Alice, la Mediatrice di milly92 (/viewuser.php?uid=28249)
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Days 27-28: Goodbye
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Capitolo 15
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Days 27-28: Goodbye
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Aprii gli occhi a causa
della mia ormai sveglia "Naturale" e del verso dei gabbiani
che proveniva da fuori la mia finestra, ormai mio fedele compagno di
disavventura.
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Alzai lo sguardo e vidi che
me ne stavo appoggiata sul petto di Maurizio, il quale si stringeva a
me e respirava profondamente, sempre più tranquillo e beato.
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Ricordai gli avvenimenti
della sera prima in cui dopo la riunione io e lui ci eravamo presi
un'ora di calma in cui avevamo chiacchierato, scherzato con dei
ragazzi in corridoio, aiutato una ragazza con la lavatrice da fare e
mi sentii rinata, non ero ansiosa per l'imminente addio e sentivo di
essermi imbarcata in qualcosa più grande di me ma che ne valeva la
pena.
-
Sospirai dolcemente e, senza
riuscire a trattenermi, accarezzai il petto di Maurizio,
svegliandolo.
-
"Ehi, buondì"
biascicò, con un solo occhio aperto.
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"Buondì" risposi,
stringendolo a me. "Scusa se ti ho svegliato... Ho anticipato di
poco la sveglia, mi perdoni?".
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Lui sbadigliò e poi mi
fissò, falsamente pensieroso. "No" sentenziò, prima di
ricoprire il volto con le lenzuola e provare a nascondersi. "Sono
stanco!".
-
"Nemmeno se ti faccio
il caffè?".
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"No. Capo, oggi me la
prendo di festa" ironizzò, prima di mettersi a sedere e
imprigionarmi sotto di sé, stampandomi un bacio in una zona
indefinita tra il naso e la guancia.
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"Ti licenzio!".
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"Non potresti mai!".
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"Oh, sì!".
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"Quello di solito me lo
dici in separata sede...".
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"Coglione!".
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La magia fu interrotta da
quella fastidiosa sveglia di cui odiavo ormai la suoneria falsamente
dolce, ormai lo associavo al tono passivo aggressivo di Jimena quando
voleva dire qualcosa di cattivo senza fare effettivamente la parte
della cattiva di turno.
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"Oggi ultima riunione,
ce la possiamo fare" sussurrai, più che per incoraggiare me
che lui.
-
"Se iniziamo bene la
giornata, sì".
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Non ebbi nemmeno il tempo di
replicare che Maurizio mi stava lasciando una scia di baci dalla
fronte al naso, fino alla bocca, poi giù fino al collo... E ancora
più giù, fino a guardarmi con aria furba come per chiedermi il
permesso di proseguire.
-
"No, dai...".
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"Se non ti va è un
conto, ma se lo fai per la nostra assurda routine ti rassicuro: ieri
ho parlato con Saverio e ha detto che gli bastava vederci in ufficio
alle nove".
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"Hai calcolato tutto?"
chiesi incredula, alzandomi di scatto, tanto da farlo separare da me
e imbarazzarlo un po' per quel mio improvviso cambio di tono. Il
fatto che non me ne fregassi di un certo dettaglio – lui che chiede
al nostro coordinatore il permesso di saltare la colazione per stare
con me – mi fece capire l'avanzamento del mio livello di
maturazione nei confronti della nostra situazione lavorativa.
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Scrollò le spalle e annuì.
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"Sì. Volevo stare più
tempo con te, ti dispiace?" si scusò, abbassando lo sguardo
senza sapere cosa fare di preciso.
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Mi resi conto di risultare
esagerata così scossi il capo e lo attirai a me per fargli capire
che era tutto ok e che mi fidavo della sua parola e fu un sogno
vederlo reagire subito, baciandomi con slancio e facendomi ristendere
con gentilezza sul materasso, per poi togliermi gentilmente la
canotta e i pantaloncini.
-
"Se salto la colazione
per te deve essere indimenticabile" ghignai con gli occhi
chiusi, sospirando già perché avvertivo le sue dolci labbra sul mio
ventre che già fremeva ad ogni tocco.
-
"Fino ad ora mi sei
sembrata sempre fin troppo soddisfatta, signorina" mi ricordò,
compiaciuto.
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Eravamo già così in
confindenza, possibile? In quell'istante mi sembrò di conoscerlo da
molto più di un mese, la familiarità con cui mi guardava in maniera
rassicurante era sbalorditiva, mi sembrava di aver già superato la
parte iniziale in cui si fa di tutto per risultare impeccabili agli
occhi dell'altro e si finge di essere diversi.
-
Eravamo veri, ognuno aveva
visto l'altro morto di sonno, con i capelli improponibili, affamato
come non mai per il cibo scadente della mensa e ciò ci rendeva il
compito più semplice: forse, al contrario, una volta usciti di lì
ognuno avrebbe avuto l'occasione di vedere l'altro in maniera più
formale e curata dopo aver visto la parte vera, cruda, della
personalità in tutte le condizioni stressanti possibili.
-
Mi avvicinai a lui e lo
strinsi forte contro di me, sentendo l'urgenza di sentire il suo
cuore battere contro il mio ancor prima di pensare alla bellezza di
ciò che stava per succedere.
-
-
"Vale, creo que es
todo. Nos vemos después, pero para mi no tenemos otras cosas que
establecer. Gracias a todos".
-
Con queste parole, alle
dieci, Jimena ci congedò dopo averci riassunto in maniera
dettagliata e noiosa tutti i feedback ricevuti tramite i social e
l'app della sua azienda durante quel lungo mese.
