveva avuto modo di memorizzarne fin troppo bene ogni sfumatura.
Si voltò per
sorridere ad Amelia e salutarla a sua volta. La ragazza si sistemò nello
sgabello libero accanto a lui e per un lungo, sospeso, attimo di silenzio, i
due si guardarono. A Ewan piaceva molto come le stava il nuovo taglio di
capelli; la ragazza aveva iniziato da pochi mesi a portarli poco sopra le
spalle, con un taglio netto. Lui trovava le donasse in modo particolare,
sebbene non avesse ancora avuto modo di dirglielo. Aveva visto il suo nuovo
look solo sui social network, il principale mezzo che era loro rimasto per essere
costantemente aggiornati sull’altro.
Fra Ewan e
Amelia, ormai da quasi un anno, era tutto cessato. Avevano portato avanti la
loro relazione per tre anni, una storia che aveva donato moltissimo a entrambi
e che i due ricordavano con dolcezza ogni volta che, per qualche ragione, quel
rapporto veniva tirato in ballo. In quei tre anni Ewan era rimasto accanto alla
ragazza, l’aveva vista diventare una grafica di professione, coronando così il
suo sogno e l’aveva amata come non aveva mai fatto con nessun’altra
prima.
Lo stesso valeva
per Amelia. Le era servito un po’ di tempo per assimilare appieno il fatto che
il cantante degli Shards si fosse trasformato in qualcosa di più di un idolo
prima e un amico poi, ma una volta resa quella consapevolezza una parte di sé,
per lei era stato semplice lasciarsi andare alla più bella storia della sua
vita. Con lui si sentiva completa, arricchita e non c’era stato un solo giorno,
vicino o lontano dal ragazzo che fosse, in cui non si fosse sentita felice. Così
come Ewan. Non erano sempre insieme, Amelia non seguiva gli Shards in ogni
tournée, ma quella era parsa sempre la soluzione migliore; così facendo, quando
si rivedevano, entrambi avevano mille cose di cui parlare. La loro relazione
era diventata con gli anni qualcosa di unico, di profondo ma, in un certo
senso, di diverso.
Tuttavia, un
giorno, era successo qualcosa che nessuno avrebbe potuto sospettare,
soprattutto se avesse visto la coppia trascorrere del tempo insieme: sottile e
silenzioso com’era arrivato, quel sentimento di amore che li univa era
lentamente scivolato via.
Se ne accorsero
quasi per caso, quando divenne chiaro che, più che amanti, erano diventati
amici. Amici profondamente legati da qualcosa che andava oltre tutto, talmente
inspiegabile che nessuno sembrava in grado di comprenderlo. Ne avevano
discusso insieme un pomeriggio. Amelia ricordava ancora che fuori il sole stava
tramontando, virando di rosso e blu il cielo. Lui e il ragazzo si erano
guardati, si erano scambiati un sorriso e avevano affrontato l’argomento, senza
nascondersi. Avevano capito che ognuno rappresentava qualcuno di importante per
l’altro, ma non quel qualcuno, la
persona con cui trascorrere ogni attimo della propria vita. Ne avevano parlato
a lungo, con calma e si erano scambiati un ultimo, leggero, bacio, sancendo
così la loro decisione di porre fine – ma non con tristezza – alla loro
relazione. Era una consapevolezza arrivata da entrambe le parti e avevano
capito ciò che andava fatto.
Solo che Ewan,
quel giorno, non aveva raccontato tutta la verità ad Amelia. La ragazza
continuava a ricoprire un ruolo troppo importante per lui, lo stesso che aveva
avuto nei loro tre anni di relazione. L’amava ancora, così come l’aveva amata
quando stavano insieme e anche quel giorno in cui avevano deciso di smettere di
essere una coppia. Tuttavia lui non aveva trovato il coraggio, né il modo, di
fermare la ragazza, di far sì che le cose fra loro non finissero, che non si
trasformassero in quella bella amicizia che condividevano ora. Aveva pensato a
frasi da dire, parole da usare, ma non era servito a nulla, perché non aveva
fatto niente. Mentre discutevano della cosa lui aveva capito che non ci sarebbe
stato niente da fare. Se l’avesse pregata di non andarsene, di rimanere insieme
a lui, le cose sarebbero sicuramente andate per il verso sbagliato. Non poteva
costringerla a rimanere la sua ragazza, perché era ormai chiaro che, in quelle
vesti, lei non ci si specchiava più e lui non voleva perderla, non Amelia. L’unica
soluzione che aveva trovato era stata quella di assecondare il suo volere,
fingere che anche per lui vigesse la stessa condizione sentimentale e lasciarla
andare. Così facendo avrebbe ancora potuto rivederla; l’aveva persa, ma non per
sempre.
