15)
Luna Piena.
Heric guidò per circa un quarto
d'ora fra le trafficate
strade di un
caotico venerdì sera a Salem e parcheggiò poi l'auto davanti
a un piccolo pub, The
Shadow's,
non molto distante dal centro e situato in una zona non particolarmente
raccomandabile della periferia. Ma ero in sua compagnia ed insieme a
lui non avevo nulla di cui temere.
«Beh, che te ne pare?» mi
chiese scortandomi fino all'ingresso e aprendo la porta per farmi
accomodare dentro come un vero cavaliere.
«Sei sicuro che possiamo
entrare in un pub?» gli domandai perplessa.
Heric ammiccò e, con tono fiero, asserì di conoscere chi vi lavorasse e
che per questo motivo non ci avrebbero mai chiesto il documento
d'identità. Eravamo
minorenni, o per lo meno io lo ero. D'un tratto, mentre
ero intenta a guardarmi attorno, si avvicinò la cameriera e capii
subito a chi si riferisse quando affermò di conoscere qualche
dipendente quel
locale: Madeline lavorava lì. La vampira ci squadrò con aria un po'
contrariata e ci fece accomodare ad un tavolo per due. Sebbene
dall'esterno, per via della zona appartata in periferia in cui era
ubicato, sembrasse un luogo sconsigliabile e di dubbia fama
frequentato da loschi individui, all'interno in realtà si
nascondeva una vera perla arredata con gusto e, nonostante fosse
venerdì
sera e fuori in centro quasi regnasse il caos del fine settimana,
l'atmosfera lì era
piuttosto tranquilla e rilassata, con musica da lounge bar non troppo
alta e luci soffuse.
Pensai tra me e me come mai un
vampiro lavorasse e per giunta in un bar ed Heric, come se mi avesse letto
nel pensiero, mi
disse prontamente che quella per Madeline era una sorta di copertura.
«Copertura?» ripetei con tono
interrogativo un
po'
spiazzata.
«Beh, in qualche modo dobbiamo
pur sopravvivere.
Più che altro, serve a Madeline per procacciare.»
«Cosa intendi per "procacciare"?» non era infatti la prima
volta che utilizzava quel termine con me e non ero per niente sicura di
averne colto la giusta sfumatura, o meglio, non ero certa se
semplicemente si
riferisse a nutrirsi o a nutrirsi di esseri umani o ad ucciderli per
nutrirsene.
«Significa procurarci il
sangue. Io ho scelto di vivere nella maniera più normale possibile,
Maddie ogni tanto si concede del sangue umano e qui al bar ha la
possibilità di conoscere tante persone più che altro di passaggio.»
Insomma, quel che voleva dirmi
in realtà e in maniera molto spiccia era che Madeline lavorasse come
cameriera con lo scopo di abbordare uomini da cui avrebbe succhiato
loro il sangue. Heric, però, era troppo educato e per bene per essere
così diretto ed
esplicito. Quel
che fondamentalmente mi lasciava interdetta era se la sua adorata
cugina Maddie (non l'aveva mai chiamata così prima d'ora) uccidesse o
meno questi poveri uomini malcapitati. Non
feci in tempo a domandarglielo, probaibilmente non avevo neanche il
diritto di chiederglielo e di entrare troppo a fondo nei loro affari di
famiglia di
vampiri, che un finto colpo di tosse interruppe i nostri discorsi.
«Volete ordinare?» sentenziò
Madeline con atteggiamento sempre più sgarbato. Sicuramente, come
Jeremy, non approvava affatto la nostra frequentazione che via
via
stava sfociando in qualcosa di più serio.
«Io il solito» le rispose
Heric fissandola per un momento come se stesse comunicando
telepaticamente con lei. Io invece ordinai un semplice cheeseburger.
