Ci aveva
provato.
Gli aveva intimato di andarsene, gli aveva detto di
ritirarsi, gli aveva ripetuto di arrendersi: tutto inutilmente.
Non era qualcosa che a Galvatron capitava spesso, perlopiù
tendeva a porre fine alle vite che a cercare di risparmiarle ma, per
una volta,
aveva provato per davvero a far sì che le cose non finissero
in quel modo.
«Come fai a restare ancora in piedi, Starscream?!»
La lama della Spada Stellare -unica delle tre armi
leggendarie rimaste in suo possesso da che Thrust aveva tradito i
Decepticon e
portato a Unicron le altre due- come sempre rifulgeva di azzurro, ed
era
conficcata nel petto del seeker.
«È il minimo che io possa fare!»
Sorrideva, Starscream.
Era ferito gravemente, eppure sorrideva.
Perché? Galvatron non riusciva a capirlo, ed era tanto
colpito da quel gesto folle del suo soldato che improvvisamente la
presenza di
Optimus Prime non aveva più importanza, come non aveva
importanza che Unicron
avesse iniziato a fare il diavolo a quattro.
Sebbene quel mostro si fosse ulteriormente animato e stesse
scagliando devastanti fulmini sulla superficie di mezzo pianeta
-scenario degno
di una manifestazione d’ ira divina, che però in
quel caso era una semplice
dimostrazione di forza- nessuno di essi sarebbe stato, per il leader
dei
Decepticon, potente quanto il fulmine a ciel sereno rappresentato dalle
azioni
di Starscream, ancora cosciente, ancora in piedi.
«Non capisco… da dove stai traendo tutta questa
forza?!»
Negli ultimi tempi lo aveva visto irrequieto per colpa di
Unicron e aveva tollerato fin troppo pazientemente -secondo la propria
opinione- le sue chiacchiere su quanto sarebbe stato saggio accettare
la
proposta di alleanza contro Unicron fattagli da Optimus Prime,
però Galvatron
non avrebbe mai pensato a un simile epilogo, con Starscream trafitto
dalla sua
lama.
«Non c-credo che questo… abbia importanza, ora,
Galvatron».
Vero, il loro rapporto era sempre stato abbastanza difficile:
in particolare l’ultimo periodo trascorso sulla Terra, in cui
il seeker si era
ribellato e si era unito agli Autorobot. Quella era stata una mossa
avventata
da parte del ragazzo, che se l’era presa a male solo
perché lui e quel
traditore di Thrust avevano deciso di abbandonarlo sul campo di
battaglia per
andare a prendere il Requiem Blaster nella base degli Autorobot.
Base semivuota, dal momento che la maggior parte della
squadra di Prime era, per l’appunto, sul campo.
Nulla di che insomma, soprattutto perché Starscream era
tornato vivo e quasi del tutto integro alla base lunare,
però il suo carattere
troppo sensibile e delicatino lo aveva fatto reagire come un giovane
che decide
di fuggire di casa per fare torto ai genitori… e che poi,
come tale, torna
all’ovile.
Starscream infatti era tornato, portandogli in dono lo Scudo
Stellare che fino a quel momento era stato in mano agli Autorobot, lui
aveva
deciso di riprenderlo e, a parte il trascurabile
momento in cui aveva cercato di costringerlo a distruggere la Terra con
il
Cannone Idra, Galvatron riteneva di poter affermare di essere stato per
lui un
leader generoso e molto accomodante, a riprova del fatto che la
“questione
ammutinamento temporaneo” era finita lì.
Almeno per lui. Starscream invece si era…
“La lama della sua spada è inattiva, mi ha
lasciato
un’apertura mentre combattevamo”.
…si era lasciato colpire di proposito?
Lo guardò nuovamente in faccia. Aveva ancora quel sorriso.
Sì: lo aveva fatto di proposito.
«Dimmelo! Perché hai voluto che io ti trafiggessi,
soldato?!
Hai deliberatamente scelto di sacrificarti!»
Fu solo allora che il seeker, senza mutare espressione,
cadde all’indietro. La sua spada, ormai inutile,
andò a conficcarsi nel
terreno.
Stava avendo quel che voleva. Ancora non del tutto, perché
era vivo -con delle cure avrebbe potuto perfino scamparla-
però non sarebbe durata
ancora molto.
