Capitolo XIX
Il passato si arrende al presente
Taro
ricevette il pallone da Izawa a metà campo, sulla fascia
sinistra.
Cominciò
subito a correre, evitando l'intervento di due avversari e saltando
l'energico
tackle di Takasugi.
Entrato
in
area di rigore, avanzò fino a trovarsi a tu per tu con Genzo.
Contrariamente
alle attese, Taro non effettuò un tiro, ma un passaggio alla
sua destra verso
Kisugi che stava arrivando velocissimo.
Il
portiere, sebbene sorpreso, riuscì comunque a cambiare
direzione in tempo per
fermare il potente destro dell'attaccante del Cerezo Osaka.
«Wakabayashi
è davvero imbattibile.» commentò Izawa,
mentre Genzo si rialzava con il pallone
in un braccio, mentre con l'altra mano si sistemava il berretto.
«Puoi
dirlo forte.» disse Teppei, detergendosi il sudore dalla
fronte con una mano
«Neppure con un assist di Misaki all'ultimo secondo e a due
passi dalla porta
riesco a fargli gol.»
«I
suoi
riflessi erano già eccellenti prima, ma ora sono
ulteriormente migliorati.» gli
fece eco Taki.
«Credo
sia
merito anche dei suoi allenamenti di pugilato e kickboxing. In quegli
sport i
riflessi sono tutto.» intervenne Takasugi.
«Alle
Olimpiadi avremo una delle migliori difese del torneo, poco ma
sicuro.» disse
Taro rivolgendo il suo sguardo a un Genzo più silenzioso del
solito,
dirigendosi con gli altri ragazzi verso gli spogliatoi.
Mancavano
ormai soltanto quattro giorni al loro ritorno al J-Village, per il
raduno cui
sarebbe seguita la partenza per Toluca, la sede scelta per il ritiro
preolimpico.
I
ragazzi
di Nankatsu, ad eccezione di Shun ancora in vacanza a Kyushu con
Madoka,
avevano deciso di incontrarsi per un'ultima partitella al campo di
calcio
comunale, sotto il caldo sole mattutino di una primavera ormai quasi al
termine.
«Tra
pochi
giorni ci siamo, ragazzi. E io non vedo l'ora di iniziare! Ho
già i brividi.»
esclamò Ryo, entrando nello stanzino comune dello
spogliatoio, dove gli altri
ragazzi avevano già cominciato a rivestirsi dopo la doccia.
«I
brividi
rischiano di venirmi se Kira schiererà te titolare,
Ishizaki.» intervenne
Genzo, con un sorriso sardonico.
«Ehi,
guarda che ho già giocato da titolare e, a parte qualche
errore, me la sono
sempre cavata e qualche volta ho anche salvato il risultato!»
protestò il
difensore, incrociando le braccia, stizzito.
«Ma
lo
sappiamo bene, Ishizaki. Non hai ancora capito che ti provochiamo solo
perché è
troppo divertente vederti perdere le staffe?»
ribatté Taki, tra i sorrisi e le
risate degli altri ragazzi, che finirono per coinvolgere lo stesso
difensore.
«Avrei
voluto incontrare Tsubasa prima di partire per il Messico, ma a quanto
pare
arriverà in Giappone dopo che ce ne saremo
andati.» disse poi Ryo.
«A
proposito ragazzi, avete visto le ultime foto che ci ha mandato da
Barcellona?
Sanae ha un pancione enorme!» commentò Urabe.
«Sfido,
sono due gemelli!»
«E
così a
ventun anni diventeranno genitori di due figli in un colpo solo. Sono
felice
per loro, ma non li invidio!»
«Non
ti
preoccupare Urabe, tanto non ti sposa nessuna!»
scherzò Kishida, che schivò per
un pelo l'asciugamano che Hanji gli aveva scagliato.
«Ehi,
ti
ci metti pure tu? Non mi posso più fidare nemmeno dei miei
vecchi amici!» si
lamentò indispettito, tra le risate di tutti.
«Quello
che non mi aspettavo era Misaki con Kumi. Non avevo mai notato nulla,
convinto
com'ero che ci fosse del tenero tra lui ed Elena.» disse
Teppei, guardando il
centrocampista.
«Io
vi
avevo detto che eravamo solo amici, ma non mi avete mai
creduto.» rispose,
alzando le spalle.
«Per
forza, dopo ogni partita vi allontanavate insieme! E poi ti incitava
nelle
partitelle, veniva spontaneo pensare che avesse un debole per
te.»
«Ad
averlo
saputo, un pensierino su di lei lo avrei fatto.» ammise
Mamoru, con un sorriso
timido.
Genzo,
che
stava piegando un asciugamano, rimase per un attimo fermo e
corrugò le
sopracciglia. Taro, l'unico a guardare subito verso di lui e ad
accorgersene,
sorrise divertito.
«Scusa
ma
quell'estetista di Yokohama … Chiyoko. Che fine ha
fatto?» lo punzecchiò Taki.
«Non
ci
sentiamo più. Non è mai stato niente di serio,
comunque.» rispose il
centrocampista, facendo spallucce.