I nostri piatti arrivarono presto, in
fondo non c'erano tanti clienti e non dovettimo aspettare troppo a
lungo. Heric scelse una bistecca al sangue, poco cotta, praticamente
cruda quasi come se l'animale fosse stato appena macellato e il sangue
continuasse a sgorgare a fiotto. Il mio
cheeseburger era decisamente più appetitoso anche perché ormai erano
settimane
che
non mangiavo qualcosa di grasso e sostanzioso.
Consumammo le nostre pietanze lentamente
ed in silenzio, poiché eravamo
comunque entrambi ancora timidi, scambiandoci solo qualche tenera
occhiata di tanto in tanto tra un boccone e l'altro. Mi sentivo osservata: Heric mi
squadrava, quasi stesse analizzando ogni mio movimento, evitando però
il
contatto visivo.
«Ti dirò un segreto» bisbigliò a un tratto
poggiando
le posate sul tavolo. Lo fissai in attesa che
riprendesse il discorso rivelandomi tale misterioso segreto.
«Questo è principalmente un pub di
vampiri» sgranai gli occhi incapace di proferire alcuna parola in
risposta alla sua affermazione.
«La proprietaria di questo
posto è un'anziana vampira, nel senso che venne trasformata quando da
umana aveva già più di cinquant'anni intorno al 1950. Arya è una
leggenda per noi. Lei è forse l'unico vampiro sulla faccia della terra
che non ha
mai ucciso un essere umano. Sarà che, data la tarda età in cui venne
trasformata, ha accumulato una tale saggezza e rispetto per la vita che
uccidere e far del male non sono mai stati parte della sua natura, né
umana né sovrannaturale.»
Non capivo perché mi dicesse queste
cose,
se per coinvolgermi nella sua vita da vampiro o per semplice
informazione. In quel momento ogni persona in quel locale mi sembrava
un vampiro pronto alla caccia ed io mi sentivo l'unica preda umana. Ma
ero con Heric e, come ho detto, in sua compagnia non avevo paura di
niente.
«Devi sapere- proseguì il suo racconto sempre a bassa voce -che esiste
una sorta di distinzione fra noi
vampiri: coloro che, come me, Madeline e Arya, vivono cercando di
condurre un'esistenza e uno stile di vita più normale possibile e
coloro che invece sono dei veri e propri cacciatori assetati di sangue.
Questa zona
nella periferia di Salem non molto lontana dalla mia Villa è
frequentata da molti vampiri del Paese mentre la zona opposta, dove vi
è la riserva vicino casa tua...beh noi non siamo
ammessi lì. È una legge non
scritta che ormai rispettiamo da secoli.»
.
«Mmh, perché non siete ammessi
nella riserva? E poi come fa questa anziana donna
vampiro, Arya, a sopravvivere? Anche lei ha un ciondolo?!» domandai
curiosa.
Heric fece cenno di no con la
testa affermando che solo pochi eletti ne fossero in possesso,
abbassando il capo come a voler indicare il proprio status
privilegiato, e,
ignorando la mia prima domanda, continuò la storia sull'anziana
vampira.
«Arya è sopravvissuta da umana ad
entrambe le Guerre Mondiali lavorando come infermiera di campo, a poco
più di vent'anni aprì questo
locale nel pieno periodo del proibizionismo importando whisky dal
Vecchio Mondo. Sa il fatto suo e ha chi lavora per lei non potendo
uscire alla luce del sole. Infatti, se mai ti capitasse di tornare qua
non ordinare mai un Bloody
Beast o un Bloody
Human» ridacchiò. Il suono della
sua risata era contagioso, le sue storie incredibili e coinvolgenti ed
era bello, diamine quanto era bello, quante vicende ed esperienze aveva
vissuto mentre io ero solo un'ordinaria ragazzina del sud piombata in
una città mistica ed esoterica che si era appena scoperta essere
discendente
di una strega. La felicità, la gioia e l'emozione che provai
nell'essere insieme ad Heric e nell'ascoltare le sue avventure
svanirono all'instante quando mi soffermai
a pensare al fatto che io fossi in realtà così banale ed insulsa, e
iniziavo a
chiedermi cosa ci facesse lui con me o cosa un vampiroci potesse mai
trovare in me. E poi il tempo, il tempo era un altro problema
irrisolvibile: io sarei invecchiata e lui no. Lui se ne sarebbe andato
ed io sarei rimasta qui, mi avrebbe lasciata e avrebbe vissuto ancora
centinaia di anni mentre
io sarei marcita sottoterra.
