Cap. 12
Quando Hermione aprì gli occhi si trovava all’aperto. Si guardò
intorno e comprese di essere tornata a Londra, non lontana da casa sua. L’aria
era fredda e dei grossi nuvoloni scuri si stavano
raggruppando nel cielo. Poi si accorse che Krum la
stringeva ancora fra le braccia, e si affrettò a staccarsi da lui. Krum rimase sorpreso.
-
Hermione, cosa…
-
Stai
lontano da me… – non voleva
avere più niente a che fare con un Mangiamorte. Vide
il Marchio Nero sul suo avambraccio, non ancora nitido, ma pur sempre il segno
di un seguace del Signore Oscuro. Lo guardò a lungo,
amareggiata e confusa nello stesso tempo. Gli occhi di Krum
avevano un’espressione confusa.
-
Hermione… – cercò di toccarle una spalla.
-
Va’ via da me,
Mangiamorte!! – urlò Hermione allontanandosi di scatto. Krum
si fermò, attonito, e ritrasse la mano.
Hermione
si trovava ora a qualche metro da Krum. Si sentiva
confusa, agitata, tradita. Ron aveva ragione. E lei
aveva creduto fino alla fine che Viktor non fosse… si era illusa di sbagliare, che quella voce dentro di
lei avesse torto. Ma i fatti le dicevano chiaramente
che non era così. Krum era un Mangiamorte.
E lei, stupida, si era innamorata di lui. E si credeva ricambiata. Invece era
tutta una messinscena. Un raggiro. E tutte quelle
menzogne che le aveva raccontato… tutto quello che lei aveva provato… si era
illusa di aver trovato l’amore, in quella lunga estate, e invece…
Adesso
si sentiva delusa. Tradita. Ingannata. Sentiva che tutto ciò in cui aveva
creduto e provato in quei giorni era stato spudoratamente usato per altri
scopi. Continuava a guardare Krum.
Lui
aveva uno sguardo confuso e rattristato. L’aveva delusa, e lo sapeva bene, ma
voleva tentare di rimediare a tutti i costi. Aveva capito che ormai Hermione era diventata troppo importante per lui. Aveva già rischiato di perderla, non voleva farlo di nuovo.
-
Hermione, defi ascoltarmi, non è come
pensi… – le disse, avvicinandosi.
-
Hai ragione, Viktor, non è come pensavo io… era
esattamente come pensava Ron! Aveva ragione lui! E io ti ho anche creduto! – rispose lei guardandolo adirata.
-
Io… fa bene,
lo ammetto, ho sbagliato! Ma non si può tornare
indietro? Facciamo come se qvesto non è mai successo…
-
Non si può
tornare indietro… e non posso neanche fare finta di niente – nella voce di Hermione ora la rabbia era sparita per far posto ad una
profonda amarezza che andava al di là dell’ira. – non
c’è più niente che tu possa fare, a questo punto, Viktor. Io… – i suoi occhi si stavano riempiendo di
lacrime; rivolse lo sguardo in basso, cercando in tutti i modi di controllarsi.
– … io ti amo. Ma non posso passare sul fatto che mi hai ingannata,
e che per te ero solo una prova, un oggetto da conquistare…
-
No! Hermione, credimi, non è così! – Krum
la prese per le spalle. Cercava inutilmente di incontrare gli occhi della
ragazza. Le sue parole tremavano nel silenzio della strada –
Tu sei molto di più per me! Ti prego, credimi, io ti amo da morire! Non
ti farei mai stare male…
-
Beh, lo hai
fatto, Viktor. E’ troppo tardi –
disse Hermione a voce bassa – E questa volta
non bastano dei fiori per farti perdonare.
Krum chiuse gli
occhi. Il discorso era chiuso lì. Aveva tentato ed aveva fallito. Non c’era più
niente da fare. La guardò per l’ultima volta, gli occhi lucidi e i capelli mossi
dal vento. Poi si chinò su di lei e la baciò. La baciò a lungo, più a lungo di
quanto non avesse mai fatto. Le sue mani stringevano ancora le spalle della
ragazza, come decise a non volerla lasciare. Appoggiò una guancia sul suo viso,
e lo sentì freddo, come il ghiaccio.
Mentre Krum la baciava, Hermione restò
immobile. Non reagì, non mosse un dito. Non ne aveva la forza. Chiuse solo gli occhi,
come aveva sempre fatto. Le stavano passando per la testa
gli svariati ricordi e le situazioni che aveva vissuto in quegli ultimi giorni
passati con Viktor. Le risate e i momenti
meravigliosi trascorsi con lui, gli scherzi, le esperienze, i baci, il
tradimento… Tutto stava trafiggendo la sua mente e il suo
cuore, in quel lunghissimo attimo.
Poi,
lentamente, Krum scomparve, senza staccarsi da lei.
Quando Hermione aprì gli occhi non c’era
più nessuno davanti a lei.
Dal
cielo cominciarono a scendere grosse gocce di pioggia, che le bagnarono il viso. Ma lei si
sentiva calda, perché? Si toccò una guancia. In mezzo a tante gocce fredde, ce
n’era una diversa. Non era una goccia di pioggia. Era una lacrima. E non era sua.
Hermione
restò lì, da sola, a fissare il vuoto, mentre altre lacrime si aggiungevano a
quella che Viktor le aveva lasciato.
