C’erano
tante cose che
Megatron trovava abbastanza
fastidiose riguardanti gli esseri umani e, senza dubbio, quella che
più gli
dava noia era la dimensione ridotta delle infrastrutture che
costruivano. Le
volte in cui, per disgrazia, era obbligato ad avventurarsi in posti
diversi da
foreste, canyon, deserti e quant’altro, aveva sempre
l’impressione di trovarsi
nella versione estesa di una delle case di bambole della sua bab’ushka Valka.
Nell’idioma tipico del
settore di Cybertron in cui era nato
e cresciuto, una “bab’ushka” era quella
che un terrestre avrebbe chiamato
“nonna” -nel suo caso specifico la nonna paterna-
ed era una figura da
rispettare a prescindere. Se poi era una femme dal mestolo facile e
tanto grossa
quanto maledettamente svelta, lo diventava ancora di più.
Ricordava ancora quelle case di
bambole e quanto le aveva
sempre detestate fin dal profondo della propria Scintilla: la sola cosa
buona
della somiglianza tra esse e gli edifici terrestri, dunque, era la
consapevolezza
di poterli distruggere senza che nonna Valka lo prendesse a mestolate
dopo
averlo afferrato per le corna per impedirgli la fuga.
Edifici terrestri comunque molto
più piccoli del casermone
grigiastro dagli esterni poco illuminati cui si trovavano davanti,
circondato
da una rete che non sarebbe stata un problema per nessuno di loro.
«Quindi ora noi dovremmo
entrare lì dentro?» domandò
Cyclonus.
«Il Minicon si trova
lì. Questo sembra un posto meno
desolato del solito» osservò Demolisher.
«Però umani
attorno non se ne vedono lo stesso. Forse questa
“Polleria”» così recitava
l’insegna letta da Starscream «E anche gli edifici
circostanti vengono usati solo di giorno».
Non aveva tutti i torti, essendo
quella una zona industriale
nella quale non c’erano abitazioni private.
Ancora una volta avevano avuto una
certa fortuna, o così
pensò il seeker, che però sapeva fin troppo bene
che non era una cosa saggia
parlare a Megatron di “fortuna”: il rischio che
tornasse ad aggiungere a quella
verso il potere e verso la sconfitta di Optimus anche
l’ossessione verso le due
strane femmes che avevano quasi rubato la Spada Stellare era fin troppo
alto.
La visione dei filmati di
sorveglianza che avevano
registrato tutte le peripezie di quelle due -e confermato che erano
davvero in
cerca della loro amica, per quanto fosse assurdo!- non lo aveva
dissuaso, anzi,
l’aveva solo persuaso maggiormente del fatto che quella
pioggia di meteoriti
non fosse stata una coincidenza.
Si era convinto che
l’avessero causata loro o, più
precisamente, che potesse averla causata la jetformer dalle ali rosse
chiamata
“Deathstar”, e si era anche convinto che un simile
potere nelle sue mani gli
avrebbe permesso di conquistare Cybertron e l’Universo in
modo assai più
rapido, ragion per cui c’era stato un lasso di tempo in cui
si era fissato con
l’idea di doverla -o doverle- ritrovare per forza.
Starscream, pur essendo convinto
quasi quanto Megatron che Deathstar
o entrambe avessero un potere strano, era di tutt’altro
avviso: non vedeva come
una cosa simile potesse essere controllabile da chicchessia, sarebbe
stato come
maneggiare dell’esplosivo senza seguire alcuna norma di
sicurezza sperando che
non esplodesse lo stesso, quindi secondo la sua opinione sarebbe stato
meglio
tenersene ben lontani.
Peccato che la sua opinione non
contasse un accidenti, e che
quindi tempo prima si fosse trovato anche in mezzo a
un’incursione nella base
degli Autorobot, quando Megatron aveva pensato che quelle due -o tre,
se
avevano trovato l’amica perduta- si nascondessero
lì. Pensiero che poteva anche
avere senso, perché in teoria il teletrasporto
Terra/Cybertron non funzionava
da un po’, ma che si era rivelato inesatto.
La brutta sconfitta che era seguita
non lo aveva sorpreso
più di tanto, purtroppo, mentre sentire Optimus Prime dire
che “le donne in
questione non erano più sulla Terra da un pezzo ed era meglio così” lo
aveva stupito molto di più.