Infatti ora Amelia era
lì, seduta davanti a lui al bancone di quel piccolo locale nel cuore di Glasgow
e sembrava che il tempo avesse perfezionato ancora la sua figura.
Ewan richiamò a sé il
barista per consentirle di ordinare qualcosa da bere, ma la ragazza declinò l’offerta;
le dispiaceva, ma non si sarebbe potuta fermare a lungo.
«Dove hai lasciato
Joe?» le chiese il cantante così da avviare la conversazione. L’aveva visto,
quel ragazzo, accanto ad Amelia quando era riuscito a scorgere la sua figura
fra i presenti durante l’esibizione. Quando aveva alzato gli occhi sul pubblico
l’aveva trovata subito, quasi avesse saputo in che punto esatto guardare. E
accanto a lei aveva individuato quel ragazzo che non aveva ancora avuto modo di
incontrare di persona, ma di cui aveva letto sui social e sentito parlare
direttamente dalla voce di Amelia.
«Si chiama George» lo
corresse lei, sorridendo. «E ha detto che meritavamo un po’ di privacy visto
che è un po’ che non ci vediamo di persona.»
Ewan sorrise. «Ti ha
lasciata andare a parlare da sola con il tuo ex?» domandò con una punta di
ironia.
La ragazza sorrise.
«Tecnicamente io e lui non stiamo ancora insieme.»
«A maggior ragione,
allora.»
Nuovamente lei sorrise.
«Sa di noi, Ewan. E sa di potersi fidare.»
Era chiaro alludesse al
modo in cui si erano lasciati, a quanto era rimasto a unirli, solo che Amelia
non sapeva che per il ragazzo c’era tanto di non detto da parte sua, settimane
di silenzio che per lui avevano il peso di un segreto importante, un macigno di
cui non voleva sbarazzarsi.
La vedeva, sapeva che
se le avesse detto quanto ancora provava per lei, la ragazza si sarebbe
allontanata, non sapendo come comportarsi, che altro fare. Un giorno i
sentimenti che provava per Amelia se ne sarebbero andati, affievoliti fino a
scomparire, lo sapeva e, allora, lui avrebbe avuto accanto un’amica
insostituibile come sapeva lei sarebbe diventata. Era solo questione di avere
pazienza, di resistere a tutto ciò. Era anche per quello che era nato Cassian.
I testi di quelle canzoni erano in molti casi velati riferimenti a lei, a
quello che c’era stato fra loro e al vuoto che Ewan provava non avendola più
vicina. Comporre quelle canzoni era come una cura, una medicina fatta di note e
parole che gli donava emozioni e vita, consentendogli di
esprimere quello che non poteva – o, meglio, non voleva – affrontare con gli
Shards.
«Blueberries mi piace davvero moltissimo» proseguì la ragazza, alludendo all’ultimo
pezzo suonato da Ewan.
Il ragazzo la
guardò con attenzione, per cercare di capire se lei avesse inteso il messaggio
più profondo di quella canzone. Blueberries parlava di lei, anche se in modo indiretto, velato, e
aveva intitolato così quella canzone perché Amelia, quando loro facevano
colazione insieme nei bar di Londra, ordinava sempre un muffin ai mirtilli,
tanto amava quei dolci. Il cantante sospettò che il motivo per cui quel brano
le piacesse tanto fosse dovuto proprio al fatto che parlasse di lei.
«Ti ringrazio» disse
infine, senza aggiungere altro. Gli sarebbe piaciuto dirle la verità su quella
canzone, ma preferì non farlo. Gran parte di sé, a ogni modo, sperò
intensamente che lei capisse tutto.
«I ragazzi come stanno?» proseguì Amelia.
«Oh, benone» rispose
subito Ewan, felice del fatto che si stesse cambiando argomento. Gli risultava
piuttosto complicato resistere alla tentazione di dichiarare tutta la verità
riguardo al vero significato delle sue canzoni e a quello che ancora provava
per lei quando insieme parlavano del progetto Cassian. Anche quando ne discutevano
per messaggio o telefonicamente – in quelle sporadiche chiamate che ancora si
consentivano – per Ewan era sempre piuttosto difficile mantenere il proprio
segreto. Parlando degli Shards, però, quel desiderio veniva annichilito, come
se i suoi amici fossero lì pronti a fermarlo dal compiere qualche gesto
sbagliato. «Tra l’altro gli sarebbe anche piaciuto venire qui, ma per una serie
di motivi non ce l’hanno fatta. Ti mandano i loro saluti.»
