"Non
mi toccare che mi sporchi il vestitino!".
Mentre
entravano nel grande parco dei Duchi Thompson, a Demelza venne da
ridere nel sentire Daisy dire quelle parole a Demian che cercava di
attirare la sua attenzione prendendola per il braccio. Santo cielo,
che stava succedendo alla sua stupendamente selvaggia orsetta? Si
stava trasformando in una Lady come Clowance? O quel cambiamento che
avrebbe fatto la gioia di Falmouth ed Alix sarebbe durato un battito
di ciglia?
Era
una giornata dal sole limpido, faceva abbastanza caldo per essere ad
aprile e il grande parco che circondava la villa dei Thompson era
pieno di alberi rigogliosi e in fiore, di vialetti ben curati, panche
di legno ridipinte di bianco lo ornavano come se si fosse trattato di
un quadro e i tavoli del rinfresco riccamente adornati di ogni
prelibatezza, messi all'esterno sotto i portici del palazzo, erano il
giusto completamento all'ambiente.
Demelza
amava quella famiglia facoltosa ma gentile, dai modi affabili che
credeva che per concludere buoni affari in società e in
politica,
fosse necessario condividere spazi amicali il più spesso
possibile,
coinvolgendo anche i bambini che consideravano il futuro di Londra e
della nazione. Era bello partecipare a una festa elegante ma
informale come lo era stata la sua di Natale, in un clima amichevole
da poter condividere anche coi suoi figli per una volta.
Jeremy
e Demian indossavano un completo alla marinara bianco e azzurro
mentre le sue due principesse avevano optato per dei vestitini rosa
che le rendevano adorabili coi loro lunghi capelli biondi che ne
valorizzavano la figura. Clowance stava sbocciando ed era ogni giorno
che passava sempre più bella ed elegante mentre Daisy era...
Daisy... Una bambina meravigliosa dai lineamenti di una fatina e
dalla vivacità di uno scoiattolino.
Appena
arrivati e ricevuti con un caloroso saluto dai proprietari di casa,
Demelza prese a passeggiare per il giardino dove vide Caroline e il
suo pancione, Dwight con la piccola Sophie che tentava di camminare e
sfuggire alla sua presa e Margarita con suo marito, anche lei
decisamente incinta e intenta a svuotare il ricco buffet di dolci
allestito per l'occasione.
Si
fermò a salutarli ma poi, vinta dall'insistenza dei bambini
che
volevano addentrarsi nel parco per raggiungere i loro amici, li
salutò con la promessa di unirsi a loro più tardi
per il pranzo.
Per i più piccoli erano stati allestiti dei tavolini
imbanditi nel
piccolo bosco della tenuta e delle tate avrebbero pensato al loro
pranzo. Il tempo di portarli laggiù e poi sarebbe tornata
nel mondo
degli adulti.
"Mamma,
quì ci sono piante bellissimissime! Bisogna dargli un nome e
salirci
sopra per fare amicizia!".
Demelza
guardò Demian di sbieco, seria. "Demian, che ti ho detto
ieri
sera e anche stamattina?".
"Niente
palle di fango, tanta educazione e niente salire sugli alberi. Ma
neanche su uno piccolino?".
"Neanche
su uno piccolino!" - disse, sistemandosi la gonna che, col la
leggera arietta che si era alzata, si era stropicciata. Aveva
indossato un abito dal color verde acqua elegante ma semplice, con
ornamento un nastro blu in vita e nient'altro. Era un pranzo
informale, no? E lei voleva essere un pò meno lady e un
pò più
comoda. Ricordò il ballo d'autunno dove, forse per far
ingelosire
Ross ed attirare la sua attenzione, si era vestita in modo talmente
elegante e seducente da non riuscire quasi a riconoscersi allo
specchio e si rese conto che ora non ne sentiva più la
necessità.
Erano cambiate molte cose da allora e Ross aveva dimostrato in
più
modi quanto lei gli piacesse e quanto fosse attratto e anche se
avevano ancora una montagna di cose irrisolte da affrontare, si
sentiva serena e un pò più innamorata anche di se
stessa.
Clowance
interruppe i suoi pensieri, tirandole la manica. "Mamma, ma
perché Daisy fa così?".