«Andiamo lì
dentro e basta» sbuffò Megatron, schiacciando di
proposito la recinzione mentre entrava nel perimetro della polleria
«Prima troviamo
quel Minicon, prima potremo andarcene da qui… cosa? Che
significa che “il
Minicon si sta muovendo”?!» si stupì,
sentendo Leader One avvertirlo.
«Può essere che
si sia già risvegliato e stia cercando il
modo di andarsene» osservò Thrust «Se
non erro è già capitato in passato che un
Minicon uscisse del tutto in autonomia dal proprio stato di
ibernazione».
«Era uno dei Minicon dello
Scudo Stellare» confermò
Starscream.
«O è
così o gli Auturobot sono già lì
dentro e se lo stanno
portando via!» esclamò Megatron
«Muoviamoci!»
«’Star…»
«Dimmi,
‘Taka».
«Io qui di polli vivi non
ne vedo».
Deathstar e Mintaka, munite di caschi
con fari luminosi e la
solita ignoranza di chi ignora, si stavano aggirando
all’interno della polleria
da circa dieci minuti, e in tutto quel tempo non avevano trovato un
solo
gallinaceo che avesse ancora la testa e le piume.
La sola cosa che avessero ottenuto
col loro girovagare a
vuoto era stata quello che Deathstar aveva definito “un
cosino verde luminoso”,
che Mintaka invece aveva raccolto e identificato come un Minicon
ibernato.
Lo avevano trovato appena arrivate,
perché il teletrasporto
le aveva fatte finire nei sotterranei della polleria. Non erano
riuscite a
spiegarsi la loro grandezza ingiustificata, tale da restituire loro
l’eco delle
rispettive voci mentre parlavano, né il motivo per cui le
pareti recassero
simboli strani -nonché una strana scritta, “Y’ai
‘ng’ngah, Yog-Sothoth
h’ee-l’geb e’
ai throdog uaaah”- né sapevano dire
quali mostri fossero raffigurati da
quelle statue dall’aria antica che avevano visto, ma a dir la
verità non
avevano neppure passato troppo tempo a chiederselo, preferendo uscire
alla
svelta da lì.
«Continuiamo a cercare, se
siamo davvero in una polleria»
una polleria gigantesca, la madre di tutte le pollerie, tanto era
grande «Allora
anche i polli vivi non possono essere tanto lontani» disse
Deathstar
«Piuttosto, del Minicon che abbiamo preso cosa ne facciamo?
Io non ne ho mai
avuto uno, non so come si usa».
«Non ne ho mai avuti
neppure io ma, da quel che so, si
connettono con te per potenziarti dopo aver analizzato la tua
struttura» le
spiegò Mintaka «In origine non avevano
quest’uso, dicono che la loro razza
abbia aiutato la nostra a costruire le città. Poi le cose
sono cambiate. Comunque
sia potremmo dare il Minicon a Pkangu… non
prenderà bene trovare la cuccetta
piena di polli!»
Ebbene sì: per quanto
potesse essere folle, quella era la
ragione per cui erano tornate sulla Terra.
Reduci dalla visione del film
terrestre “Galline in fuga” e
da una delle solite discussioni tra Deathstar e Pkangu, alle due
deviate del
Deviant Team era venuto in mente che portare qualche pollo nella base
militare
in disuso che avevano occupato fosse proprio una gran bella idea.
Possedere un
teletrasporto a lungo raggio funzionante aveva facilitato il gruppo sia
per
cose più serie, sia per idiozie come quella.
«Non si merita quel
Minicon!» protestò Deathstar «Ha detto
che faccio sempre casino!»
«Giocando con un videogame
hai fritto uno dei computer su
cui lavora» le ricordò l’altra.
Le jetformer fece spallucce.
«Non ho fatto apposta, lo sai,
mi sono pure scusata, che diavlo voleva
ancora?!»
Mintaka fece per rispondere, ma la
loro conversazione venne
interrotta dal rumore di una cannonata laser che sfondò
l’ingresso principale.
«Sparpagliatevi!»
ordinò Megatron nel fare irruzione
«Così
da trovare più in fretta quel…»
Si interruppe.
Le cose erano due: o stava avendo le
traveggole, o le femmes
di cui era andato in cerca fino a poco tempo prima erano lì
davanti a lui e
stavano accecando, senza volerlo sembrava, Cyclonus coi loro caschi
muniti di
fari luminosi.