EPILOGO
Il
treno fischiò. L’espresso per Hogwarts stava per
partire verso un altro anno di scuola che iniziava. Le carrozze erano gremite
di ragazzi. Alcuni del primo anno, spaesati e in cerca di un
posto a sedere, altri che si affollavano davanti alla strega che vendeva
dolciumi. Altri che se ne stavano seduti, a guardare fuori
dal finestrino. Come Hermione Granger, una ragazza del quinto anno. Se ne stava lì, da
sola, con un’aria triste, e fissava gli ultimi passeggeri che caricavano i
bagagli e salutavano i genitori al binario 9 e ¾.
D’un tratto
entrarono nello scompartimento i suoi due migliori amici, Harry
Potter e Ronald Weasley.
-
Tutto bene, Her? – chiese Harry. Ron la guardava da dietro con aria preoccupata – Vuoi che ti prendiamo qualcosa da mangiare?
-
No grazie, Harry, sono a posto così – rispose
lei.
-
Ehm… sei
sicura? – le disse Ron, un po’ titubante.
-
Sì, Ron, grazie. – Hermione sorrise
all’amico – Voglio solo stare un po’ da sola. Ci vediamo più tardi.
-
Ah… ok, allora… a dopo…
-
Ciao, Her – la salutò Harry.
-
Ciao.
I
due ragazzi uscirono. Hermione tirò un sospiro di sollievo. Aveva chiesto ad
Harry che non le facessero domande su ciò che era
successo in Bulgaria, e anche se si vedeva lontano un miglio che Ron si rodeva dalla curiosità, così era stato.
Il
treno partì in una nuvola di fumo, ed Hermione tornò
a concentrarsi sul paesaggio.
L’aperta
campagna scorreva sotto i suoi occhi. Il cielo era limpido e il sole splendeva
come mai aveva fatto in quella estate. Sembrava quasi
volerle tirar su il morale dopo ciò che le era successo.
Ad
un tratto vide, nel blu intenso del cielo, un puntino nero che si avvicinava
velocemente. Quando fu a qualche metro dal treno, Hermione capì che era un piccolo gufo scuro come
l’inchiostro, e che stava cercando di raggiungere qualcuno sul treno. Con sua grande sorpresa, si fermò davanti al suo finestrino. Vedendo
che faticava non poco a seguire la velocità del treno, Hermione
lo prese tra le mani e lo portò dentro. Il gufetto le lasciò una lettera e poi cadde sfinito sul
sedile accanto a lei. Hermione prese la lettera. Poi
capì chi scriveva. Lo sentiva stringendo la lettera tra le mani. Era Viktor.
Girandola,
vide il suo nome scritto in alto… sì. La lettera era indirizzata a lei ed era
stata scritta proprio da Viktor… la sua grafia…
inconfondibile.
Rimase
a fissarla a lungo, indecisa su cosa fare. Improvvisamente, con sguardo deciso,
prese penna, inchiostro e scrisse sulla busta, accanto al suo nome: “Lasciami in pace, non scrivermi mai più. Se
è vero che anche un Mangiamorte può amare, cosa a cui
non credo, rispetta la mia scelta. E’ finita… per
sempre”. Poi riattaccò la lettera alla zampa del gufo e lo lasciò volare fuori dal finestrino, sicura che l’avrebbe riportata al
mittente.
Lo
osservò fino a quando scomparve tra le nuvole e,
sedutasi accanto al finestrino, lasciò vagare la mente, mentre il paesaggio le
passava davanti come un susseguirsi di immagini prive di senso, senza realmente
vederle, chiedendosi se aveva fatto la scelta giusta e se, prima o poi, la
sensazione di soffocamento e il peso che sentiva all’altezza del cuore se ne
sarebbero andati.
“Sì”
pensò “Sarò forte. Non mi lascerò
influenzare così, la mia vita non dovrà risentirne. Mi aspetta un anno
pieno di nuove esperienze, mi dovrò impegnare e studiare moltissimo e
prepararmi per i gufo…”. Continuò così, mentre una parte di lei già si rifugiava in quel mondo sicuro che le
era familiare e che, per almeno un po’ di tempo, l’avrebbe protetta dal dolore
causato da un cuore spezzato.
Intanto
un piccolo gufo giungeva nei pressi di un bosco senza nome, in una grotta
solitaria, dove un ragazzo, divenuto uomo troppo velocemente, riceveva indietro
l’ultima speranza di un perdono, mentre dentro di lui una voce urlava quelle
parole che lei non aveva voluto leggere, quelle parole che rappresentavano la
sua ancora di salvezza… le parole di un cuore spezzato...
Cara Hermione,
so che quando fedrai qvesta lettera la vorrai
buttare subito via, ma ti prego di leggerla un attimo.
In qvesto
mese ho pensato solo a te, e non sto mentendo. Tu sei ancora
importantissima per me, lo sei sempre stata. So che sono stato un
idiota, e mi dispiace tanto. Sono difentato un Mangiamorte, ma ad un prezzo troppo alto. Ma non del tutto:
non sono un Mangiamorte completo, perché la cerimonia
non è stata completata con un uccisione. Non lo avrei mai fatto, lo sai.
Adesso vivo un
po’ qva un po’ là, perché gli Auror
mi stanno cercando. E non solo loro. Penso che stafolta mio padre è feramente
arrabbiato. Anche lui è riuscito a scappare. Purtroppo
non potrò più giocare a Qvidditch…
Io ti penso sempre, la notte non
dormo al pensiero che ti ho persa. Ma
io non mi arrendo, Hermione, io tornerò, te lo
prometto.
Ti amo.
Viktor
-FINE-
… e con questo, vi lascio. Spero ke la storia vi sia piaciuta, e
aspettando un (probabile, ma non prometto niente) seguito, tra poco ne posterò
un’altra riguardante i Malandrini… state aggiornate!
See ya
-IAIA-