ReggaeFamily
Scrivo
queste note iniziali solo per una precisazione: in questa storia
troverete un estratto della mia one shot Pink
Challenge. Lo dico solo a titolo informativo per chi ha letto
quella storia: se vi sembra di aver già letto uno di questi
flashback, sappiate che proviene da lì! Mi sembrava carino e
azzeccato inserirlo ^^
Buona
lettura!!!
I
broke your heart so carelessly, but made the pieces part of me
I
broke your heart so carelessly
But made the
pieces part of me
And
now it hurts what we've become
Cause you taught
me how to love
It's me who
taught you how to stop
[Nothing
But Thieves – Sorry]
Eppure lui è sempre
qui, è una presenza costante nella mia vita. Sul palco lui sta
sempre davanti a me, ondeggia appena al ritmo delle sue stesse
melodie e di tanto in tanto mi lancia uno sguardo complice o un
sorriso lieve. In sala prove scherza, ride, mi rivolge delle
frecciatine ironiche e io ribatto a tono, e tutto sembra andare per
il meglio. Tra me e lui è sempre stato – è sempre
sembrato – tutto così semplice.
No, non è così
e lo sappiamo bene entrambi.
Mi lascio sfuggire un
sospiro e mi adagio alla spalliera della poltroncina in vimini su cui
ho preso posto. La mia mente in questo momento è buia come
questa sera di inizio giugno, ma io non ho nessuna luna in grado di
rischiararla.
“James,
giusto?” Daron mi scrutava con un'espressione perplessa e
dubbiosa sul volto pallido. Quel ragazzino era stato subito in grado
di mettermi in soggezione, grazie a quei suoi occhi grandi e
indagatori; non mi piaceva essere preso in esame e studiato come
fossi una cavia.
“Veramente
mi chiamo John. Piacere” lo corressi, tendendogli una mano
affinché me la stringesse. L'avrei volentieri evitato, non
morivo dalla voglia di entrare in contatto con quel personaggio
singolare e inquietante.
“John,
giusto. Vuoi che ti stringa la mano? Cos'è tutta questa
formalità? Ti avviso, non vogliamo gente noiosa nella nostra
band!” si indignò lui, osservando la mia mano tesa con
sguardo indifferente.
Lasciai
ricadere il braccio lungo il fianco e mi strinsi nelle spalle. “Come
vuoi.”
“Daron!
Smetti di importunare il nuovo batterista, sai essere davvero stronzo
quando ti ci metti!” intervenne Shavo, giungendo alle mie
spalle e battendomi un'amichevole pacca sulla schiena. Lo ringraziai
mentalmente per aver interrotto quella conversazione: avevo
conosciuto Daron da appena due minuti e già mi irritava.
Sollevando lo sguardo verso
la luna e osservando la sua luce lattiginosa, mi torna subito in
mente il viso di Daron, quel Daron di più di vent'anni fa: era
pallido e scavato, gli occhi erano segnati da delle occhiaie scure e
i vestiti gli ricadevano larghi sul corpo troppo esile. Aveva un
aspetto piuttosto trasandato, che mi aveva portato più volte a
chiedermi se non avesse qualche problema di salute, ma mi intrigava.
È cambiato tanto in
questi anni, si è dato una sistemata e ora ha decisamente un
aspetto migliore, ma non ha perso il suo fascino.
Scuoto la testa; non è
giusto che io mi lasci andare a questi pensieri.
Ho una moglie fantastica,
una figlia che amo più della mia vita, ho quarantacinque anni
e sono andato avanti. Daron non è più mio e non lo sarà
mai, me ne devo fare una ragione.
La
sala prove era immersa nel buio e mi dovetti affidare alla fioca luce
che filtrava dalla porta socchiusa. Mentre tastavo la parete accanto
a me in cerca dell'interruttore, i miei occhi vagavano per la stanza,
scandagliando le ombre indefinite e immobili, in cerca del
chitarrista.
Lo
avvistai grazie alla sua maglia rosso acceso, che spiccava perfino
nella penombra: era rannicchiato in un angolo, sul pavimento, con la
schiena poggiata al muro e le ginocchia al petto. Mi fissava con
occhi sgranati, senza fiatare.