«Elena
se
ne va tra poco più di una settimana, se non ho capito
male.» disse Urabe,
tornando all'argomento precedente.
Taro
assentì.
«Sono
contento di averla conosciuta. Si è inserita perfettamente
nel nostro gruppo,
ve la ricordate alla festa a casa di Ishizaki? Dopo poche battute
sembrava già
di chiacchierare come vecchi amici.» commentò
Morisaki.
«Già
e
quando veniva a vedere le partite tifava come se fosse anche lei
giapponese!»
concordò Takasugi, incrociando le braccia.
«Sarebbe bello rivederla alle
Olimpiadi. In fondo da Roma alla Spagna ci si mette poco, in aereo.» considerò
Kishida.
«Beh, non è detto
che non la rincontriamo, in futuro. Io la
conosco da tempo e poi lei, Kumi e Yukari sono diventate amiche, quindi
rimarremo in contatto.» affermò Taro «E
se arriviamo in finale, credo proprio
che a Madrid ci sarà anche lei.»
Dopo
aver
lasciato il campo, il gruppo condivise un tratto del percorso, per poi
disperdersi verso le rispettive abitazioni.
Taro
e
Genzo si ritrovarono così a fare l'ultimo pezzo di strada da
soli.
«Mi
devi
un favore, Wakabayashi. Se Izawa non avesse creduto che Elena stesse
con me, te
lo saresti ritrovato come rivale in amore.»
scherzò il centrocampista.
Il
portiere fece spallucce «Non credo avesse intenzioni
serie.» disse, lapidario.
«Questa
sera le parlerai?»
Genzo
fece
un cenno d'assenso. «Sai … sono un po'
nervoso.» ammise.
«Me
ne
sono accorto. Stamattina non hai quasi spiccicato parola. Non che tu
sia un
chiacchierone, ma a parte la battuta su Ishizaki la tua voce non si
è mai
sentita.»
Genzo
fece un lieve
sorriso.
«È
che non
ho mai dovuto dichiararmi a una ragazza. Non ho mai dovuto confessare i
miei
sentimenti, né sono mai stato incerto sull'esito di una mia
iniziativa. Con
Elena è diverso … lei è
diversa.»
Taro
annuì. Capiva perfettamente quello che intendeva l'amico con
quell'ultima
frase. Se ne rendeva conto ogni volta che pensava a Kumi …
nessuna ragazza lo
faceva sentire a suo agio come lei.
Da
quando
erano tornati a Nankatsu, si erano incontrati praticamente ogni giorno
e
qualche volta era anche andato a prenderla con l'auto all'uscita dal tanki-daigaku.
Stavano
vivendo l'inizio della loro storia con l'entusiasmo della loro giovane
età ma
giorno per giorno.
Già
in
quei mesi si era reso conto che Kumi era una ragazza radiosa, di indole
ottimista ma capace anche di rimanere con i piedi per terra, come
testimoniavano le sue scelte scolastiche e lavorative.
Sarebbe
trascorso almeno un mese prima che si potessero rincontrare in Spagna e
voleva
passare quanto più tempo possibile con lei, per farle capire
quanto tenesse al
loro rapporto.
Era
sicuro
che l'influsso di Kumi avrebbe avuto effetti positivi anche su Elena.
Le
due
ragazze si erano incontrate spesso nelle ultime settimane e il loro
rapporto di
amicizia si era fatto ancora più stretto e confidenziale.
La
sua
amica italiana ormai non negava più i suoi sentimenti per
Genzo.
Kumi
stava
cercando di convincerla a non rinunciare a viverli.
Elena
guardò la sua immagine riflessa nel grande specchio della
sua camera da letto,
contemplando con aria critica la sua figura fasciata in un tubino blu
lungo
fino a poco sopra il ginocchio, con un leggero spacco a lasciare liberi
i
movimenti delle sue gambe.
Era
un
abito che aveva acquistato in una boutique di Sydney, su pressione di
Kumi e
Yukari che avevano sottolineato quanto fosse perfetto addosso a lei.
Aveva
pensato di indossarlo per la serata in discoteca, ma poi l'aveva
ritenuto
troppo elegante e aveva optato per un'altra mise.
Vi
ripensò
con un sospiro. Quella era stata la serata in cui il suo rapporto con
Genzo era
definitivamente passato dall'amicizia all'attrazione reciproca.
Si
rese
conto che stava scegliendo abbigliamento, acconciatura e trucco non
solo in
funzione della serata, ma pensando anche all'impressione che avrebbe
avuto su
lui.
Raccolse
due ciocche laterali e le fissò con un fermaglio.
Poi
abbassò le mani e si guardò i palmi, sbuffando
leggermente nel vedere le
piccole vesciche che li deturpavano.
Tre
giorni
senza parallele non erano bastati a farle scomparire del tutto,
nonostante le
medicazioni.
Pensò
a
quando Genzo le aveva delicatamente prese tra le sue mani,
accarezzandone i
contorni.
Chiuse gli occhi con un altro sospiro.
