FEEL
MY PAIN
Game
on, game on, hope you people ready
I’m
reloaded and I hope my trigger finger steady
This
is not a game now, nobody can save you
Spent
up all your change and now your turn is done
We
won’t be afraid ’cause we’re the ones who
made you
Knock
you out the frame, we won’t stop until you’re gone
Game
on
(Game
On-Waka
Flocka Flame)
Il
paesaggio attorno a Clover Town è molto particolare, bello
ma
monotono, o forse bello proprio per quello: per chi ama le montagne
rocciose, le scalate, le albe e i tramonti tra le sfumature dei
macigni, per quelle persone deve essere un paradiso, per tutti gli
altri un buco schifoso; forse per questo era stato il luogo della
riunione dei Master delle gilde, la noia che attira la noia.
In
ogni caso, anche a un occhio poco attento e molto annoiato sarebbe
apparso lampante che, da un giorno all'altro, una montagna si era
dimezzata: la sua punta era sparita, e del monte rimaneva una collina
piatta sulla cima.
A
dire la verità, “da un giorno all'altro”
era un po' impreciso,
dato che le c'erano volute 25 ore, 36 minuti e qualcosa su...
Insomma, Kinana ci aveva impiegato tutto quel tempo per divorarla e
rimettersi un minimo in sesto. All'inizio era stato difficile
mettersi a mangiare, perché le uniche ossa che le erano
rimaste
integre dopo l'impatto erano i denti, ma alla lunga mordi e mordi e
sputa e sputa si era fatta strada. Come sottofondo aveva le
simpatiche urla di Dan che erano del genere: -Una
mente tenace
è la chiave per un corpo
incrollabile! Sanare!-.
Insomma,
non il giorno migliore della sua vita, e anche ora che stava finendo
non è che stesse proprio migliorando. Dentro era ancora a
pezzi, e
adesso che il suo corpo era guarito non poteva più ignorare
quel
tipo di ferita.
Il
suo stomaco era in subbuglio come non mai: ripensare all'umiliazione
provata, ai suoi piani andati in fumo e a quegli occhi che la
fissavano annoiati mentre la stringeva trionfante... a come fosse
fuggita con la coda tra le gambe... con la paura nel cuore e le
lacrime agli occhi... ARGH!!! Quello, quello era il vero veleno!!!
-Kinana-sama,
tutto ben...-.
-NO!!!-
Si voltò di scatto e gli sparò addosso l'intero
caricatore; il
cavaliere si acquattò a terra un istante prima che gli
cambiasse il
taglio.
Schiumante
di rabbia, Kinana gettò la pistola e pestò i
piedi a terra,
facendola tremare.
-Cos'altro...
cos'altro devo fare-kina??? Cosa devo sacrificare ancora per
diventare più potente???-.
Una
fitta sotto la benda mischiò la rabbia al dolore e,
tastandosela,
cacciò un urlo disumano.
-Mi
serve altro tempo-kina!!! Non è ancora il mio momento!!!-.
-Di
cosa sta parlando, Adorata Madamigella?- Domandò Dan,
tornato
normale.
Lei
lo guardò stizzita, non era in vena di dare spiegazioni a un
tipo
stupido come lui.
-Fino
a sì e no un anno fa conoscevo solo un paio di incantesimi,
come
credi che sia diventata così? Ogni cosa ha il suo prezzo, la
mia
vita per questo potere... il meglio che potessi chiedere-kina!-.
-C-Come?
Questo vuol dire che...-.
Magari
era il dolore lancinante che le annebbiava la mente, o magari
l’adrenalina nel ricordare il momento del suggello, ma voleva
ridere a squarciagola.
-Come
ti dissi tempo fa, mi sono dedicata completamente alla vendetta e
alla solitudine, perché tanto alla fine... sì, io
scomparirò-kina.
Tutto ciò che volevo... no, che voglio
tutt'ora, è portare
Natsu con me! AHAHAHAH!!! AHAHAHAHAHAH!!! AHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!-.
Smise
di ridere quando si accorse che Dan era entrato in risonanza e rideva
anche lui, ma evidentemente non aveva idea del perché,
infatti
sembrava si stesse divertendo sul serio.
Che
idiota!
-Ahahaha
-PIANTALA!!!-.
-Ok
la smetto.-.
-Dovevo
tenermi i cani, quelli almeno facevano un cervello in cinque... ugh,
la mia testa!-.
Visto
che gli stava tornando l’ossigeno, a Dan riprese a funzionare
il
neurone, sicché chiese: -Kinana-sama, cosa facciamo adesso?-.
-Che
ne so! L'idea era di finirlo l'altra volta, o al massimo lui avrebbe
ucciso me. Che rimanessimo in vita tutti e due-kina...- Si mise a
riflettere, doveva pianificare le prossime mosse: questa volta
avrebbe dovuto usare tutte le sue risorse e fin da subito la sua arma
segreta. Usandone uno l'aveva messo in difficoltà per un po'
di
tempo, forse scatenandoli tutti... meglio ancora, doveva rimediarne
altri... soprattutto doveva riuscire a riavvicinarsi a lui...
-No.-
Disse rialzando la testa: -Forse non ce ne sarà bisogno.-.
-Uh?
Di fare cosa, Mia Signora?-.
-Sta'
zitto e lasciami pensare. Che giorno è oggi?-.
-...-.
-Dan-kina?
Ti ho chiesto che giorno siamo!-.
-Ma
mi hai detto che dovevo stare zitto...-.
BANGBANGBANGBANGBANGBANGBANGBANG
-Quindi?-.
-A-Aye!
Considerando il nostro volo e il giorno passato direi che siamo il 1
maggio!-.
-1
maggio... sono passati quanti, 14 mesi da quel giorno? Mmm, non ha
importanza-kina. Muoviamoci.-.
-Muoversi?
Dove?-.
Kinana
guardò l'orizzonte, sopra le rocce il cielo era limpido ma
oltre di
esse...
