Phoenix - The Secret Tzar's Daughter The dragon

di queenjane
(/viewuser.php?uid=758690)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


 
 Nel mese di febbraio 1895, le cameriere e il resto dell’entourage che rappresentavano ogni movimento della giovane Alix alla zarina madre, la sua “cara” e impicciona suocera Maria,  registravano la sua debolezza, le nausee e gli svenimenti, una volta o due era capitato durante una messa.
Tutti la circondarono di attenzioni e premure, era tedesca, antipatica e supponente, ma faceva il suo dovere, era rimasta subito in dolce attesa e certo avrebbe dato alla luce il primogenito del nuovo zar, l’atteso erede al trono.
Aveva la mania delle caricature, ripetevamo,  e di trattare il marito con eccessiva familiarità, ma certo avrebbe partorito un bambino sano e paffuto, che per la legge salica, restaurata dallo zar Paolo I, solo un maschio poteva ereditare il trono.



Alessandra si barcamenava nei malesseri della gravidanza, nell’imparare una nuova lingua, il russo, nel raffigurarsi i mobili della  casa che avrebbe condiviso con Nicola, vivendo nei loro primi mesi nelle stanze che lui occupava da ragazzo. La situazione migliorò quando ebbero un loro appartamento, ebbero maggiore privacy e più tempo per loro.
L’estate fu lunga, calda e afosa, in quei primi mesi Ella pensava alla vita e alle sue sfasature, all’indifferenza da mostrare quando lo vedeva, ignorando i colpi al cuore, alle ossa. Aveva avuto quel che poteva, un tempo che avevano divorato, sapori che le avevano marchiato le labbra, il palato, le mani che si stringevano, dialoghi dolci e dopo amplessi mai scontati, furiosi.
Alix apprezzava la sua fortuna o no?
Nel novembre 1895, il giorno 15, ebbe a partorire una bambina, Olga, per gli zar fu una gioia e furono gli unici, avere un maschio era un imperativo categorico, per quanto la neonata fosse bionda, grassottella e  sanissima. i Romanov appellarono Alix “Mamma Cicogna”, un personaggio del ballo “Lo Schiaccianoci”, la giovane zarina era
dedita alla maternità, in contrasto con i costumi del tempo, in cui i figli, a partire dai pargoli dell’alta borghesia, erano confinati nelle nursery, “ostaggio” di tate e governanti.

 
Per desiderio imperiale, le due bambine, si frequentarono fin da piccole, anzi piccolissime, per perpetuare una tradizione.
Nessuna obiezione si poteva muovere a quell’idea, visto che fin dall’infanzia il giovane imperatore era stato amico di Aleksander Aleksandrovic Rostov-Raulov e Pietr Paulovic Raulov, rispettivamente fratello e marito di Ella, con cui aveva prestato servizio negli ussari.
Credeva in quei legami, la coincidenza delle due nascite gli pareva di buon auspicio, non indagava, non voleva su altre ipotesi, era tra i suoi padrini e tanto bastava, aveva altri problemi che riflettere su una figlia ipotetica adulterina, e mentiva a se stesso.
Catherine e Olga spartivano i giochi e le bizze, entrambe viziate e vezzeggiate trovarono presto il modo di andare d’accordo, Olga la chiamava Cat, un diminutivo di Catherine, tranne che quella parola voleva dire gatto in inglese e la piccola granduchessa amava i mici..
Ella era stupenda, una ninfa affascinate e bruna, perfetta in ogni moto e atteggiamento, come una zarina doveva essere, tra  lei e Alix fu sempre una storia più o meno nascosta di contrasto  e sfida.
(Nel 1907 mia madre ne inventò una delle sue, come al solito)
 
 
A parte tutto, la zarina di tutte le Russie aveva un solo compito, ovvero partorire un maschio, ma Alix d’Assia non lo portava a termine, prima dell’erede al trono partorì quattro bambine, di cui si occupava personalmente.
Non si preoccupava della vita mondana, ogni sua apparizione in pubblico era uno strazio per lei e per tutti, le chiazze rosse le fiorivano sul volto e il suo disagio erano una tortura, ormai cronicizzata, per sé e gli altri, non aveva il dono di mettere  le persone a loro agio e la sua timidezza era scambiata per superbia.
La principessa Ella seguiva sua figlia e compariva senza affanni alla vita mondana, compiva opere benefiche e leggeva a dismisura, colta, allegra e spiritosa, amante della Francia, di cui parlava in modo perfetto la lingua.
Lei e Alessandra erano l’opposto l’una dell’altra, non che Ella fosse migliore o peggiore, erano profondamente diverse, inutile ritenersi superiore, che, a  conti fatti, era Alessandra a essere zarina e moglie di Nicola e non lei. 