Era determinato a farla finita, l’unica cosa buona del poter
ancora parlare era la possibilità di tentare ancora una
volta di convincere
Galvatron ad allearsi con Optimus.
Tentare di convincere il proprio leader… e, prima, parlare
con lui per davvero, finalmente.
“Mi ascolterai almeno adesso, Galvatron? Starai a sentire
davvero quel che ho da dire per una volta nella tua vita?”
«Ti ricordi… molti, molti anni fa… ti
feci un giuramento,
Galavtron: che mai avrei potuto tradire…»
«Lo progettavi da tempo, non è vero?!»
Per lui quella faccenda si era conclusa, ma allora perché, perché quel folle e stupido
d’un ragazzo
non l’aveva capito e non aveva fatto quel che avrebbe dovuto,
ossia
considerarla conclusa a sua volta?! Se per lui, Galvatron, una cosa era
a
posto, allora avrebbe dovuto esserlo per tutti, soprattutto per i suoi
sottoposti.
Loro erano lì per obbedirgli, non per pensare troppo, non
per “sentire”. Così aveva creduto fino a
quel momento, sbagliando.
«Sì, è così… ma
tutto questo avrebbe potuto essere evitato,
se mi avessi mostrato un po’di rispetto!»
riuscì a dire il seeker, con
un’energia di cui nemmeno lui sapeva stabilire la
provenienza.
Forse era l’esasperazione profonda, forse era la
disperazione o forse la consapevolezza che erano i suoi ultimi momenti,
oppure
era tutto insieme.
«Risparmia il fiato adesso» disse il leader dei
Decepticon,
brusco come suo solito nonostante fosse alquanto scosso.
Non erano tempo né luogo giusti per parlare di certe cose
-non solo per Unicron e i fulmini, ma anche per la presenza di Optimus-
e a dir
la verità riteneva di aver già visto e sentito
abbastanza. Starscream aveva
fatto una follia, lui aveva capito perché, quindi non si
poteva passare alla
parte in cui ognuno tornava alla propria base e quello schizzato di un
seeker
veniva curato?!
«Ho provato a guadagnarmi la tua stima, ma nulla di quello
che facevo sembrava andare bene» continuò
imperterrito Starscream, deciso a
usare le forze rimaste per sputare fuori tutto quel che aveva da dire
prima di
cercare definitivamente la fine «Non importava quante
battaglie combattessi,
trovavi sempre il modo di umiliarmi. Poi ho visto come Optimus
Prime» il quale,
dopo aver evitato di intromettersi nel loro combattimento, si stava
avvicinando
«Trattava i suoi soldati, e ho capito quanto lui fosse
onorevole… al contrario
di te».
In fondo alla Scintilla, Galvatron era consapevole che
purtroppo almeno la prima parte del discorso Starscream era del tutto
vera… però,
per un attimo, un sonoro “Ma vaffanculo!” e il
pensiero di lasciarlo lì a
crepare come lui desiderava gli vennero in mente lo stesso.
«Eri troppo debole per guadagnarti la mia stima»
sentenziò,
mentendo e sapendo di mentire. Lui era il suo soldato più
forte, lo era sempre
stato.
«Tutto questo ormai non ha più
importanza!» esclamò il
seeker, con uno sforzo mastodontico per sfidare l’impossibile
e rialzarsi in
piedi, come aveva sempre fatto, ancora una volta «Devi
ascoltarmi! Fai ciò che
dice Optimus, unisci le tue forze alle sue o non ci sarà
scampo per nessuno!»
emise un verso strozzato «Ti prego… fallo per
me».
L’espressione sul suo volto era dolorante, un
po’supplicante
perché sperava con tutta la Scintilla di essere ascoltato ed
era anche sollevata,
perché aveva detto tutto quel che doveva dire e a breve
avrebbe messo fine a
ogni dolore, a ogni dramma interiore.
Tutto questo però cambiò nell’istante
in cui vide dietro
Optimus e Galvatron cinque persone che non avrebbero dovuto
assolutamente
essere sul posto.
«C-cosa…»
Il gruppetto di matti gentili e da galera lo aveva seguito.
Erano lì, immobili, a guardare con la scena con gli occhi
sgranati e del
sincero dispiacere dipinto sui loro
volti.