-Verso
il rosso. Abbiamo 66 giorni di tempo.-.
-Perché?
Che succederà il 7 luglio?-.
7
luglio, la data che aveva letto nei documenti del castello, quanto
sentimentalismo dietro a quella scelta!
-Kinana-tan?
Tutto bene?-.
Kinana
passò la lingua sulle punte dei denti, fermandosi sui lunghi
canini
e incidendoli fino a sentire un pizzico di dolore.
-Kina-kina-kina...
cosa succederà mi chiedi? Quello che succede sempre quando
due
specie arroganti si scontrano.-.
-Una
muore.-.
Due
mesi dopo
SWINN
SWINN SWINN
TOP
Kagura
appoggiò la roccia di fianco alle altre, sollevando la spada
che
luccicò sotto la lampada.
“ Bene.”.
Si
rialzò, sgranchì le ginocchia e
rinfoderò la katana. Uno degli
svantaggi di averla estratta dal sigillo, quella volta contro Erza,
era la cura minuziosa che doveva dedicarle, ma aveva imparato in
fretta: levigava il filo con varie pietre di dimensioni e superfici
diverse, fino a sentire una risonanza metallica simile a uno squillo.
Fece
per uscire dalla porta, ma si bloccò con la mano sulla
maniglia.
Un'ansia terribile la colse, la prospettiva di quello che stava per
succedere, che fino ad allora era rimasta silente, urlò alle
sue
orecchie con la furia di un uragano.
Ansimava,
poi scosse la testa e tornò impassibile come prima.
“ Calma.
È una missione come le altre. Ci saranno solo più
demoni da
uccidere... da uccidere... più sangue, più
violenza, più morte!
Sì, finalmente io...!”.
-No!
Ora mi sto agitando per il contrario. Andrà tutto
bene… deve
andare così...-.
“ Finalmente
finirà tutto.”.
Aprì
la porta e, inaspettatamente, si trovò davanti Juvia. La
ragazza
fissava incantata davanti a sé, sembrava che non l'avesse
neanche
percepita.
-Tutto
bene Juvia?-.
Juvia
rispose con un piccolo soprassalto.
-Uh!
Sì, Kagura-sama. Juvia è solo nervosa.-.
-Ti
capisco.- Rispose lei alzando un angolo della bocca; ma non era vero.
Nessuno poteva capirla. Dopo che l'aveva ritrovata due mesi prima...
era come regredita ad una bambina.
Si
ricordò di quando l’aveva vista contorcersi in un
angolo della sua
camera di ospedale, a urlare e a piangere come una furia. Non
l’aveva
fatta dormire quella notte. Una frase l’aveva colpita in
particolare, anche se ora non se la ricordava... Però
nell'ultimo
mese sembrava aver recuperato, sembrava fosse tornata normale. Ma era
davvero così?
Le
mise una mano sulla spalla per farle sentire che le era vicina, lei
allora la guardò con la fronte aggrottata da un dubbio che,
evidentemente, la preoccupava in modo serio.
-È
solo che...-.
Si
bloccò, serrò le labbra e pareva volesse piangere.
-Juvia...-.
-Juvia.-
Ripeté la maga azzurra: -È davvero questo il mio
nome?-.
Kagura
si stupì di quella domanda, e ancor di più di
sentirla parlare in
prima persona.
-Io
non sono sicura di essere Juvia.-.
-In
che senso?-.
L’azzurra
assunse un’aria mortificata, anzi, funerea come quella di un
fantasma.
-Juvia
è sparita, Juvia è morta e io sono...- Non
trovò subito le parole:
-nata da un suo braccio finto. Allora... allora io sono davvero
Juvia, oppure sono solo la sua magia e sto rubando la sua vita???-.
Scoppiò
in lacrime.
Ecco
cosa intendeva quella volta.
Juvia
esiste ancora?
-Juvia...
io non so davvero cosa dire. So solo che non creo la vita quindi...
quindi secondo me tu sei tu, Juvia. Hai detto tu che ricordi di
essere sparita, no? Come faresti ad avere quei ricordi altrimenti?
Sì, ne sono convinta, tu sei Juvia!-.
-Ma
anche se così non fosse, se Juvia fosse davvero morta, io
credo che
ciò che stai facendo sarebbe il più grande modo
per renderle onore.
Non si tratta di rubare la sua vita, ma di portarla avanti; e vederti
adesso la renderebbe sicuramente orgogliosa!-.
Juvia
smise di piangere e le rivolse uno sguardo che, per quanto disperato,
conteneva un barlume di consolazione.
-Lo
pensi davvero, Kagura-sama?-.
Mosse
un passo e si trovò tra le sue braccia, a stringerla come se
temesse
di sentirla sciogliersi in una pozza, così come era rinata.
Sgranò
gli occhi, non era da lei un comportamento simile; forse neanche lei
era più sé stessa, dopo tutto quello che le era
successo? Ah, da
perderci la testa... i suoi capelli però sapevano di buono,
di acqua
di mare, e le pizzicavano un poco il naso: il tutto era molto
piacevole.
-Grazie!-
Pianse Juvia: -Grazie Kagura-sama!-.
La
coccolò per qualche secondo, anche quello era piacevole; poi
si
lasciarono e si avviarono verso il salone della principessa, non
senza che Kagura provasse un’altra emozione a cui non era
solita:
l’imbarazzo. Oltretutto era tutta bagnata… i suoi
vestiti, cioè.
Bussarono
ed entrarono, trovando ad aspettarle Hisui, il cavaliere Arcadios, il
fantasma di Mavis, la sorellona Erza, Freed, Bickslow e...
-Ghihihihih!
Ci siamo tutti adesso?-.
Kagura
sfiorò istintivamente l'impugnatura della spada a nervi tesi
e
sguardo truce, ma il tocco delicato della blu la fece calmare, e
andò
a sedersi.