Heric notò che cambiai umore e avvicinò
la sua mano alla mia, che prontamente ritrassi senza neanche volerlo.
«Hey, è tutto a posto?»
Gli risposi di sì annuendo semplicemente
senza dire una parola. Erano le undici e mezza
ormai, dovevo
tornare a casa. Le mie sciocche fisime mentali come al solito erano
riuscite a rovinare un così bel momento. Dannazione! Avrei
voluto fargli mille altre domande
ma ormai l'atmosfera si era inevitabilmente incupita così pagammo ed
Heric mi riaccompagnò a casa senza che entrambi proferissimo parola per
tutto il tragitto.
«Scusami, sono solo un po'
stanca» dissi non appena parcheggiò la sua auto davanti casa
mia come a volermi scusare del mio comportamento impassibile e quasi
scontroso durante
la serata.
«Aspetta- sibilò Heric
afferrandomi
il braccio quando aprii la portiera -ti accompagno.»
Heric mi scortò fino all'entrata di casa
mia e rimanemmo per un attimo sull'uscio della porta.
«Ho passato davvero una
spendida serata» sussurrò mentre mi accarezzava il viso. Il suo toccò
mi
aveva come paralizzata e il massimo che potei fare fu abbozzare un
sorriso. Avevo passato anche io una splendida serata, tralasciando le
mie paranoie. Heric fece
scivolare la sua mano su tutto il mio corpo, passandola prima sul collo
spostandovi i capelli e facendo una leggera pressione sulla mia spalla
per poi far scivolare la sua mano lungo tutto il mio braccio
fino a stringermi il fianco
per tirarmi a sé.
Era il momento che aspettavo da
settimane ormai, pensai: «ecco, finalmente mi bacia!»
Heric si avvicinò sempre di
più a me stringendomi più forte a sé con il suo braccio. Il cuore mi batteva
all'impazzata ma proprio in quell'attimo la porta di casa mia iniziò a
scricchiolare...
«È tardi, non credi? Su entra.»
La voce severa di Jeremy interruppe quel
tanto sospirato momento di intimità fra me e Heric. Era come se si
fosse appostato lì in attesa di dare il colpo di grazia a quella serata.
Non lo avevo mai odiato così tanto come
in
quel momento. Un po' imbarazzato, Heric mi diede la buonanotte
scoccandomi un bacio sulla guancia e si diresse verso la sua auto.
«Buonanotte a te» gli dissi mentre Jeremy gli
chiudeva la porta in faccia.
Per tutta la notte fantasticai su quel quasi
bacio fra me ed Heric. Le mie sciocche fissazioni sulle differenze
abissali fra me e lui e sull'inevitabile scorrere del tempo si
affievolirono e fui pervasa da un senso di felicità e di eccitazione. Chissà come doveva essere
baciare un vampiro? O andare a letto con un vampiro? Era ciò possibile,
insomma, anatomicamente parlando considerata la sua natura
sovrannaturale di non-morto?
Il tempo che tanto
consideravo il principale nemico nella mia relazione non mi dava torto
e sembrava trascorrere, in compagnia
di Heric,
ad
una velocità talmente rapida che ne persi la congizione. Ogni giorno
era un'avventura, una scoperta, un brivido di follia. La mia
vita procedeva comunque apparentemente normale, così tanto normale che,
tra
vedere Heric e studiare (purtroppo la fine della scuola era vicina!),
non avevo quasi avuto tempo da dedicare alla magia, alla scoperta del
segreto
indicibile di Jeremy, alla ricerca del mistero che si celava
all'interno della biblioteca scolastica e a tutti i rompicapo
sovrannaturali che
fino a poco prima mi assillavano. La nonna, però, non potevo certo
dimenticarla, non potevo non farle giustizia, non avrei seppellito la
sua esistenza in un mucchio di bugie. Ero convinta che non avesse avuto
alcun infarto né lei né le altre anziane donne di recente venute a
mancare e che nemmeno le giovani
ragazze sgozzate da uno strano animale fossero state realmente sgozzate
da un vero e proprio
animale.
