Greg non può credere ai suoi occhi. Rilegge più volte la breve frase scritta in una calligrafia chiara e pulita. Il primo pensiero corre a Mycroft. Un pensiero logico, dal momento che gli ha proposto lui di incontrarsi lì la seconda volta e questa ragazza potrebbe essere una delle tante pedine da lui mosse e messe al suo seguito. Quale posto di osservazione migliore del negozio nel quale saltuariamente va a fare la spesa posto proprio sotto casa sua?
Gli giunge, però, alla mente un’altra ipotesi, un’ipotesi capace di gelargli il sangue. Moriarty gli si ripresenta alla mente, rompendo tutte le barriere che ha eretto in questi mesi per cercare di andare avanti, nonostante tutto. E se non fosse Mycroft il latore di questo messaggio? Se fosse una trappola da parte del consulente criminale?
<< Non sono l’unico al quale è stata assegnata la tua esecuzione >> così gli aveva detto Jadescu e questa ragazza potrebbe lavorare non per Holmes ma per il Napoleone del crimine.
Porta la mano alla fondina che tiene sotto la giacca e volge lo sguardo alla ragazza, che gli sorride strizzando l’occhio. Si avvia alla cassa, voltandosi di tanto in tanto verso di lei, che sempre lo guarda e gli sorride. Paga la spesa, la porta in casa e per un istante pensa che sarebbe meglio ci rimanesse. Anzi, che si trasferisse del tutto.
“E a che servirebbe” pensa affranto, consapevole di come quell’uomo abbia la capacità di scovarlo ovunque come l’occhio di Sauron
[1].
Si fa coraggio e torna in strada per salire in auto e dirigersi in quel fetido hotel. Lo raggiunge in meno del tempo stabilito e il vecchio alla reception lo saluta con il solito cenno del capo. Non gli dice neppure in quale stanza è atteso, convinto che già lo sappia.
“Peccato che non sappia nulla” pensa e di chiedergli delucidazioni non ci pensa neppure. L’ascensore piccolo e con quel vago odore di ammoniaca che sale dalla moquette macchiata procede lento verso l’ultimo piano. Il corridoio è deserto e inquietante. Greg ha la sensazione che i suoi passi rimbombino persino troppo forte sulla moquette, impedendogli di rendersi il più silenzioso possibile.
La porta della stessa stanza nella quale ha condotto Mycroft si apre appena con uno secco ‘clank’ della serratura e resta socchiusa. Il cuore perde un colpo, raggelandolo. Ci mette un po’, Greg a convincere le sue gambe ad andare avanti e coprire quei pochi metri che mancano. Porta la mano sotto la giacca e stringe l’impugnatura della pistola, pronto a estrarla e fare fuoco, se necessario.
Decide, però, che è meglio agire d’anticipo ed apre la porta con un calcio, puntando l’arma verso l’uomo fermo davanti a lui. La penombra della stanza ne disegna la sagoma scura. Indossa un paio di jeans su scarpe da tennis, una giacca di pelle chiusa fino alla gola e quello che sembra un cappellino con visiera sulla testa. Nell’aria si propaga il profumo leggero della sua acqua di colonia.
<< Direi che può metterla via, ispettore >> gli dice con voce calma, alzando appena le mani più in segno di comando che di resa.
<< Tu? >> esclama puntandogli ancora l’arma addosso. << Cristo, mi hai fatto prendere un colpo! >> insiste talmente sorpreso e spaventato da restare fermo e impalato davanti alla porta, col braccio destro teso e la mano stretta attorno all’arma.
<< Che ne dici di entrare? >> gli consiglia Mycroft afferrando l’arma con la mano pallida spostandola dal sé. Le dita affusolate salgono a incontrare la mano di Greg che finalmente si rilassa abbassando l’arma. Si lascia trascinare dentro la stanza e crolla a sedere sulla sedia strategicamente posta vicino l’ingresso.
<< Avrei potuto ucciderti >> gli dice, massaggiando il braccio destro teso e dolorante.
<< No, non lo avresti fatto >> ribatte sicuro Mycroft.
<< Ma come diavolo sei vestito? >> gli chiede, guardandolo finalmente alla debole luce di una abatjour.
