Capitolo nono
Waiting for my
damnation - your prosecutor's here
In my own accusation - you can't run from yourself
Oh we're living these lies all alone
So come on and throw the stone
Silver stars in
my black night
Cold as ice but beautiful
Wandering through broken shadows
The river of life is all filled with sins
The water I drink is the blood on my hands
Pray to the gods
I have sold in this game of live and let die
Pray for my soul in this world to deliver me from my sins
Pray...
(“Blood on my
hands” – Xandria)
Jacopo e Antonio erano tornati a Palazzo
Pazzi dopo il banchetto, ma l’uomo non sembrava intenzionato ad andare subito a
letto.
“Intanto tu vai a coricarti e aspettami,
se vuoi” disse ad Antonio, dimostrando una certa fretta di mandarlo di sopra.
“Io devo… ci sono alcuni registri della Banca che devo sistemare, ma ti
raggiungerò presto.”
“Registri della Banca a quest’ora,
Messer Pazzi? Potreste farlo domattina” si stupì il ragazzo.
“Preferisco occuparmene subito e non
pensarci più. Ma salirò presto, non ti preoccupare” promise Jacopo.
E invece Antonio era molto preoccupato e faceva anche bene,
perché Pazzi non aveva alcun registro bancario da sistemare. Doveva piuttosto
incontrarsi con Salviati e gli altri deficienti per fare il punto sulla loro
disastrosa congiura, dopo il casino che Vespucci e Montesecco avevano quasi
combinato durante il banchetto di quella sera!
Il giovane Orsini salì in camera, ma non
si preparò per coricarsi; invece attese qualche minuto e poi, silenziosamente,
scese di nuovo le scale, guidato dalle voci che sentiva provenire dallo studio
di Jacopo.
“Conte Montesecco, Madonna Lucrezia
stava per scoprirvi” diceva Salviati, irritato per la brutta piega che avevano
preso le cose. “Non potevate essere un po’ più prudente?”
“Non credo sia colpa sua” lo difese
Bandini. “Temo invece che abbiano sospettato… o magari sanno tutto, forse è
stata Clarice a parlare al marito, potrebbe aver visto qualcosa di sospetto
quando è andata a Roma!”
“E Giuliano non si è fatto vedere, sono
sicuro che il suo malessere fosse una scusa bella e buona” esclamò Vespucci,
che ancora non aveva capito che per fare bene una cospirazione bisogna essere discreti e silenziosi. “Se i Medici
sospettano, forse non si mostreranno più insieme in pubblico.”
“Saranno insieme domenica, alla Messa di
Pasqua” tagliò corto Jacopo, gelido.
La temperatura scese di parecchi gradi
nella stanza e soprattutto Antonio, dietro la porta, si sentì raggelare
dall’orrore. Quello non poteva essere
il suo Messer Pazzi, l’uomo che lo aveva portato a passeggiare proprio quella
mattina e gli aveva promesso che avrebbero comprato una villa tutta per loro
sulle colline sopra Firenze (eh, già, perché lui mica lo aveva capito che
quella villa era un premio di consolazione dopo aver fatto sgozzare i Medici…)!
Come poteva suggerire non soltanto di assassinare Lorenzo e Giuliano a sangue
freddo, ma di farlo addirittura nella Cattedrale, durante la Messa pasquale?
No, non era possibile, quello era un incubo, non poteva essere vero, Messer
Pazzi non era così!
Quella proposta sembrò scuotere pure la
coscienza di Montesecco, che in quel momento ricordò di averne una… o forse
voleva solo evitare un’altra figura di merda, considerato come erano andati i
piani fino a quel momento!
“Io non verserò il sangue dei Medici in
una Chiesa” affermò senza possibilità di replica. “Con i miei uomini prenderò
il Palazzo della Signoria per voi, Messer Pazzi, ma dovrete trovare qualcun
altro per colpire Lorenzo e Giuliano in un luogo consacrato!”
Ci fu un attimo di comprensibile
sgomento tra i congiurati, visto che l’unico che pareva capirci qualcosa di
omicidi si era appena chiamato fuori… poi fu Vespucci a concludere la sua
serata trionfale con l’ennesima
stronzata.
“Mi occuperò io di accoltellare
Giuliano” si offrì, fregandosene allegramente della Chiesa, del luogo
consacrato e della Messa pasquale.
Gli altri lo guardarono stupiti. Nessuno
di loro lo considerava un cuor di leone e, tanto meno, un abile assassino della
tempra di Montesecco… ma, insomma, dovevano accontentarsi di quello che
avevano.
“E sia! I Medici cadranno domenica,
davanti all’altare, con la benedizione di Dio e di Papa Sisto” concluse Jacopo,
che, a quanto pareva, aveva un’idea tutta sua personale della religione.