Dimenticai
subito la mia ricerca dell'interruttore della luce e mi avvicinai a
lui cautamente. “Daron... tutto bene? Ti stavamo aspettando là
fuori” mormorai titubante. Il cuore mi martellava forte nel
petto, ero preoccupato e non sapevo bene cosa aspettarmi. Di certo,
quando mi ero proposto per andare a cercarlo, non mi aspettavo di
trovarlo in quelle condizioni.
Daron
non rispose, si limitò a scrutarmi ancora con quei suoi occhi
sbarrati e colmi di qualcosa simile al terrore.
Non
sapevo come comportarmi, lo conoscevo da poco tempo e non lo volevo
spaventare.
“Ehm...
hai bisogno di qualcosa? Chiamo Serj? Non ti senti bene?”
tentai.
Ancora
nessuna risposta.
Ormai
ero giunto di fronte a lui e lo osservavo dall'alto in basso. Lui si
ritrasse ancora di più, si appiattì contro la parete e
seppellì il viso sulle ginocchia.
Cominciavo
a provare una certa ansia, tuttavia decisi di contenermi e non darlo
a vedere.
Mi
accovacciai di fronte a lui in modo da trovarmi al suo livello e solo
allora mi resi conto che Daron tremava forte. Un nodo mi serrò
la gola, impedendomi quasi di respirare; gli stava capitando qualcosa
che non sapevo definire, ma dovevo aiutarlo.
D'istinto
allungai una mano e la posai sulla sua spalla.
Daron
si ritrasse di scatto, stringendosi ancora più all'angolo.
“No! Non toccarmi, lasciami! Non... non respiro!” gridò
disperato. La sua voce intrisa di paura mi ferì le orecchie e
un brivido mi corse lungo la schiena. In quel momento avrei pianto
volentieri.
Indietreggiai
di qualche centimetro, prendendo posto sul pavimento. Non volevo che
si sentisse in gabbia o che la mia presenza lo soffocasse, ma una
cosa era certa: non l'avrei lasciato da solo in una situazione del
genere, gli sarei stato accanto finché non si fosse
tranquillizzato. Mi ero già dimenticato di Serj e Shavo che ci
aspettavano fuori dall'edificio, mi ero dimenticato di essere al buio
sul freddo pavimento della nostra sala prove, mi ero dimenticato
dell'atteggiamento strafottente e impertinente di Daron.
“Non
ti voglio fare del male, sono qui per aiutarti” cominciai a
parlare in tono calmo, cercando di placare il leggero tremore che si
era diffuso in tutto il mio corpo. “Stavo pensando una cosa...
ci conosciamo da diversi mesi, ma non ti ho mai parlato della mia
passione per i fumetti. A te non piacciono? Magari uno di questi
giorni potresti venire a casa mia, così ti mostro la mia
libreria piena di fumetti. Oddio, in realtà ho anche parecchi
libri, mi piace molto leggere. Ora che ci penso ho anche una vasta
collezione di CD e vinili, qualcuno me l'ha dato mio padre... lui era
un sassofonista, da piccolo andavo sempre ai suoi concerti ed è
lì che mi sono innamorato della batteria. Comunque, mio padre
mi ha fatto conoscere il jazz e mi ci sono appassionato, anche se
ascolto un po' di tutto e ho davvero tanti dischi. Il mio ultimo
acquisto è stato The
Bends dei Radiohead, lo sto praticamente consumando. Lo
conosci? Ti piacciono i Radiohead?” Solo in quel momento,
quando mi fermai e gettai un'occhiata attenta al chitarrista, mi
accorsi di due cose: avevo iniziato a straparlare insolitamente con
il solo scopo di distrarlo, e lui aveva finalmente sollevato il capo.
C'era
un solo problema: ora Daron aveva preso a singhiozzare e gli occhi
gli si erano riempiti di lacrime.
Il
mio cuore perse un battito e rimasi in silenzio, indeciso sul da
farsi. Per quanto mi scervellassi, non riuscivo a trovare un'idea
sensata da mettere in pratica: l'istinto mi diceva di prenderlo tra
le braccia, stringerlo a me, accarezzargli i capelli e asciugargli
una lacrima dietro l'altra, ma avevo intuito che il contatto fisico
non gli andava tanto a genio.