In quelle ultime settimane ci furono
infatti altre misteriose morti, non solo a Salem ma anche nelle contee
vicine, stesse dinamiche e sicuramente stesso movente.
Comunque sia, dovevo studiare: il test
di biologia non era solo una scusa per poter uscire di casa quando ero
in
punizione, avevo davvero un test ed in più, soprattutto, io e il mio
compagno di
studi, ovvero Jeremy, dovevamo assolutamente consegnare il progetto di
chimica e la relazione entro lunedì 19 aprile in modo da esporlo il
mercoledì della stessa settimana durante le ore di lezione pomeridiane.
Io e il mio fratellastro avevamo un intero
weekend per
terminare il nostro compito: io
spiegai a Heric che, sebbene non avessi una vita eterna
davanti, dovevo assolutamente terminare l'anno con buoni voti senza
farmi bocciare sennò mia madre avrebbe accorciato ancora di più la mia
breve
esistenza e lui capì che così in fondo avremo potuto passare insieme
tutta l'estate. Jeremy invece no, non riusciva più a staccarsi da
Alexis e avevano instaurato un rapporto a dir poco morboso, come se lui
fosse il suo cagnolino. Ormai però non ne ero più gelosa, non
mi
curavo più di loro fino a quel pomeriggio...
Era sabato e
fuori pioveva a dirotto
nonostante la primavera fosse già nel pieno della sua stagione.
Mancavano due giorni soltanto alla consegna della relazione ed invano
cercavo di collegare e sistemare i miei appunti e confrontarli
con
quelli di Jeremy, ma proprio la sua scrittura mi era incomprensibile,
anzi indecifrabile. Stanca e spazientita di dover fare solo io il
lavoraccio mentre Jeremy se ne stava comodamente in camera sua a far
nulla, aprii, senza bussare, la porta della sua stanza e li vidi: lui e
Alexis, a letto insieme.
Rimasi quasi impietrita dallo
choc facendo cadere sul pavimento gli appunti che tenevo fra
le mani.
Iniziai a scusarmi chiudendo la porta e sigillandomi nella mia camera
dall'imbarazzo mentre Jeremy mi imprecava dalla stanza affianco.
«Dici che l'abbiamo
traumatizzata?» bisbigliò neanche a
voce
tanto bassa al che Alexis lo ammonì, tra una
risata e l'altra, di non essere così cattivo. Li
detestavo.
Vederli insieme mi aveva provocato un
tale disagio e una tale vergogna che non riuscivo a spiegarmi. Ancor
meno riuscivo a spiegarmi il senso di gelosia che mi pervase
nuovamente. Non capivo se fossi gelosa del fatto che avessero
una relazione completa vera e propria o se fossi, per qualche
inspiegabile motivo, gelosa di Jeremy.
Tentai invano di concentrarmi sullo
studio ma ormai non riuscivo a togliermi dalla testa l'immagine di loro
due. A cena facemmo entrambi finta di niente, non riuscivo neanche a
guardarlo in faccia e pure Jeremy sembrava un po' a disagio. Non che ci
fosse qualcosa di cui vergognarsi, in fondo era più che normale ce
avessero la propria intimità, ma proprio non mi riusciva di vederli
insieme, non più. Oramai ero dell'idea che lei avesse un qualche
effetto negativo su Jeremy, non me la raccontava giusta.