-Grazie
a tutti per essere venuti.- Iniziò Hisui.
-È
giunto il momento. Il portale è pronto, e dopo quello che
è
successo due mesi fa...-.
Kagura
strinse gli occhi, ormai dire che le cose si erano complicate era un
eufemismo.
Era
chiaro che qualcuno li stava aiutando dall'interno, ed era chiaro
anche chi.
-Dobbiamo
procedere alla fase finale, questo significa che noi-
-Principessa.-.
Tutti
si voltarono verso di lei, in effetti di solito non interrompeva mai
qualcuno. Di solito non faceva molte delle cose che aveva fatto negli
ultimi cinque minuti.
-Dimmi,
Kagura-san.-.
-Non
dovremo pensare alle minacce più vicine a noi?-.
La
principessa la guardò confusa, sembrava che non capisse;
allora lei
alluse al demone che ancora sghignazzava seduto in poltrona.
-Ghihihihih!-.
La
ragazza fece una smorfia disgustata: -Non possiamo fidarci di lui.-.
-Ma,
Kagura-san...-.
-Kagura!-.
-Temo
di non seguirti.-.
In
breve tutti si schierarono contro di lei.
-Insomma,
come potete fare finta di...-.
-Ghih
-E
smettila!- Balzò in piedi e brandì la spada,
Juvia che le era
accanto però la prese per le spalle e la bloccò.
E
lui rideva a crepapelle.
-Ma
non capite???- Sibilò a denti stretti: -Lui è un
Etherious! Solo
perché è un vostro amico vi fate accecare dai
sentimenti!-.
Juvia
la strinse più forte: -Kagura-sama! Questo non è
vero! Gajeel-sama
è dalla nostra parte!-.
-Usate
il cervello! I demoni non saranno entrati mica da soli! E anche
quello che è successo subito dopo...-.
-E
sarei stato io?- Replicò Gajeel, per la prima volta senza
ridere.
-Ma
io sono tornato Etherious dopo che loro erano
arrivati.-.
-E
io dovrei crederci?-.
Gajeel
fece spallucce, facendola infuriare ancora di più.
-Voi
demoni siete tutti uguali!-.
-Oh
sì? Anche la micetta?-.
Kagura
trasalì; Juvia, sentendola calmarsi, la lasciò.
-Beh,
che è quella faccia?- La incalzò lui: -La gattina
era una tua
compagna di gilda, no? Ti ho solo chiesto se, secondo te, anche lei
è
brutta, cattiva e mette l'ananas sulla pizza. Cacchio, il tuo
razzismo mi offenderebbe se me ne fregasse qualcosa.-.
Kagura
fece un deciso passo in avanti: -Non osare... non osare prenderti
gioco di Millianna!-.
-Oh?
Adesso chi è che si sta facendo accecare dai suoi
sentimenti?-.
-Calmatevi!-
Esclamò Erza, frapponendosi tra i due.
-Kagura,
mi sorprendo di te. So quello che pensi dei demoni, ma dire che sono
tutti uguali è come dire che tutti gli umani sono uguali,
non ti
pare?-.
-È
diverso!-.
-Ah
sì?- Riprese Gajeel: -Deve essere facile vederci tutti come
pedine
senz’anima. Nonché non molto, mmm, di mente
aperta...-.
Kagura
digrignò i denti, ma Erza la trattenne ancora.
-Datti
una calmata! E anche tu Gajeel! Kagura, pensavo che avessi cambiato
idea sui Cambiati dopo che hai affrontato Jenny.-.
-Sì.-
Ammise lei, ma con tono tutt'altro che arrendevole: -Sui Cambiati
sì.
Prima pensavo che avessero gettato via il proprio onore, ora ho
capito che gliel'hanno strappato via! E sono stati gli Etherias come
lui a farlo!-.
-Il
Cambiamento è un'evoluzione.- Ribatté Gajeel. A
questo punto
persino Erza lo guardò allibita.
-È
una maledizione! Una delle vostre! E ora anche Millianna
è...- Non
riuscì a finire la frase, non voleva pensare a quello che
potevano
averle fatto.
-Millianna
sta bene.- Cercò di rassicurarla Erza: -È vero,
le hanno fatto una
cosa terribile, ma grazie a Minerva è tornata in
sé.-.
-Vorrei
crederlo.- Rispose lei abbassando gli occhi: -Ma non so se ci riesco.
E comunque non mi fiderò mai di uno come lui. Erza-nee, io
spero tu
possa capirmi.-.
Si
allontanò dalla sorella e si congedò con un
inchino.
-Vogliate
perdonare la mia condotta. Principessa, l'ho disonorata col mio
atteggiamento. Ma non posso rimanere qui.- Si voltò per
uscire, ma
Juvia la trattenne con un ultimo, disperato tentativo.
-Ma,
Kagura-sama, devono ancora spiegarci cosa fare!-.
-Io
so cosa farò: seguirò gli ordini che mi daranno,
qualunque essi
siano. Buongiorno a tutti.-.
Aprì
la porta e uscì, ma prima di richiuderla alle sue spalle
udì Juvia
borbottare: -Anche lui ha detto così.-.
Kagura
rimase immobile per qualche secondo, probabilmente l'aveva detto
senza saperlo ma proprio per questo lo sentì più
forte.
Si
sentì montare dalla bile per l'essere comparata a un demone,
e
soprattutto per dover ammettere che, in effetti, aveva ragione.
“ Non
sono lucida. Forse sono io quella troppo simile a loro.” E si
allontanò a grandi passi.
Che
palle!
“Io
odio questo tipo di lavori!”.
-Tempo
fa fosti tu a dire che potevi fare tutto il lavoro di Sayla, ma
meglio.-.
“Ma
che cazzo, leggi ancora nel pensiero?”.
-Sei
tu che stai parlando ad alta voce.-.
-Cacchio,
hai ragione. Ma perché mi chiami solo adesso?-.