“John”
mormorò, passandosi una mano sugli occhi con un gesto brusco.
“Dimmi.”
“Io
soffro di attacchi di panico.”
Tacqui
e puntai lo sguardo davanti a me, mentre le orecchie mi si riempivano
dei suoi singhiozzi frenetici e soffocati. Mi sentivo svuotato.
Percepii,
anche senza guardarlo, il corpo di Daron che pian piano si rilassava
e si faceva più vicino al mio. Non potevo fare a meno di
esserne felice, mi beavo di quel calore e quella vicinanza,
nonostante tutto ciò apparisse così illogico.
Rimasi
immobile finché le dita sottili di Daron non si posarono sul
mio braccio, leggere e delicate come mai mi sarei aspettato. “Grazie
per essere rimasto qui e aver parlato a vanvera per me. So che non ti
piace farlo.”
A
quel punto non fui più in grado di trattenermi: gli passai un
braccio attorno alle spalle sottili e lo attirai a me, lo strinsi tra
le braccia e gli feci posare la testa sulla mia spalla. Lui non
oppose resistenza, anzi, si abbandonò contro di me e sospirò
profondamente, il fiato spezzato dal pianto.
“Stai
meglio?” gli chiesi mentre gli accarezzavo un braccio. Sentivo
i suoi muscoli ancora tesi sotto il mio tocco, ma per fortuna
cominciavano a rilassarsi.
“Sto
molto meglio, grazie” ammise, posandomi una mano sul petto.
Rabbrividii
e uno strano calore divampò in tutto il mio corpo.
Improvvisamente non desideravo altro che avere le mani di Daron
ovunque, volevo che esplorassero il mio corpo e incendiassero la mia
pelle in quel modo frenetico e sensale che lo contraddistingueva. Non
capivo da dove provenisse quel bruciante desiderio, ma mi veniva
impossibile reprimerlo.
Daron
fece scorrere le dita sul mio torace e io d'istinto strinsi forte tra
le dita una ciocca dei suoi capelli. Infine posò entrambi i
palmi delle mani sulle mie spalle e fece leva per sollevarsi appena e
incrociare il mio sguardo. I suoi occhi erano grandi e arrossati,
luccicavano di lacrime – le ultime che ancora non si erano
decise ad andar via – e di qualcos'altro, forse... malizia.
Stava
tornando a essere il Daron di sempre.
“John...”
“Che
c'è?”
In
tutta risposta, il chitarrista mi si tuffò nuovamente addosso
e premette con forza le labbra sulle mie. Ricambiai subito, con foga,
lasciando che lui me le mordicchiasse e facesse scorrere le mani
ovunque desiderasse.
Vorrei sentire ancora oggi
quell'incendio dentro me, vorrei che Daron fosse accanto a me e mi
viziasse con il suo modo di fare passionale e impulsivo che ho
imparato ad amare.
Invece mi lascio accarezzare
la pelle dall'aria fresca di questa notte di giugno. La mia anima,
invece, è schiaffeggiata dai sensi di colpa: sto male perché
Daron non pensa a me, e non dovrei. Cos'è stato a risvegliare
questi miei tormenti? Cos'ha fatto riaffiorare questi ricordi?
Vorrei fermare il mio
cervello impazzito, ma lui procede come un treno in corsa e, fermata
dopo fermata, mi mostra le scene della mia storia con Daron.
Il concerto era andato
alla grande, cominciavo ad abituarmi alla nuova band e adoravo ciò
che suonavamo.
Uscii
dal bagno e mi diressi discretamente nel backstage, sperando che
nessuno mi fermasse per complimentarsi con me: non mi piaceva essere
al centro dell'attenzione e ricevere elogi, non sapevo mai cosa
rispondere.
Sul
retro del palco trovai soltanto Daron, ancora grondante di sudore e a
petto nudo, e questo mi mandò in agitazione. Quando io e lui
ci ritrovavamo da soli, era facile prevedere ciò che sarebbe
capitato.
“Ehi,
Daron” esordii, facendolo sobbalzare appena. “Gli altri?