Quella sera, come capitava da un po' di
tempo a quella parte, Heric venne a farmi visita per avvisarmi
che nei giorni successivi non ci saremmo visti e non sarebbe venuto a
scuola. Non mi spiegò il perché della sua assenza. Sicuramente si
trattava di una qualche questione da vampiri di cui ancora non si
sentiva
pronto a parlarmi.
Prima che se ne andasse, però, avevo io
qualcosa da dirgli ma non sapevo come e quali parole usare senza essere
fraintesa o apparire patetica ai suoi occhi.
«Heric- esitai nuovamente per
riprendere fiato e per formulare un discorso coerente e coinciso
-perché non ci...provi con me?»
«Cosa vuol dire?» domandò lui
osservandomi curioso. «Non sono forse io ad aver
fatto il primo passo con te?»
«No dico, quel che intendo è
perché non mi hai ancora baciata. Insomma, questa non sarebbe mica
la prima volta per me! Né è la prima volta che vieni a farmi
visita in
piena
notte, nella mia stanza.»
«Meredith, questa non è una
gara per la coppia più affiatata. So che in qualche modo ti
infastidisce il fatto che tuo fratello, o fratellastro, abbia una
relazione.»
Heric avanzò di qualche passo
verso di me e mi prese per le spalle
fissandomi dritta negli occhi. «Non credere che io non sia
attratto da te o che ti veda come un fragile oggetto. Aspettavo solo il
momento giusto e qui, nella tua casa, non lo è per tutta una serie di
motivi.»
In un batter d'occhio Heric
era sul davanzale della mia finestra pronto a fuggire via da me.
«Buona notte Meredith. Fa'
attenzione, a breve ci sarà la luna piena.»
E poi, scomparve avvolto dal buio
della notte.
La mattina dopo non riuscivo ancora a
guardare in faccia Jeremy sia
per l'imbarazzo sia perché mi sentivo umiliata per le sciocche battute
che lui ed Alexis fecero nei miei confronti, ed Heric, col suo fare da
gentiluomo d'altri tempi di certo non aiutava ad affievolire
le mie
insicurezze, mentali e fisiche.
Era così finalmente giunto il
momento di
preparare la mia prima pozione: la
tisana della verità. Ero particolarmente emozionata all'idea e non ero
sicura che il procedimento che stavo eseguendo fosse giusto visto che
nel grimorio non era esattamente spiegato cosa dovessi fare. Misi così
a bollire dell'acqua, un bicchiere per persona come era riportato
nell'antico libro d'incantesimi,
insieme agli ingredienti: 5 petali di Viola del Pensiero, un
rametto di Timo ed infine della Mandragora. Recitai poi a
mente la formula che avevo imparato a
memoria:
«Petali di Viola del Pensiero
per farti dire il Vero,
Un rametto di Timo
per farti confessar per
primo,
Una manciata di Mandragora
affinché non vi sia alcuna
metafora
nelle tue parole,
Un po' d'acqua corrente
per ripulirti coscienza e
mente.
Che questo tuo mistero
così infame, infimo ed
intimo
non sia più la tua àncora
e che la tua parola
sia così reale e coerente.»
Poi, come suggerito nel diario della
nonna, vi aggiunsi qualche petalo essicato di aconito.
Con la scusa di voler di voler
correggere il compito da consegnare e cominciare a
ripetere l'esposizione del nostro progetto di chimica in vista di
mercoledì, mi feci coraggio superando il mio imbarazzo e bussai alla
porta di Jeremy (sperando di non coglierlo nuovamente in
fraglante con Alexis!). Jeremy era solo che leggeva ed era
palesemente a disagio per la scena di ieri. Non disse una parola
ma sembrò stranamente apprezzare il mio gesto di avergli
preparato una tisana.
Lo fissai con attenzione immaginandomi
chissà quale effetto potesse sortire e quanto tempo sarebbe stato
necessario prima di fargli sputare il rospo. Jeremy annusò il vapore
emanato dalla tazza con aria disgustata e ne bevette un sorso, un sorso
soltanto e cominciò a tossire e ad imprecarmi contro.
