“ Mamma, domani è la festa
del papà a scuola, lo sai?”.
Siamo in ritardo. Stamattina non ho sentito la
sveglia, o meglio, l’ho sentita suonare ma come mia abitudine
ormai da qualche mese, l’ho spenta e mi sono rimessa a
dormire nella convinzione che mi sarebbero bastati solo quei famosi cinque minuti
per riprendermi dal trauma del risveglio. Ma magicamente quei cinque
minuti sono diventati mezz’ora. E adesso mi ritrovo a
preparare me e Hope contemporaneamente per fare il più in
fretta possibile e non perdere la prossima metro.
“Su, forza! Vai a prendere lo zainetto,
io metto le scarpe!” le ordino, con premura.
Finalmente, siamo riuscite a prendere la metro
che ci condurrà all’asilo.
“ Hai preso tutto?” le
chiedo, sistemandole i codini ai capelli.
“ Mmh-m” annuisce convinta.
“ Mamma, papà quando torna?” chiede poi,
con espressione interrogativa.
Mi volto di scatto a fissarla, non sapendo cosa
risponderle.
Non lo chiedeva da un po’, in effetti.
Non abbiamo ancora affrontato questo argomento, ma in fondo cosa dovrei
dirle? Non posso dirle “ci
ha abbandonate” o “non torna
più”, non capirebbe. Anche
perché suo padre non l’ha abbandonata, dal momento
che il padre è Kai e il signorino non ha ancora trovato il
tempo di dirglielo, o sarebbe meglio dire, non ha trovato il coraggio di
dirglielo.
E per l’ennesima volta mi ritrovo
completamente spiazzata dalla domanda di una bambina, ma fortunatamente
vengo salvata dall’aprirsi delle porte della metro.
È la nostra fermata. “Su, dai,
scendiamo!”.
Prima o poi dovremo spiegargli quest'assurda
situazione.
Non appena arriviamo nella classe, vengo subito
attratta dalla presenza di alcune maestre che appendono cartelloni e
decorazioni ovunque, sui quali leggo “Giornata del
papà!”. Ah, quindi è veramente la festa
del papà domani.
Prendo un grande respiro dentro di me e mi
preparo psicologicamente all’arrivo di una delle maestre.
“ Ciao Hope! Vai a posare le tue
cose!” la incita la giovane maestra. È la nuova
maestra che ho conosciuto l’altro giorno. La piccola mi
saluta allegramente con la manina e corre a sedersi insieme agli altri
bambini, seguita dal mio sguardo. “ Signora Sarizawa, domani
è la festa dei papà e avevamo pensato di
invitarli qui a trascorrere una giornata con i loro figli”
spiega brevemente, con un sorriso cordiale stampato in volto.
Beeeene.
Penso ironicamente tra me e me, cercando di mostrare un volto sereno.
“ Quindi domani sarebbe bello se i
padri accompagnassero i propri figli all’asilo, mi
raccomando!” conclude sorridente, per poi ritornare al suo
lavoro.
“ Fantastico!” rispondo
forzando un sorriso.
Sì, fantastico… ripete il
mio io interiore, sprofondando in un abisso di disperazione.
***
“ La giornata dei papà, cosa
sarebbe?” chiedo atono.
“ Una giornata in cui si esalta la
figura del papà, capisci?” mi spiega impaziente,
gesticolando quasi fosse un mago.
Rimango qualche secondo a fissarla seccato.
“ E a che ora sarebbe?”
chiedo poi, fingendomi interessato.
“ In teoria dovresti accompagnarla tu,
restare lì finché tutto non sarà
finito. Non è complicato!” aggiunge pungente,
continuando a lucidare il bancone, sul quale vorrei sbattere la mia
testa. Ma perché dovrei fare queste cose? E se mi rifiutassi?
“ Allora, ci vai?” domanda,
con un tono di voce e uno sguardo che suggeriscono già la
risposta.
L’indomani mattina…
“ Buongiorno mattiniero!” saluta allegramente Eva,
entrando in cucina e scoccandomi un bacio sulla testa.