Dove sono?”
Il
chitarrista mi squadrò con interesse da capo a piedi. “Sono
usciti a fumare. Li raggiungiamo?” propose, facendosi più
vicino a me e puntando i suoi occhi scuri e famelici nei miei.
Il
suo corpo era bollente, lo avvertivo anche senza sfiorarlo, e averlo
così vicino e senza la maglia mi faceva impazzire. Ma cercai
di mantenere un contegno, non era certo quello il luogo e il momento
giusto. “Sì. Ma vestiti, non vorrai mica uscire in
strada a petto nudo” commentai quindi in tono leggermente
divertito.
Daron
mise su un sorrisetto malizioso. “Perché, saresti
geloso?” insinuò.
“No.
Fuori però ci sono dieci gradi” replicai, mentre il
cuore mi martellava nel petto.
Daron
mi intrappolò le labbra in un bacio intenso e passionale, ma
un secondo dopo mi si era già scostato e ridacchiava.
“Andiamo, Johnny. Vuoi farmi credere che se una ragazza mi
guarda, mi desidera, mi tocca e mi bacia a te non importa niente?”
“Senti,
mettiamo in chiaro le cose.” Presi un profondo respiro prima di
continuare a parlare. “Questi... i baci che ci sono sfuggiti
nell'ultimo periodo... non significano niente. Io e te siamo soltanto
amici.” Il mio volto era bollente, affrontare quell'argomento
non era affatto semplice. Ancora non avevo accettato questa strana
attrazione che ci impediva di stare lontani, mi erano sempre piaciute
le ragazze.
E
soprattutto non ero un tipo da relazioni serie, quindi non volevo che
Daron si illudesse.
Le
labbra del chitarrista si storsero in un teatrale broncio. “Va
bene, io e te siamo solo amici. Quindi non avrai alcun problema nel
vedermi con un'altra persona” affermò senza alcuna
convinzione.
La
verità è che io stesso non ne ero affatto convinto.
Mi lascio sfuggire un
sospiro e non posso fare a meno di pensare che le cose non sono
affatto cambiate. All'epoca sono stato ingenuo a pensare di non
essere geloso, così come lo sono adesso.
Il punto è che io e
Daron abbiamo deciso di rompere, vent'anni fa, e la cosa è
stata accettata da entrambi, così come le relazioni che
abbiamo intrapreso negli anni a seguire.
Io sono stato con tante
ragazze, poi ho incontrato Diana, me ne sono innamorato e ci siamo
sposati.
Lui è stato con tante
ragazze, poi ha avuto una storia con Jessica Miller per ben otto anni
e io non sono stato geloso. Non mi importa, davvero, e spero con
tutto il cuore che possa trovare una persona che lo ami davvero.
Ma vederlo con Joe, con
un uomo che non sono io, è diverso. E mi fa male.
“John, che ci fai qui?
Non avevi detto di essere stanco?” La voce di Daron mi fa
sobbalzare: non mi aspettavo di vederlo comparire sulla soglia.
Proprio ora che sto ripensando a lui...
“Non riuscivo a
dormire” ammetto. In effetti, con la testa così piena di
pensieri, non mi è neanche venuto in mente di provarci.
Non lo invito a sedersi
accanto a me; a dire il vero spero che se ne vada, perché la
sua presenza per me è nociva. Ma lui non realizza le mie
speranze: avanza a piedi nudi sul portico fino a ritrovarsi accanto a
me, poi si accomoda su uno sgabellino in plastica e prende a
giocherellare con una ciocca dei suoi capelli. Sempre lunghi, sempre
gli stessi. Quante volte vi ho fatto scorrere le mie dita?
Disegnavo
linee indefinite sulla pelle nuda all'altezza del suo torace, facevo
scorrere le dita sulle ossa fin troppo sporgenti, mentre gli lasciavo
piccoli e roventi baci alla base del collo e sulle spalle. Lui,
ancora col fiato corto e qualche rivolo di sudore sparso sul corpo,
faceva aderire la sua schiena al mio petto.
Era
bello starsene così, dopo aver fatto l'amore, a coccolarci e
scaldarci a vicenda.