«Ma che diamine è questo
schifo?- urlò tra un colpo di tosse e l'altro sputando il liquido nella
tazza -Vuoi avvelenarmi?»
«È solo una tisana per aiutare
a concentrarsi. Smettila di fare i capricci!»
«Tu sei una pazza! Mannaggia a te e a queste sciocchezze da strega!»
Corse in bagno a lavarsi i
denti e butto la mia tisana nel lavandino
continuando a blateare insulti nei miei confronti, contro le streghe e
verso la magia.
Il mio piano era dunque miseramente
fallito. La quantità di tisana da lui ingerita era purtroppo
insufficiente per poter essere efficace. Dovevo aver senz'altro
sbagliato qualcosa e corsi su
in soffitta a sfogliare il Grimorio perché forse mi era sfuggito un
qualche dettaglio fondamentale. Rilessi l'introduzione, gli ingredienti
e la formula da
pronunciare e lì giù, in basso a fondo pagina, era scritto con
caratteri
minuscoli, quasi impercettibili, un bel "nota bene" che inizialmente
avevo ignorato.
«Nota bene: aggiungere dell'aconito per
rendere la pozione più efficace. Questa pianta è però tossica
e una dose anche di poco superiore a quella indicata potrebbe essere
addirittura mortale per gli esseri
umani. Quando invece si ha a che fare con creature sovrannaturali,
occorre
aggiungere dell'aconito, detto infatti anche strozzalupo, per i
licantropi, o della verbena per i vampiri. Il fiuto largamente
sviluppato di queste creature della notte potrebbe captarne la presenza
e potrebbero pensare che stiate tentando di avvelenarli. Bisogna dunque
fare particolarmente attenzione.»
«Oddio!»
In quel preciso istante tutto mi sembrò
chiaro e, come se fosse un puzzle, potei collegare tutti i pezzi:
l'atteggiament0 irascibile di Jeremy nelle ultime settimane, il fatto
che Heric, quando andammo a casa sua, disse che di
norma gli animali non
potessero entrare nelle case dei vampiri, il fatto che trovai Jeremy a
vagare nudo nel bosco con del sangue addosso ma senza neanche un
graffio sul corpo, il sogno su un branco di lupi che feci qualche notte
fa
e soprattutto il fatto che non avesse ingerito la mia pozione
contenente appunto dello strozzalupo cominciando a tossire
ripetutamente.
Non era possibile, non poteva essere,
non aveva senso. Niente aveva senso. Anche perché come avevo fatto a
non accorgermi
di nulla, a non accorgermi di ciò che gli stava capitando sotto il mio
stesso tetto? No, era assolutamente impossibile. Assurdo.
Ora non mi restava che aspettare. Mancavano esattamente tre giorni e
quattro notti al plenilunio e in quel lasso di tempo dovevo agire come
se fosse tutto normale e tutto come prima, come se non avessi alcun
sospetto di niente.
Jeremy, dal canto suo, era ancora più
scontroso del
solito dopo i recenti fatti accaduti fra di noi ed ovviamente toccò a
me sia terminare i compiti sia esporre il nostro progetto di chimica
mercoledì davanti a tutta la classe spiegando perché, versando sul
bicarbonato
dell'aceto, quest'ultimo cominci a fare
le
bolle. Ormai del voto non mi importava neanche più, volevo solo
sentirmi libera e darmi pace. Mi sentivo però così sola. Erano ormai
tre giorni che Heric non veniva a scuola ed era irraggiungibile
al telefono, con Alexis i rapporti si erano incrinati sul nascere e
anche con il resto dei ragazzi del gruppo di benvenuto, Nicholas, Matt
e George, era impossibile legare: Nicholas perché ormai era diventato
il fidanzato ufficiale di Ashley, Matt perché era fratello di Alexis e
George perché aveva qualche rotella fuori posto ed era stato più volte
scontroso nei miei confronti. Inoltre, dal momento che ero
così sicura all'inizio che quello sarebbe stato il mio gruppo di amici
di
scuola e considerata la mia repentina relazione con Heric, non avevo
fatto amicizia con
nessun altro. Ero di nuovo catapultata nell'anonimato e nella
solitudine come quando
frequentavo il liceo di Coral Spring e non sapevo come fare per
scavalcare il muro di astio che mi ero costruita attorno a me.