“ Buongiorno…”
farfuglio, sorseggiando il mio caffè.
“ Reina, prepara il mio latte
d’avena!” ordina alla cameriera accomodandosi al
suo posto di fronte al mio. “Tu vuoi
altro?” mi chiede sorridente.
“ Ehm… no”
rispondo prontamente, posando la mia tazzina e alzandomi.
“ Già vai via? Ma
è ancora presto” mi fa notare, giustamente.
“ Beh, devo sbrigare delle
cose!” spiego brevemente, indossando l’orologio e
subito dopo la giacca.
“ Allora ci vediamo direttamente
là”.
Ho afferrato le chiavi e mi sto avviando ad
aprire la porta, ma questa sua frase mi coglie di sorpresa a tal punto
da bloccarmi e pensare –Là??-.
Abbandono la maniglia della porta e indietreggio
di qualche passo per far capolino dallo stipite della porta della
cucina. “ Là dove?”, domando preoccupato.
Lei che stava per iniziare a bere il suo latte,
si volge ora verso di me e mi ricorda come se fosse la cosa
più ovvia del mondo “ Ma alla presentazione della
nuova rivista!”.
Perché mi sembra di sentirlo per la
prima volta?
“ Non ricordi?” continua a
dire investigativa.
“ Certo…”. Ma
quando me lo avrebbe detto? “Puoi ricordarmi a che
ora è?” chiedo, fingendo di non ricordare.
“ Alle 10.30, non mancare! Ci faranno
una foto che potrebbe finire sulla prima pagina del primo numero della
settimana!” conclude entusiasta solo all’idea.
Un’idea che a me non entusiasma per
niente: odio le fotografie e sapere che tutti potranno vederla non mi
piace affatto.
“ Ok, a dopo!” mi
limito a dire velocemente, uscendo di casa il prima possibile.
***
“ Kai ti accompagnerà alla
festa del papà, ok?” le spiego, sistemandole il
giubbotto.
“ Ma perché non viene
papà?” domanda tristemente, facendosi ricurvare le
labbra all’ingiù.
Chiudo gli occhi, sospirando sonoramente.
“ Ascolta…” inizio a dire, prendendola
in braccio “… papà non può
venire. Vuoi fare un gioco?” le propongo sorridente,
attirando la sua attenzione.
“ Facciamo finta che Kai è
il tuo papà e per oggi non lo chiamerai Kai, ma lo chiamerai
papà! Ti piace l’idea?”.
Mi osserva all’inizio un po’
smarrita, ma poi coinvolta da mio sorriso, sembra convincersi e
annuisce energicamente facendosi scompigliare tutti i
capelli.
Perfetto.
Il messaggio di Kai è arrivato:
è di sotto che ci aspetta.
“ Allora andiamo!”.
***
Eccoci arrivati. Ho appena parcheggiato e ci
stiamo avviando in classe.
“ Oggi tu sei il mio
papà?” dice improvvisamente la piccola facendomi
fermare di scatto, per osservarla intontito. “
Perché il mio papà non può venire e la
mamma mi ha detto che tu sei il mio papà oggi!”
spiega a modo suo, ma in maniera molto chiara devo ammettere.
Quindi la mamma ti ha detto così. Bene.
“ Sì, ma adesso
entriamo…” dico freddo e coinciso, prendendole la
mano.
Non appena metto piede in quella classe,
percepisco una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Quello che
vedo mi fa venire voglia di scappare immediatamente: ci sono molti
padri seduti a quei piccoli e bassi tavolini a colorare insieme a
quelli che suppongo siano i loro figli, altri parlano con le maestre e
altri ancora rimangono in disparte col cellulare in mano.
Avanzo all’interno dell’aula
osservandomi perplesso in giro, trascinando al mio seguito Hope.
“ Kai, vieni! Sediamoci al mio
banco!”. Adesso è lei a trascinarmi verso un punto
preciso della stanza. “ Guarda, questi sono i miei disegni!
Ti piacciono? Qui ho disegnato il cane!” esclama contenta,
puntando il dito su dei fogli appesi a una parete che riportano il suo
nome.