Ormai qualsiasi cosa
le faceva venire in mente quel ragazzo.
Aveva
anche passato una notte in bianco e pianto, per lui.
Il
confronto con Asami, la serata della finale delle Nazionali juniores e
vederlo
andarsene con la giovane ereditiera le avevano fatto capire che si era
innamorata. O meglio, l'avevano costretta ad ammetterlo.
Il
dubbio
non era più sui sentimenti che provava per Genzo, ma se si
sentiva pronta a
lasciarsi alle spalle definitivamente la sua relazione con Gianluca,
non
facendosi più bloccare dai suoi sensi di colpa.
Il
suo
proposito di aspettare il ritorno in Italia per capire cosa provava per
lui
stava andando in fumo, perché Kumi si era comportata da
perfetto grillo
parlante dicendole che lei in realtà sapeva benissimo quali
fossero i suoi
sentimenti per il portiere, soltanto non aveva ancora trovato il
coraggio di
riconoscerli.
Ma
a che
sarebbe servito tutto questo, se lui non aveva ancora posto fine alla
relazione
con Asami?
Incrociò
lo sguardo di Kumi, seduta sul letto dietro di lei, che la guardava con
un
sorriso d'approvazione.
«Sei
stupenda, Elena. Devi mettere quell'abito! Mi immagino la faccia che
farà
Wakabayashi quando ti vedrà.» disse, ammiccando.
L'insegnante
sorrise leggermente e raggiunse l'amica.
«Oh,
magari si comporterà da cavaliere. Ma domani è
sabato, e se non sbaglio inizia
la due-giorni da dedicare alla sua fidanzata.»
affermò sprezzante, spingendosi
con il busto leggermente all'indietro e poggiando le mani sul lenzuolo
che
copriva il materasso.
Kumi
sgranò gli occhi e increspò le labbra, stupita e
un po' seccata.
«Volevo
aspettare che fosse lui a dirtelo, ma sentendoti parlare
così non posso più
tacere.»
Elena
si
voltò verso di lei, con aria interrogativa.
«Wakabayashi
ha sì lasciato lo Yoyogi Stadium con la Ujimori per andare a
cena con lei e poi
a casa sua.» rivelò, mentre Elena abbassava lo
sguardo e faceva un breve
respiro.
«Ci
è
andato per dirle che la lasciava. L'ha lasciata, Elena, e poi
è andato a
dormire in una stanza al Park Hotel, sempre a Tokyo.»
spiegò, osservandola
mentre la sua bocca si dischiudeva e i suoi occhi si spalancavano.
Poté vedere
la gioia impregnare i suoi occhi azzurri.
«Lui
non
me l'ha detto …» mormorò, pensando a
pochi giorni prima «O forse … era ciò
che
lui stava per dirmi prima che arrivasse mio zio …»
Kumi
annuì.
«Fidati,
è andata così. Il mattino dopo le Nazionali io e
Taro
abbiamo fatto colazione con lui proprio al Park Hotel. Quando gli
abbiamo detto
che tu credevi avesse passato la notte con Asami, era molto rammaricato
e mi è
sembrato anche irritato con sé stesso.» le
afferrò un
braccio, sporgendosi verso di lei «Ora dipende
davvero
tutto da voi.» la esortò, guardandola negli occhi.
Elena
fece
un leggero sorriso, poi chinò leggermente il capo
«Ho paura, Kumi.» ammise,
semplicemente.
La
giapponese la guardò, poi scosse la testa ed emise uno
sbuffo.
«"Ho
paura", "Mi sento in colpa", "Mi piace, ma".» le fece
il verso, stizzita «Basta! Io capisco che tu possa avere
delle remore, ma non
puoi andare avanti così per tutta la vita.»
«Non
è
semplice, Kumi.» replicò, aggrottando le
sopracciglia e assumendo un tono un
po' infastidito.
«Lo
so! Ma
rinunciare a una persona di cui sei innamorata per mantenere un legame
con un
passato che non c'è più, è
deleterio.» ribatté prontamente.
«Tu
e
Wakabayashi non potrete mai più essere soltanto amici. I
vostri sentimenti sono
andati troppo oltre e non potete tornare indietro.» aggiunse
perentoria, mentre
Elena stringeva le labbra e deglutiva, senza sapere cosa rispondere.
«Tu
pensi
solo a quello che succederebbe se gli dicessi di sì,
accettando di amarlo e
lasciarti amare da lui. Prova a pensare a come ti sentiresti se invece
decidessi di rinunciare: lo faresti perché ti senti in
dovere e non perché è la
cosa migliore. Immagina il rimpianto che proverai ogni volta che lo
vedrai
apparire in tv o su qualche articolo … perché lui
è un calciatore famoso e
inevitabilmente ti capiterà di vederlo apparire su uno
schermo o sulle pagine
di qualche giornale. E oltretutto, mica penserai di rompere i contatti
anche
con me e Taro. Perché io ti scriverò, e non ci
sarà un'e-mail o un messaggio in
cui non ti nominerò Genzo Wakabayashi.» la
ammonì con un dito alzato e aria
minacciosa.