-
Per una volta, sembrava
stravolta anche lei: i capelli scuri, solitamente piastrati e
ordinati, erano raccolti in una coda e indossava pantaloni comodi al
posto delle solite gonne accompagnate da scarpe col tacco.
-
Mi avvicinai, la salutai,
strinsi la mano anche a Sandy, feci un cenno a Javier che in quelle
settimane si era limitato a esistere parlando il meno possibile e
uscii dalla sala riunioni il prima possibile, seguita da Maurizio.
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Avevo iniziato
quell'esperienza con una preparazione minuziosa, ero sempre attenta a
tutti i dettagli, ero stata in ansia a tal punto da indossare una
camicetta alla prima riunione!
-
Risi ripensando a quel
dettaglio che mi aveva anche fatto discutere con il coordinatore e
abbassai lo sguardo sulla maglietta arancio molto basica e anonima
che avevo indossato a quell'ultimo incontro.
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"Io devo dare una mano
a Mario, ci vediamo dopo?" chiese il mediatore quando ci
trovammo a pochi passi dall'ufficio dei group leader.
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Annuii e lo guardai
allontanarsi, perdendomi nella contemplazione della sua figura alta e
slanciata che da lontano lo faceva passare ancora per un ragazzino
cresciuto troppo in fretta.
-
"Caffé" dissi tra
me e me e mi avviai al bar, sentendo il bisogno di riprendermi un po'
e ricaricarmi in vista dell'ultimo giorno.
-
Era davvero quasi finito
tutto e non me ne rendevo conto, non ero in lacrime, non ero
nostalgica... Ero solo tanto, tanto stanca e provata sotto molti
punti di vista.
-
Possibile che fossi maturata
in quei trenta giorni?
-
Ero pronta per continuare a
fare questo lavoro con professionalità senza lasciare che le
questioni personali intaccassero il mio operato?
-
Esitai, incerta. Certo,
questa volta lo staff era davvero penoso e non me ne fregava dei
nuovi arrivati – non vedevo l'ora di mangiare cibo fritto senza lo
sguardo della dottoressa fisso su di me – ma anche con quello
precedente ero stata brava a distaccarmi.
-
"Sì, magari per l'anno
prossimo riesco a non portarmi a letto qualche collaboratore"
ironizzai, sentendomi senza speranza.
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Ordinai un cappuccino e
presi posto per poi sentirmi qualcuno alle spalle che mi tirava una
ciocca di capelli.
-
"Ehiii!".
-
"Alice, ci sei mancata
a colazione!".
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Alzai gli occhi al cielo
mentre Saverio prendeva posto di fronte a me e mi guardava con l'aria
di chi vuole prenderti in giro ma in realtà se ne frega di te in
senso positivo.
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"Voi no" ribattei
con una smorfia.
-
"E ci credo! Questo
mediatore deve essere proprio un amante di serie A...".
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"Saverio, che vuoi?"
tagliai corto, conoscendo ormai i suoi modi di fare come le mie
tasche.
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Il capo cambiò espressione
e mi fissò con serietà, accarezzandomi un braccio.
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"L'ultimo giorno di
solito non te la cavi molto bene e volevo sapere come stavi"
ammise, serio come poche volte nella sua vita.
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In un istante rividi davanti
a me l'incidente di Luca, le mie lacrime, il rientro in college in
taxi...
-
"Sto bene, Saverio. Non
ci crederai ma sto imparando a scindere le cose, non sono emotiva
come lo ero un tempo, riesco a essere razionale, anche se mi fa
paura. Mi sento meno umana!" mi confidai,dando voce a un
pensiero che mi affliggeva da un po'.
-
Lentamente, Saverio avvicinò
la sedia a me e mi abbracciò con calore, arrivando ad appoggiare la
testa sulla mia con fare paterno.
-
"Sei pronta, Alice. Ti
vedo e noto una professionista che ha imparato tante lezioni e da cui
non voglio separarmi, farò il possibile per averti di nuovo con me,
l'anno prossimo. Hai coordinato tutto in maniera impeccabile anche se
ho notato la stanchezza finale, è normale".
-
Sentii il cuore allargarsi
per la gioia e ricambiai la stretta, incredula.
-
"Io non te lo dimostro
mai ma davvero ci tengo alla tua opinione, ti stimo troppo e sei un
esempio formidabile per me" ammisi di cuore, sforzandomi di non
singhiozzare.
-
"E io ci tengo alla
tua. Mi ricordi sempre che devo pensare a lasciarmi andare e a
godermi le mie emozioni... Ci compensiamo".
-
Alzai lo sguardo, ci
sorridemmo e pensai che da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato
in positivo, almeno professionalmente.
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"Per quanto riguarda
l'altra questione... Dimmi tutto, se vuoi. Come vanno le cose?"
s'informò, cauto più del solito.
-
Era così, se si trattava di
faccende personali mi lasciava i miei tempi e i miei spazi, non era
ficcanaso e ci teneva a farmi capire che potevo sfogarmi con lui
anche senza averlo costantemente alle costole.
-
Bevvi un sorso di cappuccino
e feci spallucce, vaga. "Va bene, solo che credo di aver capito
come stanno le cose e non mi danno l'anima per l'addio. Lui per me è
un'incognita che nel presente mi ha aiutato a dimenticare il mio ex,
ma per il futuro chi può saperlo. Ne sono cosciente e ciò mi fa
quasi paura, non è da me reagire così" ragionai, dando voce a
un pensiero che mi affliggeva da un po'.