“ Sì,
belli…” rispondo, fingendomi interessato.
“ Salve, lei è il padre di
Hope?”. Una voce arriva alle mie orecchie e mi costringe a
voltarmi nella direzione da cui essa proviene. I miei occhi incrociano
subito quelli di una giovane donna, suppongo una maestra. Lei alla mia
vista sembra rimanere interdetta, come se avesse visto
qualcuno che non si aspettava minimamente.
Ed è strano, perché
anch’io rimango un po’ perplesso, dal momento che
mi sembra di averla già vista da qualche parte. Non
è la solita maestra di Hope, quella rompiballe
sulla quarantina. No. Questa è piuttosto giovane e carina
anche. E ripeto, credo di averla già vista e credo di
ricordare anche in quale contesto. Oh cavolo…
“ Sì, questo è il
mio papà oggi?” interviene Hope a rompere il
ghiaccio.
“ Il tuo papà di
oggi?” ripete con tono stranito e allo stesso tempo nervoso,
guardandomi come a volere delle spiegazioni. Tuttavia mi limito a un
sorrisetto e un’espressione di chi non sa che cosa dire.
“ Hope, vai a posare le tue cose di
là!” le suggerisce l’insegnante. E la
bambina corre via svanendo immediatamente.
Perché ho l’impressione che
l’abbia voluta allontanare di proposito? Perché ho
l’impressione che stia per chiedermi qualcosa che
già mi aspetto?
“ Bene…” inizia a
dire a bassa voce, guardandomi ancora in quel modo che pretende solo
spiegazioni. “ Dunque hai una figlia!” asserisce,
torcendosi le dita quasi volesse mantenere la calma.
“ Beh è la festa del
papà…” le ricordo, facendo il
finto tonto.
“ Dunque sei sposato?”.
Sembra nervosa e la situazione sembra diventare imbarazzante.
Cavoli.
“ Sì, ma non lo
ero quando siamo stati a letto insieme. Non sapevo fossi una
maestra…” aggiungo aumentando il tono di voce, che
si era abbassato troppo per i miei gusti e stava diventando sospetto.
Quindi la supero e mi avvio a raggiungere Hope, seguita da lei.
“ Avevi detto che avevi rotto da poco
con la tua ragazza!” mi ricorda con tono alterato.
“ Beh forse…” mi
limito a dire, ignorandola e fingendomi interessato a quello che sta
disegnando Hope.
“ Forse? Sei sparito dopo
l’ultima sera e adesso ti trovo qui con tua
figlia?” continua a dire a denti stretti e mantenendo una
certa distanza da me, come a non voler dare sospetti.
“ Beh mi dispiace, ma non mi sembra
l’ambiente adatto per parlare di questo argomento!”
le spiego brevemente con un tono che la invita gentilmente ad
allontanarsi e dedicarsi al suo lavoro.
“ Kai, mi aiuti a
colorare?” sento dire alla piccola. E per la prima
volta questa proposta mi alletta a tal punto da non poter rifiutare.
Dunque mi congedo dalla giovane maestra psicopatica, suggerendole di
sparire. Il suo sguardo mi incenerisce e dopo alcun secondi nei quali
sicuramente mi starà maledicendo mentalmente, volta i tacchi
e va via, fuori dalla classe, sotto lo sguardo incerto di una maestra.
“ Mi passi il colore blu?”.
Porca miseria, che situazione assurda. Penso tra me e me, porgendo il
colore blu ad Hope. Non mi sarei mai immaginato che una delle maestre
di mia figlia potesse essere una che mi sono portato a letto.
Se si venisse a scoprire in giro sarebbe la fine.
La situazione familiare di Hope è già sulla bocca
di tutti qui, visto i precedenti trascorsi, se si venisse a scoprire
anche questa non sarebbe proprio una bella cosa.
***
“ Perché non sei andata con
lui? Sarebbe stato divertente vederlo!” dice Hilary
ridendosela, mentre allatta uno dei gemelli, la piccola Hiromi in
particolare.