Elena
spalancò gli occhi «Ehi, questo è
terrorismo psicologico!» obiettò, pur
divertita dal piglio dell'amica.
Kumi
scosse la testa e le passò un braccio attorno alle spalle
«No, cerco soltanto
di farti capire che hai la felicità a portata di mano e per
questo non devi
scusarti con nessuno.»
L'auditorium
dell'Istituto Shutetsu era ampio e fornito delle più moderne
attrezzature per
le luci e il suono. Il palco era esteso e adatto a ospitare esibizioni
di ogni
genere, dalla recita teatrale al concerto al numero di danza.
«È
già
pieno, ragazzi.» disse Taro, mentre si faceva spazio tra la
folla, seguito da
Kumi ed Elena.
«Dove
stai
andando, Taro?» gli chiese Kumi, notando che il suo ragazzo
non smetteva di
avanzare.
«Sto
cercando dei posti in prima fila.»
«Ammesso
che ce ne siano ancora, non è più corretto
lasciarli ai genitori e parenti
degli allievi?» obiettò Elena.
Taro
socchiuse le labbra per risponderle, ma poi, aiutato anche da un lieve
pizzicotto di Kumi su un braccio, si ricordò del patto
concordato con
Wakabayashi e si limitò a strizzarle un occhio, senza
smettere di dirigersi
verso le prime poltrone.
Un
uomo di
mezza età, probabilmente un segretario, si fermò
davanti a loro.
«Lei
è la
signorina Rulli?» chiese, rivolto alla giovane italiana.
«Prego, si sieda
qui.» le disse al suo cenno affermativo,
indicandole uno dei posti in prima fila, proprio di fronte al palco.
«E
voi
siete il signor Misaki e la signorina Sugimoto, se non erro. Sedetevi
pure
qui.» aggiunse, indicando i due posti accanto, prima di
andarsene.
Elena
lo
guardò con aria interrogativa, poi sedette, stupita.
Si
voltò
verso Taro e Kumi, che però sembravano soprattutto contenti
di potersi godere
lo spettacolo da una postazione privilegiata.
Si
guardò
intorno, perplessa, cercando con lo sguardo l'uomo che aveva tanto
insistito
perché si trovasse lì.
Dopo
pochi
minuti lo vide.
Entrò
accompagnato da uomini e donne tutti più vecchi di lui,
tranne un ragazzo che
doveva avere all'incirca la sua età e con cui sembrava avere
molta confidenza.
Dovevano essere gli altri membri del consiglio direttivo.
Era
vestito con un elegante completo in giacca e cravatta scuri, che
evidenziavano
il suo portamento e il suo fascino.
I
loro
sguardi si incrociarono e lui si arrestò un istante, lo
sguardo tra lo stupito
e l'ammirato, poi la salutò con un cenno del capo e un
sorriso.
Indossava
un elegante abito blu lungo fino a poco sotto il ginocchio, leggermente
scollato e un paio di décolleté dello stesso
colore ai piedi. Donava ulteriore
eleganza alla sua figura e risaltava il suo aspetto nordico.
Era
bellissima … se non fosse stato per il suo accordo con le
ragazze, le avrebbe
chiesto di venire via da lì e di passare la serata soltanto
con lui.
Elena
avvertì un piacevole turbamento, misto a timore che quello
sguardo potesse
vanificare l'effetto delle gocce di ansiolitico che aveva inghiottito
prima di
uscire.
Ma
durò
poco, perché tutti gli spettatori vennero invitati a sedersi.
Le
luci
vennero abbassate e lo spettacolo cominciò.
In
entrambi albergava il rimpianto per non essere seduti l'uno accanto
all'altra,
ma d'altro canto, la lontananza non li avrebbe distratti da quanto
stava per
svolgersi sul palcoscenico.
Lo
spettacolo era piacevole, ben concepito e realizzato.
Numeri
di
danza si alternavano a esibizioni di canto, a volte fondendosi.
Tutti i giovanissimi allievi, guidati
dai loro insegnanti,
si dimostrarono dotati di talento e capaci di trasmettere le loro
emozioni al
pubblico.
Nel
corso
di un intervallo tra un numero e l'altro che sembrava protrarsi
più a lungo
rispetto ai precedenti, Elena consultò il programma che le
era stato consegnato
dopo aver preso posto.
Mancavano
poche esibizioni al termine dello spettacolo.
Le
luci si
attenuarono gradualmente, fino a creare una penombra.
Iniziò
una
canzone che Elena conosceva, ma che non era indicata nel programma.
"Reach"
di Gloria Estefan … una delle sue preferite, che ascoltava
sempre prima di ogni
gara.
Si
trattava del disco originale e non di una versione cantata da
un'allieva
dell'Istituto.
Le
luci si
alzarono lentamente, rivelando cinque figure femminili che si
affiancarono
l'una all'altra per poi avanzare insieme sul palco, su cui
notò che erano state
disposte delle parallele asimmetriche e una trave.