Demelza
osservò la piccola orsetta che, impettita, camminava davanti
a loro
sulla ghiaia, attenta a non toccare l'erba e a non macchiarsi il
vestitino. Le venne da sorridere alla scena di poche ore prima,
quando l'aveva scoperta ad incipriarsi il visino e tentare di
truccarsi coi suoi trucchi, pasticciandosi la faccia come un
pagliaccio. Aveva dovuto faticare per convincerla a lavarsi la
faccia... Era tenera, aveva dei modi di fare così
scoordinati
ancora, ma sembrava decisa ad essere davvero una piccola Lady per
quel giorno. Le si strinse il cuore al pensiero che lo facesse per
Ross, all'idea dell'affetto che nutriva per lui forse ricambiato ma
che ancora e forse mai, avrebbe potuto davvero sbocciare. Daisy era
forte, indipendente e fiera ma con Ross, tramite Ross, aveva capito
che in realtà sua figlia era alla ricerca di qualcosa, di
qualcuno
che potesse sopperire all'assenza di Hugh. E Daisy lo aveva trovato
quel qualcuno, da sola e senza bisogno d'aiuto... Era stata forte ed
indipendente anche in quello e lei non sapeva se esserne contenta o
preoccupata...
"Mamma?"
- insistette Clowance.
Demelza
sospirò, decidendo di omettere a sua figlia che la causa di
quel
cambiamento era stata Ross. "Non volevi ammaestrarla? Oggi ha
deciso che vuole essere bella come te, missione compiuta!".
"Ohhh".
Clowance guardò la sorellina, annuì soddisfatta e
poi, con un gesto
elegante e studiato, si sistemò una ciocca di capelli.
"Bene...
Ma durerà per sempre?".
"Ne
dubito...".
Jeremy
sbuffò. "Speriamo di no! Ci manca solo di avere DUE Clowance
in
casa! Vado a vivere dallo zio se succede. O a casa di Gustav. O anche
il collegio svizzero sarebbe meno terribile...".
Clowance
si imbronciò e Demelza rise. Jeremy, quando voleva, sapeva
essere
sarcastico e pungente e non riusciva a capire da chi avesse preso
questo lato del suo carattere...
Improvvisamente
però, a Jeremy passò la voglia di ridere e
divenne serio e teso
come la corda di un violino. E a Demelza non ci volle molto per
capire perché. Dall'altro lato del viale, con Valentine per
mano,
vide sopraggiungere Ross che probabilmente, come lei, aveva
accompagnato il figlio a cercare altri bimbi con cui giocare prima di
tornare ai tavoli del banchetto.
Demelza
deglutì, sapeva che sarebbe successo e aveva preparato i
bambini.
Ora toccava a loro dimostrare ciò che valevano e cosa
volevano
essere.
Clowance
prese Jeremy per mano, Demelza annuì in un cenno di saluto,
Demian
alzò la manina e Daisy, dopo aver fatto un enorme sorriso,
gli corse
incontro. "Ciao Signor Poldark!!!".
Ross
li salutò con un cenno del capo, in maniera informale ma non
troppo
confidenziale, come avevano concordato, mentre Daisy si aggrappava
felice alle sue gambe. Demelza finse indifferenza e galante
coridalità. Sapeva che i bambini avrebbero captato anche il
più
piccolo segnale di intesa fra loro e per adesso non voleva
assolutamente che percepissero che fra lei e Ross ci fosse in atto
qualcosa. Non era ancora il momento, era troppo presto.
Valentine,
appena la vide, fece come Daisy e le corse incontro. Aveva in mano
tre mazzolini di margherite e appena fu loro davanti, li porse loro.
"Per voi, Lady Boscawen! E per Clowance e Daisy!" - disse,
mollando poco aggraziatamente i fiori nelle loro mani.
A
Demelza venne da sorridere, per il galateo c'era sempre tempo. Ma lo
trovò dolcissimo e impacciato e mentre lo guardava, si rese
conto
che la figura di Elizabeth che tanto male le aveva fatto in passato,
non esisteva più. Non il lui, quanto meno. Era solo
Valentine, un
bambino di sette anni incredibilmente gentile e affamato d'affetto ed
attenzioni. "Grazie, sei davvero un galantuomo. Raramente mi
regalano fiori e io li amo tantissimo".
Valentine
arrossì, dondolandosi con le manine dietro la schiena.
"Prego.
Ho chiesto io a papà di andare al parco a coglierli, prima
di venire
quì. Lui mica ci aveva pensato!".