Lui
si girò e lei rabbrividì, molte volte si lasciava
andare e
dimenticava che la poteva polverizzare con un dito, e che era
abbastanza mentalmente instabile da farlo.
-Perché
tu sei più instabile persino di me.-.
Mira
si tappò la bocca: “accidenti a me!”.
E.N.D.
sorrise, ma con stanchezza, tornando a volgersi verso la capsula.
Un
brivido le attraversò la schiena.
-Lucy...-.
-Hm?-.
-Niente.
È solo che... questo corpo dà
ancora problemi.-.
-Ah,
capisco. Immagino che una parte di te mi consideri un mostro per
quello che sto facendo. Eh, non fare quella faccia, hai ragione. Io
sono un mostro e lei no: quello era il problema fin
dall'inizio.
Così, se
non puoi batterli unisciti a loro,
ma vale anche il contrario.-.
Il
Cremisi accarezzò
con una mano la teca, come per sfiorare la pelle della ragazza
sospesa nel liquido azzurro, quella
che lui stesso stava sgretolando.
-Non
riesco a ucciderla... e allora la farò diventare come me.
Uh, sarà
un po' come ucciderla, ma senza farlo davvero: mi
pare un buon
compromesso. E
poi non vedo l’ora di essere di nuovo insieme.-.
Mira
distolse gli occhi, il sangue le ribolliva nelle vene dal disgusto.
Non la sua anima, ma il suo corpo si ribellava.
Poi
sentì Natsu trasalire e rialzò lo sguardo,
accorgendosi
dell'incredibile.
Lucy
aveva riaperto gli occhi e appoggiato una mano sul vetro, muovendo le
labbra per parlare, ma uscivano solo bollicine.
Mira
guardò i dati nel monitor, non doveva essere nemmeno
cosciente e, se
lo fosse stata, avrebbe dovuto contorcersi dal dolore;
in
effetti,
quegli
occhi la
supplicavano
di smettere. Ma
non per sé stessa.
Per
Natsu.
Torna
indietro.
Sei
ancora in tempo.
Torniamo
a casa.
Non...
non
riusciva a sostenerlo.
-Mira...-.
-Master,
io...-.
-Aumenta
il dosaggio.-.
-Cosa?-
Si lasciò scappare stupita.
E.N.D non staccava di dosso gli occhi, sbarrati,
dalla bionda. Sembrava
folle.
-Ma...
potrebbe ammazzarla!-.
-Tu
fallo.-.
-Ma
così facendo non avrà più...-.
-FALLO
HO DETTO!!!-.
L'albina
sobbalzò e premette alcuni tasti sul monitor. Subito Lucy fu
scossa
da una fitta e urlò più bollicine, le sue dita si
strinsero a pugno
e poi la mano ricadde sul fianco.
La
demoniessa deglutì a vuoto.
-...una
coscienza.-.
-Ora
sarà un burattino inanimato.-.
Natsu
non diede cenno di aver udito le sue parole, e a
dire il vero
non era sicura di averle fatte uscire dalla sua mente.
Ora
anche la sua anima era inorridita e le urlava (in
testa)
che non
avrebbe
dovuto
eseguire quell'ordine. Però
non
era stata colpa sua,
la sua mano si era mossa da sola e
troppo
velocemente per...
cosa?
Di
cosa voleva scusarsi?
“Alla
fine ce l'hai fatta.”.
“Lucy
Heartphilia è finalmente
morta.”.
-Bene,
se posso dare un consiglio la terrei lontana dalla prima linea:
quella è capace di uscire di testa e di sterminarmi la razza
tutta
da sola.-.
Gajeel
la buttò sul ridere, ma nessuno lo assecondava; e nei loro
occhi
vide l'ombra del dubbio.
-Dai,
andiamo, non crederete sul serio che io faccia il
doppiogioco!
E allora che mi dite di Levy, eh? O della gattina? E a dirla tutta
anche Lisanna non ci sta molto con la testa ultimamente...-.
-Ora
piantala, non sei divertente.- Lo interruppe bruscamente Titania.
Gajeel
sbuffò.
“ Cercavo
solo di sdrammatizzare! E meno male che non sanno di
Wendy...”.
-La
tua situazione è diversa, non sei un Cambiato qualunque.-.
-Oh
dai, chi può dire qui dentro di essere una persona
qualunque!-
Obbiettò lui: -Siamo seri, manca a tutti qualche rotella!
Senza
offesa, Principessa.-.
-No,
io non penso che...-.
-Gajeel-sama
ha ragione!- Juvia si alzò in piedi.
-Juvia
conosce Gajeel da tanto tempo, e si fida di lui! E anche Juvia non
è
a posto col cervello!-.
Calò
il silenzio; così si accorsero tutti che la principessa si
era messa
a biascicare qualcosa.
-Perché
tutte le riunioni che faccio vanno sempre in questo modo... ah-ehm,
come dicevo! Io non penso che il traditore, se ce n'è uno,
sia tra
di noi,- A Gajeel non sfuggì l'occhiata poco felice di
Arcadios: -ma
per ogni prudenza ho deciso di affiancare Gajeel a Erza.-.
Il
ragazzo girò gli occhi: “Uffa, scommetto che mi
toglierà tutto il
divertimento.”.
-Voi
due comanderete l'attacco frontale. Freed e Bickslow, anche voi.-.
-Yuppi!-
Gioì il secondo, mentre il primo si limitò ad
assentire.
“ Attacco
frontale? Non è male...”.
-Anche
Juvia vuole andare!-.
Hisui
incespicò con evidente disagio.
-Juvia,
apprezzo la tua buona volontà, ma come hai detto... non
è il caso
di farti correre pericoli inutili.-.
Juvia
però si era impuntata, tutt’altra cosa rispetto
alla donna timida
dei tempi di Phantom Lord.
-Ma
Juvia non può tirarsi indietro! Lei pensa che
così potrà rivedere
Gray-sama! E poi... e poi forse anche Lyon-sama...-.