«… che
cercavamo» proseguì «Ma guarda un
po’chi si rivede.
Restate ferme dove siete e datemi quel Minicon, noi tre dobbiamo fare
una
chiacchierata!»
«Eh, a proposito di
Chiacchiera, alla fine la nostra amica
l’abbiamo ritrovata poco dopo aver-»
«civuoleuccideRE-COOOOOOOOORRI!»
strillò Mintaka, lasciando cadere il Minicon e trascinando
via di peso
Deathstar senza tanti complimenti.
«Preso!»
esultò Thrust, scattato a prendere il Minicon con
la velocità di un ghepardo «Ce la siamo cavata
ancor prima di quanto pensassi,
possiamo anche ritirarc-»
«Non state lì
impalati, CATTURATE quelle due!»
sbraitò Megatron.
«Sissignore!»
esclamarono Cyclonus e Demolisher, senza particolare
entusiasmo, lanciandosi all’inseguimento.
«Cosa?!»
allibì lo stratega «Ma perché?! Abbiamo
quello che
volevamo!»
«Non finché non
le prenderemo, poche lagne e datti da fare!»
ribatté il leader dei Decepticon, iniziando a correre a sua
volta «…perché
quando dico di voler fare una chiacchierata pensano sempre ad
altro?!» borbottò
tra sé e sé «E le voglio illese! IDIOTA!»
urlò a Thrust, che aveva iniziato a sparare alle due donne
senza riuscire a
colpirle nemmeno una volta.
«Aaah… come
vuoi» disse lui, seccato «Però al di
là del
volerle vive non capisco perché le vuoi anche
illese».
Demolisher perse
l’equilibrio su un grosso nastro
trasportatore, e dai suoi cannoni partì un raggio laser che
colpì una trave
metallica del soffitto, che si ruppe cadendo addosso a un Thrust che
solo per
miracolo riuscì a evitarla.
«MA
COS-»
«Ecco
perché» disse Starscream, mentre saltava la trave
«Hai
già dimenticato i meteoriti?»
«Quella è stata
una coincidenza, solo una coincidenza,
esattamente come questa della trave, va bene?!»
ribatté Thrust «Non vorrai
dirmi che sei così idiota da credere alla magia?!»
«Perché non vai
a spiegare anche a Megatron che è un idiota,
allora?» ribatté il seeker «Ma
più che altro forse lo sei tu per aver
dimenticato la testa fluttuante di Sideways, che abbiamo cacciato
qualche tempo
fa. Quello è plausibile e questo no?»
«Sideways è
Sideways» replicò l’altro Decepticon nel
diventare invisibile «Queste due sono solo delle deficienti
che sbucano nei
posti più assurdi!»
Starscream fece spallucce.
«Se ti piace pensare così…»
Nel frattempo, Cyclonus aveva quasi
raggiunto le ragazze.
«Inutile che proviate a scappare, signorine, siamo in
troppi… e Megatron vuole
vedervi già da un po’!»
«’STAR!
Ci è addosso!»
strillò Mintaka.
«Esatto!» rise
l’elicottero «Quindi meglio che-»
Non completò mai la frase:
mise il piede su un muletto,
scivolò e cadde all’indietro, proprio addosso al
povero Demolisher che era poco
dietro di lui, e l’impatto fu tanto forte da far addirittura
perdere i sensi a
entrambi.
«Ho lasciato loro il
Minicon, se ci inseguono ancora è
perché vogliono ammazzarci» disse Mintaka
«Non c’è altra spiegazione».
«O vogliono quello che
abbiamo in mezzo alle gambe, sono
disposta a scommetterci venti crediti. Questi non vedono la valvola da
un
pezzo, ricordi?»
«Scommessa
accettata».
Deathstar alzò lo sguardo.
«Andiamo lassù!» esclamò,
indicando il piano superiore.
«Ma la rampa per andare su
era prim… ok non serve» concluse,
decidendo di usare Demolisher come appoggio per arrivare a destinazione
«Ti
aiuto a salire, sbrigati!» esclamò poi, tendendole
le mani.
“Sono i momenti come questo
quelli in cui rimpiango di non
saper volare” pensò Deathstar, aggrappandosi a
Mintaka. «Ci sono!»