Demelza
occhieggiò Ross... Santo cielo, ci avrebbe scommesso che non
avrebbe
pensato a qualcosa del genere! Era Ross che aveva davanti e per
quanto fosse cambiato, la galanteria non era e mai sarebbe stata
nelle sue corde. "Immagino..." - disse, con una punta di
sarcasmo.
Clowance
occhieggiò i fiori fra le sue mani e anche Daisy fece lo
stesso. La
gemellina ringraziò, tutta divertita per quel regalo che
probabilmente riteneva inutile e alla fine anche Clowance fece
altrettanto, seguendo quelle che erano le buone maniere che aveva
imparato negli anni.
Ross
guardò i bambini, soprattutto Jeremy e Clowance. Demelza
avvertiva
il suo imbarazzo e la voglia, unita alla paura, di avvicinarli. "Come
state?" - chiese infine, un pò impacciato.
"Bene"
– rispose Jeremy, secco. "Mamma vuole che siamo educati e che
vi salutiamo, signor Poldark. Quindi, buona giornata, divertitevi al
party e fate buone conversazioni". Il suo tono era formale ed
educato ma Demelza scorse molta freddezza unita a imbarazzo, in lui.
Clowance
fece altrettanto, salutandolo con un 'buongiorno' ed esibendosi in un
perfetto inchino.
Demelza
sospirò. Certo, erano stati educati ed impeccabili ma
talmente
freddi che poteva leggere il dolore scolpito negli occhi scuri di
Ross. E si sentiva impotente, non poteva farci niente! E alla fine,
decise che era meglio per tutti dare un taglio drastico a quella
spiacente e pesante situazione che avrebbe potuto solo degenerare e
ferire tutti loro, bambini compresi. "Su, andate a giocare!
Credo che più in fondo ci siano i vostri amici. Mi pare di
aver
scorto Gustav e deve esserci anche Chaterine assieme ad Emily
Basset".
Valentine
si illuminò in viso. "Emily?".
Ross
annuì. "Sì, ci sono anche i Basset oggi".
Valentine
parve incerto, guardò Ross e poi i bambini. "Posso giocare
con
voi?".
Clowance
lo guardò storto. "Con noi femmine? Vuoi giocare a fare la
mamma?".
"Mh,
no... Magari posso giocare coi maschi" – azzardò
Valentine,
osservando Jeremy in cerca di sostegno.
Jeremy
abbassò il capo, scalciando un sassolino. "Non credo!".
Demelza
lo fissò severamente, non aveva capito nulla del discorso
della sera
prima? "JE-RE-MY!".
Ma
il bambino ne uscì da signore. "Lo dico per lui... Correremo
molto, molto e velocemente. E lui so che fa fatica. Magari si stanca
e poi ha male alle gambe. Lo dico per il suo bene".
Demelza
sostenne il suo sguardo. Se Jeremy cercava di farla fessa fingendo
interesse per le sorti di Valentine, doveva aver chiaro che con lei
non attaccava. "Jeremy...".
Ma
Valentine fu a sua volta più furbo. "Sono diventato bravo a
correre, Jeremy. Velocissimo... Ho un cane e a furia di portarlo al
parco tutti i giorni, sono diventato un campione".
"Certo..."
- mormorò Jeremy, scettico.
"Posso
allora, giocare con voi?".
E
Jeremy cedette, vinto anche dalle occhiatacce di sua madre. "Va
bene, se vuoi... Ma se non riesci a starci dietro, che fai?".
Valentine
sorrise, fregandolo nuovamente. "Vado a giocare con le femmine!
A me giocare con Emily Basset piace".
Clowance
sbuffò davanti a quell'evenienza, Jeremy fu preso in
contropiede e
non seppe cosa rispondere e alla fine annuì. "Vieni"
–
ordinò, senza troppo entusiasmo. Poi, dopo un altro formale
saluto a
Ross, corse via seguito da Valentine e Clowance, impazienti di
scappare da lì.
Rimasero
i gemellini. "E voi?" - chiese Demelza.
Daisy,
che si era aggrappata alla mano di Ross, lo guardò sognante.
"Tu
non giochi?".
Ross
le sorrise. "No, credo di essere un pò troppo grande".
"Vecchio..."