Amelia rise al pensiero
dei saluti dei tre ragazzi. Negli anni in cui era stata partner di Ewan aveva
imparato a conoscerli bene, incluso Trent, e con ognuno di loro aveva
instaurato un rapporto unico, personale e bellissimo che, proprio come per
quello che aveva con il cantante, era piuttosto felice di non essersene dovuta
separare. «Salutameli allora. È di’ loro che la prossima volta che qualcuno di
voi è in zona Glasgow voglio assolutamente vederlo.»
«Sarà fatto» acconsentì
il cantante, fingendo un saluto militare. «Come va con il lavoro?»
Non gli dispiaceva l’idea
di sentirla parlare di sé. Era indubbio che gli mancassero i suoi aneddoti e i
suoi resoconti delle proprie giornate, così come tutto quel parlare delle idee
che le erano venute in mente, delle proposte di lavoro, dei disegni e delle
grafiche nuove. Amelia, infatti, era finalmente riuscita a diventare una
grafica di professione, coronando il suo sogno. Lei aveva sempre sostenuto che
il merito fosse solo degli Shards e delle grafiche per la tournée americana che
le avevano consentito di realizzare, ma Ewan sapeva che era solo questione di
tempo prima che si accorgessero del suo talento; in fin dei conti la quantità
di incarichi e commissioni che aveva di continuo non potevano che essere
conferma delle sue capacità.
Amelia parve
illuminarsi al suono di quella domanda. Aveva da poco iniziato a lavorare a
qualcosa di molto stimolante con cui aveva la possibilità di liberare al
massimo la propria fantasia. Uno di quei lavori che, appena le era stato
proposto, aveva accettato senza neanche indagare più del dovuto su tempi di
consegna e quant’altro, desiderando solo di poterlo fare.
Ne parlarono e da lì la
loro conversazione si snodò con una naturalezza invidiabile perché totalmente
loro. Ewan era contento di avere la possibilità di sentire Amelia parlare con tutto
quel trasporto di ciò che aveva la possibilità di fare. Le mancava, gli era
impossibile negarlo. Gli sarebbe piaciuto poter rivivere ancora quei giorni in
cui stavano insieme, solo loro due, a parlare di cose di cui avevano già
discusso più volte ma facendolo come se quella fosse la prima volta. Lui non si
stancava mai di sentirla parlare, perché sembrava quasi che Amelia avesse la
capacità di rendere interessanti anche le cose che lui già sapeva, le parole
che aveva già sentito. Probabilmente erano i sentimenti che provava per lei a
rendere unici a quel modo i minuti trascorsi insieme, fatto sta che al cantante
sarebbe piaciuto molto poterli rivivere ancora.
Tuttavia continuava a
tacere. Amelia non era più legata a lui come prima e, quando si erano lasciati,
Ewan non era stato sincero. Dire ora alla ragazza quello che lui provava per
lei l’avrebbe messa in crisi, allontanata, forse addirittura ferita. Ormai
aveva preso la sua decisione e avrebbe continuato per la sua strada.
Parlarono per svariati
minuti – quindici, forse venti – ma alla fine la ragazza si ricordò di non
essere sola in quel locale. Lanciava continue occhiate in direzione del punto
in cui George le aveva detto che l’avrebbe aspettata e, dopo un po’, Ewan non
poté più fingere di non vedere.
«Vai pure» le disse.
«Non sei da sola dopotutto.»
Amelia abbozzò un
sorriso. Le dispiaceva sempre dover salutare Ewan. La compagnia del cantante
continuava a piacerle molto, soprattutto perché con nessuno era riuscita a
instaurare un’amicizia come quella che si era creata fra loro. Tuttavia lui
aveva ragione: lei non era sola e per quanto le sarebbe piaciuto rimanere
ancora a conversare, non poteva. «Hai
ragione» rispose. «È meglio che vada» si alzò dallo sgabello, sistemandosi i
vestiti. «Mi ha fatto davvero piacere rivederti, Cassian» gli disse,
arricciando le labbra.