La sua gamba destra venne stretta da
una morsa.
«Non andrete da nessuna
parte, invece» affermò Thrust, tornando
visibile «Non so bene perché Megatron si sia
fissato con voi ma stando così le
cose» evitò i calci che la jetformer cercava di
dargli con la gamba libera «Ne
approfitterò per farvela pagare una volta che non vi
vorrà più illese!»
“Ci vuole
illese?” si stupì Mintaka, che nella fuga non
aveva fatto caso a cos’aveva sbraitato Megatron in precedenza.
«Te l’ho detto
già l’altra volta, Coso, ti auguro di morire
malissimo, perché tu non mi piaci!»
sbottò Deathstar, contorcendosi nella sua
presa «Per niente!»
Il rumore metallico di qualcosa di
grosso che si stava
inesorabilmente piegando fece voltare tutti e tre verso sinistra,
giusto in
tempo per vedere una grossa cisterna -contenente chissà
cosa- che a causa delle
troppe vibrazioni del pavimento, dovute a corse, cadute e
quant’altro, si era
pericolosamente sbilanciata e stava precipitando nella loro direzione.
«Toh!»
esclamò la jetformer, riuscendo a dare un calcio in
testa a Thrust e a liberarsi per essere tirata su appena prima che la
cisterna
la raggiungesse.
Da Thrust, che invece venne colpito
in pieno, giunse solo un
urlo soffocato; poi la cisterna si schiantò a terra e si
ruppe, rivelando di
essere piena d’acqua e causando uno tsunami di proporzioni
epiche all’interno
della polleria.
Sempre se si trattava di una vera polleria
e non una strana copertura
di un luogo di culto di
qualche genere o la futura dimora e magazzino di cibo di qualche
creatura gigantesca
e orripilante, perché in tal caso c’era da
chiedersi cosa facessero lì un
sotterraneo con idoli mostruosi e un affare di quelle dimensioni.
«Deathstar, stai
bene?!» domandò Mintaka, aiutandola ad
alzarsi.
«Io sì! Spero
che invece il tizio con la testa a punta sia
crepato» disse Deasthstar «Ora mi sa che facciamo
meglio ad andarcene, prima
che-»
A pochi passi da loro, Megatron
saltò fuori dalla “piscina”
che ormai era diventata il piano inferiore, totalmente allagato.
«Pare che vi piaccia
fare danni, eh?! Perlomeno stavolta non sono nella mia base! E non
provate a
fare una mossa» le avvertì, puntando il cannone
contro di loro.
«Siamo partiti col piede
sbagliato ma in realtà noi non
volevamo fare casino, noi cercavamo solo Stylequeen, tutto il resto
è stato un
effetto collaterale, quindiiiii…
potresti non spararci?» gli chiese Deathstar «Per
questa volta?»
«Non
sarebbe mia
intenzione spararvi ma se tenterete di fuggire potrei sempre cambiare
idea».
«Che vuoi da noi? Il
Minicon lo hai già» gli ricordò Mintaka
«L’ho lasciato cadere».
«Ed è uno dei
motivi per cui ho ordinato ai miei uomini di
non colpirvi. Però il Minicon non mi basta. Non sono sicuro
se siate entrambe o
solo tu, femmina con le ali rosse, e intendo capirlo presto…
ho dei piani per
chi è in grado di fare questo» indicò
l’acqua «E cose come quella dei
meteoriti».
«Ma non siamo state noi,
è stato il PDBDC, il Potere Della
Botta Di Culo! E comunque mi chiamo Deathstar, non “femmina
con le ali rosse”»
disse la jetformer, un po’ più tranquilla di
quanto sarebbe stato normale «Che
faresti se ti chiamassi “maschio
cornuto”?»
«Se non fossi single la
prenderei male» rispose Megatron, di
getto.
Mintaka annuì.
«Mi pare lecito».
“Sembra che si siano
calmate un po’. Forse riuscirò a farle
venire con me senza faticare oltre” pensò mech.
«Tornando a noi: voi due diventerete
Decepticon e farete la vostra parte nella mia conquista
dell’Universo».
«Ma noi non vogliamo
diventare Decepticon, noi vogliamo solo
dei polli vivi da mettere sulla cuccetta di un nostro amico»
disse Deathstar
«Siamo qui apposta».