-
Saverio era sorpreso, forse
si aspettava un mio monologo su quanto mi sentivo male al pensiero di
dire addio a Maurizio per almeno sei mesi, eppure mi sorrise e
sostenne il mio sguardo.
-
"Per le cose belle ci
vuole tempo" dichiarò.
-
"Senti chi parla!
Mister-ti-compro-un-anello-dopo-un-anno!" lo scimmiottai,
gesticolando in maniera poco educata.
-
"Ma di che parli? Ho
impiegato trentatré anni per avere una cosa bella nella mia vita
come Nadia, più tempo di così!".
-
"Non dovevi fare il
coordinatore, Saverio, dovevi fare l'avvocato... Del diavolo!".
-
"Tu saresti stata la
mia praticante perfetta, allora,
Miss-non-mi-metterò-mai-più-con-uno-dello staff!".
-
"E infatti non mi sono
messa con Maurizio" obiettai con aria furba.
-
Ci guardammo, interdetti,
per poi scoppiare a ridere come due scemi, beccandoci mille
occhiatacce da parte degli altri presenti che stavano approfitttando
di una pausa per bere un caffè o leggere un libro.
-
In quel momento prendemmo
davvero coscienza del nostro feeling e del nostro essere in sintonia,
seppur su due pianeti diversi e opposti, tanto da trovarci bene tutto
l'inverno successivo, quando ci trovammo a lavorare fianco a fianco
per l'ennesima volta anche se con mansioni diverse.
-
-
Aiutai Mario con le ultime
mansioni finali e fu un bel momento per riconnetterci un po' dopo
tutti i momenti che avevamo passato separati, presi dai nostri drammi
personali e professionali.
-
Gli mancava la canzone del
video di addio e lo convinsi a scegliere "Alive" di James
Graeme, una canzone che sentivo molto vicina a me sia per la bellezza
della melodia sia per il testo che sentivo un po' mio e che volevo
condividere con tutti visto che nessuno la conosceva.
-
"E' bellissima, Ali! La
metterò stasera alla serata di addio, dopo cena!" disse
entusiasta l'activity leader, rendendomi felice per quel suo modo di
reagire alle cose sempre entusiasmante, come se fosse un bambino che
vede la neve o il mare per la prima volta.
-
"Bene. Ci credi che
siamo alla fine?" sussurrai,sentendo un brivido lungo la
schiena.
-
Personalmente, la
discussione che avevamo avuto quattro settimane prima mi sembrava
lontana anni luce e , cosa importante, ripensando all'Alice che ero
stata, gli diedi ragione per la strigliata nei miei confronti.
-
Mario annuì e si lasciò
scappare uno sbadiglio. "Sì e onestamente ne sono felice, odio
lavorare con degli stupidi" sbottò, indicando con il mento i
group leader che si rubavano a vicenda delle patatine rubate a loro
volta in cucina e risalenti ai pacchetti del pranzo di una delle
ultime escursioni.
-
"Ci credo..." gli
diedi man forte.
-
"Ho avuto novità da
Milano, comunque. Ho due colloqui presso delle agenzia di eventi,
vado a stare da Saverio visto che casa sua sarà libera fino a
settembre" mormorò, con un tono di voce molto più basso del
solito , quasi come se avesse paura che il solo pronunciare quelle
parole potesse cancellare la realtà dei fatti.
-
Sgranai gli occhi per la
sorpresa e per la felicità, davvero incredula per la rapidità con
cui si stavano sviluppando le cose per il mio amico.
-
"Ma è bellissimo!"
esclamai, abbracciandolo con calore.
-
"Ali, non è detto che
vada tutto bene e soprattutto mi fa paura tutto, il cambiamento,
lasciare Napoli, cambiare stile di vita... Come hai fatto a mollare
tutto a Roma per uno stage che non ti assicurava nulla?"
domandò, serissimo.
-
Improvvisamente, il caos
scomparve dalla stanza nonostante il chiasso infantile degli altri ed
io scrollai le spalle, comprensiva al massimo verso i dubbi
dell'activity leader.
-
Rividi davanti a me l'ultimo
anno e trovai la forza di dare una risposta sincera, autentica e
degna di chi mi stava di fronte, pieno di paure e dubbi.
-
"L'ho fatto, Mario,
come lo farai tu. Non ci sono garanzie, è tutto un salto nel vuoto,
mi dispiace dirtelo ma è così. Cambia tutto ma tu no, posso
assicurartelo, semplicemente scropri mille lati della tua personalità
che non hai mai avuto modo di conoscere fino ad ora. Tutto ti sembra
difficile all'inizio, ti perdi per le strade, pensi all'accento delle
persone della tua città che ti manca insieme al cibo con cui sei
cresciuto, solo che poi un giorno ti svegli, cammini per strada, vedi
quella persona che hai incontrato in un negozio qualche giorno prima,
ricordi il volto della signora dell'edicola e capisci che in fondo
non sei più un passante, sei parte attiva di tutto ciò... E tornare
a casa sarà bello, apprezzerai i tuoi familiari ancora di più, solo
che avrai un cuore più grande perché sarà in grado di contenere
due case, due famiglie, quella vera e quella fatta di tutti coloro
che ti supportano nella nuova città, passo dopo passo".
-
Mario sembrava colpito da
quel discorso, tanto da sorridermi con affetto e accarezzarmi un
braccio.
