Un soldato
In un
vortice
di polvere
Gli altri vedevan siccità
A me ricordava
La gonna di Peggy
In un ballo di tanti anni fa
[…]
Libertà
l'ho vista dormire
Nei campi coltivati
A cielo e denaro
A cielo ed amore
Protetta da un filo spinato […]
Finii con i
campi alle ortiche
Finii con un flauto spezzato
E un ridere rauco
E ricordi tanti
E nemmeno un rimpianto
(Il
suonatore
Jones, Fabrizio De André)
Il
mio tempo non è questo o,
almeno, non lo è più. Con la mano stringo il
guanto: è incredibile quanto
potere sia racchiuso in quest’oggetto che stiamo usando
insieme per salvare l’universo
in cui viviamo e, forse, condannarne un altro. Il mio braccio non
è sempre
stato solido e robusto come ora. Il ricordo indelebile mi assale e si
confonde
con il resto – con Tony laggiù, su Titano, con la
profezia oscura di Strange
che parla dell’unica
condizione possibile
affinché lo schiocco venga cancellato. Una volta ho detto
che sacrificare un
singolo, anche se per il bene di molti, non era qualcosa che ero in
grado di
accettare,
ma se riguarda me, allora sì, sono disposto a tollerarne il
peso. Il mio è un
morire qui per vivere altrove, per
stringermi al petto la ragazza a cui ho promesso un ballo a guerra
finita, per
ritrovare i volti amici di coloro che ho fissato con la grafite sulla
carta di
un blocco acquistato in un negozio di New York, che non esiste
più da sessant’anni.
Il
mio tempo non è questo. Sono
intrappolato in un mondo che non mi è mai appartenuto
davvero – il mio è
rinchiuso in un passato smarrito – così come, da
ragazzo, ero costretto in un
corpo gracile che non conteneva il mio spirito. Mi sono svegliato in
una
solitudine fatta di volti sconosciuti, che sapeva di ghiaccio, come la
mia
bocca. Mi hanno chiamato eroe, ma io ero solo un soldato, un ragazzo di
Brooklyn
che si è arruolato col suo migliore amico per far la guerra
contro i tedeschi e
riportare la bandiera sventolante della libertà sul mondo
intero.
Ho
aperto gli occhi in una realtà
diversa e mentre schiocco le dita ci penso, alla fine che ha fatto quel
soldato. La retorica della guerra è svanita, il capitano
senza macchia è morto e
ha impresse sul petto macchie di sangue altrui, come quelle vecchie
figurine
che appartenevano al bambino ormai cresciuto che voleva sopra ogni cosa
incontrarmi, ucciso da un alieno spietato che credeva
d’essere un dio.
È morto anche lui, dicono, perché alla fine tutti
abbiamo fatto la nostra parte
in questa guerra.
♦
Ecco
lo schiocco. È tempo di
tornare a casa. Di camminare per Central Park e abbassare la visiera
del
cappello per salutare una signora. Di baciare le labbra rosse di Peggy
e
ritrovarne il sorriso. D’invecchiare con lei
perché così è stato.
Sono
passati i mesi, gli anni, i decenni.
Sono
tornato nel mio tempo senza
sapere com’è andata a finire, se Stark,
dall’altra parte dell’Universo, è
riuscito a tornare. Ho vissuto e lavorato e amato e cambiato la carta
da parati
della nostra casa almeno due volte.
E Peggy è sempre più
bella. La mia
battaglia non è mai finita, però.
L’uniforme giace dentro un baule, coperta di
naftalina, ma è come se la indossassi sempre – la
indosserò per sempre. Sono svanito
in questo tempo per vivere la vita che avrei dovuto nel tempo che mi
spettava,
ma combatto tutti i giorni, non per i governi che, in passato, hanno
tentato di
usare il mio nome e far leva sul mio onore, ma per gli amici di ieri e
per
coloro che ancora non ci sono, ma verranno. Il mio dovere, il solo e
unico, è
sempre stato questo: proteggere Brooklyn e New York e gli Stati Uniti e
l’America
e il mondo intero.
E
così è stato. Stamattina, nell’ovale
dello specchio, dopo essermi rasato, ho schioccato le dita per
risentire quel
potere assoluto che cambiò il destino di molti, tra cui il
mio. Resto sempre l’uomo senza tempo,
sarà così in eterno,
ma almeno sono riuscito a tornare qui, nel posto che avrei dovuto
occupare fin
dall’inizio. Strange aveva ragione, lo S.H.I.E.L.D. lavora
come è giusto che sia.
E io, io faccio il mio dovere: tra qualche anno consiglierò
a Stark e alla
moglie di rimanere a casa, per Natale, e troverò il modo di
riprendere mio fratello.
Sarò
pronto, ma intanto oggi è sabato
e ho suggerito ad Howard di non rimanere in ufficio anche nel weekend,
ma di andare
a vedere il saggio di pianoforte di suo figlio. Tony è
ancora solo un bambino,
ma fa il sostenuto e dice troppe cose in troppo poco tempo, come sempre. Avrà avuto
ragione alla
fine?
Shilyss
Nota Autore
Cari
Lettori,
vi
ringraziamo infinitamente per
essere giunti fino a qui. La teoria che abbiamo espresso
verrà illustrata più
approfonditamente nel prossimo capitolo perché
sì, anche se l’album “Non
al denaro…” si chiude proprio con
l’iconica
“Il suonatore Jones”,
noi abbiamo
scelto di scrivere un capitolo finale di epilogo. Che
arriverà la settimana
prossima, quindi questa (non) è la fine dei giochi. Come
forse avrete capito,
abbiamo ipotizzato l’esistenza di due guanti (quello di
Thanos indossato da
Steve e quello di Tony creato per l’occasione) che,
schioccati insieme, annullino
il potere di quello di Thanos. Io e _Lightning_
ringraziamo infinitamente quanto hanno
commentato,
seguito, ricordato e preferito questa storia, ma anche chi
l’ha semplicemente
letta o la leggerà ♥.
|