Avevano attraversato lo spazio per
dei polli.
Chissà perché,
Megatron non stentava a crederlo.
«Non mi interessa dei
vostri polli! E comunque gli organici
di questo pianeta primitivo non possono sopravvivere altrove senza
aiuto!»
«Ah no? La loro biologia
non glielo permette? Peccato»
sospirò Mintaka «Abbiamo fatto un viaggio a vuoto.
Comunque grazie per l’offerta
ma non siamo interessate a diventare Decepticon, noi un gruppo ce lo
abbiamo
già».
«Era
l’illustrazione di quello che sarà il vostro
futuro,
non un’offerta».
Deathstar e Mintaka si guardarono.
«Dici che il momento di
quiete prima del nuovo casino è
finito e che quindi dovremmo cercare di scappare nel corridoio dietro
di noi,
‘Star?»
«Penso di sì,
‘Taka. Non penso che sia molto contento di
sapere che non vogliamo fare le Decepticon».
Era una situazione surreale anche per
Megatron, che pure non
era nuovo ad avere a che fare con stravaganze di vario tipo.
Una situazione surreale…
che divenne ancor più strana
quando, nei meandri del corridoio indicato da Mintaka, iniziarono a
udirsi un rumore
di passi metallici e l’eco di una voce femminile
arrabbiatissima che diventava
man mano sempre più chiara.
«Quelle due se ne vanno in
giro, Zoira è in ricognizione,
Pkangu deve occuparsi del teletrasporto e quindi chi è che
deve andare a
recuperarle?! IO! E chi altri?!
Sono
stata nella mia vasca di olio solo dieci minuti, ci rendiamo conto?!
Avevo
detto che non volevo essere disturbata per almeno due ore e invece no,
sia mai
che possa farmi un bagno in pace! E sono sbucata in un sotterraneo
bruttissimo!
E
mi
sono persa!»
Prima ancora che il leader dei
Decepticon potesse chiedersi
di chi si trattava, Deathstar e Mintaka corsero a nascondersi dietro di
lui.
Quale che fosse la minaccia in
avvicinamento doveva essere
terribile, se aveva portato a rifugiarsi dietro di lui due femmine che
volevano
scappare fino a un attimo prima.
«Che sta
succedendo?!»
«Stai per conoscere
l’amica che cercavamo l’altra volta»
disse Deathstar a Megatron.
«Ma quelle due mi
sentiranno! LE PICCHIO!»
continuò a sproloquiare Stylequeen, la cui figura
iniziava a intravedersi nel buio.
«Se la cercavate siete
piuttosto masochiste» commentò il
mech «Al posto vostro l’avrei…»
Stava per dire “lasciata
dov’era” ma quando Stylequeen, in
tutto il suo rosa e la sua immane “gnoccaggine”,
mise piede fuori dal
corridoio, dovette mordersi la lingua per non completare la frase con
un poco
elegante quanto veritiero “scopata in ogni verso possibile e
immaginabile”.
L’effetto dovuto
all’apparizione della femme tuttavia finì
molto presto.
«VOI
DUE!»
Per la precisione appena lei
aprì bocca nuovamente.
L’aura da rottura di
scatole galattica, oltre a essere simile
a quella di nonna Valka, era troppo potente per essere contrastata da
qualsiasi
altra cosa.
«Si può sapere
perché siete tornate su questo buco di
pianeta i cui abitanti non sono in grado di creare un rosa come si
deve?! Eh?!»
strillò Stylequeen «Che vi è saltato in
testa, si può sapere?! Guardate che
avete combinato!»
“MEGATRON!
Guarda
cos’hai combinato!”
“Io
le odio quelle
case delle bambole, va ben- IL MESTOLO NO! Ahi! AHIO!
Bab’ushka!”
“Che
ti è saltato in
mente?! Disgraziato! Vergognati!”
“Ora lo so: mia nonna non
è dispersa, è morta e si è
reincarnata in questa femmina qui” pensò Megatron,
con i flashback della
propria infanzia a scorrergli ancora davanti agli occhi “Ma
io sono un mech
adulto adesso! Il ricordo di nonna Valka non ha più potere
su di me!”
«Difendici!»
esclamò Deathstar «Sei grande e forte e hai
anche un cannone grosso e lungo… quanto?»