-
"Non dimenticare che io
e gli altri ci siamo, insieme sarà tutto più semplice"
aggiunsi, provando a rassicurarlo perché capivo il suo stato d'animo
ed empatizzavo molto con lui, in quel momento più che mai.
-
"Grazie. Speriamo
bene".
-
In un solo istante fui presa
dalla consapevolezza di aver tenuto discorsi importanti con lui e
Saverio nel giro di una mattinata e mi sentii improvvisamente colta
da un sano senso di benessere e tranquillità.
-
-
Quando presi posto a cena
nel ristorante che avevamo prenotato mi sentii improvvisamente
libera, consapevole di aver fatto tutto ciò che c'era da fare e che
il mio ruolo di mediatrice era ormai giunto alla fine.
-
Sospirai, sorrisi senza
motivo e, voltandomi verso Maurizio, provai un senso di pace mai
provato prima. Gli feci cenno di seguirmi e lui obbedì, preoccupato,
fino a raggiungermi nel piccolo cortile del locale.
-
"Tutto bene?"
chiese premurosamente, cingendomi la vita con un braccio.
-
"Sì".
-
Mi fermai, appoggiandomi
contro un muretto e lo attirai a me, appoggiandomi sul suo petto; il
modo in cui lui rispose prontamente al mio gesto accarezzandomi la
schiena mi fece sentire protetta come non mai e fu in quell'istante
che mi dissi che tutti i problemi di quei ventotto giorni erano
serviti a molto e, soprattutto, a regalarmi un'esperienza
indimenticabile che aveva risanato il mio status di persona
perennemente triste e ansiosa.
-
"Alice, che hai?".
-
"Niente. Ho appena
realizzato che non abbiamo ancora più nulla da fare e mi sento...
Libera. Volevo condividere questo momento con te" sussurrai,
alzando la testa e accarezzandogli quei ricci ribelli che tanto mi
piacevano.
-
Come risposta ci ritrovammo
persi in un bacio lento e lungo, un bacio che stava a significare che
ora avevamo tutto il tempo per noi.
-
In quel momento pensai che
la cosa a cui avrei più pensato con nostalgia di quel ragazzo erano
la dolcezza e le attenzioni che mi dimostrava, anche con un gesto
semplice con un bacio.
-
"Ali, voglio tu sappia
che... Insomma, se potessi fermerei il tempo, resterei qui con te,
partire mi sembra insensato" mi disse Maurizio, triste.
-
Mi stringeva a sé con
decisione come per non farmi andare via e io facevo lo stesso,
aggrappata a lui.
-
"Ho paura di proporti
di vederci a Roma prima della tua partenza" confessai. La nostra
città di origine era la stessa eppure non aveva mai menzionato un
eventuale incontro lì.
-
"Sarò a Milano, sai,
per le ultime cose da sbrigare con l'Università...".
-
Avrei voluto dire tante cose
ma evitai, pensando che un gesto potesse aiutarmi meglio delle
parole, così aprii il mio zainetto e ne estrassi un quadernino che
gli porsi.
-
"Cos'è?" chiese,
incredulo.
-
"Un regalo di
arrivederci" sussurrai, provando a non commuovermi. "Io non
so come andrà, Maurizio, ma tu mi hai fatto sentire apprezzata e
importante come non mai, ti sarò per sempre grata, hai illuminato il
momento più buio della mia vita" confessai, decisa a non
tenermi tutto dentro come al solito.
-
"Ali... E tu? Sai cosa
significa dover partire e... Oh!".
-
Aveva aperto il quaderno e
aveva visto che ai lati di ogni pagina c'era una frase che si
riferiva a qualcosa che avevamo vissuto o a qualche citazione in
particolare.
-
"Ricorda: meriti
solo cose belle!, Ricorda che ogni azione ha un suo perché e nessuna
è banale, dopotutto sono successe cose belle anche quando abbiamo
comprato uno spazzolino e del dentifricio di notte..., Qualsiasi sia
il problema, non c'è nulla che un caffé non possa risolvere, Se
bevi del vino non sederti sul lavandino del bagno, per ora non ci
sono io ad aiutarti a scendere" lesse, incredulo tra risate
e facce buffe. "Ma non ho parole! E' un pensiero....".
-
Si bloccò, deglutì, prese
fiato e poi mi ritrinse a sé. "Io tornerò e tu mi porterai a
cena come promesso, intesi?"chiese, deciso.
-
"Certo" lo
rassicurai, felice del fatto che ricordasse ancora quella promessa
fatta in un momento intimo e di frenesia in cui si direbbe di sì a
tutto.
-
"Io per te ho questo"
aggiunse, spostandosi per frugare nello zainetto ed estraendone un
portachiavi con una bottiglia di vino. "Mi ricorda il tuo
compleanno, il momento in cui ci siamo confessati un po' l'interesse
reciproco" spiegò lentamente. "Mi sembra passata una vita,
davvero".
-
Annuii, gli occhi lucidi
come non mai e lo riabbracciai, dicendomi di farmi forza e beandomi
della sua stretta decisa.
-
Quando ci decidemmo a
tornare a cenare per fortuna gli altri stavano ancora mangiando,così
ci affrettammo a darci una mossa e a finire il nostro cibo tra
sorrisini e occhiate fugaci salvo poi prendere parte al momento
musicale della serata, quello in cui il locale si trasformava in una
sorta di discoteca e i ragazzi si scatenavano per un'oretta.
-
Me ne fregai del giudizio
altrui e non opposi resistenza quando Maurizio mi prese per mano e mi
trascinò in mezzo alla pista per ballare in mezzo al caos fatto di
ragazzi, group leader e parte dei vari staff.
