I will try to fix you

di Shizue Asahi
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  • Scritta per la quinta settimana del COW-T9;
  • prompt: scontro;
  • 902 parole;



Il rapporto con Mako non è mai stato facile, neanche quando erano due ragazzini con una cotta e problemi che credevano più grandi di quanto non fossero. Korra è cocciuta e indipendente, è l’Avatar e il suo lavoro è farsi carico dei pesi degli altri – del mondo; Mako è stato abituato fin da bambino a prendersi cura di sé stesso e di suo fratello, è diventato indipendente e adulto in un istante e non riesce ad accettare che Korra non voglia il suo aiuto, lo ferisce e infastidisce anche se sa che non dovrebbe, che vuole proteggerlo, che è l’Avatar.
Litigare, lasciarsi e non parlarsi è un circolo vizioso a cui non riescono a sottrarsi. Il giorno prima va tutto bene e quello dopo c’è un nuovo problema, un nuovo nemico, da affrontare e i loro approcci sono spesso troppo diversi per poter andare di pari passo.
Korra è l’Avatar e la sua vita è votata a salvare il mondo, a mantenere la pace e l’equilibrio; per Mako non c’è posto al suo fianco e si sente perennemente relegato a un ruolo di secondo piano in cui si sente stretto. Korra non lo capisce – o semplicemente non può farci nulla – e Mako tollera con sempre minore facilità di essere solo un partner, un fidanzato e non un compagno, un alleato.
Non c’è un momento preciso in cui i loro cammini si sono divisi, è semplicemente accaduto. Lentamente, inesorabilmente, un litigio, uno scontro verbale dopo l’altro. Alla fine si sono ritrovati a vivere vite diverse, a essere persone diverse e a non conoscersi più. Quando poi è iniziata la guerra, le cose hanno semplicemente deciso di prendere una piega tutta loro e di allontanarli definitivamente.
Il primo a cadere è stato Bolin, in un modo stupido e sciocco per cui nessun guerriero dovrebbe morire. Si è lasciato colpire come un pivellino e a nulla sono valsi i tentativi dei guaritori di curarlo o alleviare le sue sofferenze. Bolin è morto prima che Mako potesse raggiungerlo; Bolin è morto mentre cercava di aiutare Korra, mentre lottava per la sua causa, per proteggerla. Non sono state le mani di Korra a ucciderlo, ma per Mako non fa nessuna differenza.
 
*
 
Quando si erano conosciuti, poco più che bambini, non pensavano certo che finisse così. Korra era deliziosa, col suo modo brusco e rumoroso di non sapersi adattare alle regole di Città della Repubblica; Mako confuso e affascinato da quella donna portentosa e irrequieta, testarda e forte che poteva dominare ogni elemento e che si rifiutava di arrendersi; Bolin era lì, allegro e solido, il collante che li teneva uniti e li induceva a riappacificarsi, anche nei momenti in cui si comportavano in modo troppo stupido e sembrava che la faccenda fosse irrecuperabile.
Perdere quel fratello che ha cresciuto e con cui ha condiviso infanzia e adolescenza, sempre gomito a gomito, è stato terribile e distruttivo per Mako. Non sarebbe dovuto accadere, Bolin non poteva essere morto e basta, la colpa doveva essere per forza di qualcuno. Di Mako, di Tenzin, di Asami, di Città della Repubblica – di Korra. Una vita non si spegne e basta e Mako non può sopportare come tutto vada avanti, come la vita ricominci, come i loro compagni si riprendano in fretta per gettarsi nella prossima battaglia, come Korra non sia distrutta per quello che è accaduto. Non piange, non grida, non cade a pezzi come lui, Korra è l’Avatar e la guerra glielo ha fatto realizzare in un modo doloroso e definitivo, costringendola ad accettare il proprio ruolo e i propri doveri. Non c’è posto per il dolore della perdita, per fermarsi a piangere un amico caduto e rischiare di perdere anche il resto del mondo.
Unirsi alle forze nemiche è quasi liberatorio; non dover più vedere quei volti che gli ricordano gli sbagli del passato, che hanno ucciso suo fratello, che gli imputano sempre di non mettere tutto se stesso e più nella causa è quasi liberatorio. Dentro di lui, Mako sa che è sbagliato, ma la follia ha già iniziato ad attecchire da un pezzo nella sua mente, là dove prima c’era solo il dolore e i pezzi avevano iniziato a cadere, e quello che è sbagliato si mescola a quello che non lo è e distinguerli diventa quasi impossibile. Uccide i suoi compagni, i suoi nemici, vendica una colpa di cui non si sono macchiati le mani, ma che tutti loro portano sulle loro spalle. È facile abbandonarsi al Dominio del Fuoco, permettere che lo muova e che combatta al posto suo. Sono le sue mani che colpiscono, ma non sono le sue; sono i suoi piedi quelli che calciano, ma non sono i suoi. È euforia e potere e gli cede ogni volta di più, a ogni combattimento è più arrendevole ed più facile lasciarsi comandare dalla ferocia dell’istinto.
Combattere, uccidere, scontrarsi, non è neanche certo di con chi. Va in missione sperando che sia la volta buona, ma ne rimane sempre deluso tornando a casa vivo.
Quando alla fine arriva il turno di Korra, è facile come con gli altri. Il Dominio del Fuoco è spietato, non chiede, non ha pietà, colpisce, brucia, dilania. Lo scontro è rapido, anche troppo, ma alla fine questa volta Mako non ne è deluso. La morte lo accoglie ed è facile lasciarsi scivolare via, andare incontro all’oblio.
 
Bolin non lo aspetta dall’altra parte come sperava.  




 




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