Elena
sgranò gli occhi, il fiato le si spezzò.
Erano
Arimi, Mitsuyo, Shinobu, Hanako ed Emi …
Le
cinque
ginnaste si fermarono e alzarono le braccia, nel tipico gesto di saluto
precedente ogni routine.
Istintivamente
si voltò verso Genzo, che però era parzialmente
coperto da altre persone sedute
in mezzo a loro, che sembravano avere l'espressione attenta ma non
troppo
stupita.
Si
sentì
afferrare una mano e vide Kumi che le faceva l'occhiolino con un
sorriso
complice, lo stesso con cui la guardò anche Taro.
A
turno,
le ragazze eseguirono delle routine di corpo libero, parallele
asimmetriche e trave.
Le
serie
di rovesciate ed enjambée,
di
combinazioni di salti raccolti, carpiati e avvitati catturarono presto
l'attenzione e l'ammirazione degli spettatori.
Erano
tutto ciò che lei e Mayuko avevano insegnato in quei mesi.
I
loro
sorrisi e la scioltezza e coordinazione dei loro movimenti davano
l'impressione
che tutto fosse eseguito con facilità e leggerezza, doti che
da sempre
distinguevano le migliori ginnaste.
Elena
sorrise, fiera di loro.
Se
fosse
stata una gara vera, avrebbero ricevuto come valutazione un "dieci
perfetto" o lo avrebbero quantomeno sfiorato.
Genzo
si
sporse leggermente, per cercare di vedere il viso di Elena.
I
suoi
occhi sembravano più larghi e brillanti, le sue labbra erano
un poco dischiuse:
stava assistendo con un misto di stupore e di ammirazione e orgoglio
per la
coreografia che le cinque ginnaste stavano realizzando con i loro
movimenti e
combinazioni.
Sorrise
e
tornò a guardare l'esibizione.
Alla
conclusione, le ragazze vennero premiate con uno scroscio di applausi
entusiasti.
Si
presero
per mano e, con Arimi al centro, avanzarono quasi fino al limite del
palco e
fecero un inchino.
Quando
il
pubblico smise a poco a poco di battere le mani, la giovanissima
campionessa
prese la parola.
«Sono
Arimi Shimokawa, ginnasta dello Shiroyama Gymnastics Club. Grazie. Il
vostro
entusiasmo ci dimostra che abbiamo fatto un buon lavoro con questo
numero
collettivo. È stata un'idea nata quasi all'improvviso e con
la quale abbiamo
voluto fare una sorpresa a lei.» disse, indicando con una
mano Elena, seduta
proprio di fronte a dove si trovavano loro.
«La
signorina Elena Rulli, una delle nostre insegnanti. Grazie a lei e alla
signorina Mayuko Shiroyama siamo migliorate tantissimo, fino a
classificarci al
primo posto agli ultimi campionati Nazionali juniores. La loro
competenza e la
loro passione ci hanno fatto amare il nostro sport e portato ad essere
tra le
migliori ginnaste del Giappone.» proseguì, mentre
Elena assisteva con aria
incredula e commossa.
«La
signorina Rulli tornerà in Italia tra poco più di
una settimana. Abbiamo voluto
salutarla a modo nostro, per ringraziarla di tutto quello che ci ha
insegnato e
per dirle che non ci dimenticheremo mai di lei!» aggiunse
Mitsuyo.
«Signorina
Rulli, venga sul palco con noi!» gridò Arimi,
saltando giù e afferrandole le
mani.
Elena
tentò una debole protesta, ma alla fine si lasciò
convincere, grazie anche a
una leggera spinta di Kumi.
Salì
sul
palco, dove si posizionò tra Arimi e Shinobu, che le aveva
afferrato l'altra
mano. Si inchinò, con un sorriso commosso e le lacrime agli
angoli degli occhi,
mentre il pubblico ricominciava ad applaudire.
I
suoi
occhi incrociarono quelli di Genzo, che batteva le mani con un sorriso
aperto,
carico di affetto. Era così raro vederlo sorridere in quel
modo … e i suoi
occhi la guardavano con tenerezza e persino con orgoglio.
Un
calore
le si irradiò all'interno del petto: ecco perché
le aveva detto che la sua
presenza era importante. Aveva proposto lui l'inserimento del numero
collettivo
nello spettacolo … e l'aveva fatto per lei.
Lo
spettacolo era terminato da circa mezz'ora e Kumi, Taro, Elena e Genzo
avevano
da poco lasciato l'Istituto Shutetsu.
Era
una
stupenda serata di fine primavera. L'aria era mite, il cielo nero era
illuminato dalla luna piena e dalle stelle.
«Che
meraviglia l'esibizione delle ragazze! E vi giuro che quando hanno
ringraziato
pubblicamente Elena e l'hanno chiamata sul palco, stavo per mettermi a
piangere.» commentò Kumi.
«Senza nulla togliere agli
allievi dell'Istituto, la loro performance è stata quella
che mi ha emozionato
di più. Loro sono bravissime e tu e la signorina Shiroyama
le avete allenate
davvero bene, Elena.» concordò Taro.