-
Per quei gloriosi minuti mi
sentii un'altra, libera dal peso del lavoro svolto in quelle
settimane e delle incombenze che mi mettevano ansia. Ero soddisfatta,
stando alle parole di Saverio avevo coordinato il dipartimento di
mediazione in maniera più che soddisfacente e in più avevo
affrontato vari uragani come quello di Amanda.
-
Quando partì "Alive"
mi lasciai trasportare dal ritmo incalzante della canzone e la ballai
con più trasporto del dovuto, sentendo il testo parte della mia
identità.
-
Ad un certo punto io e
Maurizio ci ritrovammo a girare intorno come nella famosa scena del
Titanic e probabilmente quello fu uno dei momenti più felici del mio
2018.
-
Il mio corpo si muoveva
liberamente senza imposizioni e sentivo che anche il mio spirito era
decisamente più leggero, come uno di quei palloncini che si vendono
alle fiere.
-
Ovviamente, Mario riprendeva
tutto tramite diretta e finì tutto sul grande schermo del locale, in
modo da farci leggere i commenti super felici dei genitori che a
breve avrebbero rivisto i loro pargoli dopo due settimane di
lontananza.
-
"Inoltre, vi annuncio
che la nostra pagina Facebook ha vinto il concorso come "Pagina
più curata ed aggiornata" tra tutte quelle dei vari college,
l'ho appena saputo!" urlò Mario, prendendo il telefono e
interrompendo le danze con i suoi soliti modi affrettati e smaniosi
quando si trattava di dire qualcosa che lo appassionava. "Vediamo
qualche scatto!".
-
Io e il mediatore ci
avvicinammo a Saverio e a Salvatore comprendendo l'importanza del
momento e osservammo le foto proiettate dall'activity leader con
grande orgoglio. Ne erano molte, tutte ben curate nei dettagli,
spontanee ma di ottima qualità: dei ragazzi che correvano verso i
tipici palazzi rossi di Temple Bar, alcuni che posavano al fianco
della statua di Oscar Wilde con un bellissimo arcobaleno alle loro
spalle, i group leader dello scorso turno che facevano una piramide
umana come se fossero delle cheerleader, addirittura una, di cui non
conoscevo l'esistenza, in cui io e Maurizio ce ne stavamo su un prato
e controllavamo il nostro odiatissimo planner e un'altra del mio
compleanno.
-
"Aspettati una cosa
simile per il tuo matrimonio" ironizzai, facendo ridacchiare
Saverio.
-
"Sempre se Nadia dice
di sì".
-
"Sempre se ti decidi a
farle la proposta".
-
"Pensa agli affari
tuoi".
-
"No, penso dovremmo
tutti pensare a Mario e ad aiutarlo se viene a stare a Milano"
cambiai argomento, seria come non mai.
-
Saverio mi guardò, sorpreso
del fatto che sapessi già tutto ed annuii con decisione. "E'
scontato, gli ho detto che ha noi e che deve star tranquillo, anche
se è tutta colpa tua".
-
"In che senso?".
-
"Ci hai fatto capire
che cambiare è possibile, che non è giusto accontentarsi e dopo di
te Nadia, io, ora Mario, abbiamo iniziato a credere in una vita
migliore...".
-
"E' una bella colpa,
no?".
-
"Sì. E' la stessa
colpa per cui sto per andare in Argentina, ma giuro che torno"
s'intromise Maurizio, guardando prima me poi il coordinatore.
-
Quel gesto mi sembrò strano
– c'era forse più intesa di quel che credevo tra loro? - ma
scrollai le spalle e continuai a vedere piccoli ricordi di
quell'avventura sullo schermo, optando per zero nostalgia e rimpianti
anche perché, onestamente, non ne avevo.
-
-
Dormimmo molto, più del
dovuto, in effetti.
-
In tarda serata salutai i
ragazzi a cui mi ero più affezionata, partecipaii alla riunione di
addio con i group leader e mi premurai di fare il caffè a tutti ma
visto che l'aereo dello "staff superiore" era previsto per
le sedici del giorno dopo mi dissi che avevo fatto fin troppo avendo
auitato con i verbali e i documenti finali al posto di Toni e salutai
tutti prima di andare a dormire, verso l'una.
-
Fu un addio semplice,
strette di mano, abbracci freddi, addirittura salutai l'antipatica
dottoressa con un cenno della mano, anzi, di fronte ai suoi occhi mi
premurai di rubacchiare dalla dispensa della cucina gli ultimi
residui di junk food visto che non intendevo svegliarmi presto
per fare colazione.
-
Mi sorprese vedere che Alba
voleva parlarmi e vidi il tutto come una punizione divina ma,
sperando di non doverci più lavorare insieme in futuro, mi fermai
con aria interrogativa.
-
Aveva i ricci capelli
avvolti in una coda disordinata ed evidenti occhiaie bluastre che non
le donavano ma era comprensibile, anzi, io ero messa anche peggio a
dirla tutta.
-
"Dimmi" la
esortai, tra il curioso e il seccato.
-
Lei mi squadrò
attentamente, come se mi vedesse per la prima volta, poi disse tutto
d'un fiato: "Ma posso sapere cosa c'è tra te e Luca Antonini?
Mi riempie di messaggi e in un modo o nell'altro vuole sapere di te,
cosa fai... Ultimamente addirittura mi chiede che rapporto hai con
Maurizio". Sembrava seccata, forse pensava di avere le
attenzioni del bel group leader tutte per sé e che i messaggi
avessero uno scopo ben diverso.