«Mi stai davvero chiedendo
quanto è lungo il mio-»
«Quattro metri e
quarantadue centimetri!» dichiarò Mintaka,
dopo una breve misurazione «Più lungo della
media».
Tutto quel che Megatron riusciva a
pensare era un gigantesco
“Ma COSA”- e non c’era da far altro se
non capirlo.
Gli sembrava di trovarsi in un sogno
molto strano, complici
l’assenza di rumore attorno a tutti loro, il fatto che i suoi
uomini fossero chissà
dove -tre forse erano sott’acqua, ma Starscream che fine
aveva fatto? Che fosse
stato colpito anche lui?- e l’atteggiamento alquanto bizzarro
di quelle due
femmes.
Anzi, tre, perché anche
quella rosa non si era minimamente
scomposta nel trovarsi davanti a lui.
«Volete smetterla di fare
le deficienti?! È
megatron!» strillò
Stylequeen «Il tizio che ha cercato di uccidervi
l’altra volta, avete presente?!»
«Che le persone tentino di
ucciderci quando ci incontrano la
prima volta non è una novità, statisticamente
succede nel 77,28% dei casi»
replicò Mintaka «Solo che quando stavamo per
cercare di fuggire da lui sei
arrivata tu e abbiamo concluso che tu, da arrabbiata, sia peggio di
lui!»
«Come come?! Io sono
Megatron, leader dei Decepticon e
futuro dominatore dell’Universo!»
protestò il mech, afferrando entrambe le
femmes per un braccio «Sono la sola e unica vera minaccia che
possiate
incontrare in questo stramaledetto posto e ho-»
«Una corazza dai colori
orribili: cosa c’entrino insieme il
grigio, il rosso, il verde e il viola lo sai solo tu, una cosa del
genere non
si può proprio guardare, te lo dico, non so come tu possa
sentirti a posto ad
andare in giro conciato così» sospirò
Stylequeen «Quindi ascolta, lascia andare
Deathstar e Mintaka, così prima di tornare a casa possiamo
fissare un
appuntamento per un recolor, non ti farò nemmeno pagare,
è un atto di pietà».
Sì: ogni minimo briciolo
di senso che potesse avere quella
nottata era andato a farsi benedire, e lui si sentiva sempre
più vicino al
punto in cui avrebbe iniziato a sparare a tutto e tutto o avrebbe
sfondato la parete
per lasciare la polleria, lasciare il quartiere, la città,
la nazione, il
pianeta, la galassia…
Eppure, ancora una volta,
cercò di mantenere i nervi saldi.
«Non sono interessato ai recolor e sono eccezionalmente di
buon umore per aver
trovato chi volevo trovare, nonostante l’assurdità
della serata, dunque ti
suggerisco di toglierti di torno alla svelta. Le tue amiche invece
restano con
me. Hanno delle abilità che voglio, o comunque le ha una
delle due».
«Vuoi questo?»
Stylequeen indicò il disastro «Perché
di
questo si tratta!»
«Da scatenare contro i miei
nemici? Certo» annuì Megatron.
«Non è
controllabile, non lo è mai stato, guarda quel che ci
è capitato stasera solo perché io e Mintaka siamo
venute in cerca di polli»
disse Deathstar, senza neppure provare a divincolarsi dalla presa del
Decepticon «Non è che volessi questo, eppure come
simili capitano lo stesso
tutte le volte!»
Dopo qualche breve istante
d’immobilità, Megatron lasciò
andare Mintaka, spingendola verso Stylequeen. Aveva capito che non era
necessaria. «Però sopravvivete. Diventa una
Decepticon, vinciamo la guerra e
avrai tutti gli onori che il signore dell’Universo intero
potrà darti» disse,
passando dallo stringere il braccio di Deathstar a stringere la sua
mano «Anche
il tuo cosiddetto “gruppo” sarà a posto,
non verrà mai toccato. Cosa mi dici?»
Un’offerta del genere non
era sorprendente come poteva
sembrare: in passato aveva proposto a Hot Shot di unirsi ai Decepticon
per
“scoprire il suo vero potere” e aveva anche salvato
da un incendio un
Autorobot, tal Wheel Jack, in cambio di lealtà assoluta,
ciò senza che nessuno
dei due fosse in grado di fargli cadere addosso meteoriti e cisterne.