Quel mercoledì infatti, subito dopo la
lezione pomeridiana di chimica, decisi di andare
a far visita alla nonna al cimitero, nel tentativo che lmeno lei in
qualche modo potesse trasmettermi un po' di conforto e serenità. I
fiori che le avevo portato tre settimane prima in occasione del primo
mesiversario dalla sua scomparsa erano ormai appassiti, un po' come lo
ero io. Mi inchinai a raccogliergli e ad accarezzare la lapide.
In quel momento ebbi come l'impressione
che qualcuno mi stesse osservando. Mi alzai di scatto in piedi
guardandomi attorno e, alle mie spalle, comparve la figura di un
ragazzo dall'aria quasi familiare.
«Il tempo è il pilastro che
sorregge ogni segreto- disse leggendo la citazione
riportata sull'epigrafe della lapide della nonna. -Frase curiosa, non
trovi?»
Aveva una voce ipnotica così come ipnotici erano i suoi occhi cerulei.
Rimasi ammaliata e imbamolata a scrutare ogni suo gesto e movimento
impercettibile domandagli se, per caso, conoscesse la mia nonna.
«Questo è un segreto sorretto
dal pilastro del tempo» rispose l'enigmatico ragazzo
in maniera sarcastica sorridendomi beffardamente. Un brivido mi percorse la
schiena quando, passandomi accanto per andare via, mi sfiorò
accidentalmente. Una gelida sensazione sul petto distolse la mia
attenzione dalla sua figura che, a passo lento ma deciso, andava via e
strinsi forte il ciondolo che portavo al collo. Quando mi
voltai verso la direzione che aveva preso, lui non c'era più.
Era scomparso, dissolto fra le tombe. Nella mia vita ora ci
mancavano soltanto i fantasmi, gli spiriti e i poltergeist! Di
questo passo a breve avrei senz'altro avuto un esaurimento nervoso.
Salutai la nonna e mi incamminai verso
casa. Il sole era quasi tramontato e non mancava ormai molto alla luna
piena, la notte della verità.
Quella sera a cena eravamo tutti riuniti
ma era come se ognuno, con la mente, fosse da tutt'altra parte. Joseph
era di malumore poiché un suo paziente era venuto a mancare, Ashley non
si staccava dal cellulare e Jeremy teneva gli occhi fissi sulla
televisione guardando di tanto in tanto fuori dalla finestra. Soltanto
mia madre cercava un po' di risollevare l'umore piatto di quella cena
cercando di far conversazione mentre io continuavo la mia recita
ignorando Jeremy e non dando troppo peso ai miei sospetti nei suoi
confronti durante la trepidante attesa della luna
piena.
Mi cambiai e lavai per andare a letto:
quella sarebbe stata senz'altro una lunga nottata così dopo la doccia
mi preparai un bel caffè e scelsi un libro da leggere, ovvero il De Creaturis
All'interno di quel breve trattato, erano elencate e descritte tutta
una serie di creature magiche e mitologiche che fino a non molto tempo
fa pensavo fermamente esistessero solo nella fantasia o nei poemi
epici. Ma dopo aver appreso dell'esistenza dei vampiri, avrei persino
creduto all'esistenza degli alieni, delle sirene e degli unicorni!