- lo correse Demian. "Vuoi esplorare? Ai signori vecchi piace
esplorare... Lo zio esplora i giornali al mattino, dice che deve
scoprire gli affari migliori".
Ross
accarezzò la sua testolina bionda, mascherando un sorriso
nonostante
tutto. "Magari più tardi. Vado a vedere cosa c'è
nel buffet
prima. Noi vecchi, abbiamo spesso fame".
Demelza
capì che dietro a quelle parole e a quel desiderio di
allontanarsi,
c'era una profonda delusione per il comportamento di Jeremy e
Clowance e decise di intervenire ancora. "Su, andate ad
esplorare il parco voi due. Poi, quando vorrà, il signor
Poldark
verrà a fare una passeggiata con voi".
"Davvero?"
- chiese Daisy.
Ross
annuì. "Davvero! Io prometto e mantengo sempre! Lo sai, no?
Non
direi mai una bugia a una bella principessina come te".
Anche
Daisy, come Valentine poco prima, arrossì. "Vero! Ti aspetto
allora". E poi, dopo avergli dato un ultimo sguardo, corse via
col gemellino, lasciando Demelza e Ross finalmente soli.
Demelza
gli toccò il braccio. "Mi dispiace... Ma da loro non potevo
ottenere di più".
Ross
abbassò lo sguardo, con occhi lucidi che Demelza non gli
aveva mai
visto. "Una volta quando Jeremy mi guardava, gli si illuminava
il viso. E io lo davo per scontato e non capivo quanto importante
fosse il suo affetto".
"E'
ferito, Ross. E ha bisogno di tempo, è ancora un bambino. Ma
per lo
meno ti ha salutato e ha dato un'opportunità a Valentine,
anche se
non era entusiasta di farlo".
Ross
la fissò tristemente. "Buone maniere, si sono sforzati di
essere educati come è stato insegnato loro. Anche
Clowance...
Davvero non può fare a meno di farlo?".
"Cosa?".
"L'inchino.
Non lo sopporto! Sono suo padre, non un Lord o un...".
Demelza
deglutì. Doveva essere terribile per Ross, ma si sentiva
impotente.
Non poteva aiutarlo e non poteva imporlo ai bambini. Lui non c'era
mai stato per loro, in una notte maledetta aveva tradito la famiglia
che erano stati e ora ci sarebbe voluto tempo, fatica, dolore e
impegno... O forse non si sarebbe risolta mai la frattura fra loro,
tanto profonda e ancora così sanguinante e l'unica cosa che
potevano
fare era aspettare con pazienza e provare e riprovare,
finché non
avessero trovato un punto di contatto. "Lo so che sei suo padre
ma per lei non lo sei mai stato. E' difficile e Clowance si nasconde
dietro le formalità e le buone maniere per difendersi da te
e dalla
verità".
Ross
annuì. Non aveva la forza di replicare, era consapevole che
lei
avesse ragione e sapeva anche che non poteva chiedere nulla di
più
ai bambini. Alzò la mano ad accarezzarle il viso, in cerca
di calore
in lei. "Demelza...".
Ma
la donna si ritrasse, guardandosi attorno guardinga. "Ross! NO!
Non quì, se qualcuno ci vedesse sarebbe una catastrofe".
Lui
non si fece scoraggiare, afferrandola per la vita e spingendola
dietro un grosso tronco. "Ho bisogno di te. Solo un attimo...".
Rossa
in viso e bloccata fra lui e il tronco, Demelza deglutì.
Santo
cielo, come era difficile far combaciare la ragione che urlava di
andarsene, con cuore e corpo che le gridavano di restare e fargli
fare tutto ciò che lui voleva. "Ross... Cosa stai...
stiamo...
facendo?".
Ross
scosse la testa. "Non lo so, forse solo cercando di vivere e di
ritrovare la NOSTRA strada".
Sorrise
a quelle parole, in fondo lui non aveva ragione? Si erano smarriti,
lo erano ancora e insieme, attraverso mille oscuri labirinti, stavano
cercando di tornare a casa. Ovunque fosse... Si sporse verso di lui e
in un attimo sue labbra furono premute su quelle di Ross in un
passionale e lungo bacio. Non poteva farne a meno. Non poteva fare
altro... Poi si allontanò. "Non siamo nel nostro cottage...
Potresti accontentarti di questo, oggi?".