«Hanno
creato una coreografia splendida.» ammise l'ex ginnasta,
guardando Genzo che
rispose con un sorriso.
«Volete
andare da qualche parte, ragazzi? Al bar, alla gelateria
…» propose poi Taro.
«Io
preferisco andare a casa.» rispose Elena «Sono un
po' stanca …»
Il
ragazzo
annuì, comprensivo.
«Posso
immaginarlo. Allora noi andiamo al bar, che ne dici Kumi?»
«Tu
che
fai, Wakabayashi?» chiese la mangaka, sapendo già
quale risposta aspettarsi.
«Credo
che
andrò anch'io a casa. Sono ore che ho addosso questo
completo.» disse,
allentandosi la cravatta.
«D'accordo,
allora ci vediamo!» li salutò con un lieve
ammicco, mettendo le sue mani
attorno al braccio di Taro e avviandosi con lui, lasciando Genzo ed
Elena soli.
«Tu
e le
ragazze mi avete fatto una bellissima sorpresa.»
cominciò lei, dopo aver
percorso alcuni metri.
«Sono
venute a casa mia a chiedermi di lasciar loro libera la palestra
dell'Istituto
Shutetsu e di inserire il loro esercizio nello spettacolo. La vittoria
alle
Nazionali juniores ha avuto risonanza anche nella nostra scuola, per
via della
presenza di Mitsuyo e Hanako, e io sono riuscito a convincere i membri
del
consiglio direttivo e gli insegnanti di alcuni club sportivi a spostare
gli
allenamenti in altre strutture, sempre collegate alla scuola.»
Elena
annuì. «Avrò un altro splendido
ricordo. Ho passato mesi bellissimi con queste
ragazze … sentirò la loro mancanza. È
stata un'esperienza più importante e
bella di quanto avrei immaginato.»
«Anche
tu
lascerai un bel ricordo. Ho sentito che Mayuko ha cercato di
convincerti a
rimanere.»
«Già.
Ma
io ho deciso quale direzione voglio dare alla mia vita. Voglio studiare
e
vivere in Italia o in Germania, e magari insegnare ginnastica in
un'altra
palestra per pagarmi gli studi. Mia madre mi ha chiamato ieri e mi ha
detto di
aver avviato l'Anerkennung
per la
domanda d'iscrizione alla LMU.»
Genzo
fece
un cenno d'assenso.
«Sei
sicura di voler andare subito a casa?» chiese, dopo alcuni
attimi di silenzio.
Elena
assentì.
«Allora
ti
accompagno. Vorrei passare ancora un po' di tempo con te.»
ammise.
Lei
indugiò su di lui con lo sguardo, poi sorrise. Le spalle le
tremarono.
«Hai
freddo?»
«No
…
guarda, la casa dello zio è lì a pochi
passi.» rispose, facendogli cenno con il
mento.
«Se
vuoi,
puoi entrare a bere qualcosa.» gli disse, quando furono
giunti davanti al
cancello.
Genzo
assentì e la seguì nel cortile.
Voleva
passare ancora del tempo con lei … e soprattutto, doveva
parlarle. Lo avrebbe
fatto, qualunque cosa fosse accaduta. Tra di loro non doveva rimanere
nulla in
sospeso.
«Spero
di
non disturbare Carlo.»
Elena
scosse la testa «No … lo zio è andato a
Kyoto per assistere a un match e
tornerà domani.»
Genzo
trasse un respiro profondo.
Quello
era
il luogo e il momento. L'unico in cui potevano guardarsi negli occhi
senza
filtri né penombre, con la certezza che nessuno li avrebbe
interrotti né
disturbati.
Fortunately you have got
Someone who relies on you
We started out as friends
But the thought of you just
caves me in
the symptoms are so deep
It is much too late to turn away
We started out as friends
Accarezzò
brevemente Wilhelm, che gli si era avvicinato festoso, e
seguì Elena in casa.
«Birra
o
Bacardi Breezer?» gli chiese, dopo che ebbe chiuso la porta -
e Wilhelm - alle
loro spalle.
«Meglio
non esagerare con l'alcool … Bacardi Breezer.»
«Sono
d'accordo.» sorrise la giovane, dirigendosi verso la cucina.
Prese
due
bicchieri e li riempì con una lattina di gusto limone della
famosa bevanda.
Lui
seguì
i suoi movimenti rapidi e flessuosi, retaggio di anni di
attività sportiva.
«È
stato
meraviglioso vedere le ragazze che facevano quell'esercizio, progettato
con
cura e realizzato senza sbavature. Hanno scelto gli elementi su cui
abbiamo
lavorato di più in questi mesi.» disse lei dopo
che fu tornata nel salotto,
porgendogli un bicchiere.
«Sì,
è
stato bello assistere alla bravura di quelle ragazze e all'entusiasmo
del
pubblico.» concordò «Ma è
stato bello anche vederti così felice.»
Gli
occhi
di Elena si allargarono, in un misto tra stupore e piacere.