Che anni furono quelli, rammentava poi Ella, della prima età adulta, densi di sogni e progetti, una figlia, le attività benefiche, mai stava ferma, con piccoli oblii di passaggio, la lussuria degli antenati spagnoli, il famigerato Felipe de Moguer .. pus che sgorgava da una ferita, dietro solide e smaglianti apparenze.

Il marito di Ella perse cifre importanti al tavolo verde, ma saliva nei gradi militari … con Ella non si intendevano né al principio né dopo, nessuno dei due era un martire o un santo, ma erano proprio agli antipodi, ognuno inadatto all’altra, la lettura di “Madame Bovary” non serviva a nessuno dei due, la vita non imitava l’arte e viceversa.
E la grande giocatrice d’azzardo, nella vita e non nelle carte da gioco,  si rivelò poi essere Ella dalle iridi di onice e miele, la ragazza flessuosa e appassionata che aveva amato un giovane principe, le tracce della giovane principessa fanciulla rimanevano nella donna algida e perfetta che era in seguito divenuta.
Il fratello di Ella si era accompagnato a una borghese e l’avrebbe sposata, se non fosse stata per la differenza di rango.
 Era  ingiusto ma il mondo girava in quel modo, infischiandosene dei principeschi desideri.
Da parte sua Ella preferiva che sua figlia studiasse e poco le importava che a imparare il ricamo preferisse la lettura, in fondo anche lei era stata così da ragazzina, era la sua immagine spuntata, o almeno così le piaceva credere.
Verso  il 1902-03 fece costruire un orfanotrofio una cui ala era destinata ai bambini difficili, sordomuti.
La direzione nominale era della zarina vedova, Marie, che lasciava carta bianca, Ella la conosceva da quando era una bambina e sapeva come trattarla, mediare con lei, aveva tatto, conoscendo le regole scritte e non per avvicinarsi alla formidabile vedova di Alessandro III.
 
 
Non ho un primo ricordo di me e di Olga, insieme, posso risalire da una foto in bianco e nero, lei nel passeggino che ride sotto una grande cuffia, le braccia protese, io che appoggio una mano sulla barra, le mie braccia tese contro le sue, il primo segno di predilezione e amore, reciproco. Io e lei, contro il mondo. Un reciproco, ricambiato, abbraccio.
 

La principessa Ella, diventata madre, raggiunse e conservò per anni l’apice della sua avvenenza.  Sottile, alta e perfetta,scuri i capelli, le iridi color miele profondo, come il suo antenato, Felipe Moguer, giunto dalle terre di Spagna, figlio di un marchese, che si era costruito titoli e fortuna alla corte di Caterina II, un audace bastardo.
Era più presente Felipe nei ritratti di famiglia che il principe Pietr, il padre della principessina Catherine, una figura indefinita, sullo sfondo,assorbito dai doveri militari, dal gioco d’azzardo e dalla bottiglia, tranne che allora non lo sapevo... Mi declinavo in terza persona per esercizio, stile, disperazione .. 
Gentile ma distratto, se non era stato disonorato per i debiti lo doveva al cognato, Aleksander, vezzeggiato Sasha, il fratello di Ella, che aveva molte volte ripianato le sue perdite al tavolo verde.
Volevo un fratello o una sorella, ero figlia unica, viziata e ottenevo spesso quanto volevo ma non quello, in compenso avevo le granduchesse, rideva mia madre, lasciando indietro il suo profumo di cipria e peonia, i vantaggi di avere delle sorelle senza spartire l’attenzione dei genitori.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3830753