Ross
sorrise, accarezzandole la guancia e scostandole una ciocca di
capelli ribelli che le era sfuggita sulla fronte. "Credo che
potrei accontentarmi, per oggi".
Demelza
rise, maliziosamente. Ma non raccolse la provocazione... "Vieni
con me? Possiamo pranzare con Dwight e Caroline e a nessuno
sembrerebbe strano. Ci sono anche i miei due amici Margarita ed
Edward... Li hai conosciuti a Natale e anche se so che sei allergico
ai nobili, ti assicuro che sono persone meravigliose".
Ross
sospirò, guardando distrattamente il cielo azzurro al di la
delle
fronde dei grossi alberi del parco. "Lo so... Quella tua amica,
Margarita, mi piace. E' così...".
"Carina?".
"Anche...
Ma soprattutto... Un pò... goffa... Ma sembra davvero una
brava
persona. Una ragazza deliziosa".
Demelza
si trovò d'accordo con lui. Margarita era un pò
goffa in effetti.
Ma era deliziosa... Era questo che aveva pensato la prima volta che,
anni prima, aveva incontrato quella ragazzina sognatrice e un
pò
imbranata a casa di Caroline, che si divertiva a vederla cambiare il
pannolino a Clowance. "Allora, vieni?".
"Più
tardi. Ho una promessa da mantenere" – rispose Ross.
A
quelle parole, a Demelza venne da ridere. "I gemelli? Staranno
giocando da qualche parte, non devi sentirti in obbligo con loro".
Ma
Ross non era d'accordo. "Una promessa è una promessa e loro
si
fidano di me. Andrò ad esplorare il parco e poi
più tardi vi
raggiungo. In fondo non credo di avere fame...".
Demelza
abbassò il capo. Non aveva fame e sapeva bene chi gli aveva
fatto
passare l'appetito. "Andrà meglio. Un giorno, non so quando,
andrà meglio".
"Lo
pensi davvero?".
"Sì
Ross. Io e te FAREMO in modo che vada meglio. Loro ne hanno
bisongo...".
Era
una strana intesa, quella. Una speranza... E Ross voleva credere a
quella speranza e alle parole di Demelza. Avrebbe dato la vita per un
solo istante coi suoi figli fra le braccia... "Lo faremo... Lo
farò".
Demelza
gli diede un altro veloce bacio sulla guancia e poi lo
lasciò
andare. "Ti aspetto al buffet, allora...".
"Certo".
La
donna si allontanò piena di pensieri e con la speranza che i
gemellini, come spesso avevano saputo fare con lei, riuscissero a
strappare a Ross un vero sorriso.
...
Camminò
fra gli alberi di quel parco immenso. Santo cielo, quei Duchi avevano
un giardino che sembrava più grande dell'intera Londra!
In
lontananza sentiva le risate dei bambini che giocavano e si
rincorrevano e sopra di lui, sulla sua testa, una miriade di uccelli
cantavano uno strano inno a quella rigogliosa primavera.
Improvvisamente,
da dietro il tronco di una grossa quercia, sbucò la
testolina bionda
di Daisy che lo guardava sorniona. E dopo alcuni istanti
sbucò anche
Demian.
"Eccovi!".
I
gemellini gli corsero incontro, travolgendolo col loro entusiasmo.
Ross cadde a terra e in un attimo i due bimbi gli salirono sul petto.
"Sei arrivato allora!" - gridarono, entusiasti e felici che
avesse mantenuto la sua parola.
Ross
se li tolse di dosso ridendo, mettendosi a sedere nell'erba con loro
due davanti. "Ho deciso che non sono vecchio e che quindi non ho
bisogno del buffet come gli anziani. Ma mi piace esplorare".
Daisy
gli saltò sulle gambe, sedendosi in braccio a lui, Demian si
mise da
parte ed entrambi lo guardarono divertiti. E Ross ricambiò
lo
sguardo, notando che Daisy aveva ancora ben pulito il suo vestitino
ma che ai piedi non indossava più le sue scarpette di
vernice. "Come
mai sei scalza?" - le chiese, ricordandosi di aver già visto
una scena simile quasi un anno prima, alla gara di trotto dove per la
prima volta aveva avuto il coraggio di mostrarsi faccia a faccia a
Demelza.
La
bimba dondolò i piedini nudi. "Li ho regalati a una bambina
povera!".