Antonio, intanto, era lacerato dal
dolore, incredulo e pieno di dubbi. Adesso non poteva più negare che Messer
Pazzi fosse pienamente d’accordo con coloro che volevano uccidere Lorenzo e
Giuliano (e vabbè, c’era arrivato solo allora, che ci volete fare?), sebbene
non volesse sporcarsi le mani personalmente, e c’era anche di peggio! Lui, che
era un uomo così ligio alle tradizioni, così serio, dignitoso e rispettoso dei
riti sacri… come poteva anche solo pensare di compiere un assassinio proprio
nella Cattedrale, durante la Messa di Pasqua? Il povero ragazzo era sopraffatto
dalla sofferenza, avrebbe voluto correre da qualche parte e urlare e piangere e
buttar fuori tutto il suo dolore.
Ma non poteva.
Doveva ascoltare ancora, doveva capire.
Aveva due sole possibilità: avvertire
Lorenzo e Giuliano prima di domenica… ma, in quel caso, Messer Pazzi sarebbe
stato arrestato e giustiziato con gli altri congiurati. No, questo Antonio non
poteva permetterlo. Degli altri congiurati, a essere sinceri, non poteva
fregargliene di meno, ma avrebbe preferito morire lui piuttosto che consegnare
Jacopo al boia. Perfino ora, davanti a quell’orrore, non smetteva di amarlo con
tutto se stesso.
Aveva un’altra possibilità: informarsi a
fondo sulla congiura e su ogni mossa degli assassini, aspettare domenica e poi…
fermarli lui stesso nel momento fatale. Non sapeva come, non sapeva cosa
avrebbe fatto, ma qualcosa avrebbe trovato.
Per questo doveva ascoltare, sapere
tutto nei minimi particolari.
“Dunque, voi ed io pugnaleremo Giuliano”
ripeté soddisfatto Vespucci, rivolgendosi a Bandini. Sarebbero stati i due
Priori a sedersi dietro il più giovane dei Medici e a colpirlo.
“Io taglierò la gola a Lorenzo per
vendicare mio padre e Volterra!” dichiarò tutto tronfio Maffei, che ancora una
volta dimostrava che nella faccenda di Volterra non ci aveva capito proprio un
beneamato.
“E, dato che Montesecco non ci sarà”
fece Salviati, lanciando un’occhiata velenosa al congiurato assenteista, “sarà un nostro alleato, Stefano da
Bagnone, a fiancheggiarvi. E’ un presbitero della Chiesa dei Santi Apostoli, un
sostenitore della nostra causa, possiamo fidarci di lui.”
Sì, beh, c’era davvero della bella gente nel clero ai bei vecchi tempi… E ogni tanto qualche altro
idiota che volesse partecipare a quella congiura di disperati lo trovavano pure
loro!
“Voi e Stefano da Bagnone vi metterete
dietro Lorenzo e lo colpirete alla gola, in caso portasse un’armatura” spiegò
Salviati.
“Il segnale per colpire tutti insieme
sarà quando il Cardinale Riario solleverà l’ostia consacrata, sull’altare”
concluse Jacopo, cupo, fornendo gli ultimi dettagli ai congiurati.
Ai congiurati e anche ad Antonio, il
quale, avendo udito già abbastanza, si affrettò a ritornare nella camera da
letto di Pazzi, preparandosi per coricarsi e concentrandosi il più possibile
per non scoppiare a piangere. Jacopo lo avrebbe raggiunto presto e non doveva
capire che lui sapeva…
Anzi, nonostante tutto ciò che aveva
ascoltato, il ragazzo sperava ancora che il suo affetto avrebbe potuto
sciogliere la morsa di ghiaccio che racchiudeva il cuore dell’uomo, che avrebbe
potuto fargli cambiare idea, indurlo a ritirarsi, magari perfino a rivelare ai
Medici tutto il piano prima che arrivasse Pasqua.
Quel pensiero parve riscuotere Antonio e
infondergli nuova speranza: sì, era quello il modo, l’unico modo giusto! Ci
avrebbe pensato lui, avrebbe agito in modo da costringere Jacopo a mettersi contro i suoi stessi alleati. Certo,
avrebbe funzionato, doveva funzionare!
Tutta Firenze avrebbe visto che Jacopo Pazzi non solo non era assolutamente complice
di quell’orrendo complotto, ma che anzi lo avrebbe sventato personalmente.
Nessuna colpa sarebbe ricaduta su di lui e sarebbero stati solo i veri
responsabili a pagare!