Ad
un tratto Daron afferrò la mia mano e la condusse con
delicatezza verso la parte sinistra del petto, là dove il suo
cuore batteva. Non lo potevo vedere in faccia, ma lo immaginai con
gli occhi che brillavano e le labbra semiaperte, quasi in trance.
“Che
c'è?” gli chiesi, curioso.
“Non
prendiamoci in giro, John.” Intanto aveva preso a carezzare con
dolcezza il dorso della mia mano. “Io e te non siamo solo
amici.”
Mi
irrigidii appena. Cosa intendeva? Cosa voleva dirmi?
“Non
pensare che per me sia facile ammetterlo,” proseguì, “ma
è inutile negare l'evidenza. Gli sguardi che ci siamo
scambiati, le carezze, le coccole, il rispetto che intercorre tra
noi... non sono cose che avvengono se due persone fanno solo sesso.
Io ho cura di te e tu hai cura di me, c'è dell'altro.”
Presi
un profondo respiro e dovetti trattenermi dall'impulso di scostarmi
da lui. “Ci vogliamo bene. Io non voglio farti soffrire perché
sei mio amico, Daron, non riuscirei mai a essere stronzo con te...
nemmeno a letto.”
“Tu
non capisci.” Daron si liberò dalla mia stretta e si
rigirò nel letto in modo che ci trovassimo faccia a faccia. La
prima cosa che notai furono i suoi capelli intrisi di sudore
attaccati al suo viso, e subito mi venne spontaneo sistemarglieli
dietro l'orecchio. La seconda cosa furono i suoi occhi, così
profondi, colmi di speranza e aspettative.
Era
in quei momenti che Daron si mostrava per quello che era davvero,
fragile ed emotivo, un cucciolo che aveva bisogno di protezione e
amore.
Che
aveva bisogno di me.
“John,
guardami negli occhi e dimmi che non provi niente per me.”
“Non
posso” ammisi.
Forse
lo amavo, ma non glielo dissi; mi limitai a stringerlo in un
abbraccio dolce e colmo di trasporto, in cui lui si perse subito
senza opporre resistenza. Mi posizionai supino sul materasso e lo
trascinai su di me, per poi cullarlo con tutto l'amore e la dedizione
che provavo per lui.
Era
una creatura così imperfetta e meravigliosa, così
fragile e imprevedibile, era un'anima tormentata e dolce tutta da
scoprire. E, nonostante mi facesse dannare certe volte, non potevo
fare a meno di adorarlo con tutto me stesso.
Scuoto la testa, scacciando
l'ennesimo ricordo troppo dolce, troppo lontano, troppo doloroso.
“Come mai non sei con
Joe?” lo apostrofo, giusto per fare conversazione. Non so
perché ora stia passando all'attacco, è una cosa
stupida e me ne pento subito dopo.
Daron mi rivolge uno sguardo
perplesso. “Ti interessa davvero?”
“Sai, ultimamente
siete inseparabili...”
Vorrei prendermi a schiaffi.
Il chitarrista si lascia
sfuggire un sorriso, ma i suoi occhi sono malinconici. “Sei
geloso. Non ci posso credere... ecco cos'avevi di strano in questi
giorni.”
Le sue parole sono come una
pugnalata al cuore, forse non mi aspettavo che se ne accorgesse. Mi
lascio andare a una risata amara. “Daron, ho una famiglia e noi
abbiamo rotto vent'anni fa, come puoi pensare che io sia geloso?”
“Infatti non lo penso
io, è un dato di fatto. John, tu... tu non l'hai mai superato,
non sei davvero andato avanti.”
“Che cazzo dici? Ho
sposato la donna che amo, questo non significa niente?” mi
inalbero, stringendo forte i braccioli della poltroncina.
“Allora perché
non riesci ad accettare la storia tra me e Joe? Eppure è
strano, pensaci, è surreale: all'epoca sei stato tu a dirmi di
no, a rifiutarmi.” La voce di Daron, sulle ultime parole, si
impregna di qualcosa simile al risentimento. Ce l'ha ancora con me, e
come dargli torto?