“ Io spero solo che non combini
casini!”.
“ Perché dici questo? Hai
paura che possa iniziare una rissa con altri padri?”
aggiunge, ridendo ancora.
“ Ma no. E’ solo che Kai non
è ben visto dalle maestre dopo quello che ha
fatto!” le ricordo, alludendo ad alcuni eventi spiacevoli.
“ E’ vero! Ma tranquilla, ti
preoccupi per niente. Cosa vuoi che succeda. È solo un asilo
per bambini!”.
Probabilmente ha ragione.
“ Ma a proposito di festa del
papà, hai telefonato a tuo padre?”, domanda
cambiando discorso.
" Mio padre?"
“ Sì tuo padre. Sai , tu che
ne hai uno!” afferma tristemente.
“ No. in effetti non ci avevo pensato.
Dici che dovrei farlo? Da tanto tempo non lo sento, in
effetti…”.
Non sento i miei genitori da tempo. A volte ci
mandiamo alcuni messaggi, beh più che altro con mia madre,
perché mio padre probabilmente non sa neanche come si scriva
un sms.
Dovrei chiamarlo e aggiornarlo su alcune
questioni, del tipo : ciao
papà, auguri! Sai non mi sposo più?
Perché? Beh, Rai ed io non stiamo più insieme.
Ah, e c’è altro. Hope ha conosciuto il suo vero
padre! Come dici? Quello stronzo che mi aveva lasciata incinta e che tu
volevi uccidere? Sì, proprio lui.
Santo cielo, come farò a dirgli tutte
queste cose? Forse sarà meglio raccontare una disgrazia alla
volta.
***
Ci siamo spostati in un piccolo parco,
nell’atrio della scuola. I bambini hanno iniziato a giocare e
noi padri siamo vicino a un rinfresco con le bibite. Per mia sfortuna
ci sono soltanto succhi di frutta. Beh, d'altronde non mi aspettavo
super alcolici.
“ Potevano almeno mettere qualche
birra!” sento dire a un padre, il quale sembra avermi letto
nel pensiero. “ Un po’ di succo d’ananas
fresco?” mi propone, riempiendosi un bicchiere.
“ No, grazie!” rifiuto
disgustato.
“ Kai, mi spingi
nell’altalena?” urla Hope a gran voce da lontano.
“ Wow ti chiama per nome, figo, questi
padri moderni!” commenta il tizio del succo
d’ananas beccandosi un’occhiataccia dal
sottoscritto.
Mentre vado da Hope mi accorgo che la maestra
psicopatica si sta avvicinando a noi. Che cavolo, ma che vuole questa
ancora?
“ Puoi almeno dirmi perché
sei sparito? Ti ho inviato un sacco di messaggi che non hai
letto!” mi ricorda alterata, ma mantenendo un atteggiamento
apparentemente distaccato.
Decido di ignorarla e continuare a spingere Hope
sull’altalena.
“ Io ho tradito il mio fidanzato e
stavo anche pensando di lasciarlo per te e tu sparisci e appari adesso
con una bambina e sposato?”.
“ Senti, io non posso farci niente,
sono problemi tuoi” mi limito a dire scocciato.
“ Non hai paura che tua moglie venga a
scoprirlo? L’ho conosciuta proprio l’altro giorno,
sembra una brava ragazza e tranquilla…”.
Quindi è nuova qui, per questo non
l’ho mai vista. E vuole fare già casini.
“ Senti, lei non è mia
moglie…”. Sto per perdere la pazienza , ma per
fortuna l’annuncio di un’altra delle maestre mi
ferma.
“ Adesso è il momento delle
poesie. Avvicinatevi!”.
Spero che stia per finire questa cazzata. Speravo
in una giornata tranquilla ed invece ho incontrato questa pazza di una
maestra che non capisco cosa voglia da me. È successo
qualche mese fa. È vero, le ho mentito, ma ero mezzo ubriaco
e anche lei. È inutile che adesso fa la santarellina:
l’ha voluto lei. Ci è stata, e
più di una sera, le è piaciuto e bye bye.