Perché ciò accadesse, Antonio doveva
agire nel modo giusto e non sbagliare una mossa… ma sarebbe andata bene, se lo
sentiva. Non poteva fallire, semplicemente non poteva.
Congedati gli illustri ospiti, Jacopo si avviò verso la sua stanza dove Antonio
lo stava aspettando.
Si sentiva strano e non capiva perché.
Avrebbe dovuto essere compiaciuto, entro
tre giorni i suoi nemici di sempre, i Medici, sarebbero stati eliminati una
volta per tutte… ma non era così, non era soddisfatto, anzi. Già solo
pianificare l’assassinio insieme a quella manica di imbecilli lo aveva
innervosito e per questo aveva cercato di tagliar corto il più possibile per
mandarli via. Era infastidito dalla loro stessa presenza, non sopportava più la
loro vista e le loro chiacchiere insulse. Odiava a morte Vespucci e Maffei per
l’entusiasmo dimostrato all’idea di tagliare la gola a Lorenzo e Giuliano: ma
che accidenti avevano da entusiasmarsi tanto? Cos’erano, degli psicopatici? Lui
voleva togliere di mezzo i Medici, certo, ma aveva accettato la loro morte
proprio come ultima spiaggia, visto che non era riuscito a mandarli in rovina o
a cacciarli da Firenze come avrebbe desiderato da anni. Cosa c’era di tanto
entusiasmante in una congiura, per di più fatta con i piedi come la loro?
Idioti, erano solo degli idioti, tutti quanti. I Medici dovevano essere
eliminati per il bene di Firenze, di questo lui era convintissimo, era la
missione della sua vita (eh, beh, lui la pensava così!), ma eccitarsi all’idea di dare la morte a qualcuno… che razza di persone erano? Si
sentiva contaminato già solo per aver condiviso lo studio con loro e aver
respirato la stessa aria…
Voleva andare da Antonio, aveva bisogno
di raggiungerlo al più presto!
Entrò nella stanza e lo vide seduto sul
letto, ad attenderlo, con i grandi occhi scuri e preoccupati che lo fissavano.
“Messer Pazzi, va tutto bene?” gli
chiese il giovane. “Avete problemi con la Banca? E’ per questo che non potevate
aspettare domani per sistemare i registri?”
Al solo vedere quel dolce e tenero
ragazzino e percepire il suo affetto immenso e incondizionato, Jacopo sentì
svanire ogni irritazione e nervosismo. Pacificato, si sedette sul letto accanto
a lui e gli circondò le spalle con un braccio, attirandolo a sé.
“Va tutto bene, non preoccuparti, era
solo una piccola noia che ho risolto” rispose, affondando il viso tra i suoi
capelli morbidi e godendo del suo calore e del suo profumo. Lo strinse più
forte e lo baciò, mentre ogni sentimento negativo svaniva e si trasfigurava
nella dolcezza di quel contatto sempre più intimo e profondo. Continuò a
baciarlo mentre si distendeva su di lui, lo avvolgeva nel suo abbraccio e lo
prendeva. Si perse infinite volte nella meraviglia dell’intimità con Antonio e
ogni volta i pensieri si facevano più remoti, fino a dimenticare perfino i
volti e le voci di quegli avvoltoi dei congiurati. Non c’era altro al mondo,
solo quella perfetta bolla d’amore che racchiudeva lui e Antonio… non sarebbe
stato magnifico se fosse rimasto tutto così, per sempre?
Molto più tardi, con Antonio accoccolato
e addormentato tra le sue braccia, Jacopo aveva raggiunto la perfetta serenità
e anche lui stava per lasciarsi andare al sonno.
Una piccola spina rimaneva, in tanta
dolcezza e tenerezza: e se qualcosa fosse andato storto (non era da escludersi,
visto le epiche figure di merda
collezionate fino a quel momento da Montesecco & co.)? Se fossero stati
scoperti?
Pazzi aveva sempre agito come se non ci
fosse un domani, perché tanto non aveva nulla da perdere, ma adesso le cose
erano cambiate, lui aveva trovato Antonio e quel ragazzino era pian piano
divenuto il suo bene più prezioso. Era davvero così importante raggiungere il
potere? Così importante da uccidere? Così importante da mettere a rischio la
sua stessa vita e la felicità che, finalmente, aveva conosciuto?
E, cosa ancora più importante… ma quel
benedetto uomo non se le poteva essere poste prima, quelle domande? Prima di impelagarsi in una cospirazione
insieme a quella schiera raccogliticcia di cretini che si eccitavano all’idea
di sgozzare Lorenzo e Giuliano?
Il tempismo, a quanto pareva, non era la
dote più manifesta di Jacopo Pazzi!
Fine capitolo nono