Anche
questo l'aveva già visto e doveva un pò variare
il suo campionario
di bugie, Daisy! Ma in fondo la capiva, anche lui da bambino aveva
amato correre scalzo nell'erba e sulla spiaggia, in Cornovaglia, e
lei non era diversa. Gli venne da ridere ma si impose di essere
serio. "Quì non ci sono bambini poveri!" - le fece notare.
"Sì
che ci sono, infatti per questo non ho le scarpe!".
"Si
nascondono" – aggiunse Demian, in soccorso della sorella. Poi
il piccolo gli tirò la manica della camicia. "Signor
Poldark?".
"Sì?".
"Devi
ancora farmi vedere quanto sei bravo a salire sugli alberi".
Mh,
era vero! E quel piccolo soldo di cacio aveva un'ottima memoria! "Ma
oggi, a questa festa, non si può".
Demian
parve deluso. "Oh... Mamma lo ha proibito pure a te?".
Ross
annuì. Demelza, inaspettatamente, gli stava venendo ancora
in aiuto.
"ESATTO! E noi sappiamo bene che è meglio non disubbidire
alla
tua mamma!".
"Sì,
vero" – rispose il piccolo, serio. "Se disubbidisci anche
tu, ti mette con noi a lucidare l'argenteria dello zio e della
nonna!".
Ross
fece violenza a se stesso per non ridere. Erano fantastici!
Anche
Daisy gli tirò la camicia, per attirare la sua attenzione.
"Signor
Poldark, mamma ci ha detto che sei il papà di Jeremy e
Clowance.
Forte! Ma allora, sei anche un pò il nostro
papà?".
Ross
sussultò a quella domanda che non si aspettava ma che in un
certo
senso gli faceva piacere. Non sapeva perché ma era
così! Gli faceva
piacere o gli sarebbe piaciuto e adorava il modo speranzoso in cui
Daisy lo guardava, aspettando la sua risposta che però non
poteva
farla contenta, non ancora, non del tutto. "Mh, è difficile
da
spiegare. Tu e Demian avete un papà, giusto?".
Demian
annuì. "Sì, che vive nella nebbia. Si nasconde
lì, lo ha
detto la mamma. E glielo ha detto lui prima di andare in cielo e
dormire sotto un sasso".
Rimase
colpito da quelle parole che accendevano in lui una strana
curiosità
verso la figura di Hugh Armitage che ancora non aveva ben chiara in
testa. Forse un giorno avrebbe trovato il coraggio di chiedere di lui
a Demelza ma ora, attraverso quei due bimbi, gli sembrava di
conoscerlo un pò di più. "Beh, che bella cosa
avere un papà
magico! Tu lo vedi nella nebbia?".
Demian
lo fissò con ovvietà. "Sì, certo! Vedo
papà e poi anche gli
gnomi e i folletti del nostro giardino. C'abbiamo anche un gigante ma
si nasconde bene, lo riesco a trovare solo io".
Ross
rimase incantato. Demian aveva una grandissima fantasia, vedeva cose
che nessuno vedeva e anche se magari erano frutto unicamente di una
mente fervida, ricca e senza limiti, era davvero affascinante quello
che diceva e come vedeva il mondo, con quel velo d'incanto che lui
non aveva mai avuto. Demelza una volta gli aveva detto che Demian
assomigliava molto a Hugh nel carattere e ora che parlava con quel
bambino, si rendeva conto che questo non lo disturbava. Il mondo
aveva bisogno anche di persone così, che sapessero vederlo
con
incanto, trovando il bello in ogni cosa che le circondava. In fondo
nessuno diceva che per vivere appieno si dovesse fare come faceva
lui, che vedeva più spesso scuro che chiaro e che era sempre
in
guerra con tutti. "Credo Demian, che tu sia davvero un
grandissimo e fortunatissimo bambino, se riesci a vedere tutte queste
cose magiche" – sussurrò, accarezzandogli la
testolina. Poi
si rivolse a Daisy. "E tu? Tu lo vedi il tuo papà, nella
nebbia?".
Ma
lei, a differenza di Demian, scosse il capo. "No, mai! E poi, io
non lo voglio un papà che vive nella nebbia... Io ne voglio
uno che
vedo sempre, che mi prende in braccio e che mi parla. Non riesco a
trovare il mio papà in giardino come Demian".