-Proprio
per questo non puoi andare.- Intervenne Erza: -Mi dispiace dirlo, ma
non credo tu sia pronta ad affrontarlo. Se dovesse succedere come
l'altra volta io...-.
-Non
riaccadrà! Juvia è pronta, davvero!-.
Hisui
la guardò desolata, lei non si perse d'animo; alla fine,
vinse lei.
-Va
bene, ma non voglio che tu rimanga sola, e se lo vedi... non
affrontarlo. Per nessuna ragione.-.
Un
po' smorzata d'entusiasmo, l'azzurra annuì.
-Per
quanto riguarda Kagura, in effetti sarebbe meglio tenerla dentro, ma
non so dove...-.
-Se
posso dire la mia- Prese la parola Freed: -le sue ottime
abilità e
la sua capacità di leadership, se non sono poste in prima
linea,
dovrebbero rimanere a presidio del castello. Immagino che avranno
qualche piano per arrivare fin qui: se Kagura restasse, credo che
potrebbe fermarli.-.
-E
poi...- Certo che quando iniziava a parlare non lo fermava nessuno,
soprattutto in favore di Kagura: -di lei ho capito
che odia
sentirsi inutile. Potrebbe davvero mettersi a sconfiggere da sola il
nemico pur di non rimanere con le mani in mano, e nelle retrovie
c'è
questo rischio. Qui, invece, non avrà da lamentarsi.-.
La
Principessa ci pensò su, infine convenne che era una buona
idea. Oh
bella, era la prima volta che una principessa fosse felice che le
attaccassero il castello.
E
poi bla bla bla a parlare di strategie, fino a tornare a una parte
interessante.
-La
squadra di Minerva? Ho sentito che si sono riprese.-.
-Ecco,
loro...-.
-Ho
sciolto la squadra.-.
Gajeel
si voltò, solo allora aveva sentito il suo odore: Minerva
era
entrata.
-Scusate
se non ho bussato, ma ho sentito di cosa parlavate.-.
-Ma
perché?- Domandò incredula Juvia: -Levy-sama
sembrava così
contenta!-.
Minerva
aveva un odore acre, l'odore delle lacrime. Non l'aspetto, quello era
riuscito a mascherarlo, ma l'alone di amarezza che la circondava era
inconfondibile.
-Non
è stata una decisione facile, ma loro erano sotto la mia
responsabilità. Non sono riuscita a proteggerle, neanche
una, e per
poco non sono...- Deglutì e si premette una mano sugli
occhi, e ciao
ciao all'aspetto.
-Se
non fosse stato per Elfman e Gajeel, non mi sarei mai perdonata
quello che sarebbe successo!-.
Eh
già, il suo trucchetto dei bastoni aveva salvato le loro
chiappe! Si
era preso un colpo quando Levy/ehm, cioè, si era molto
sorpreso.
-Minerva,
ne sei sicura?- Le domandò Erza; non sembrava volerle fare
cambiare
idea, più che altro voleva farla sfogare. Mmm, sentiva anche
lei la
puzza di disperazione?
-No.
No, ma ho dovuto. Per loro, e anche per me.-.
-Ma
Minerva-san ha insegnato così tanto a Levy-sama!-
Protestò ancora
Juvia.
-Se
Levy-sama è meno pazza di prima è solo grazie a
Minerva-san!-.
Wow,
che tatto.
-È
vero, ma so che ora possono continuare da sole. Sono ragazze in
gamba, ce la faranno.- Rispose, probabilmente ripetendo le stesse
parole che aveva detto loro.
-Minerva-san,
io non so giudicare la tua decisione.- Riprese Hisui: -Ma spero che
potrai aiutarmi a decidere come disporle.-.
-Certamente.-.
-E
Elfman e Lisanna?- Chiese allora Freed.
-Elfman
si è ripreso quasi del tutto, ma per la faccenda di
Evergreen non so
se è nelle condizioni di combattere.-.
Gajeel
pensò tra sé e sé che mica si era
messo a frignare quando avevano
chiuso Levy con la camicia di forza, poi si chiese perché
cavolo
avesse pensato a lei in quel modo, un'altra volta.
-Di
sua sorella ancora non sappiamo nulla, non sappiamo neanche come
faccia a mangiare quello che le portiamo. Quando entriamo lei
è
sempre immobile, ma quando ci distraiamo il cibo sparisce. Non
abbiamo idea di quando uscirà... se uscirà.-.
-Dobbiamo
avere fede in lei.- Intervenne allora il Primo, che fino ad allora
aveva parlato poco o niente.
-Ma
sì!- La assecondò Gajeel: -È una
ragazzina in gamba! Soprattutto
adoro quando perde il controllo e minaccia di uccidere chiunque le
capiti a tiro!- all'occhiata che gli rivolsero tutti alzò le
mani:
-Calmi, scherzavo.-.
-In
ogni caso- Riprese la Principessa: -senza di lei temo che non potremo
contare neanche su Flare-san.-.
-Oh,
anche lei mi piace, mi fa sembrare sano.-.
Stavolta
Bickslow sghignazzò di rimando, gli altri invece lo
ignorarono del
tutto.
A
lui questa cosa non piacque, così decise di far tornare
l'attenzione
su di sé con il suo asso nella manica.
-Ah,
a proposito, sono abbastanza sicuro che i Nove Cancelli siano
risorti.-.
…
Ecco,
adesso c'eravamo.
Per
la prima volta da quando era stata trasformata, Sayla si rese conto
di essere cambiata.
Già
solo quel pensiero ne era prova: da demone si era sempre considerata
fissa, statica, le era inconcepibile immaginare di essere
qualcos'altro che già non fosse. Gli uomini cambiavano, non
gli
Etherias.
E
allora cosa di lei era cambiato?
La
risposta era tanto ovvia da sembrare, ironicamente, banale: le
emozioni.