“Io...
oddio, è difficile.” Sentivo l'ansia salire sempre più,
il fiato mi si spezzava, non riuscivo a parlare. Stringevo tra le
dita il bordo della mia felpa, come se lei potesse darmi il coraggio
di andare avanti.
Daron
era accanto a me sul divano e io non riuscivo a lanciargli neanche
uno sguardo con la coda dell'occhio.
Il
chitarrista mi posò una mano sulla schiena con l'intento di
rassicurarmi, ma questo peggiorò ulteriormente le cose.
“John,
parla, porca puttana! Si può sapere cos'hai? Non ti ho mai
visto in questo stato, mi fai paura.”
Presi
l'ennesimo respiro profondo, mentre sentivo la gola serrarsi e gli
occhi riempirsi di lacrime. “Ascoltami: non devi mai dubitare
del fatto che io ti voglia bene e ti rispetti, per me sei una delle
cose più preziose che possano esistere. Però... Daron,
io non penso...” Tirai su col naso e solo allora mi resi conto
che una lacrima mi era rotolata lungo la guancia, fuori controllo.
“Non penso di essere fatto per le relazioni serie. Non ci
riesco, non mi va, mi sento... un po' in gabbia e... tu non meriti
una persona incostante e incoerente, tu meriti qualcuno che si
dedichi a te con la giusta dedizione.”
“Che
cazzo stai dicendo? Ma sei rincoglionito per caso? John, tu sei
perfetto, io non potrei chiedere di meglio!” si rivoltò
subito lui.
“Lo
so, sono stupido, ma non ce la faccio. Imbarcarmi in qualcosa di
serio, di così... definitivo, per me è un'assurdità,
soprattutto in questo momento della mia vita. Io voglio essere
sincero con te perché non voglio che tu ne soffra dopo.”
Ogni parola che pronunciavo mi graffiava la gola.
“Guardami,
dimmi che è uno scherzo. Guardami, cazzo! È uno
scherzo, vero?” ordinò Daron con fervore, strattonandomi
un braccio.
Sollevai
finalmente lo sguardo su di lui e lo trovai con gli occhi colmi di
lacrime, rabbia e disperazione.
Gli
bastò osservarmi per capire che non scherzavo affatto.
Mi
bastò osservarlo per capire quanto lo stessi ferendo.
Allora
scoppiò a piangere e si gettò tra le mie braccia,
affondando il viso nella mia maglietta. Non riuscii a respingerlo,
stringerlo a me era il minimo che potessi fare per farmi perdonare.
Quell'abbraccio aveva un gusto amaro, il gusto di un addio.
“Me
ne fotto se non sarai costante, me ne fotto se mi farai soffrire in
futuro; non lasciarmi, non adesso. Come cazzo dovrei fare io senza di
te? John, ti prego...” Singhiozzava disperato, si aggrappava a
me come se avesse paura che potessi scomparire da un momento
all'altro.
Sapevo
che aveva bisogno di me, ma io non sarei mai stato ciò di cui
aveva davvero bisogno.
“Mi
sento un mostro, ma è così” mormorai.
E
le nostre lacrime si mischiarono ancora e ancora, finché non
fummo sfiniti e ci addormentammo l'uno tra le braccia dell'altro, per
l'ultima volta.
Al
mio risveglio, Daron non c'era più.
“Io l'ho fatto per te”
mormoro, distogliendo lo sguardo dal suo.
“Tu l'hai fatto perché
non hai avuto il coraggio di stare con me. E ora chi dei due sta
soffrendo? Io no, mi sono ricostruito una vita e ora ho Joe.”
Prendo coraggio e, dopo
qualche secondo di esitazione, gli rivolgo la domanda che mi frulla
in testa da troppo tempo: “Sei arrabbiato con me?”.
“No. Sono solo
dispiaciuto perché hai sprecato vent'anni della tua vita ad
amarmi e fare finta che non fosse così.”
Ha ragione. Mi sento una
merda.
Eppure io amo Diana, ne sono
più che sicuro.
“Il fatto è
che... certe volte mi manchi così tanto che ho paura di non
farcela” butto fuori tutto d'un fiato, mentre avverto un
fastidioso pizzicore agli occhi. Ma non piangerò, non
commetterò l'ennesimo stupido errore.