La vedo là in fondo e mi sento i suoi
occhi addosso: voleva lasciare il suo fidanzato per me? Ma se non mi
ricordo neanche il suo nome!
“ E' il turno di Hope!”.
Eccola che si alza dalla sedia e raggiunge il piccolo microfono.
La maestra le fa cenno di iniziare e lei dopo
qualche attimo di esitazione comincia a parlare , dondolandosi in
maniera buffa su se stessa.
“ Il mio papà si chiama
Rai”.
Rai? Cazzo. I miei occhi si sgranano al suono di
questo nome.
“O carissimo papà,
voglio dirti una poesia
che nel cuore chiusa sta!”
La poesia continua, ma io mi son fermato ad
ascoltare soltanto fino alla parola Rai. Stringo le labbra, seriamente
infastidito, mostrandomi il più possibile naturale in volto
e limitandomi a grattarmi una tempia. Kai, calmati e concentrati su tua
figlia.
“Cinque sono le parole
della piccola poesia
che risplende più del sole
ma è davvero tutta mia:
“Io ti voglio tanto bene!”
La maestra mi invita ad applaudire, notando lo
stato di trans nel quale mi trovo e mi ci vuole qualche secondo per
riconnettere i fili del cervello e tornare alla realtà,
unendomi all’applauso, ormai finito.
Cavoli, lo ha detto veramente…
Cosa può andare storto ancora?
“ Kai, vieni dobbiamo fare la
foto!” mi invita Hope, tirandomi per un lembo della giacca.
Foto? No, per favore.
“ Prego tocca a voi!” ci
invita una maestra a metterci in posa. “ Ma prima devi dare
la tua letterina!” le ricorda, porgendole una busta, che mi
viene consegnata dalle mani di Hope. Noto sul retro una scritta in
rosso, a caratteri molto tremolanti. Deve essere la prima scrittura di
Hope. “ Per
il mio papà Rai…”.
È quello che i miei occhi leggono e ancora una volta ritorna
il nome di Rai. Rimango interdetto con quella busta in mano.
“ Forza, un sorriso!” ci
incita la maestra, cercando la mia attenzione.
E così, scacciando via alcuni
pensieri, la prendo in braccio e mi sforzo il più possibile
di accennare un sorriso per quanto difficile per me, in questo contesto
(ma in qualsiasi in relatà) sia.
A Rai sarebbe sicuramente venuto
meglio…
“Allora, com’è andata?” chiede
Anya curiosa e preoccupata.
“ Bene! Ho detto la poesia!”
commenta Hope, scendendo dall’auto e saltando in braccio alla
madre.
“ Sei stata brava?”.
“ Siii!” esclama euforica
alzando le braccia.
“ Bravissima!” aggiungo io
con tono serio mostrando il retro della busta alla madre, che dopo aver
decifrato i caratteri, sbarra gli occhi incredula per poi abbassarli,
probabilmente non sapendo cosa dire. “ Adesso devo
andare!”. Mi congedo, portando con me quella busta e
dirigendomi in macchina.
Chissà se sono ancora in
tempo per quella cavolata della rivista, spero di no…
“ Sei in ritardo!” lamenta
alterata Eva, venendomi incontro.
“ Che peccato!” esclamo con
ironia.
“ Lo hai fatto apposta vero?”
domanda portandosi le mani ai fianchi con fare rimproveratorio.
“ No, sono riuscito a liberarmi solo
adesso…” spiego in modo convincente.
“ e va bene…” si
arrende sospirando “ Vieni, ti presento il
direttore!”. Mi invita a seguirla trascinandomi per una mano,
ma decido di opporre resistenza.
“ No, senti… devo andare!
Sono passato solo perché te lo avevo promesso, ma tra
mezz’ora devo tornare a lavoro”.
“ Ah…” esclama
dispiaciuta “ Quindi non pranziamo insieme?”.
No, per favore. Non farebbe altro che raccontarmi
nei minimi dettagli ogni cosa di questa rivista.