Se
Demian era più simile a Hugh e probabilmente a Demelza,
Daisy invece
era più simile a lui. Disincantata, pratica, combattiva e
decisamente attaccata alla realtà. Erano molto somiglianti e
Ross si
era già accorto di questa affinità fra loro ma
più la conosceva,
più anche Daisy lo affascinava coi suoi modi vivaci e
pratici.
"Anche la mia mamma e il mio papà sono morti, sai? E nemmeno
io
li ho mai visti nella nebbia, come te Daisy. Ma so che ci sono e che
mi guardano. E che a volte son contenti di me, a volte meno... Ma mi
vogliono bene, ovunque siano".
La
piccola sorrise. "Sì, vero! Lo so che papà
c'è e mi vuole
bene ma ne voglio due anche io di papà. Come Jeremy e
Clowance.
Signor Poldark, sai che devi fare?".
"Cosa?".
"Fargli
capire!" - disse la bimba. "Io il mio papà gliel'ho
prestato e loro devono prestarmi te un pochino! Così siamo
pari e
tutti siamo con due papà che è meglio di uno solo
che si nasconde
nella nebbia. Giusto?".
Ross
non seppe che rispondere ma annuì, non trovando voce o
pensiero
coerente davanti a quelle parole che nascondevano un desiderio
profondo e una grande voglia di appartenenza a qualcuno, di quella
picccola ed indipendente bimba. E si sentiva onorato che avesse
scelto lui...
La
bimba fece un faccino furbo da chi la sa lunga, davanti al suo viso
sperso. "Tu gli chiedi scusa e loro non sono più arrabbiati
con
te. Così diventi ancora il loro papà e anche il
nostro. E vieni a
mangiare e dormire da noi, ti arrampichi sull'albero con Demian e
giochi con me!".
Entusiasta,
Demian balzò in piedi. "Sì, mamma sarebbe
contenta! Lei è
contenta quando ti vede! Mangi da noi e poi ti faccio preparare la
camera degli ospiti più bella e fai la nanna a casa nostra
che
diventa anche tua!".
Ross
lo occhieggiò, divertito. Camera degli ospiti? Il piccoletto
non
aveva ancora ben compreso il genere di legame che unisce una mamma e
un papà... E nemmeno che nella camera degli ospiti avrebbe
dovuto
finirci lui, perché il lettone di mamma non era territorio
per
bambini ma per papà... Ma al momento non gli andava di
spezzare quel
momento incantato e di farselo nemico.
Da
lontano, la musica della piccola orchestra che suonava al
ricevimento, li raggiunse bloccando la loro conversazione. Daisy
balzò in piedi e allungò la manina verso di lui.
"Balli con
me, signor Poldark?".
Ross
si tirò su, pulendosi i pantaloni dall'erba, con le mani.
"Certo,
mia piccola Lady" – rispose, con aria solenne.
La
piccola, emozionata, gli prese le mani e per qualche istante, seria
seria, cercò di esibirsi in perfetti passi di danza mentre
lui
faceva del suo meglio per agevolarle la cosa e seguirla. Era
impacciata ma pareva decisa a riuscire nel suo intento. "Ti
piace ballare?" - chiese, mentre Demian li guardava ridendo.
Daisy
sbuffò. "Mhhh... E' un pò noioso". E dopo
un'altra
manciata di secondi smise di essere seria, prenendo a saltare
tenendolo per le mani e ridendo felice.
E
anche Ross rise, contagiato dalla sua allegria. Eccola la sua piccola
pestifera amica! La preferiva così, vivace e saltellante,
selvaggia
e incurante delle buone maniere, che perfetta piccola Lady in
miniatura. Quel ruolo lo ricopriva egregiamente Clowance ma Daisy era
altro! Erano diversissime ma estremamente meravigliose nella loro
unicità, entrambe, ai suoi occhi.
La
fece giocare e saltare e poi, come promesso a Demian, con loro
esplorò il parco, incantato dai ragionamenti sconclusionati
del
piccolo che ad ogni albero gli raccontava di come voleva chiamarlo,
degli elfi che vi vivevano dentro e di come lui li vedesse. Forse un
giorno sarebbe diventato un mago, pensò Ross. O comunque
qualcosa di
molto lontano dai desideri di Lord Falmouth.