-
"E tu che gli hai
risposto?" domandai, senza parole.
-
"Quello che credo, che
avete una storia, vedo sempre che lui esce dalla tua camera
ultimamente" mi rispose a tono, senza fregarsene della mia
reazione.
-
Sorprendendo me stessa risi
ed annuii vigorosamente senza farmi problemi. "Credi bene.
Magari avessi incontrato uno come Maurizio al posto di Luca... E' il
mio ex, dopo nove mesi mi ha lasciato perché mi ha tradito".
-
"Che stronzo!"
esclamò Alba, sboccata ma onesta come al solito, portandosi le mani
alla bocca.
-
"Eh sì. E deficiente
pure, pensa di spiarmi attraverso di te?".
-
Era tardi, ero stanca, non
avevo le energie sufficienti per indignarmi o arrabbiarmi con il mio
ex, così mi limitai a guardare la group leader con una scrollata di
spalle e lei, all'improvviso, mi abbracciò.
-
"Mi sei sempre sembrata
una tosta, Alì, e mi dispiace non aver fatto amicizia. Antonini è
uno stronzo, non gi rispondo più".
-
Questo è l'ultimo ricordo
che ho di Alba. Non ci dicemmo altro, non raccontai a nessuno di
quella rivelazione – quasi come se credessi che fosse frutto del
troppo sonno arretrato – e me ne andai in camera, seguita da un
Maurizio sempre più silenzioso che provò a comunicare con me
attraverso i gesti, baciandomi con ardore, spogliandomi, possedendomi
per la prima volta contro il muro, con ancora metà vestiti addosso e
in modo più selvaggio del dovuto, come per farmi capire tutta la
passione che si portava dentro dal nostro momento romantico ad ora di
cena.
-
In quel momento lo vidi
davvero per com'era, senza maschere, senza imposizioni, senza filtri
e mi piacque da morire perché mi faceva sentire me stessa oltre che
apprezzata e desiderata.
-
"Voglio che pensi a
questa notte se andrai con qualcuna in Argentina" biascicai tra
le sue spinte e il piacere che mi annebbiava il cervello. "Ne
varrà la pena solo se sarà più eccitante di questo... Noi, sudati,
tu che mi sbatti senza pietà e io che te lo lascio fare perché
finalmente vedo il vero Maurizio, quello che potrebbe amarmi così
sempre, tutti i giorni".
-
Usai il verbo "amare"
imprudentemente, dettatata dalla passione del momento, ma Maurizio
non si ritrasse, anzi, mi rispose in maniera ancora più concitatata
della mia per farmi capire quanto lo eccitassero le mie parole.
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Ci addormentammo così, poco
dopo, ancora inebriati dal profumo dell'altro e dormimmo fino alle
dieci del mattino, mangiammo le schifezze rubate in cucina ignorando
i messaggi dei group leader che ci informavano dell'andazzo dei loro
viaggi.
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"Oggi deve essere un
punto di inizio, non di fine" ruppe il silenzio Maurizio mentre
bevevo un succo di frutta con fare svogliato.
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"Lo spero"
risposi.
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Ci scambiammo uno sguardo
triste ma consapevole e finimmo di mangiare, prima di separarci per
fare i bagagli.
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Non mi ci volle molto per
mettere nel mio trolley i vari pantaloni e le magliette ormai
sgualcite e pronte da essere usate solo in casa, riposi con un po'
più di attenzione la camicetta bianca che avevo messo con entusiasmo
il primo giorno e sorrisi pensando a quanto ero stata felice nel
vedere il mio ruolo cambiato, migliorato insieme a tutte le nuove
responsabilità del caso.
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Non piansi, nemmeno quando
andai nella cucina della zona comune per farmi un ultimo caffè in
compagnia del coordinatore, per dare degna fine a quella tradizione.
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Era tutto silenzioso, non
c'era più il caos causato dalle urla degli adolescenti, mi sembrava
di non sentire più nemmeno il verso dei gabbiani.
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"Caffè a mezzogiorno,
quanto siamo ribelli" osservò il coordinatore sorridendo in un
modo sincero, autentico, che non gli avevo mai visto stampato in
faccia in quell'occasione.
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"Spero mi aiuti a
svegliarmi, non riesco a parlare molto da stamattina" ammisi,
guardando l'orologio per fare qualcosa.
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"Ali, sei strana".
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Annuii, consapevole di
quell'osservazione perché io stessa non mi sentivo me stessa, memore
della mia reazione alle parole di Alba e per la notte particolarmente
erotica che avevo passato con Maurizio, era tutto troppo estremo e
strano per i miei gusti.
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"Sto facendo passi
avanti, è l'ultimo giorno e non c'è stato nessun incidente e non
sto facendo passi più lunghi della gamba" gli ricordai.
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"Ma che brava".
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Ci sedemmo, bevemmo il caffè
in silenzio senza sapere bene cosa dirci finchè Saverio non si
decise a prendere parola.
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"A fine agosto
lavoreremo insieme, no?" azzardò, pensieroso.
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"Sì, per la prima
volta" lo presi in giro.
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"Scema! Voglio fare un
discorso serio!".
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Alzai le mani e lo lasciai
parlare, curiosa di sapere cosa aveva da dirmi.