Non
che prima non ne provasse: conosceva la rabbia, la paura, il dolore,
la gioia, ma erano sempre state... come dire... gestibili, nel
senso di ovvie:
tremava
se aveva davanti un pericolo reale e rideva se veniva attraversata
dal piacere, mentre adesso si mischiavano tutte insieme e
ciò di cui
aveva paura e ciò che le piaceva non erano più
cose concrete ma
erano,
diciamo, dei presagi, cose
senza corpo.
Concetti
simili non si potevano
dire a parole, e i libri che
leggeva
non bastavano a spiegarli.
Era
come se
ai
colori semplici
si
fossero aggiunte
milioni di sfumature: il sospetto, l'invidia, lo sdegno, il
solletico, e
conosceva tutti
i loro nomi senza averli mai provati, come se dentro di sé
ne avesse
dei cataloghi;
ma, più
che elenchi,
erano appunti vaghi, rimandi tutt'altro che chiari e
anzi contrastanti,
e se si rendeva conto di essere, ad esempio, stizzita, lo capiva
troppo
tardi:
allora si sorprendeva delle sue stesse azioni e dei suoi stessi
pensieri, sui quali poco
prima
non aveva avuto il minimo dubbio.
La
cosa era terrificante, e il fatto stesso
che fosse terrificante era terrificante, perché anche questo
terrore
non era concreto, ma una sensazione nuova che conosceva
senza capirla.
Eppure...
eppure era
davvero così?
Un tempo lo stesso istinto di sopravvivenza non aveva alcun
significato per lei: allora
il suo cambiamento era iniziato prima? E
quanto
prima? O forse la
sua mente
era
ormai così annebbiata da ingannarla?
In
effetti
anche
adesso era annebbiata dall'ennesima emozione nuova,
quella che portava
il
suo
cuore
a
pesare
e i
suoi
occhi a
pungere salati, eppure
proprio quella tristezza
sollevava
le
punte
delle sue
labbra,
mentre
la
sua memoria scavava
alla ricerca di vecchi ricordi felici.
Era una sensazione così forte rispetto alle altre che non
riusciva proprio
a ignorarla,
e una parte di lei non voleva nemmeno farlo, perché ne
era come… felice.
“Questa
che sento è
la nostalgia, presumo.”.
-È
bello avere un corpo fisico.- Borbottò Torafuzar.
-Dunque
voi dite che sono
rimasto morto per un anno. Ma io non ne ho alcun ricordo.-.
-Tu
non ricordi mai nulla, Tempestar.-.
-Tempestar?
È
questo il mio nome?-.
-Quanto
ci è costato questo tempo perso? Quanto, quanto?-.
Sayla
abbassò gli occhi in un mesto sorriso. Era tutto come allora.
-Ehi,
che hai da ridere tu???- Sbraitò Ezel agitando
minacciosamente i
tentacoli in aria: -Poi non è giusto, perché solo
lei è stata
tutto questo tempo con il Master???-.
-In
effetti ricordo che lei e Kyouka ci passavano molto tempo insieme.-.
Insieme?
No,
non
c'era nulla di cui essere invidiosi: Kyouka
la portava da lui per allenarla, ma in realtà era il suo
sacco da
boxe. Di ogni ordine che eseguisse, lui
si
divertiva a trovare una
sua mancanza
per picchiarla, e
alle volte neanche quello, gli bastava solo
avere
la
sua borsa
di carne. Ne
aveva avuto paura, ma Kyouka era rimasta
con
lei ogni volta. Anche
se mai come sua alleata.
Comunque,
la
sentiva sempre vicina in quei momenti, per questo le erano cari.
Uhm,
si
era appena contraddetta, ma sentiva comunque
un piacevole
gonfiore al cuore.
“Questo
dunque è l'orgoglio.”.
-Il
Master è cambiato molto da allora.-.
-Ma
mai quanto te, eh Sayla?-.
A
parlare, con molta strafottenza, era stato Jackal.
-Non
lo posso negare.- Ammise lei. Il ragazzo allora
la prese per il collo e la sollevò da terra.
-Ah!-
Ansimò
sorpresa, trovandosi
senza fiato.
-Jackal,
che stai facendo?- Chiese Torafuzar con calma, nonostante lei stesse
a tutti gli effetti soffocando.
-Che
domande? Un'umana è un'umana, non dovrebbe trovarsi qui con
noi vi
pare? Io dico di farla fuori, tanto sono tutte uguali! Ahahah!!!-.
Lei
si sentì attraversare da brividi gelidi e gli
afferrò al polso cercando di liberarsi, ma lui
aumentò la presa e
iniziò a vedere dei puntini gialli. Il
suo
petto,
i
polmoni,
stavano
esplodendo, bruciavano!
-Ti...
prego... lasciami...-.
-Come-come?
Cos'è, sei spaventata?-.
Spaventata?
Sì,
era spaventata, era spaventata per la sua vita!!!
Non
era
la prima volta che le capitava una cosa simile
e aveva
sempre
mantenuto la calma,
allora
perché era terrorizzata??? Sapeva
che non l’avrebbe
uccisa,
allora perché non faceva altro
che pensare al suo corpo steso
a terra, abbandonato
e
privo di vita? Perché, perché, perché
piangeva e
tremava???
Quella
che sentiva era... cos'era???
-Aiu...to...
vi... prego...-.
La
vista le mancò, rimasero solo le risate di Jackal, e
loro la spingevano
sempre più in giù, giù,
giù...
-Basta
Jackal.-.
Riemerse
di colpo, barcollando per non cadere.
“K-Kyouka...”.
-Perché?
Non
mi dirai che
sei ancora...-.
-Non
abbiamo ricevuto ordini al riguardo.- Lo freddò lei.
Jackal
alzò il sopracciglio: -Sì, ma neanche del
contrario.-.
-Il
Master se l'è tenuta fino ad adesso, mi
pare più prudente non ucciderla; o forse vuoi andare a
chiederglielo?-.