I
gemellini furono la sua medicina, quel giorno, al dispiacere di
vedere Jeremy e Clowance tanto lontani. Per un attimo
dimenticò
anche il banchetto, catturato dal vociare allegro dei due bimbi. In
fondo non tutto andava tanto male, no? In fondo la chiave era
guardare al mondo come faceva Demian e vedere il bicchiere mezzo
pieno piuttosto che mezzo vuoto. Valentine sembrava sparito e sperso
nei suoi giochi, segno che si stava divertendo, Demelza lo aveva
coraggiosamente baciato nel parco e lui aveva trovato una compagnia
meravigliosa che aveva alleviato le sue pene. Perché essere
triste
se qualcosa di bello era successo?
Dopo
la camminata, si risedette coi bimbi sotto una grossa pianta,
all'ombra. Daisy gli saltò ancora in braccio, Demian gli si
sedette
accanto continuando a parlare, parlare e ancora parlare di elfi senza
mai stancarsi e lui lo lasciò fare, perdendo il senso del
tempo,
cullato dal suono vivace della sua vocina e dal calore del corpicino
della piccola orsetta che, stranamente, aveva finito con
l'addormentarsi fra le sue braccia.
Fu
solo quando Demelza lo raggiunse preoccupata, dopo averlo cercato a
lungo del parco, che si accorse che era tardi. Se la trovò
davanti
all'improvviso, tanto che sobbalzò. "Oh... E' ora di
pranzo?".
Demelza
lo guardò prima con severità ma poi, notati i due
bimbi accanto a
lui, si addolcì. "Pranzo? Han già servito il
dolce e tu hai
snobbato tutti gli adulti presenti a questa festa. Politicamente, non
è una mossa furba".
Ross
sorrise. "Ho trovato una bella compagnia e mi sembrava brutto
lasciarla".
Guardando
Daisy che dormiva, Demelza si inginocchiò davanti a loro.
"Si è
addormentata? Sta bene?".
"Benissimo.
Sta solo dormendo".
Demelza
non sembrava convinta. Toccò la fronte della piccola per
vedere se
avesse la febbre ma poi, constatato quanto fosse fresca,
sospirò.
"Non è da lei dormire così. E arrivare al
pomeriggio col
vestitino pulito. Prudie sarà commossa quando torneremo a
casa".
Demian
intervenne, saltandole al collo. "Siamo stati bravi oggi. Niente
alberi e niente palle di fango".
Ross
indicò i piedini nudi di Daisy. "Non so però dove
siano finite
le sue scarpe".
Demelza
sbuffò, ma poi parve rasserenarsi subito. Rise... "Siamo
alle
solite! Lei è una piccola monella della Cornovaglia per
metà, dopo
tutto! E ama correre scalza" – sussurrò, prendendo
la piccola
in braccio e baciandole la testolina. "Grazie per esserti preso
cura di loro. Volevano tanto vederti, sai?".
"Davvero?".
"Davvero
e qualunque cosa tu gli abbia fatto per farti amare, io ti ringrazio
e ancora ti ringrazio! Sono felici quando tu sei nei paraggi".
"Sono
io che devo dire grazie a te" – rispose Ross, come se si
sentisse in dovere di essere lui a dover ringraziare lei per quei due
bimbi. "Come hai fatto?" - chiese, guardandoli.
"A
far cosa?" - domandò Demelza.
Ross
occhieggiò i piccoli, prendendo Demian per mano. "A mettere
al
mondo due capolavori simili... QUATTRO capolavori simili! Santo
cielo, sono diversi, due di loro mi odiano ma tutti quanti sono...
unici!".
Demelza
arrossì, colpita da quelle parole dette col cuore ed estrema
sincerità. "Li ho amati, da sempre. Solo questo... Non ho
fatto
che questo".
Ross
le cinse le spalle e lei, incurante che qualcuno potesse vederli, lo
lasciò fare. "Ti è riuscito bene, fare SOLO
questo".
Demelza
gli fece uno splendido sorriso. "Lo faremo insieme, un giorno.
Ne sono sicura...".
E
anche quelle parole gli diedero nuova speranza perché mai
prima di
quel momento, Demelza si era lasciata andare a pensieri davvero
positivi sul loro futuro. In quel momento Jeremy, Clowance e
Valentine giocavano lontani, i primi due non ne volevano sapere di
lui ma Ross sentì comunque di aver accanto la sua famiglia.
Tutta,
allargata, strana, inconsueta. Ma sentiva tutti loro, suoi...
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