“ No. Non c’è
tempo. Stasera a cena, ok?”. La saluto scoccandole un bacio e
poi mi allontano sotto il suo sguardo forse dispiaciuto e rassegnato.
Preferisco che me ne parli stasera
così potrò far finta di ascoltarla e
addormentarmi.
Entro nell’ascensore e mentre aspetto
di arrivare al piano terra controllo il cellulare che vibra da un
po’. Sono una serie di messaggi, tra i quali quelli di Eva in
cui mi dice “dove
diamine sei?” e quelli di lavoro. Ma ce ne sono
alcuni sotto il nome di “Lara”,
nei quali leggo “Vorrei
che almeno mi spiegassi”, “ Alcune maestre mi
hanno riferito della storia di tua figlia poco fa”,
“ Voglio solo
parlare”.
È la maestra psicopatica? Chiudo gli
occhi stringendo il telefono.
Forse è meglio cambiare numero di
telefono e probabilmente sarà meglio cambiare anche
qualcos’altro. Quelle maestre sanno un po’ troppe
cose e non voglio problemi.
***
Sono così stanco oggi.
Non dormo bene da settimane, per la precisione
dalla nascita dei gemelli. Tra i turni di notte e le notti passate a
casa dove puntualmente alle tre, entrambi i bambini piangono, la nostra
vita è diventata un inferno. So che è brutto dire
una cosa del genere, ma è così. Ormai tutta la
nostra vita ruota intorno a loro. È normale,
d’altronde. Mi avevano detto che sarebbe stato difficile, ma
non pensavo così tanto.
Tolgo il camice e indosso la mia giacca: il mio
turno è finito.
Percorro il lungo corridoio e mentre massaggio i
miei occhi stanchi e appesantiti scorgo da lontano una figura a me
conosciuta.
Quella lunga chioma bionda è
inconfondibile: Eva.
Cosa ci fa nel reparto ginecologia? Non ho il
tempo di raggiungerla, che è già entrata dentro
per il suo turno.
A riportarmi alla realtà è
un messaggio. È da parte di Hilary: “Non dimenticare i
pannolini e il latte”.
Sì, signora.
Ecco che ne arriva un altro subito dopo.
“
Ah! E porta qualcosa di pronto per cena!”
E anche stasera cibo take away.
***
“ Come mai di visita a
quest’ora?”.
Kai Hiwatari che viene a prendere un
caffè qui da noi alle undici del mattino, comportamento
alquanto sospetto.
Alle mie parole, poggia la tazzina sul bancone e
prende un lungo respiro, estraendo dall’interno della sua
giacca un foglio che mi invita a prendere.
Esitante lo afferro e quello che vi leggo mi
lascia perplessa “
Modulo di iscrizione alla Saint Denis School”.
“
Cos’è?” domando.
“ è il modulo
d’iscrizione per la nuova scuola” spiega sintetico.
“ Quale nuova scuola, scusa?”.
“ Il nuovo asilo in cui
andrà Hope!”.
Sta scherzando, spero.
“ Che storia è questa? Hope
ha già un asilo e si trova alquanto bene! Cos’ha
che non va?”.
“ Andiamo, quell’asilo non mi
piace proprio. Quelle maestre sono impiccione e creano un sacco di
problemi per nulla”.
“ Cosa hai combinato?” chiedo
preoccupata.
“ Nulla. Solo non mi
piacciono!” ripete con fare pacato.
“ è successo qualcosa
durante la giornata del papà vero?”. Ne sono
convinta. È ancora tutto avvolto nel mistero.
“ Non è successo proprio
niente. Solo non mi va che Hope vada in quell’asilo per
poveracci”.
“ Per poveracci?”. Senza
rendermene conto sto alzando il tono di voce, dunque Dana mi fa cenno
di spostare la discussione in un altro luogo.
“ Si può sapere qual è il problema
adesso?” chiede seccato chiudendosi la porta del bagno alle
spalle.
“ C’è che tu non
puoi decidere dal nulla di cambiare tua figlia di scuola!”.
“ Perché no?”.
“ Perché Hope si
è già ambientata e si trova bene lì.