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"Dicevo, lavoreremo
gomito a gomito, spesso viaggeremo insieme per sponsorizzare le
vacanze studio, contribuiremo alla realizzazione dei pacchetti
viaggi, sarai sempre la mia mediatrice... Avremo il nostro ufficio e
sappiamo che siamo una bella squadra. Inoltre, sarà un anno
importante, io farò la fatidica domanda a Nadia e tu proverai a
continuare la storia con Maurizio. Supportiamoci ancora, manteniamo
questa tradizione del caffè prima di lavorare, sarà il nostro
momento per confidarci e lavorare con la testa più serena"
propose Saverio, cauto come se stesse davvero parlando di un affare
di Stato.
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Udendo ciò sorrisi in
maniera quasi infantile ed annuii, allettata dalla proposta ma
soprattutto dal valore che aveva attribuito a quella nostra
tradizione dell'ultimo mese.
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"Ci sto" asserii
e, senza riuscire a trattenermi, mi avvicinai e lo strinsi a me con
affetto. "Sei il migliore amico che non ho mai avuto"
constatai, senza pensarci due volte.
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"Sei la mia migliore
amica da quando grazie a te ho passato l'anniversario con Nadia"
disse, ricambiando la stretta con fare quasi paterno. "Nessuno
avrebbe fatto ciò che hai fatto tu per noi, hai sostenuto Nadia
prima del mio trasferimento e sei stata davvero un'amica nel farci
ritrovare in un giorno così importante".
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Dublino 2018 ci aveva
regalato molte emozioni ma quel legame fu la conferma più
sorprendente di tutte.
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Un'ora dopo salutai il
college con un nodo alla gola, memore di tutti i bei ricordi vissuti
lì, e sperai vivamente di rivivere un'avventura altrettanto magica
l'anno successivo.
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Avendo lo stomaco annodato
non pranzai ed essendo l'unica donna del gruppo fui costretta a
ricoprire per la prima ed unica volta il ruolo di "madre"
protettiva che assiste tutti e fa mille raccomandazioni, li aiuta con
la valigia più pesante del dovuto e cose simili.
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L'unico a non darmi problemi
fu il silenzioso Toni – di cui ormai non ricordavamo nemmeno il
cognome – mentre anche Salvatore, stanco, sembrava più
chiacchierone ed insofferente del solito, tanto da lasciare la
confezione di shampoo nel bagaglio a mano.
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"Per una vorta so' io
che ti rimprovero, Salvatò" gli dissi in romano, usando il
dialetto per la primissima volta.
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"Sto messo male, regà"
si lamentò lui, facendo ridere tutti.
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Ci imbarcammo con calma
essendo in anticipo e aspettammo tutti lo stesso aereo: tutti
atterravamo a Roma, poi da lì ognuno avrebbe fatto scalo o preso il
treno per giungere a destinazione.
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Salutai Salvatore e Mario
con tanti abbracci e promesse – "Quando vengo a Roma ti
scrivo" e "Fammi sapere come va a Milano"- e Saverio
con il cipiglio della classica amica che vuole che tu ti sbrighi a
fare una certa cosa.
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"La vacanza è un
ottimo modo per fare la proposta a Nadia" dissi, pedante come al
solito perché volevo che la mia amica sapesse tutto al più presto.
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"E' banale".
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Ci salutammo con abbracci e
la promessa di tenerci aggiornati mentre lui usciva dall'aeroporto e,
come previsto, restammo solo io e Maurizio da soli, l'uno al fianco
dell'altra, senza sapere come rapportarci nella realtà dei fatti di
Roma, così lontani dalle terre irlandesi e da tutte le nostre
promesse.
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Come ogni volta che si
trattava di dire addio, non riuscivo a non essere pacata e razionale,
mi lasciavo sempre andare con frasi strappalacrime o ridevo per il
nervosismo.
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Avevo salutato tutti,
solo Maurizio era l'unico rimasto al mio fianco perché avremmo preso
la stessa navetta per tornare a Termini e poi ognuno si sarebbe
diretto a casa propria.
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"Andiamo?" mi
chiese, un po' incerto.
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Esitai, guardando
l'aeroporto di Fiumicino per l'ultima volta, con un'enorme carica
positiva visto che ogni avventura iniziava sempre da lì e in un modo
o in un altro ogni volta che ci tornavo ero una persona diversa.
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"Aspetta"
susurrai. "Quando usciremo da qui saremo presi da telefonate,
orari delle navette, mille pensieri... Voglio approfittarne per dirti
ora che ti ringrazio perché mi hai dimostrato di essere una persona
meravigliosa e non so come avrei fatto senza di te".
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Maurizio sgranò gli
occhi, quasi incredulo per quella mia ammissione e, un po'
goffamente, fece un movimento strano che gli fece cadere la valigia.
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Ridemmo e non so come ci
ritrovammo stretti in un abbraccio dolce, che probabilmente voleva
dire tante cose, più di quelle che ci eravamo già detti.
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Non me ne ero ancora resa
conto, ma a pochi passi da noi c'era Luca con la sua squadra che ci
guardava.*
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Il suo secondo turno come
group leader era finito a sua volta quel giorno e il destino me lo
fece trovare proprio lì, anche se io non avevo occhi che per il
coordinatore.
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Infischiandomene del nostro
essere in un luogo pubblico guardai Maurizio negli occhi e lo baciai,
consapevole che fosse l'ultima volta per il momento.
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Anche lui sembrava esserne
consapevole perché lasciò stare definitivamente la valigia e mi
strinse a sé, con slancio, baciandomi con una passione eccitante e
travolgente.