Per cause di forza maggiore, alias cercare di raggiungere
Starscream zigzagando tra un fulmine di Unicron e l’altro,
erano arrivati solo
nel momento in cui il seeker era stato trafitto. La scena cui avevano
assistito, in tutta la sua drammaticità, aveva avuto anche
su di loro un
impatto tale da calmare temporaneamente i bollenti spiriti, inclusi
quelli di
Stylequeen -il che era tutto dire.
«Andate via da qui!» intimò loro
Starscream, barcollando in
avanti «È pericoloso! Andatevene!»
Forse Optimus Prime, voltatosi e visto il gruppo di civili
neutrali, avrebbe dovuto urlare qualcosa di analogo a quel che aveva
urlato
Starscream, eppure il solo pensiero che avesse in mente era “Oddio, quelle”.
«Si può sapere con chi diavolo stai
parl-» avviò a dire
Galvatron, salvo interrompersi appena si voltò a guardare
dietro di sé «Ah… era
impensabile che poteste essere voi, qui e ora, ma forse è
proprio per questo
che avrei dovuto immaginarlo. Non provate a-»
«Quando si incontra qualcuno a quest’ora si gli si
dice
innanzitutto “Buonasera”, brutto villano che non
sei altro!» lo interruppe
Stylequeen, cui sentirsi rivolgere la parola aveva fatto passare
l’effetto
dovuto alla scena drammatica.
«Nessuno si rivolge a me in questo modo, tantomeno una femme
col cervello andato in tilt da quando è caduta in un lago di
vernice rosa!»
ribatté Megatron, dirigendosi verso i cinque a grandi passi
«E in ogni caso non
sono interessato né a te né a qualunque idiozia
tu abbia voglia di strillarmi
contro, quindi tu e quelli che non mi interessano levatevi di
torno!»
C’era una sola persona in quel gruppo con cui gli
interessasse parlare, e quella persona era Deathstar.
Quando lui e i Decepticon si trovavano ancora sulla luna
terrestre, a nulla era valso dare alle forze Decepticon di stanza a
Cybertron
l’ordine di cercare lei e il suo gruppo, a nulla era valso
aspettarsi di
vederla saltare fuori in un qualunque momento improbabile vissuto in
Terra e
dintorni -e ce ne erano stati parecchi- e a nulla era servito essersi
iscritto
ai social in un momento libero, aver trovato Stylequeen e averle
perfino
scritto per poter parlare con quella femme dalle ali rosse e dallo
strano
potere: tutto quel che aveva ottenuto era stato poter guardare i video
e le
immagini del gruppo, fino a quando era stato bloccato. Ricordava di
essere
rimasto colpito e incredulo dalla serenità che trasmettevano
la maggioranza di
essi.
C’era un’immagine in particolare che aveva in
mente, quella
di Deathstar che, ridendo, aveva spruzzato in aria l’acqua di
una pozzanghera
con quella che doveva essere stata una piroetta piuttosto sghemba.
Guardare
quell’immagine e le altre gli aveva dato
l’impressione che la guerra non li
stesse toccando affatto, come se fossero stati protetti da una sorta di
bolla.
«A-andatevene» gemette Starscream, cercando di
camminare in
avanti «Andat-»
Barcollò pericolosamente ed era probabile che sarebbe
caduto, se Zoira e Mintaka non fossero corse a sorreggerlo.
«Il dottore del gruppo non sono io ma credo che anche non
Stylequeen
possa fare molto, qui» disse Zoira «Non so come tu
possa essere sopravvissuto
né tantomeno come tu possa riuscire a stare in piedi,
è impossibile, n-non…»
chiuse un attimo gli occhi, ritrovando la calma «Il tuo
tentativo non è andato
a buon fine, hai delle possibilità di sopravvivere, quindi
sfruttiamole e
cerchiamo di estrarre questa spada, va bene?»
«Possibilmente prima che a Galvatron venga in mente di
sparare a Stylequeen, di dare il via a un inseguimento per cercare di
prendersi
Deathstar o entrambe le cose» aggiunse Pkangu, avvicinatosi
con molta più
calma.
«Però durante il procedimento mi sa che
è meglio cercare di
andarci piano, cioè, gli hanno ficcato una spada nel
petto» disse Mintaka «È un
punto delicat-»
Pkangu, con un unico gesto secco, estrasse la spada dal
petto di Starscream, che emise un rantolo di dolore e sarebbe crollato
nuovamente a terra se le due femmes non lo avessero tenuto in piedi.