<< Ho pensato fosse il caso di non dare nell’occhio >> gli dice guardandosi distrattamente allo specchio. Vanesio come il fratello, dev’essere una condizione genetica. In effetti ai suoi occhi risalta perché non è abituato a vederlo in questo stile casual. Mycroft potrebbe pure travestirsi da babbo natale, ma non perderebbe quel portamento altezzoso e fiero che lo renderebbe comunque riconoscibile.
Greg inizia a ridere di quell’immagine improbabile dell’uomo di ghiaccio vestito di rosso con tanto di barba finta. Mycroft lo osserva con quel sopracciglio inarcato che la dice lunga su cosa stia pensando di lui.
<< Ok, ok, la smetto >> gli dice, cercando di riprendere fiato. << Mi spieghi il perché di tutto questo? >>.
<< Volevo vederti >> risponde Mycroft, facendo una piccola pausa capace di togliere il fiato a Greg. << Ci sono delle novità >> aggiunge.
<< Che genere di novità? >> gli chiede preoccupato .
<< Di quelle buone >> risponde, appoggiandosi al davanzale della finestra dai vetri sporchi. << Come avrai sentito dai notiziari e come ti sarà capitato di occuparti, sono stati mesi carichi di tensione in tutta Europa >>.
<< Ho immaginato ci fossero dietro le indagini di Sherlock e il nervosismo di Moriarty >> annuisce Greg e con lo stesso gesto Mycroft conferma i suoi sospetti. << Se le novità sono buone, allora vuol dire che lo hanno sconfitto! >> esclama entusiasta balzando in piedi. << No, aspetta >> ci ripensa facendo un passo indietro. << Non avresti avuto bisogno di tutto questo, se non ci fosse più pericolo >> deduce e Mycroft gli sorride soddisfatto del suo acume.
<< La lotta è ancora lunga, Gregory >> sospira visibilmente addolorato per ciò che gli sta dicendo. << Sherlock e gli spagnoli, però, hanno ridotto notevolmente il suo potere e liberato te e la signora Hudson dalle sue mire. Tutti coloro che attendevano fosse dato l’ordine di uccidervi sono stati eliminati >>.
<< Tutti? >> gli chiede Greg incredulo.
<< Tutti >> ripete Mycroft . << E nessun altro sarà più assoldato al suo posto. Gli hanno fatto terra bruciata attorno >>.
L’euforia si fa strada piano dentro Greg. Deve abbattere i muri del sospetto, della diffidenza, dell’incredulità, prima di poter dar modo alla gioia di esplodere. E quando questo accade è una risata isterica, un esultare come il più accanito dei tifosi dinanzi alla meta decisiva.
<< Tutti? >> ripete, questa volta tra le risate, e Mycroft annuisce felice di avergli dato finalmente una bella notizia.
Greg gli getta le braccia al collo ancora prima di rendersene conto. Lo stringe forte, al punto da sentirgli borbottare un sommesso ‘non respiro’, che, per un istante ignora, prima di allentare la presa. Non lo lascia andare, però. Posa la testa contro la sua spalla e si abbandona ad un'altra risata e poi a un pianto liberatorio e ancora risate, tutto su quella spalla coperta da un’insolita giacca di pelle nera. Solo quanto inizia a calmarsi, Greg si rende conto di essere a sua volta abbracciato da lui. Con la mano gli pettina i capelli corti, che sono diventati ancora più bianchi, come a voler rendere pubblico lo sconvolgimento che ha cercato di camuffare così bene.
<< Finirà del tutta questa storia, vero? >> gli domanda, voltandosi appena per appoggiare la fronte contro la spalla di lui.
<< Prima non ci credevo. Ora… ora sono ottimista >> risponde Mycrof. Greg ridacchia e solleva la testa ad incontrare il suo sguardo.
<< Pensavo fossi realista >> gli dice e lo vede ridere della sua battuta. << Tra poco, quindi, potrò invitarti a bere qualcosa senza temere di metterci entrambi in pericolo solo per averti inviato un messaggio? >>.
<< Tra poco tornerà John e potrai invitare lui >> ribatte Mycroft, distogliendo lo sguardo. Si allontana piano dal suo abbraccio. << Sherlock ha stimato che per la fine del mese saranno di ritorno vincitori >>.