Jackal
si stizzì e Kyouka alzò i tacchi, senza guardarla.
Si
sentiva morire.
Non
era più
neanche
degna di essere uccisa. Era
solo una cosa
da
tenere.
Si
era ridotto tutto a una questione di ordini, nessun
desiderio o giudizio personale, solo... un ordine.
Lei
non valeva più niente.
Tutto
quello che avevano passato insieme non valeva... più niente.
Quindi
se ora avesse
pianto
non avrebbe
voluto
dire niente.
Giusto?
Le
sue gambe la portarono fuori. Quello
che sentiva era il
tradimento.
-Uèè!-.
-Shhh!-.
-Uèè!-.
-Shhh!
Dai, stai buono...-.
Sospirò,
lasciandosi scappare un lamento.
“Cos'è
questo coso?”.
“Perché
cavolo devo tenerlo io?”.
“Non
è mio figlio! Io non ho un figlio! Sono troppo giovane per
averne
uno! E poi con lo scimmione di Makarov? Che
assurdità!”.
-Uèè!-.
-E
sta zitto insomma!-.
Il
poppante tornò a succhiarle la mammella e lei
sbuffò. Nonostante
tutto, vederlo sorridere le scaldava il cuore.
-Cì-cì-cì...
Sul
serio, cosa dovrei fare con te? Capisci che non posso tenerti!-.
Lo
sollevò in aria tenendolo per i fianchi, per
guardarlo meglio.
Lui
fece una faccia buffa e sbracciò, strappandole un sorriso.
-Non
puoi nemmeno rimanere in ospedale per sempre, e allora
chissà dove
ti metteranno. Forse
ti butteranno nella spazzatura. Hai voglia di finire nella
pattumiera? Lì è buio e pieno di mostri!!!- Lo
scosse su e giù un
paio di volte, e lui la fissò con due occhioni lucidi.
-No,
non preoccuparti, la mamma non lascerà che...-.
Si
bloccò e lo appoggiò sul letto di fianco a lei.
Con una mano si
aggiustò un ciuffo di capelli che le era finito sugli
occhiali.
-Senti,
non guardarmi così, non può funzionare! A me i
bambini neanche
piacciono!-.
Il
moccioso si ciucciò il pollice.
-Che,
hai ancora sete? Ma se hai bevuto fino ad adesso! Anzi, devo farti
ruttare...- Lo riprese in mano e gli diede dei colpettini sulla
schiena fino a sentire un “burp”.
-Ah!-
Disse rimettendolo davanti a sé: -Però! E questo
da chi l'hai
preso?-.
-Gha-ah!-.
Ever
ridacchiò, poi si incupì, poi sorrise di nuovo.
Era difficile
gestire quell'emozione, quel forte amore che provava verso quella
creaturina: un amore che non le apparteneva, su
questo era categorica,
ma che comunque sentiva pulsare in tutto il corpo.
Questa
cosa la stizziva, l'idea che qualcuno le avesse incasinato il
cervello le dava il voltastomaco, soprattutto uno
come quello
là;
eppure, poteva forse
ribellarsi?
E, soprattutto, voleva farlo?
Quello
che era certo era che quel bambino non poteva tenerlo. Insomma, non
poteva considerarsi sua madre no? Neanche si ricordava di averlo
mai avuto in pancia!
Lei
non era quel tipo di donna, e nessuno poteva chiederle di diventarlo!
E poi avrebbero trovato certamente
una madre migliore, quindi di che preoccuparsi?
Qualcuno
bussò alla porta.
-Avanti.-
Rispose istintivamente.
Oh,
ecco il suo aguzzino,
il gorilla bianco.
-Come
stai oggi?-.
Ever
si sentì la bile in gola, odiava quel tono, quello sguardo,
quegli
occhi compassionevoli, lei non voleva la sua pietà!
-Cosa
vuoi ancora? Vuoi tuo figlio, allora
tienilo!- E glielo porse bruscamente.
-Ehi!-
Esclamò lui: -Stai attenta, non è un giocattolo!-.
-Certo
che no, credi che non lo sappia? Ti credi superiore vero?-.
-No!
No, certo che no. Ever, io...- Il marmocchio singhiozzò e
Elfman lo
prese in mano, il suo avambraccio era abbastanza grosso da farcelo
sdraiare sopra. Era una scena ridicola, un gigante tutto muscoli che
teneva in mano un pargoletto che era un pezzo di pane.
Eppure...
eppure sentiva una morsa al cuore e le palpebre gonfiarsi
minacciosamente. Una dolce ma
grande
gioia la stava pervadendo,
e si sforzava di odiarla.
-Che
sei venuto a fare qui, allora?- Chiese tirando su col naso.
Senza
staccare gli occhi dal figlio, il gigante
assunse un'aria desolata.
-Non
posso rimanere con le mani in mano mentre mia sorella e i miei amici
si comportano da uomini. Tra poco ci sarà la battaglia
finale, e io
sto partendo.-.
Per
un istante il fiato le si mozzò in gola.
-Ah.-
Commentò, cercando di ritrovare la calma: -Beh,
è per questo che sei tornato nonostante ti avessi
esplicitamente
detto che non volevo più rivederti?-.
-Sì.-
Ammise lui: -Volevo guardarvi
solo un'ultima volta.-.
Ever
gonfiò le guance, non era divertente se non si ribellava; e adesso
la
gioia si era trasformata istantaneamente in dolore, e neanche quello
era divertente. Tanto
meno l'impulso di saltargli addosso e baciare la sua faccia pelosa
supplicandola
di restare.
Ora
si sentiva imbarazzata a parlare con lui, tipo se si sentisse in
colpa. Ma di cosa poi?
-Ehi,
senti, che nome volevamo dargli?-.
Elfman
la guardò stupito, e lei incrociò le braccia.
-Ti
ho fatto una domanda, e non mi guardare così!-.