«Prego» disse il jetformer, conficcando nel terreno
la Spada
Stellare «Hai delle componenti fisiche invidiabili, se fossi
in te non le
sprecherei tentando di uccidermi un’altra volta».
Ingoiando una serie di improperi dovuti all’indelicatezza,
Starscream si limitò a lanciargli un’occhiataccia.
Tornò a guardare Galvatron
giusto in tempo per vedere che lo stava guardando a sua volta e, appena
se ne
accorse, girarsi con aria innervosita verso la tizia rosa ancora
intenta a
dargli dello zotico.
Pareva proprio non volerlo morto, se aveva lasciato che quei
tre si avvicinassero per assisterlo.
“Io però sono così
stanco…” pensò il seeker, cui la voglia
di porre fine alla propria esistenza non era ancora passata.
«… e sei TU
che non
parli così a ME, hai
capito?! Non c’è
da meravigliarsi che tu sia single! Non hai educazione! Non hai stile!
Hai la
finezza di un branco di armodrilli ubriachi!»
continuò Stylequeen, sempre
rivolta a Galvatron «E guarda come hai ridotto quella povera
stellina lì, lo
hai portato al suicidio e poi l’hai quasi ucciso tu stesso,
ma non ti
vergogni?!»
«“Stellina”»
ripeté il leader dei Decepticon.
«Uccidetemi. Mi chiamerà in quel modo da qui alla
fine dei
miei giorni, uccidetemi subito» borbottò
Starscream.
«…a proposito, complimenti per aver fatto qualcosa
di
concreto per impedire che il povero Allegria, che ti stima pure, si
mettesse in
mezzo nella battaglia tra te e Galvatron finendo a farsi
trafiggere» applaudì
Deathstar, all’indirizzo di Optimus Prime
«Bravo!»
«Io gli ho detto più volte di andarsene ma era una
cosa
loro» ribatté Optimus, dopo un attimo di sconcerto
per essere stato apostrofato
in quel modo «Non ci si intromette in un duello
altrui».
«Però si lascia tranquillamente che altri si
intromettano
nel proprio, perché meglio una spadata a loro che a
te» replicò la femme «Ha
senso eh, ma a questo punto “onorevole” una
sega».
«Non hai idea della soddisfazione che sto provando in questo
momento, Prime» disse Galvatron, con un sogghigno
«E tu sei saltata fuori
proprio al momento giusto, femmina con le ali rosse.
Quell’affare nel cielo»
alias Unicron «Mi ha già causato troppe seccature,
inclusa quest’assurdità di
dovermi alleare con il mio nemico giurato. Non puoi
occupartene?»
Forse perché Unicron lo aveva sentito, forse semplicemente
per il gusto di farlo, scagliò una dozzina di fulmini
contemporaneamente tutto
attorno a loro, senza colpirli ma più vicino di quanto
avesse fatto in
precedenza. Era come osservare un gatto intento a giocare con dei
topolini, che
si stava divertendo a ricordare loro che erano in trappola e toglieva
loro
spazio di secondo in secondo.
«Noi dovremmo andarcene da qui» mormorò
Mintaka.
«M-ma Galvatron, io credevo che avessi capito-»
avviò a dire
Starscream.
«L’ho fatto» lo interruppe Galvatron
«Ti ho capito. Per
quanto riguarda il resto però è una decisione che
spetta a me soltanto, se posso
evitare di allearmi con Prime è meglio
così».
“Ma di che sta parlando?!” pensò
Optimus. Sperava di
sbagliarsi ma le parole di Galvatron lasciavano intendere che quella
femme lì
possedesse abilità strane come quelle di Sideways, se non
qualcosa di peggio
-cosa che, guardandola, nessuno avrebbe mai detto.
Deathstar gli rispose con un’occhiata perplessa.
«Tralasciando
che comincio a pensare che mi chiameresti “femmina con le ali
rosse” anche se
fossi la madre dei tuoi figli, non capisco cosa intendi col dire che
dovrei
occuparmene, perc-»
Non riuscì a finire la frase, perché
l’attimo successivo si
ritrovò a non toccare più i piedi a terra, solo
vagamente consapevole di essere
stata presa da qualcuno che ora era a mezz’aria,
l’aveva issata su una spalla e
aveva afferrato anche Stylequeen.
«ZOIRA!»
gridò
Pkangu «Via!»