Ha già le sue amicizie e conosce tutti e …e
cambiarla sarebbe un casino. Hai idea di quanto tempo ci ho messo a
convincerla a restare in quel posto??!”. I miei nervi si
stanno surriscaldando e andranno in controcircuito se lui continua a
fare quella faccia da idiota. “ A meno che tu non abbia
combinato qualcosa o sia successo qualcosa che non vuoi
dirmi!” dico puntando un dito minaccioso.
Glielo leggo in quella faccia inespressiva.
“ Non è successo proprio
niente, ok? Hope cambierà scuola, punto e basta!”
esclama autoritario.
“ Io dico di no!” rispondo
contrariata.
“ Sono io che pago, quindi decido
io!” conclude minaccioso, aprendo la porta e andadosene via
lasciando che le sue ultime parole rimbombino nella mia testa. Sono io che
pago…quindi… decido io. Non
può averlo detto veramente.
Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. Solo
non pensavo così subito.
Anya, perché hai accettato quei soldi?
Quello straccio che ho in mano lo tiro con forza
sulla porta da cui è appena uscito, immaginando di
visualizzare la sua faccia.
Che stronzo.
***
Sapevo avrebbe aperto una discussione e ne
avrebbe fatto una tragedia. So quello che ho detto e non me ne pento:
io mi sono incaricato delle spese di Hope dunque mi spetta di diritto
prendere delle decisioni. Mia figlia non andrà
più in quella scuola di maestre pettegole e psicopatiche. La
iscriverò in questa nuova scuola più prestigiosa,
dove soprattutto non ci sarà alcuna traccia e ricordo di
Rai. Io mi presenterò come l’unico padre, punto.
“ Signor Hiwatari, ci sono delle
pratiche da firmare” mi avvisa la segretaria non appena metto
piede nell’ufficio.
Le faccio cenno di porgermele e con un gesto
repentino le afferro e mi chiudo nello studio nella pace dei sensi.
Finalmente.
Abbandono con non curanza quei fogli sulla
scrivania e la prima cosa che faccio e prendere le sigarette e
accendermene una, sedendomi di peso sulla poltrona.
Questa storia di Rai deve finire, non
può ancora ricordare quel cinese, non lo vede da mesi.
Mi perdo un attimo nei miei pensieri e
improvvisamente mi ricordo di una cosa. Apro uno dei cassetti della
scrivania e lo prendo: lo avevo messo qui per il timore che lo venisse
a scoprire Eva. È l’album di foto che Anya mi ha
dato qualche giorno fa. Non ho ancora avuto il tempo di dargli
un’occhiata.
Poggio la sigaretta altrove, ricordandomi
dell’avvertimento di Anya di non rovinarlo e così
inizio a sfogliarlo.
Sembra pieno di foto che iniziano dal giorno
della sua nascita: Anya è in un letto di ospedale con la
bambina in braccio avvolta in una copertina. Era veramente piccola.
“Hope
è nata prematura, ma tu questo non puoi saperlo,
perché non c’eri!”
Ricordo che quel giorno Yuri mi aveva mandato un
messaggio, in cui mi avvisava della nascita di Hope.
“Complimenti
Hiwatari, sei diventato padre”
Alcune foto recano una scritta in basso: “Prima
pappetta”, “ Prima parola”, “
Giro in bici” e in quasi tutte appare quel
cinese. La sua presenza è nel novanta per cento delle foto.
E mi fa rabbia, talmente tanto che decido di
chiuderlo di scatto. Mi basta così. Ogni foto sembra darmi
la colpa di qualcosa.
C’è ancora quella lettera
nella mia tasca, l’avevo dimenticata! Quella che reca scritto
: Per il mio papà Rai. Un colpo decisamente basso questo, lo
ammetto.
La apro, nel peggiore dei modi ed estraggo il
foglio al suo interno. Vi è un disegno, una sorta di prato
verde, una casa, e quelle che sembrano delle figure umane un
po’ malandate ma perfettamente riconoscibili grazie ai nomi:
da un lato c’è mamma, al centro Hope e alla sua
sinistra papà. Questo papà sembra avere tutte le
caratteristiche per essere Kon, non di certo io. E in alto a destra a
mo’ di titolo leggo “la
mia famiglia”.
