Cafuné
A
Distanza
⁓
Cafuné
Michele
si stava godendo i primi raggi del tiepido sole di Maggio, seduto
comodamente in una delle tante panchine che costellavano il polo
linguistico dell’università.
La
sessione era alle porte ma lui era un tipo rilassato per natura, che
si faceva prendere dal panico all’ultimo minuto, quando ormai non
c’era più possibilità di tirarsi indietro e allora sfoderava il
suo sorriso caldo e un po’ impertinente, riuscendo sempre e
comunque a cavarsela.
«Ehi
Mich! Ohi, ci sei?».
Il
ragazzo dai capelli castano chiaro osservò l’amico da sopra le
lenti scure dei suoi occhiali da sole, muovendo appena la testa in un
pigro cenno d’assenso. Si tirò su stropicciandosi il volto, poi la
sua attenzione si catalizzò su altro; l’ultima traccia di
sonnolenza nei suoi occhi venne spazzata via da una sguardo più
attento.
«Sì
vedo come ci sei bro!»
si lamentò l’altro ragazzo, Stefano, che seguì lo sguardo di
colui che era il suo migliore amico e roteò gli occhi al cielo.
«Mich
almeno per oggi puoi fare il bravo e non darle noia?» lo supplicò,
sapendo bene che le sue parole sarebbero rimaste bellamente
inascoltate. Quando si trattava di lei
si
trasformava in un perfetto idiota.
L’idiota
in questione infatti non diede segno di averlo sentito, il suo cuore
aveva cominciato a battere talmente forte da sovrastare, in ogni
caso, qualsiasi altro suono.
Osservava,
come un assetato in mezzo al deserto, la ragazza a qualche metro da
lui, di cui era irrimediabilmente innamorato dal secondo anno di
liceo e che lei, per contro, detestava.
Perché?
Perché era più facile infastidirla, lasciare che lei lo detestasse
piuttosto che affrontare ciò che sentiva; averla, rischiare di
rovinare tutto e perderla definitivamente non avrebbe potuto
sopportarlo. Un vigliacco ecco cos’era, piuttosto di complicare
tutto lui preferiva darle noia. C’era chi gli avrebbe detto di
crescere e smetterla di comportarsi come un bambino capriccioso e lui
sarebbe stato perfettamente d’accordo, ma era più facile così.
Semplicemente non voleva che le cose cambiassero.
Lei
rise e Michele abbozzò un sorriso a sua volta, anche senza vederla,
avrebbe saputo descrivere perfettamente la sua risata: leggera,
discreta mentre i suoi occhi si stringevano lucidi di divertimento,
creando delle dolci e sottili increspature attorno ad essi.
Si
alzò dirigendosi verso di lei e i suoi amici, sentì Stefano,
accanto a sé, sbuffare.
«Buongiorno
a tutti!» salutò stendendo le labbra in un bel sorriso irriverente
e assumendo una faccia da schiaffi.
Il
resto dei presenti salutò più o meno calorosamente i due ragazzi,
eccetto Daria: sorrise gioviale a Stefano mentre un’occhiata a
Michele e il suo sorriso si spense, limitandosi ad un cenno.
Il
ragazzo però non si lasciò scoraggiare e con grande nonchalance si
avvicinò a lei, la sua mano corse verso il capo e con delicatezza le
sfilò l’elastico che teneva stretti i suoi capelli chiari in un
precario chignon. I suoi occhi si bearono di quel movimento sinuoso:
la chioma le ricadde sulle spalle in ciocche scomposte, spettinate.
Prima
che Daria se ne rendesse conto, Michele fece scorrere le sue lunghe
dita fra le sue ciocche lisce e setose; il suo cuore accelerò e il
suo sguardo si illuminò d’una mesta dolcezza. Era una sensazione
bellissima e per pochi attimi immaginò come sarebbe stato chinarsi e
baciarle i capelli che profumavano di mandorla e di pulito,
abbracciandola dolce e protettivo, come un ragazzo fa con la propria
compagna.
Osservò
impotente il suo sguardo passare dall’incredulità al puro
fastidio.
«Ma
che cazzo! Ridammi l’elastico!».
Lui
se lo rigirò fra le dita e poi ammiccò impudente;
«Stai
meglio coi capelli sciolti».
La
guardò mordersi il labbro inferiore più sottile e velato di gloss,
arrossire, ma nemmeno per un secondo il suo sguardo pieno di acredine
credette alle sue parole.
«Va
al diavolo Michele! E’ uno dei migliori che ho, cazzo!» sibilò
irritata.
Michele
ridacchiò e proseguì verso la lezione, dopo aver fatto un cenno
all’amico. Ignorò le proteste di Daria. Niente
da fare
si
disse, quell’elastico era appena diventato il suo portafortuna.
Cafuné:
(porteghese) Accarezzare la chioma della persona amata facendo
scorrere le dita fra i suoi capelli.
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Buonasera
a tutti! Eccoci qui con il terzo capitolo. La parola scelta, come
avrete già capito è Cafuné; spero che questo
taglio di trama vi sia piaciuto. Cosa ne pensate di questi due
personaggi?
Ringrazio chi ha recensito questa storia, chi l'ha inserita nelle liste
speciali e chi semplicemente leggendo è giunto fino a qui. Ci
vediamo alla prossima storia! Un abbraccio
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