Il Decepticon depresso per il momento era salvo, del recolor
mancato -del quale Stylequeen si stava già lamentando mentre
si contorceva
nella sua presa- non gli importava granché e Galvatron si
era messo in testa
idee troppo strane per i suoi gusti, o che in generale poteva essere
pericoloso
cercare di realizzare, quindi Pkangu riteneva opportuno tagliare la
corda.
«Voi non andrete da nessuna parte! Mi avete sentito?!»
sbraitò Galvatron «Mi avete-»
Fu allora che Unicron, forse perché alcune prede
minacciavano di abbandonare il campo mentre lui voleva continuare a
divertirsi,
decise che era il momento di iniziare a giocare un
po’più duro.
Il fulmine che sparò in quell’occasione, di uno
spessore e
una potenza nettamente superiori a quelli di prima, colpì il
terreno e,
indirettamente, tutti i presenti, a parte i tre che erano in aria.
Optimus e Galvatron erano i più vicini al punto
dell’impatto, ma…
«ZOIRA! MINTAKA!»
urlò Pkangu, persa tutta la
calma abissale che aveva mantenuto fino a quel momento.
Zoira aveva esitato troppo, presumibilmente per non aver
voluto mollare Starscream di botto lasciandolo cadere, finendo per
essere
colpita assieme a Mintaka.
Non c’erano zone franche in quel biancore assoluto causato
dal fulmine e, per quanto Pkangu le stesse cercando disperatamente
facendo
guizzare i sensori ottici da una parte all’altra come un
forsennato, non
riusciva a vedere neppure le sue due amiche, mentre le altre due per
colpa di
grida e movimenti inconsulti minacciavano seriamente di scivolare via
dalla sua
presa.
“Fa’ che non le abbia ammazzate, fa’che
non le abbia
ammazzate” pensava il jetformer
“Fa’che-”
[…]
Quando i suoi sistemi tornarono online, ci furono degli
istanti in cui Galvatron si sentì piuttosto confuso. Tutto
quel che udiva erano
voci ovattate, tutto quel che vedeva erano luci e ombre prive di senso.
Quando la visuale si schiarì e riuscì a ragionare
un minimo,
cercò di fare mente locale: si trovava nel luogo
d’incontro che lui e Optimus
avevano fissato per le trattative. Avevano iniziato a combattere poco
dopo, o
meglio, lui a combattere e Prime a difendersi. Poi era arrivato
Starscream, e…
“Starscream!”
Gli tornò in mente tutto quel che era capitato
dall’arrivo
di Starscream in poi, incluso il fulmine finale con cui Unicron aveva
colpito
tutti, e il primo pensiero fu: “Avrà resistito
anche a questo?”.
Si rizzò a sedere e, appena lo fece, riuscì a
vedere il
seeker a poca distanza da lui. Le due femmes non c’erano,
dovevano aver provato
ad allontanarsi quando il fulmine aveva già colpito terra.
Sentì delle voci femminili, una delle quali sembrava
particolarmente isterica ma in quel momento non se ne curò,
così come non notò
che Unicron stava facendo una pausa nel suo far danni.
Impiegò solo un attimo per raggiungere Starscream, ancora
privo di sensi. La prima cosa che vide fu che, nonostante tutto quello
cui era
stato sottoposto, la Scintilla del suo soldato splendeva ancora
fieramente
dallo squarcio sul petto, sfidando l’impossibile.
«Starscream… ti ordino di smetterla di comportarti
come un
rammollito e di svegliarti immediatamente! Mi hai sentito?!»
L’ordine parve essere percepito per davvero dal cervello del
seeker che, con un fievole gemito, si svegliò sul serio
pochi istanti dopo.
«Ecco. È così che si comporta un vero
soldato Decepticon»
disse Galvatron.
Solo allora iniziò a dare attenzione anche a tutto il resto
delle cose e delle persone che aveva attorno, notando che Optimus Prime
si era
svegliato a sua volta e aveva già iniziato a rialzarsi. Per
non essere da meno,
lui fece lo stesso.
«Unicron ha colpito per bene stavolta» furono le
prime
parole del leader degli Autorobot
«Starscream…»
«Vivo. È perfino sveglio».
«Incredibile. Meglio così» disse
Optimus, del tutto sincero.
La conversazione tra i due leader venne interrotta dalle
esclamazioni e dagli strilli dei civili.