Ewan sorrise. «Felice di sapere che queste canzoni
ti piacciano»
rispose, sebbene lo sapesse da tempo. Lei, infatti, già dai primo ascolti aveva
subito riferito al cantante che quel lato di lui era davvero bello e
interessante. Al tempo stesso, però, non aveva mai fatto mistero di preferire
gli Shards e Ewan era molto felice della cosa. Gli Shards, infatti,
continuavano a essere tutto il suo mondo e sarebbe rimasto molto deluso nel
sapere che Amelia aveva trovato qualcosa che le piacesse più di quella band.
«È difficile che tu
faccia qualcosa che non sia di mio gradimento» ammise, riferendosi per lo più
alla musica.
Il cantante cercò di
non scavare a fondo il senso di quelle parole; non gli serviva e probabilmente
gli avrebbe solo fatto male. Sorrise alla ragazza per ringraziarla del
complimento, preparandosi a separarsi da lei un’altra volta. Sempre, quando la
vedeva andare via, parte di sé gli diceva che avrebbe potuto non rivederla mai
più. In quel momento quella voce, quel monito, si stava facendo largo nella sua
mente.
«Mi ha fatto piacere
rivederti. Grazie per essere venuta» le disse poi, cercando di ultimare in
fretta quella parte. Non gli erano mai piaciuti molto i saluti, specie se si
trattava di qualcuno da cui non avrebbe voluto separarsi.
«Anche a me, ma sono
sicura che non serva a niente dirtelo» rispose Amelia, regalandogli uno dei
suoi sorrisi più sinceri. «In bocca al lupo per la prossima tour. Ho già i
biglietti per Edimburgo» gli rivelò, intensificando il suo sorriso.
«Beh allora
ricordamelo. Così troviamo il modo di farti entrare nel backstage e puoi
salutare anche gli altri.»
Usare gli amici come
scusa era un trucco vecchio come il mondo, ma funzionava sempre.
«Volentieri» esclamò
Amelia, radiosa.
Ewan si alzò per
poterla salutare. Si strinsero in un abbraccio, spontaneo e delicato, dopodiché
si augurarono una buona serata e Amelia si allontanò, inoltrandosi fra le
persone che ancora erano presenti nel locale.
Il ragazzo
rimase a guardarla finché non scomparve, già pregustando il momento in cui l’avrebbe
rivista. Non era semplice per lui vivere con quel peso, con la consapevolezze
di essersi allontanato da qualcosa che amava per paura di perderla per sempre.
Era da lì che
nascevano le canzoni del suo progetto Cassian, da quella sensazione di perdita
che gli inondava il petto ogni volta che pensava ad Amelia. Cantando le
canzoni degli Shards, sul palco insieme a loro, era in grado di non pensare a
nulla di tutto ciò, tuttavia lui non era intenzionato a dimenticarsene, non
ancora. Quella ragazza continuava ad avere un significato troppo importante e
prezioso per lui, nonostante il modo in cui erano andate le cose. Quando faceva
i suoi piccoli e intimi concerti come Cassian, suonando quelle canzoni che i
giorni in cui Amelia c’era, e quelli in cui non c’era, gli avevano ispirato,
quasi gli sembrava di averla ancora lì, saperla sotto il palco per lui. Agli
occhi di molti sarebbe di certo apparsa la cosa più deprimente e patetica
immaginabile, ma per Ewan era un modo come un altro per sentirsi
vivo.
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Eccomi di nuovo!
Come vi avevo anticipato nel capitolo precedente,
questo è il finale alternativo che ho pensato e scritto per la storia. Finale alternativo
che, per la cronaca, avrebbe invece dovuto essere quello originale. Tuttavia non
c’è l’ho fatta. Chiamatemi inguaribile romanticona, ma non sono proprio
riuscita a far separare Ewan e Amelia, meritavano il lieto fine, per me.
Non so dirvi se ho scritto questo finale perché volevo
cimentarmi nel angst, davvero non lo so, ma si
delineava nella mia testa di continuo, bramando di essere scritto, così ho
deciso di farlo, ed eccolo qui.
Non so se è piaciuto, lo avete odiato, non so niente.
Spero che un minimo possiate aver gradito questa “alternativa triste” per la
coppia.
Vi ringrazio ancora di cuore per essere arrivati a
leggere fin qui.
Spero di risentirvi qualora dovessi pubblicare
qualcosa di nuovo.
Alla prossima!
MadAka
p.s.
Ho pensato addirittura a un terzo finale xD Ma questo
non lo scriverò mai.