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"Riguardo quello che
hai detto ieri sera, non ci sarà nessuna Argentina, fidati. Ti
aspetto" sussurrò , stringendo le mie mani tra le sue e
baciandole con devozione.
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Non riuscii a non trattenere
le lacrime e mi fiondai tra le sue braccia.
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"Ti aspetto anche io.
Saranno sei lunghi mesi...".
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"L'invito a cena è
ancora valido?".
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"Ma certo, stupido!".
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Abbracciati, commossi, pieni
di promesse, ci salutammo una volta giunti alla stazione di Termini,
con il cuore un po' più leggero ma pieno di promesse.
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3 agosto 2018
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Faceva caldo in un modo
assurdo, ero da sola a casa perché i miei erano via per
l'anniversario ed io ne stavo approfittando per riposarmi un po' e
godermi Roma senza l'ansia di dover far tutto in poco tempo visto che
sarei tornata a Milano dopo tre settimane.
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Ero in procinto di uscire e
raggiungere le mie amiche per un pomeriggio in piscina quando
bussarono alla porta, corsi ad aprire convinta che fosse la mia amica
Bianca, sempre puntuale come al solito mentre io ero in ritardo
perché avevo cambiato costume mille volte e non trovavo il mio
prendisole preferito.
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Aprii la porta della mia
villetta di periferia con uno scatto e dissi: "Bianca, scusami,
sono..." ma mi ammutolii vedendo la figura del ragazzo che avevo
di fronte.
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Mi sentii mancare la terra
sotto ai piedi quando vidi che non si trattava di Bianca, bensì di
Luca.
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Cos'era successo? Eravamo
indietro di un anno e non me ne ero accorta?
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Volevo dire qualcosa di
intelligente ma non riuscii a sputare altro che: "E tu che
vuoi?".
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Luca era diverso, più
maturo da come lo ricordavo, i tratti da ragazzo che lo avevano
caratterizzato l'anno prima ed avevano lasciato spazio a quelli da
uomo con un po' di barba incolta.
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"Alice, scusami, lo so
che è tutto improvvisato, ma è da quando eri a Dublino che volevo
vederti".
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Cosa? Mi tradiva, mi
lasciava, scompariva dalla mia vita e poi pretendeva di tornare così,
farsi trovare a casa mia e uscirsene con scuse insensate?
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"Camilla sa che sei
qui?" chiesi subito, sforzandomi di non iniziare ad urlare cose
insensate e cattive.
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"Lo sai, Ali".
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"Prego? Io non so
niente, so che ci siamo lasciati e non capisco...".
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"Per tutto luglio ti ho
pensato, mi sei mancata... Non so che mi succede Ali, aiutami a
capirlo" disse, con una faccia di bronzo che avrei
schiaffeggiato allegramente senza farmi alcuno scrupolo.
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Sgranai gli occhi, convinta
davvero di star sognando.
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"Per questo chiedevi di
me ad Alba?" sbottai, disgustata.
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"Sì! Insomma, lei è
così chiacchierona e credevo che....".
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"Che cosa, Luca, che
cosa? Senti, smettila, non so che ti passa per la testa ma io sono
andata avanti e un deficiente come te non mi fa bene".
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Speravo con tutto il cuore
che la signora della villetta di fronte non si affacciasse e non mi
sentisse urlare perché mi era bastato fare una figuraccia con i miei
vicini a Milano, dove nessuno per fortuna mi conosceva.
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Luca si passò una mano tra
i capelli come suo solito e poi si appoggiò allo stipite della
porta, obbligandomi ad indietreggiare.
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"Sono stato geloso di
quel mediatore, vi ho visto all'aeroporto, lo sai? Stai con lui ora?"
domandò, insistente.
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"Tu sei fuori! Ma come
osi! Mi molli e pretendi di controllarmi e sapere cosa faccio?"
strillai, spingendolo via con la forza ma senza riuscirci.
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"No, solo che so che
era il tuo modo di farmi ingelosire, mi hai visto e....".
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"Cosa? Io non ne so
niente, il mondo non gira intorno a te....!".
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"No, ma il tuo sì, ne
sono sicuro".
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Senza darmi il tempo di fare
nulla mi strinse a sé, deciso, e mi piantò le sue labbra sulle mie,
baciandomi dopo circa cinque mesi.
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Attorno a noi gli uccellini
cinguettavano, il sole si ergeva fiero, illuminandoci, dando vita a
delle ombre che avrei fatto di tutto per tenere nascoste con me
mentre me ne stavo lì, pietrificata e combattuta sul da farsi.
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Nel frattempo, il mio
cellulare squillava rivelando vari messaggi.
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"Mi manchi un
casino, Ali. Quasi quasi mollo Milano e torno a casa per il weekend,
che dici?".
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Ma io non potevo sentirlo,
presa com'ero dal rumore assurdo di tutte le mie convinzioni che
traballavano e rischiavano di crollare con un tonfo pesante.
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-
*parte che si ricollega
alla prima parte del primo capitolo
-
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*°*°*°*
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Ultimo capitolo con un
finale diverso dal previsto.
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Cosa farà Alice? Cosa
sceglierà?
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Mi duole davvero dire addio
definitivamente a questa storia e so che postare l'Epilogo sarà
difficile, ma pazienza.
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Cosa succederà secondo voi?
Si accettano scommesse!
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Per l'epilogo nessuna
anticipazione, sarà più lungo del solito e sapremo cosa succederà
fino al 2020, quindi faremo un salto nel futuro ;)
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Un bacio, a presto!
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Milly.
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