Strilli che ora ai loro recettori uditivi stavano assumendo,
per la maggior parte, l’inquietante forma di
“Mintaka, Mintaka non si sveglia,
non reagisce, Mintaka è fredda, la Scintilla di Mintaka non
può essersi spenta,
ma lei è fredda, è
fredda”.
«Svegliati! Svegliati!»
strillò Stylequeen,
dimentica di ogni nozione di medicina, mentre scuoteva
l’amica inerte «MINTAKA!»
«Non si sveglia… non si
sveglia…» ripeteva Pkangu, in
ginocchio, incapace di accettare quel che stava vedendo.
«A-abbiamo provato ad allontanarci m-ma non… anche
i-io sono
stata colpita però… p-però
non…» stava farfugliando Zoira,
anch’essa china su
Mintaka, con gli occhi sgranati dallo shock e pieni di lacrime
«Io mi sono
ripresa, perché lei invece?...»
In realtà conosceva la risposta: Mintaka in
gioventù era stata
molto cagionevole -cosa plausibile nei cybertroniani nati naturalmente-
e,
sebbene col tempo si fosse irrobustita rispetto al passato, laddove la
fortuna
ricevuta “di riflesso” non riusciva a proteggerla
era ancora poco resistente.
«Oh no» mormorò Optimus
«Senti, penso che entrambi siamo
d’accordo sul fatto che Unicron va fermato e che da soli non
ce la facciamo,
quindi ora vado a fare qualcosa per quei civil-»
Galvatron gli strinse un polso, trattenendolo sul posto.
«Fermo, Prime».
«Ma-»
«Fermo» ripeté il mech, senza tuttavia
guardare il suo
nemico giurato.
La sua attenzione era rivolta tutta a Deathstar che era in
piedi, immobile a fissare Mintaka con gli occhi sbarrati e lacrime
silenziose a
rigarle le guance.
Nella mente di Galvatron si affacciò nuovamente
l’immagine
che aveva visto in rete, quella dell’acqua della pozzanghera
e della piroetta
sghemba. Ricordò l’impressione che aveva avuto,
quella della “bolla” che aveva
tenuto quei cinque lontani dalla guerra e dalle sue possibili
conseguenze.
La bolla si era rotta.
Vide Deathstar iniziare a tremare.
«Quella cosa» disse la jetformer, con voce chiara
nonostante
tutto «Deve morire».
Al leader dei Decepticon fece un effetto stranissimo -e
trovò significativo- vedere gli altri tre del gruppo, quelli
al capezzale di
Mintaka, alzare le teste simultaneamente con espressioni da
“Oh, cazzo”.
«Quella cosa deve…» le si
spezzò la voce e quel che stava
dicendo divenne un grido «Deve
MORIRE!
Muori!» gridò
ancora con tutta la
rabbia e la disperazione che aveva in corpo, rivolta a Unicron
«Muori!»
ripeté, ancor più stridula di
prima «MUORI!!!»
Il grido fu talmente “inumano” e di tale lunghezza
che
Galvatron pensò che la scatola vocale di quella femme
dovesse essere diventata
inservibile.
Vide Stylequeen abbandonare il capezzale dell’amica (forse)
morta per andare a stringere Deathstar, senza che
quest’ultima avesse alcuna
reazione. Dovette riconoscere che quella svitata rosa, pur essendo
un’isterica
schizzata, forse aveva almeno un pregio.
E lì, accadde.
L’aria divenne più elettrica di quanto i fulmini
di Unicron
l’avessero mai resa, divenne pesante, densa come melassa.
Calò per qualche attimo un silenzio del tutto innaturale,
spezzato
poco dopo dai Minicon che, se prima fluttuavano
nell’atmosfera di Cybertron
decisissimi a combattere Unicron e cercare di limitarne i danni almeno
un
pochino, adesso stavano sciamando in ogni dove come se qualcosa li
stesse
facendo impazzire, emettendo un suono acuto, fastidioso e terribilmente
simile
al grido d’orrore più acuto e potente che si fosse
mai udito.
«Che sta succedendo?! Galvatron!»
esclamò Optimus «Che sta
succedendo?!»
Una linea rossastra irregolare, luminosa e tanto lunga da
non riuscire a vederne la fine comparve in cielo, dietro Unicron.
I cybertroniani non potevano saperlo, ma Unicron e le sue
dimostrazioni di potenza avevano attirato l’attenzione di uno
Yog Sothoth in
cerca di uno stuzzichino.