-...tu
volevi chiamarlo Laxus.-.
Ever
sorrise, non
poteva dirsi sorpresa.
-Laxus...
Strauss...-.
-Eh?-.
-Cos...
no, niente, non ho detto niente, smettila di dire che ho detto
qualcosa!-.
Il
bimbo si mise a piangere, mettendo Elfman in agitazione.
-Uff!
Da' qua! Non mi
guardare così
e dammelo!-.
Lui
obbedì, stando bene attento a non toccarla; come fu tra le
sue
braccia, il bambino smise di piangere.
-Cì-cì-cì...
quel brutto gorillone ti
ha fatto la bua? Non preoccuparti, tanto ora se ne va.- E gli
lanciò
un'occhiata che
diceva: “vattene”.
Mestamente,
si voltò e fece per uscire; all'ultimo, però, le
parole le uscirono
di bocca: -E tu?-.
-Io?-.
-Come
l'avresti chiamato?-.
-Non...
non l'avevo ancora deciso.-.
-Aha.
Non vuoi dirmelo, ho capito.-.
-...-.
-Allora
facciamo che me lo dirai quando torni, ok?-.
Elfman
spalancò la bocca.
“È
il massimo che otterrai da me!” Pensò
la maga stizzita.
-Ok.
Allora... ci vediamo, rimettiti presto. E ciao anche a te... Laxus.-
Un ultimo stanco sorriso e uscì.
-Laxus...
Strauss...-.
-Tsch!
Non suona nemmeno
male!-.
* * *
C'era
una diceria su come misurare l'efficienza di un esercito. Di
quelle cose che i
soldati si raccontano
il secondo giorno della partenza: non il primo, chi
mai
ha testa per
certe cose il primo giorno,
ma il secondo, più tiepido e
un po' meno teso.
Era
molto semplice in realtà, bisognava
solo ascoltare:
se
il rimbombo dei passi, il cigolio delle armature, gli ansimi dei
soldati, tutto
quel rumore, risuonava
nell'aria
per
solo qualche istante
e
come un unico suono, a
ritmo cadenzato,
allora la vittoria avrebbe sorriso.
Una
scemata.
Erza
lo sapeva,
nessun esercito era davvero così; doveva dire
però che, per essere
stato
allenato in un solo anno, il rumore non era niente male.
Il vento secco, poi, era
il sottofondo perfetto, passava
graffiando
tra i ferri, ma con
pacatezza,
quasi in silenzio; invece
lo sentiva tutto sulla pelle che si raggrinziva al suo tocco.
Faceva
caldo, molto caldo, il
caldo di luglio.
Il
cielo era rosso, di un rosso che lei
vedeva solo asciugandosi i capelli allo specchio, il rosso che aveva
visto in cielo quel maledetto giorno di diciotto
mesi prima; sembrava lui
stesso anelare
il sangue che si sarebbe versato di lì a poco.
Guardò
con la
coda dell'occhio
i soldati che la seguivano, scorgendo
solo le loro facce sporgere dagli elmi:
avvilite, spaventate, trepidanti, tutte sapevano che sarebbe stata la
fine, in un modo o nell'altro. E forse a
quel punto non
importava neanche
quale.
In
lontananza sentì il rombo di un tuono, ma non c'erano
nuvole, il
cielo ne era sgombro da un anno.
“Stanno
arrivando.”.
Tirò
le redini del cavallo scrutando l'orizzonte. Una nube nera informe si
avvicinava come correndo, e da essa uscivano fuori le prime fila dei
demoni: scuri, scomposti, chiassosi,
in una rotta a rompicollo come se stessero fuggendo da qualcosa, e
invece la stavano portando con sé.
L'oscurità.
La
massa nera che inghiottiva tutto, la
Nebbia,
qualunque cosa fosse.
Erza
incrociò le braccia sui fianchi, estraendo le
due spade e
alzandole in aria.
-Erza-sama,
che facciamo?- Domandò un mago al suo fianco, sudando come
una
fontana.
-Siamo
appena usciti dalla barriera.- Rispose con calma, la fretta poteva
solo esserle nemica.
-Ritirarci
comprometterebbe la sua sicurezza. Continuiamo ad avanzare.-.
-Do
l'ordine di accelerare?-.
-E
perché?- Replicò sorridendo: -Tra due minuti ci
scontreremo. Dì
piuttosto di preparare scudi e lance all'impatto. Useremo
la loro foga contro di loro.-.
Ripresero
ad avanzare, lentamente e inesorabilmente, mentre il nero si faceva
sempre più vicino e allungava le fauci su di loro.
Dalle
retrofila si illuminarono le magie bianche, volte a reprimere la
nebbia, mentre davanti tintinnarono le armi.
Si
concentrò, liberò la mente da ogni altro
pensiero, non c’era
nient’altro che rosso, nero e grigio.
Quando
ormai poteva scorgere le punte delle lance dei nemici, roteò
le
spade e il cavallo si impennò.
Per
un attimo le sembrò di cadere, poi la bestia
schiantò le zampe a
terra e le lame calarono sui primi demoni.
Doveseidoveseidoveseidovesei???
Levati idiota!!! Sangue sugli artigli VIA!!! Devono
essere puliti per lei, voglio che siano tutti per lei!!!
Ti sento,
sento il tuo odore, tu mi senti vero, sai che sono qui??? Dove sei
dove sei dove sei dovECCOLA!!!
INCAPACI
LEVATEVI!!! SIANO LE VOSTRE TESTE IL MIO
TRAMPOLINO!!! STO ARRIVANDO!!!
Stupido
cavallo, dov'è il tuo viso??? Ah, i tuoi capelli, li vedo
qui
davanti!!! Non mi hai ancora vista, cosa guardi??? Alza la testa alza
la testa alza la testa alza
la testa cazzo ALZALA!!!
L'hai
fatto!
MUORI
ERZA!!!
|