«Dalla mia risposta
dipenderà anche l’uso che farai del
cannone?»
Megatron le avrebbe fatto volentieri
notare quanto quella
domanda suonasse ambigua, tuttavia non ne ebbe il tempo materiale.
Si sentì il rumore di
un’esplosione e, dopo ciò, le luci
finora spente si accesero tutte alla massima potenza, i macchinari
presenti
-non più totalmente coperti dall’acqua, che
finalmente aveva iniziato a
defluire- iniziarono a fare un baccano infernale, e
l’impianto audio
dell’intero edificio cominciò a riprodurre una
canzone.
“Ave
Maria!
Jungfrau
mild…”
Le luci dei fari lo stavano accecando
quasi completamente.
Era il “quasi”
tuttavia a fare la differenza, permettendo ai
suoi sensori ottici di scorgere in modo piuttosto chiaro qualcosa che gli fece
comprendere che si era
sbagliato a pensare che la nottata non potesse diventare ancor
più assurda.
“Erhöre
einer Jungfrau
Flehen,
Aus diesem
Felsen
starr und wild…”
Il tempo, complice quella canzone
-trovata da lui noiosa in
quanto lenta, oltre che cantata in una lingua sconosciuta- sembrava
quasi aver
rallentato, creando una visione degna di un pazzo.
“Soll
mein Gebet zu
dir hin wehen, Zu dir hin wehen.
Wir schlafen
sicher
bis zum Morgen,
Ob Menschen
noch so
grausam sind”.
Perché solo nella visione
di un pazzo si sarebbero potuti
vedere dei cadaveri spennati e decapitati di volatili terrestri venire
sputati in
alto dai macchinari e precipitare addosso a tutti loro come una
delicata
pioggia primaverile.
“O
Jungfrau, sieh der
Jungfrau Sorgen,
O Mutter,
hör ein
bittend Kind!”
Megatron, unico e solo leader dei
Decepticon, si chiese
cos’accidenti stesse diventando la sua vita.
“Ave
Maria!”
E, soprattutto, come si fosse potuti
arrivare a ciò partendo
dalla classica caccia a un nuovo Minicon.
Ah, ma che sciocco: aveva la risposta
accanto a sé, la stava
tenendo per mano.
«Cos… ma
dov’è andata?! Si è
liberata!» trasecolò,
rendendosi conto di star stringendo solo aria.
Doveva aver perso la presa su di lei
senza rendersene conto,
cosa che le aveva permesso di sgattaiolare via assieme alle sue amiche,
delle
quali non riusciva a vedere nemmeno i contorni.
«Le incontrerò
ancora. LA
incontrerò ancora, e questa volta non andrà da
nessuna parte, quant’è vero che
il mio nome è Megatron!»
.:: Base degli
Autorobot ::.
Jetfire scosse lentamente la testa.
Le immagini che stavano arrivando sui
monitor grazie a
Laserbeak, alias il gingillo che Red Alert aveva costruito ai
ragazzini,
riguardo l’attività dei Decepticon erano tali da
non poter suscitare altra
reazione.
Inizialmente, quando Laserbeak era
entrato nell’edificio e
aveva visto Megatron con quelle due femmes sconosciute, il secondo in
comando
si era preparato a dire a tutti quanti di intervenire; non solo
perché era
giusto così, ma anche perché tutto sommato erano
carine e non sembravano pazze
isteriche come la femme rosa che aveva conosciuto l’ultima
volta.
Femme che era arrivata poco dopo e
che aveva metaforicamente
fatto incollare al pavimento i piedi di Jetfire: la voglia di avvertire
chicchessia gli era passata completamente, e comunque non gli era
più sembrato
che le altre due avessero chissà quale bisogno di aiuto per
scappare da
Megatron, dal momento che si erano rifugiate dietro di lui
all’arrivo di
Stylequeen.
Non che si sentisse di dar loro
torto, lui stesso tra
l’affrontare un Megatron arrabbiato e quella femme tutta rosa
-e altrettanto
arrabbiata- avrebbe scelto Megatron senza alcuna esitazione,
già solo perché
tirargli un pugno in faccia non avrebbe generato dubbi tipo
“È più sessista
colpirlo o non colpirlo?”.
E ora c’erano i polli morti.
La pioggia di polli a suon di musica.