«Quel che succede a sfidare troppo la sorte,
Prime».
La linea si allargò, rivelando la propria natura di
spaccatura che dava sull’abisso dell’Orrore
più assoluto.
Optimus Prime aveva vissuto tante cose strane nella propria
esistenza, era perfino morto e risorto di recente, però
nulla avrebbe mai
potuto prepararlo a questo. Anzi, la precedente esposizione al
paranormale
l’aveva reso più sensibile di altri alla
consapevolezza di essere alla presenza
di qualcosa di distorto e malvagio, un’entità
mostruosa che rendeva Unicron -Unicron,
il mostro che stava nel cielo e
minacciava il loro pianeta e l’Universo intero- uno
scherzetto, una bazzecola,
il nulla assoluto.
Quando le luci di quei bulbi vitrei si spostarono tutte
insieme, come fossero stati occhi intenti a guardare Unicron, e
filamenti della
carne protoplasmatica di quella cosa avvolsero
il mostro che tanto li aveva preoccupati fino a quel momento, lo
sconcerto
divenne orrore e l’orrore divenne follia. La reazione
più naturale di fronte a
un’aberrazione inconcepibile che sfuggiva a ogni
ragionamento, a una deviazione
rispetto a ciò che era conosciuto che per Optimus risultava
inaccettabile, seppur
fosse parte di una realtà dannata.
La sua mente sconvolta non riuscì neppure a registrare il
fatto che Galvatron stesse ridendo.
Era cosa tutt’altro che nuova sentirlo ridere nei momenti
meno consoni e più improbabili, e lo stava facendo anche
dinanzi al Dio Esterno.
Un po’forse era dovuto a una mezza reazione folle per la
semplice
presenza di quest’ultimo, molto invece era dovuto alla
soddisfazione.
“Avevo ragione! Lo sapevo! Questo è ciò
di cui è capace!”
pensò, riferendosi a Deathstar, che secondo la sua opinione
era responsabile di
quell’apparizione “Questo è quello che
cerco!”
Rise ancora, avvertendo distintamente un rumore di
masticazione, dovuto al fatto che quell’orrore avesse
iniziato a il suo pasto,
facendo scomparire a morsi Unicron in recessi del suo disgustoso essere
che
costituivano una sorta di bocca.
Rise ancor di più vedendo gli sforzi inutili che il titano
-come faceva ridere quella definizione, ora che Unicron stava venendo
divorato!- in forma planetoide stava facendo nel tentativo disperato di
liberarsi, mentre il suono del suo grido straziante si univa al suono
acuto dei
Minicon ancora terrorizzati.
Una scena terrificante, eppure Galvatron si sentiva
entusiasta.
« Questo è quello che cerco!»
esclamò, stavolta a voce alta
«Esattamente questo!»
Abbassando lo sguardo, vide Starscream che fissava il cielo
con aria terrorizzata e piangeva.
Fece per rimproverarlo, poi però cambiò idea,
avendone avuta
una migliore.
«Un buon motivo per evitare l’aldilà:
per quanto ne sappiamo
davvero, potresti trovarti davanti
quello» disse, alludendo al Dio Esterno nel cielo
«Hai ancora voglia di morire,
Starscream?»
Il seeker non rispose, limitandosi a fare una faccia ancor
più spaventata.
No, non aveva più voglia di morire, gli era passata
completamente.
«Immaginavo» commentò Galvatron
«Optimus Prime, pare che-»
«YOG SOTHOTH FTHAGN!»
urlò Optimus, preda
di una risata
isterica e completamente fuori di sé «Egli
è la Porta e la Chiave! Il figlio
del Caos e del Vuoto! Egli è Passato, Presente e Futuro! Il
Tutto in Uno! L’Uno
in Tutto! YOG SOTHOTH! YOG SOTHOTH! YOG-»
Un diretto in faccia da parte di Galvatron, inquietato più
dalla reazione di Optimus che da tutto il resto, zittì il
leader degli
Autorobot.
Dopo qualche momento in cui lo sguardo di questi rimase
perso nel vuoto totale, venne attraversato da un brivido e nei suoi
occhi tornò
un minimo di lucidità.
«C-cosa, come-» balbettò, immemore di
tutto ciò che aveva
gridato. Aveva l’impressione di essere sprofondato in una
voragine oscura per
qualche momento, o per secoli, ed esserne appena uscito.