<< Questo è bellissimo >> dice Greg, che a malincuore lo vede allontanarsi sempre di più. << Avevamo detto di essere amici >> .
<< Ed è per questo che sono qui >>.
<< Allora perchè hai detto che potrò invitare John. Io non ti sto usando per riempire il vuoto lasciato da un amico al momento assente, Mycroft >> gli dice offeso.
<< Questo lo so >> concorda lui, mostrando quel sorriso tirato. << Penso, però, che la sua compagnia possa essere più piacevole della mia >>.
<< Questo vorrei poter essere io a stabilirlo, se non ti dispiace >> ribatte. Mycroft sembra non capire il perché del suo tono. << Ho pensato a lungo se scriverti o meno per proporti di vederci. Se avessi voluto anche solo riempire una serata di cazzate al pub avrei avuto con chi farlo, e a volte l’ho fatto, quindi non pensare di essere un ripiego, per favore >>.
<< Va… bene >> ribatte confuso l’uomo di ghiaccio. << Penso, comunque che, ora come ora, non sia il caso >>.
<< Non saresti qui vestito così, altrimenti >> osserva Greg, notando come gli sia più semplice parlare con lui ora che indossa abiti informali.
<< Esatto >> conferma. << Per quanto riguarda il dopo… non so. Non so neppure se abbia senso fare discorsi di questo tipo >>.
<< Perché? >> .
<< Perché sono… non voglio sembrare svalutante, ma sono… sciocchi >> dice con una buffa smorfia di disapprovazione. << Siamo utraquarantenni e stiamo discutendo come due adolescenti >> sentenzia alzando gli occhi al cielo.
<< E che male c’è? >> gli chiede. << In questi tre mesi passati dall’ultima volta in cui ci siamo visti, ho perso tempo, demandato responsabilità che spettavano a me ad altri, iniziato una pseudo relazione che non saprei in quale modo definire con una donna che ‘squarta cadaveri’, come dice mia figlia, puntato i piedi per ottenere ciò che mi spetta di diritto. Mi sono goduto la vita, in definitiva, come tu mi hai consigliato. Non vedo perché non possa anche disquisire sull’amicizia come il più intellettuale e politicamente impegnato degli adolescenti >>.
<< … politicamente impegnato? >> domanda confuso Mycroft.
<< Nel senso che ho a che fare con un uomo politico >>.
<< Non ha alcun senso >> ribatte esasperato.
<< Trovami qualcosa che lo abbia in tutto questo? >> ride Greg divertito. << E’ proprio qui che sta il gioco, Mycroft! Ok, abbiamo più di quarant’anni, ma perché non possiamo essere anche adolescenti. Non
solo adolescenti ma
anche >> specifica serio. << Guarda come ti sei vestito >> continua, indicandolo. << Come puoi pretendere che ti parli in modo serio se sei vestito così? >> chiede a lui sempre più confuso.
<< Pensavo che non fosse l’abito a fare il monaco >> ribatte comunque Mycroft, che non ci sa proprio stare senza essere lui a mettere il punto alla conversazione.
<< Infatti >> rincara la dose, invece, Greg. << Sono sicuro che anche qui dentro >>, dice afferrandolo per le braccia, << ci sia un adolescente che preme per uscire. Cristo, Mycroft, avrai avuto anche solo una volta nella vita la voglia di mandare tutto e tutti affanculo e fare qualcosa di incredibilmente stupido! >>.
<< No >> ribatte deciso scuotendo il capo.
<< No? >> chiede incredulo Greg, che resta ancor più di stucco dal suo ripetere il gesto di diniego. << Oh >> aggiunge. << Mi dispiace >> .
<< Non ti manca ciò che non conosci >> ribatte lui, piegando i gomiti per allontanare le sue mani. << E, comunque, Molly Hooper è un’ottima anatomopatologa, tua figlia dovrebbe avere più rispetto >> dice cambiando argomento e portandolo, non a caso, sulla donna che sta frequentando.
<< Non è assenza di rispetto ma gelosia, Mycroft >> precisa lui.
<< La figlia gelosa del padre >> pensa meditabondo. << Sì, un classico >> si risponde, archiviando la cosa come poco interessante in quanto troppo banale.
<< A proposito, ti ringrazio per avermi aiutato con il riesamino della sentenza e per Leslie >> gli dice.