Andai dritta alla sezione dedicata ai
vampiri e ai lupi mannari che, in quel piccolo libretto, erano
contenuti nel medesimo capitolo*. Secondo tale libro, il primo
licantropo fu creato dal Dio Zeus che punì il Re di una qualche città
dell'antica Grecia per avergli servito carne umana. Da questo sarebbero
discesi altri lupi mannari sia per via ereditaria sia a causa di morsi
o graffi. Secondo il De
Creaturis, anche una strega sarebbe capace di trasformare
un essere umano in un licantropo (o in un vampiro) e soprattutto la
strega che lo avesse trasformato, o anche una strega molto potente,
sarebbe in grado di annullare tale incantesimo, ma ad un prezzo molto
alto.
Proseguii la lettura fino a quando non
giunsi a questi versi che, come lame taglienti, mi ferirono
profondamente nell'animo.
«Sia i vampiri sia i licantropi
sarebbero suscettibili all'amore come "punizione" della loro
condizione. Subirebbero il fascino della mortalità e dell'umano ma il
loro essere distruggerebbe ogni possibilità di relazione e di poter
coltivare questo sentimento; sia per il vampiro sia per il licantropo
l'amore è senza speranza alcuna.»
L'amore è senza speranza alcuna, ed io
ed Heric non eravamo di certo un'eccezione per quanto io volessi
crederci. Ma ormai io ero dentro, coinvolta totalmente in questa
relazione platonica. Platonica perché lo sentivo già distante, come se
ormai il sentimento fosse tutto unilaterale.
Un ululato ruppe il silezio di quella
malinconica notte. A quel punto mi
svegliai di colpo, aprii gli occhi rendendomi
conto di
essermi appisolata giusto una manciata di minuti con la luce accesa e
il libro ancora aperto e corsi ad affacciarmi alla finestra. Nel buio
tetro della notte, spiccavano come lucciole, gli occhi luminosi di un
qualche animale. Corsi in giardino facendo le scale a perdifiato:
Jeremy era lì, seminascosto da un albero e accovacciato per terra che
si
teneva la testa tra le mani.
«Jeremy!- bisbigliai andandogli incontro
-che stai facendo lì? Stai bene?»
«Vai via Meredith! Stai lontana!» si
voltò verso di me. I suoi occhi
erano diventati ancora più chiari, gialli e brillavano nell'oscurità.
Da verdognoli che erano, diventarono ambrati come quelli di un gatto al
buio. O meglio, di un lupo. E io li avevo già visti quegli occhi
ambrati, nei miei sogni premonitori.
«Perché sei lì, senza vestiti? Cosa stai
facendo?» in realtà non era
esattamente senza vestiti, indossava giusto un paio di boxer e sapevo
benissimo cosa stesse facendo, anzi cosa gli stesse succedendo.
«Mi sto...mi sto trasformando!» urlò con
voce spezzata e sofferente.
Poi come se ne fosse stato
inghiottito, si addentrò nel fitto bosco.
Angolo
autrice.
*Al capitolo 12 trovate per
esteso il "capitolo" relativo ai vampiri e ai lupi mannari che sta
leggendo la protagonista. Non ho voluto riportarlo tutto per
intero perché è abbastanza lungo e soprattutto perché ho già riportato
la formula magica già scritta nel capitolo 13.
Comunque, questo è un capitolo diciamo
di
transizione e riempimento e, tra l'altro, è il capitolo che ho odiato
di più e che mi ha richiesto più tempo per poterlo scrivere. Infatti
non ne sono molto soddisfatta. A differenza dei capitoli precedenti,
qui vengono
riassunti circa 20 giorni, partendo dalla sera del venerdì 9 aprile
2010 alla notte di mercoledì 28 aprile 2010. Questo perché la
situazione fra i protagonisti è ora abbastanza
stabile, almeno per quanto riguarda la relazione delle due coppie, e
non volevo ammorbarvi con le solite scene
scuola-casa-sogni. Inoltre mi occorreva assolutamente giungere a questa
data, mercoledì
28 aprile 2010, per sfruttare la presenza della luna piena, e credo che
ormai abbiate capito il segreto di Jeremy...
Ciao e alla prossima :)
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