Non avrei mai immaginato che un giorno me ne
sarei pentito amaramente.
***
Sono sdraiata sul letto, col mio telefono. Sono
nervosa e ansiosa. E le mie amiche in questo stupido gruppo non mi
stanno aiutando per niente.
*Volete
smetterla di parlare tra di voi?? Il problema qui è
mio!!” ricordo, scrivendo velocemente
*
Hai ragione! Ma è tornato a casa??* chiede una.
*
Non ancora* rispondo io.
*
beh calmati, non entrare nel panico* suggerisce
l’altra.
La fa facile lei.
Improvvisamente la porta si apre e fa spazio alla
figura di Kai. Non l’ho sentito arrivare. Ignoro la chat e
metto da parte il telefono osservando preoccupata Kai, il quale non
sembra in gran forma oggi.
“ Ah sei qui. Pensavo non ci
fossi…” dice stancamente buttandosi a peso morto
sul letto, accanto a me.
“ Beh, ero stanca e mi sono messa a
letto, ti aspettavo” dico, torcendomi nervosamente le dita.
Cavoli, ho il cuore a mille non so per la felicità o per la
paura. Credo sia la paura della sua reazione. L’ultima volta
non l’aveva presa così bene, ma il contesto era
differente, insomma Eva. Forza e coraggio.
Lo sento sbuffare mentre si sbottona la camicia
al collo, quasi si sentisse soffocare. Poi poggia la mano sul letto
andando a toccare una rivista che prende in mano e osserva accigliato.
“ Sei in prima pagina…” mi fa notare.
“ Sì…”
mi limito a dire.
“ Non sembri felice...”
commenta con aria sospetta.
“ Sì, lo sono!”
ripeto stavolta con più convinzione. Cacchio Eva, cosa ti
prende. Sei come paralizzata.
La riposa dov’era e ritorna a fissare
un punto indefinito della stanza. Sembra veramente stanco. Forse non
è il momento ideale per dirglielo.
“ Non ho neanche la forza di andare a
fare una doccia…” .
“ Qualcosa non va?” chiedo
preoccupata.
“ E’ stata una giornata di
merda, beh, una settimana di merda…”. Ecco che
sbuffa di nuovo.
Non posso tenermi tutto dentro fino a domani.
Stanotte non dormirò. Beh, forse dopo averglielo detto non
dormiremo entrambi ma, quanto meno, mi sarò tolta un peso.
“ Devo dirti una
cosa…” inizio a dire con voce titubante.
“ Fa’ che sia una buona
notizia, ti prego…” dice quasi in tono di
supplica, massaggiandosi gli occhi.
Beh, questo dipende dai punti di vista.
“ Sono incinta” riesco
finalmente a dire in un sol soffio e immobilizzandomi improvvisamente,
sotto il suo sguardo incredulo.
Tadà.
Salve a
tuttiiiiii!
Tadàààà
Sono
tornata. Dopo secoli di assenza sono tornata. È stata una
sofferenza non poter aggiornare ma non ho potuto. In questi
mesi la mia ispirazione è andata via, lontano, in Spagna.
Sono stata in erasmus per sei mesi e tornata in Italia ho dovuto
affrontare il mio ultimo esame all’università. E
la prima cosa che ho fatto subito dopo è stato iniziare a
scrivere.
Ed eccomi
qua con questo aggiornamento. Spero vi piaccia e che qualcuno lo legga
e mi dica cosa ne pensa.
Il capitolo
penso parli da solo. Ovviamente non potevano esserci rose e fiori. Sono
tornata a scrivere e sarò ancora più spietata.
Kai ha ricevuto una bella notizia ( yeeeee). Ma sarà
veramente yeeeee!! La sua reazione??? Voi che ne dite? XD
Fatemi
sapere hahahah
Un saluto
dalla vostra Henya!
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