<< Di nulla. Come ti ho detto fin dal principio, il mio aiuto è per te sempre valido, Gregory. Direi che ora posso andare, il mio compito l’ho assolto >>.
<< Beh, spero di non dovermi ritrovare a temere di rischiare la vita per poi scoprire essere un tuo invito, la prossima volta >> dice, seguendolo con lo sguardo mentre si avvia alla porta.
<< Lo spero anche io >> ribatte, posando la mano sul pomolo della porta. << Continua a goderti la vita, Gregory >> gli dice con un sorriso sincero.
Greg vorrebbe dirgli di aspettare, di non andare via così presto, di restare lì con lui, parlare ancora un po’. Invece resta in silenzio e lo vede uscire dalla stanza.
“Avresti dovuto farlo” gli dice John nella sua testa, ma lui lo scaccia con un rapido gesto del capo.
<< Io non sono come te >> sussurra e la sua voce rimbomba nella stanza.
“E lui non è come Sherlock. E allora?” continua il dottore imperterrito.
Non ha una risposta a quella domanda. Solo quella sensazione di aver perso forse un’occasione. Quando ha allontanato la fronte dalla sua spalla per incontrare il suo sguardo. Prima di fare quella battuta alla quale poi lui ha risposto iniziando a liberarsi dal suo abbraccio. A rompere quel bellissimo momento.
<< Lo avrei rotto in mille pezzi >> dice tornando a sedere.
“O forse saresti stato tu a romperti?” propone John.
“Avresti dovuto lasciare a lui la possibilità di scegliere”.
<< Bastardo >> ridacchia Greg, infastidito dal modo in cui la voce del dottore nella sua testa rigira contro di lui le sue stesse parole. Non può dargli torto, però. Sarebbe potuto essere solo un bacio. Un qualcosa di cui poi lui lo avrebbe accusato o che avrebbe potuto accogliere come un semplice gesto di affetto. Un affetto… ‘diverso’ da quello che è solito ricevere dai suoi figli, dai suoi amici e da Molly.
<< E’ che forse, John, sono semplicemente invidioso di quel che avete tu e Sherlock >> ammette alla penombra della stanza. << Perché lo sento che è qualcosa di profondo, bellissimo e che durerà nel tempo. Voi avete la forza e il coraggio per farlo durare e a me piacerebbe davvero tanto vivere qualcosa di simile >>.
“E perché non dovrebbe poterti capitare, Greg?” gli chiede, con sorpresa, la voce di Sherlock.
“Ho distrutto lentamente con la mia presenza ingombrante quelle che erano le tue sicurezze e ti ho dato modo di imparare a guardare le cose da un’altra prospettiva. Perché non dovresti potermi prendere ad esempio ancora una volta e costruire, ora, qualcosa di più adatto a te?”.
<< Già, perché? >> si chiede alzandosi in piedi.
Sherlock ha conquistato l’uomo che ama e sta per distruggere il nemico che aveva giurato di bruciargli il cuore.
Greg ha messo un confine netto con la sua ex moglie, ottenendo giustizia. Sta imparando a conciliare lavoro e famiglia per poter crescere i suoi figli. Sta vivendo una relazione senza farsi troppi problemi e mantenendo una trasparenza di intenti, pensieri e sensazioni che non credeva possibile con una donna. Ha ammesso a se stesso di avere paura, di essere disperato, depresso, di avere un problema con alcol e sigarette e di doversi prendere cura di se stesso seriamente. Ne ha imparate di cosa, caspita. E ce ne sono già tante che sente più adatte a sé.
“Solo che mi ostino a non vederle, a dimenticarmene, a non riconoscerle” si rende conto.
Si avvicina alla porta e posa la mano sul pomolo prendendo un profondo respiro. Vuole uscire da questa stanza squallida e buia come fosse la sua vita prima che scoprisse l’esistenza del portale Fenix. Vuole uscire in questa luce più forte, capace di permettergli di guardare dentro di sé. Vuole camminare a testa alta, di nuovo, come faceva prima che le bufere della sua vita avessero inizio. Vuole lottare, come Sherlock gli ha mostrato sia possibile fare, per realizzare se stessi e ottenere ciò che si desidera.
Ruota il pomolo e lascia che la luce entri.