«Ed
è
proprio per questo, che ho fatto di tutto per convincere gli
organizzatori
dello spettacolo a inserire quel numero.»
«Sei
gentile.» mormorò, abbassando lo sguardo e
arrossendo leggermente.
Lui
si
mise davanti a lei e le sfiorò il mento con un dito,
facendole sollevare il
viso e incrociare i suoi occhi e le sue labbra piegate in un sorriso
affettuoso.
Anche
Elena sorrise, ma sarcasticamente, nonostante il piacere che le
provocava quel
tocco.
Kumi
non
aveva lasciato spazio a dubbi quel pomeriggio … ma
finché non fosse stato lui a
dirle come stavano realmente le cose, non sarebbe riuscita a crederci
completamente.
«Se
la
Ujimori ci vedesse in questo momento avrebbe seri dubbi sulla
solidità del
vostro rapporto …» disse, scostando il dito di
Genzo dal suo viso.
Il
giovane
alzò un sopracciglio, dapprima stupito dal suo improvviso
cambio di
atteggiamento, ma mantenne il suo contegno: lui si trovava
lì proprio per
parlarle anche di quanto accaduto quella sera.
«Mi
sembra
di cogliere una nota di gelosia in quello che dici, o
sbaglio?» la provocò,
mentre le restituiva il bicchiere ormai vuoto.
Elena
si
voltò di lato, per poi tornare a dargli rapidamente le
spalle. Mise i bicchieri
nel lavandino della cucina, poi tornò nel salotto e si
accostò al tavolo,
accanto al vaso degli Amaryllis.
«Ti
sei
scusato per non aver festeggiato con me, ma avevi un'ottima ragione per
non
venire, no?»
Genzo
strinse la mascella, leggermente infastidito da quel tono ostile. Ma
replicò
con calma, rendendosi conto che ora sapeva perfettamente quali erano le
parole
con cui esprimerle i suoi sentimenti.
«Sì,
effettivamente avevo un buon motivo per non venire alla vostra
festa.» iniziò.
«Dovevo andare a casa di Asami. Per dirle che intendevo
chiudere la nostra
storia.» proseguì, mettendosi di fianco a lei per
guardarla in viso.
«L'ho
lasciata, Elena.»
La
ragazza
strinse le mani attorno al legno del tavolo.
Le
lacrime
le stavano salendo agli occhi e il cuore sembrava volerle uscire dal
petto.
Ma
continuò a tenere gli occhi bassi.
Aveva
bisogno di un'altra conferma.
«Elena
per
favore, voltati. E guardami.» la sollecitò,
mettendole le mani sulle spalle ed
esercitando una lieve pressione, per spingerla a girarsi.
Si
trovarono di nuovo l'uno di fronte all'altra, lei tra il tavolo e Genzo.
«Asami
è
venuta all'hotel dove alloggiavo, pochi giorni prima della finale. Mi
ha detto
che tra voi c'è un legame troppo forte e solido
perché potesse essere spezzato.
E che non dovevo farmi illusioni su di te.» gli
svelò, e stavolta fu lei a
puntargli addosso uno sguardo penetrante e quasi inquisitorio.
Genzo
spalancò gli occhi, sorpreso. Non sapeva nulla di
quell'incontro. Ma non le
chiese altri particolari. Qualunque cosa le avesse detto, in quel
momento non
aveva importanza.
«Ho
parlato con lei e le ho detto tutto. Che non ero più
coinvolto, che non aveva
più senso continuare la nostra relazione. E che da tempo
ormai penso a un'altra
donna … la splendida ragazza che è qui di fronte
a me.» le confessò, mentre i
suoi occhi si spalancavano «Non so se hai superato i tuoi
sensi di colpa,
Elena. Ma non potevo continuare a stare con lei quando pensavo sempre
più a te.
E non potevo nemmeno lasciarti andare senza dirti quello che
provo.»
Elena
avvertì un colpo al cuore. Era vero … quello che
le aveva detto Kumi … era
tutto vero …
Lui
la
guardò.
I
suoi
occhi erano lucidi, luminosi, le labbra leggermente dischiuse. Era
commozione …
Lei
chiuse
gli occhi, stringendoli e sorrise.
Avrebbe
voluto rispondere qualcosa … ma non riusciva a trovare le
parole adatte a
esprimere le sue emozioni. Erano troppo forti, troppo intense, troppo
inaspettate …
Genzo
sollevò una mano, a portarle una ciocca di capelli dietro un
orecchio e la fece
scorrere piano sulla guancia.
Poteva
scostarsi e dirgli di smettere, gliene stava dando tutto il tempo.
Ma
non lo
fece. Continuava a guardarlo, in attesa. Le labbra tremavano
leggermente, così
come il suo corpo.
«Ho
paura
di fare una cosa sbagliata, Genzo …»
mormorò.
Il
ragazzo
le sorrise dolcemente.
«Tu
cosa
vuoi?» le chiese, mettendole di nuovo le mani sulle braccia,
sfiorandole in una
carezza.
Chinò
il
viso sul suo, e lei chiuse gli occhi.