“Cosa sto
vedendo?” pensò.
«Jetfire?»
Fece caso a malapena del fatto che
Optimus Prime, appena
entrato nella stanza, lo stesse chiamando.
“Cosa sto vedendo ma,
soprattutto, perché?”
«Jetfire? Non mi hai
sen…»
Anche Optimus iniziò a
guardare i monitor.
Silenzio tombale.
«Deduco» disse
dopo un po’ «Che le tre civili possano essere
tornate sulla Terra».
«Prima di questo stavano
parlando con Megatron abbastanza
tranquillamente, Optimus» confermò Jetfire, ancora
ipnotizzato a guardare lo
schermo «Non credo abbiano bisogno del nostro
aiuto».
«Le cose stanno
così? Capisco» concluse il leader degli
Autorobot.
Pochi secondi dopo
l’immagine proiettata sul monitor tornò
buia, però poterono vedere bene che Megatron era da solo.
Jetfire spense tutto.
«Facciamo conto di non aver visto
niente, per stavolta. Ti prego».
«Di certo non vedo civili
da aiutare» rispose Optimus, con
semplicità «Nulla che richieda il nostro
intervento, essendo già tutto
distrutto non possiamo fare nulla nemmeno su quel fronte».
E anche stavolta, con buona pace dei
sonni tranquilli di
Optimus, l’etica era salva.
.: La polleria :.
«Perché ci stai
aiutando a fuggire? Tu sei un Decepticon»
disse Mintaka, dopo che Starscream ebbe divelto la porta di
un’uscita
secondaria.
Approfittando della scena assurda dei
polli, il Decepticon
aveva preso tutte e tre le ragazze -erano di stazza un po’
ridotta rispetto
alla sua- e le aveva portate via, all’uscita che aveva
cercato e trovato
durante tutto il macello che c’era stato e da cui si era
intelligentemente
tenuto fuori.
«Perché
è sveglio e cavalleresco, tutti i mech con i colori
abbinati bene di solito lo sono» sorrise Stylequeen,
ammiccante.
«Vi sto facendo fuggire
perché se qualcosa andasse storto quella…
cosa… che fate potrebbe ritorcersi contro tutto il nostro
esercito, cosa a cui
non tengo. Sto aiutando più la mia fazione che
voi» disse il seeker «Per questo
mi sono nascosto e, quando mi è venuta l’idea, ho
fatto saltare il quadro
elettrico. Evitate di tornare sulla Terra, non è detto che
riusciate a fuggire
un’altra volta… e sarà bene che mi
sbrighi anche io a farmi trovare “privo di
sensi” sotto qualcosa, altrimenti dovrò vedermela
con Megatron».
«Ma vieni con noi,
no?» lo invitò Mintaka «Almeno non
dovrai
vedertela con nessuno in ogni caso!»
«Io ho prestato giuramento
di fedeltà a Megatron» ribatté
Starscream «E comunque siete un po’troppo assurde
per i miei gusti. Muovetevi».
Tutte e tre, dopo averlo ringraziato,
non se lo fecero
ripetere due volte e corsero via.
«Pkangu, le ho
trovate» disse Stylequeen nel comm-link
«Teletrasportaci
via, ti dico i dettagli appena torniamo».
–In
che casino si sono
messe stavolta?– sospirò il mech.
«Volevamo dei volatili vivi
da metterti nella cuccetta!»
strillò Deathstar.
–Ti
lascio lì.–
«Se Megatron non si fosse
messo in testa di volerla, presumo
nella speranza di distruggere gli Autorobot a suon di meteoriti e
satelliti che
cadono, appoggerei l’idea» disse Stylequeen
«Vai, Pkangu».
–Speriamo
di non dover abbandonare questa base troppo
presto per colpa dei Decepticon. Una cosa però è
sicura: voi tre, sulla Terra,
mai più!–
«Mi sa che non conviene,
no» sospirò Mintaka, prima di
essere teletrasportata via.
Note
finali
- il nome "Yog Sothoth" e il culto bizzarro di cui si
accenna
dovrebbero risultare familiari a chi ha presenti le opere di Lovecraft
:)
- questo capitolo probabilmente non sarebbe mai nato, se non avessi
beccato questo video
... dal
quale è tratto anche il titolo!
Nient'altro da dire se non un ringraziamento per chi ha letto :)
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