Daron si mette in piedi e mi
si accosta lentamente, poi sento la sua mano poggiarsi sulla mia
spalla. “Certo che ce la farai. Ehi... John, scusa, non volevo
essere troppo duro. Anche tu qualche volta mi manchi, è
impossibile dimenticare ciò che c'è stato tra noi,
stando nella stessa band.”
“Mi credi se ti dico
che amo mia moglie?” sussurro, sperando non si noti il tremore
nella mia voce.
“Non ne dubito. E sto
male al pensiero che vedermi con Joe ti faccia soffrire...”
“No!” lo
interrompo, sollevando finalmente lo sguardo su di lui. “Non ti
devi dispiacere, questo è solo un problema mio. Sii felice con
Joe, perché lui è un ragazzo d'oro e tu meriti una
persona come lui.”
Lo sguardo di Daron si
incupisce e lui si mordicchia nervosamente il labbro inferiore. “Va
bene.”
Mi alzo dalla poltroncina,
scrollandomi la sua mano dalla spalla, e lo abbraccio di slancio. Mi
fa male stargli così vicino, ma è l'unico modo che
trovo per dimostrargli quanto gli voglio bene.
Daron sorride e ricambia
l'abbraccio, stringendomi forte a sé. “John, oddio...”
borbotta.
“Che c'è?”
Lui si scosta da me e mi
guarda negli occhi. I suoi sono luminosi e pieni della luce argentata
della luna. “So che è sbagliato, è stupido e
staremo male entrambi, ma lo devo fare. Poi tutto tornerà come
prima, come è sempre stato.” Detto questo, si avvicina
nuovamente a me e posa le sue labbra sulle mie con leggerezza,
cautamente, come se le volesse accarezzare.
È un bacio casto e
dolce, che sa di nostalgia e di vecchi ricordi. Dura un istante, ma
ciò basta a strapparmi il cuore dal petto e riempirmi gli
occhi di lacrime.
Sono io a spingerlo via.
“Daron, basta. Vai da Joe, lui non merita tutto questo”
ordino in tono fermo.
“Hai ragione,
scusami.” Il chitarrista si allontana da me con lo sguardo
basso e si dirige verso la porta d'ingresso, senza voltarsi e senza
fiatare.
Io rivolgo per l'ennesima
volta il mio sguardo annacquato e appannato alla luna, le domando
tacitamente se sarà in grado di curare le mie ferite.
Ma so che lo voglio fare, ci
voglio provare: guarderò avanti, penserò solo alla mia
famiglia, mi prenderò cura di Diana e Emma con tutto l'affetto
che ho dentro di me.
Guarderò sorgere
l'alba oggi, la fisserò negli occhi, e il sole getterà
dietro di me le ombre del mio passato.
♥ ♥ ♥
Non
so bene come commentare questa storia, so solo che mi sono emozionata
tantissimo mentre la scrivevo.
So
cosa mi volete chiedere: perché le tue Jarohn finiscono sempre
male? Beh, perché... lo ammetto, ho una passione per gli amori
impossibili e struggenti, e poi il prompt che ho scelto per
partecipare a questo contest mi dava delle indicazioni ben precise ^^
Spero
che i flashback non vi abbiano mandato in confusione e che siano
stati di vostro gradimento! Ci ho messo tutto il mio cuore!
La
citazione dal brano dei Nothing But Thieves (ovvero Sorry, che vi
consiglio vivamente di ascoltare) non è casuale: oltre che
essere pertinente con la storia, vi ho anche “fatto conoscere”
un componente della band: Joe. Già, avete capito bene, non è
un personaggio inventato a caso, ma il chitarrista dei Nothing But
Thieves! A dire il vero shippo già da diverso tempo Daron e
Joe, ma ancora non ho avuto occasione di pubblicare nulla su questa
coppia. Porrò rimedio, vedrete (sperando che John non sia
troppo geloso XD)
E
niente, ho chiarito ciò che c'era da chiarire e aspetto con
impazienza il vostro parere! Spero che la storia sia stata di vostro
gradimento e vi abbia coinvolto come ha coinvolto me scriverla :3
Alla
prossima!!! ♥
|