Un
istante
dopo, ogni distanza venne annullata.
Genzo
mosse lentamente le labbra contro quelle di Elena, come se volesse
farle
riprendere confidenza con un approccio e un'emozione cui non era
più abituata.
Erano
morbide … così come la sua pelle.
La
sua
mano risalì e raggiunse il fermaglio con cui aveva raccolto
i capelli e lo
sfilò delicatamente, lasciandolo cadere sul tavolo.
Affondò
le
dita tra quei lunghi e ondulati fili di seta, continuando ad
accarezzarle le
labbra, in modo sempre più audace.
Si
scostò
per poterla guardare. I suoi occhi azzurri sembravano risplendere
…
Aveva
aspettato quel momento per tanto tempo, voleva che lei se ne rendesse
conto.
Entrarono
in contatto di nuovo e stavolta Elena dischiuse le labbra, lasciando
che una
sensazione di calore e di voluttà la invadesse.
Avvertì
le
ginocchia tremare …
Lui
le
passò le braccia attorno alla schiena, per sostenerla e per
stringerla a sé,
man mano che il loro bacio si approfondiva.
Lei
sollevò le braccia, mettendogliele attorno al collo.
Si
ritrovò
così avvolta nel suo abbraccio, e persa nel fervore dei suoi
baci.
Fece
scorrere le sue dita sottili verso l'alto, fino a raggiungere e
stringersi
attorno ai suoi capelli, dietro la nuca.
Il
corpo
di Genzo fremette …
Ora
Elena
stava rispondendo, con una passione pari alla sua.
Avrebbero
voluto prolungare quel momento all'infinito …
Si
staccarono con riluttanza.
Elena
accostò la fronte al mento di Genzo, riprendendo fiato e
accorgendosi che anche
il respiro del ragazzo era leggermente affannoso.
Gli
posò
una mano sul petto e avvertì i battiti accelerati del suo
cuore.
Chiuse
gli
occhi e sorrise, mentre lui le sfiorava la fronte e la tempia con le
labbra.
Si
rese
conto che era quello che aveva desiderato per settimane, forse mesi,
senza
trovare il coraggio di confessarlo a sé stessa.
Genzo
continuò a tenerla stretta. Contemplò il suo
volto leggermente arrossato, gli
occhi trasognati e lucidi.
Si
sentiva
inebriato, quasi stordito. Non aveva mai baciato una ragazza con tanto
trasporto.
Erano
sensazioni nuove, di un'intensità a lui fino ad allora
sconosciuta.
«Elena
…
lunedì parto per il raduno al J-Village e poi
andrò in Messico con la squadra.
Voglio passare questo finesettimana con te. Andiamo a cena, al mare, al
cinema
… dove vuoi. Purché possa rivederti.»
La
ragazza
si scostò leggermente e lo guardò, poi sorrise.
Le
loro
labbra si toccarono ancora e lei gli si abbandonò di nuovo,
come se non avesse
potuto esserci vita fuori dalle braccia e dalla bocca di Genzo.
***Note***
Questo è il tubino indossato da Elena, così
come lo immagino. :-)
Anerkennung: termine
tedesco
che significa "riconoscimento".
I
titoli
conseguiti in Italia o in un altro Paese estero devono essere validati
e
riconosciuti in Germania attraverso una procedura chiamata per
l'appunto Anerkennung.
Per
immatricolarsi a un corso di laurea in Germania sono necessari
principalmente
due requisiti:
un
titolo
di studio di scuola media superiore o equivalente;
conoscenza
della lingua tedesca, generalmente tra un livello B2 del Quadro
Europeo, ad
esempio per i corsi di laurea in lingua inglese, e un livello C2, come
nel caso
di corsi di laurea in traduzione e interpretariato.
Se
si è
diplomati presso un istituto estero, come ad esempio in Italia, si
dovrà quindi
lasciar tradurre il proprio attestato da un traduttore giurato e farlo
riconoscere attraverso questa pratica.
Fonte: MadreinItaly.info
"Reach", la canzone di Gloria Estefan
scelta
dalle cinque ginnaste dello Shiroyama Gymnastics Club per il loro
esercizio, è
il tema ufficiale delle Olimpiadi di Atlanta 1996. Potete ascoltarla qui.
Le strofe inserite nel capitolo
appartengono alla stupenda
canzone "Sign
Your Name" di
Terence Trent D'Arby (oggi si
fa chiamare Sananda Maitreya) contenuta nell'album "Introducing the
Hardline According to Terence Trent D'Arby" del 1987.
Questa
è
la traduzione:
Per fortuna hai qualcuno
che ha fiducia in te.
Abbiamo cominciato da amici
ma il pensiero di te mi preme
dentro
i sintomi sono tanto profondi
(ma) è troppo tardi
per tornare indietro
Abbiamo cominciato da amici.
Altre
parti del testo verranno inserite nei prossimi capitoli,
perché lo trovo
praticamente perfetto per la storia di Genzo ed Elena.
Grazie a tutti coloro che stanno
leggendo questa
storia!
Sandie