«Il mio soldato a terra ferito è meno rammollito
di te, mi
deludi».
Di cosiddetti “rammolliti” però
sembravano essercene fin
troppi. Durante il suo incontro con Optimus, Autorobot e Decepticon
avevano
continuato a darsi battaglia altrove, e i suoi recettori uditivi non
captavano
più il rumore di spari a distanza: tutto ciò che
udiva adesso erano le urla
assatanate di migliaia di transformers.
Quello di Unicron, del quale ormai al mostro -Yog Sothoth?-
restava un singolo frammento da divorare, non si sentiva
più. Era andato.
“Fanno così perché loro non sanno
quello che so io, non
sanno che lo ha evocato lei”
pensò
Galvatron “Per vendetta e che quindi una volta finito
andrà via”.
Le cose non stavano precisamente così, perché il
Dio Esterno
cercava cibo da prima che Mintaka venisse colpita, ma Galvatron non
poteva
saperlo, né saperlo lo avrebbe fatto smuovere dalla sua
convinzione che
Deathstar lo avesse portato lì.
La tiepida reazione dei cinque civili era, secondo lui,
un’altra conferma della sua teoria: Zoira e il mech jetformer
si stavano
tenendo per mano, senza fare altro, Stylequeen continuava a tenere
stretta
Deathstar -in modo un po’più convulso di prima,
però era tutto lì- e, quanto a
quest’ultima, continuava a piangere silenziosamente e a
fissare con espressione
assente la cosa che aveva evocato, come a dirle “A me basta
che tu tolga di
torno Unicron, il resto non mi interessa”.
L’ultimo pezzetto di Unicron venne masticato da Yog Sothoth
che, per nulla interessato a quei granelli di polvere privi di potere
rilevante, decise di andarsene. Quella fatta era stata una merenda
soddisfacente, perfetta per placare la sua voglia di uno spuntino.
Dopo un rutto mega galattico che i cybertroniani scambiarono
per l’ennesima manifestazione della sua malvagità
incomparabile, la frattura
dimensionale nel cielo iniziò a richiudersi rapidamente.
La formidabile creatura svanì all’improvviso,
così com’era
venuta… e, poiché il rutto aveva scagliato in
aria alcune “briciole” del pasto,
lo Scudo Stellare, il Requiem Blaster e parte di quella che un tempo
era stata
la testa di Thrust atterrarono a neanche dieci metri da Optimus e
Galvatron.
Sembrava che alla fine l’ex stratega Decepticon che si era
schierato con Unicron e gli aveva portato due delle tre armi
leggendarie fosse
rimasto vittima delle proprie decisioni sbagliate.
“Spero che tu un
giorno muoia peggio che male, per quel “tutte e
due” che hai detto”.
“Te l’ho detto
già
l’altra volta, Coso, ti auguro di morire malissimo,
perché tu non mi piaci!”
O forse di una maledizione, o di entrambe le cose. Non era
dato sapere!
«È… è andato»
constatò Optimus, con un filo di voce, ancora
sconvolto e spaventato all’idea che il mostro magari tornasse
«Non posso crederci,
non ci credo…»
«…la volete piantare di comportarvi come
mammolette
isteriche?! È andato, e Unicron con lui, tanto meglio e
basta!» sbottò
Galvatron nel comm-link rivolto ai propri uomini, mentre si affrettava
a
raccogliere il Requiem Blaster, lo Scudo Stellare e a recuperare la
Spada
«Quindi smettetela di scaricarvi l’energon esausto
addosso e portate qui
un’astronave, Starscream ha bisogno di cure mediche. E fate
in fretta! Idioti!»
concluse «Bene, Prime, dov’eravamo rimasti con la
nostra trattativa riguardo
l’alleanza? Ah, sì: scordatela pure. Ti
schiaccerò come stavo già per fare
prima che Unicron si mettesse in mezzo».
Quella pessima notizia mandò definitivamente in malora la
giornata di Optimus. «Non puoi parlare sul serio, come puoi
voler combattere
ancora dopo quello che abbiamo visto?! Sei pazzo!»
Galvatron sogghignò. «Senti la sconfitta che si
avvicina,
mh? Fai bene, anche perché da oggi in poi avrò
una quarta arma su cui contare»
affermò, indicando il Deviant Team con un cenno del capo.
Peccato che, dopo aver fatto questo ed essere tornato a
guardare la femme dalle ali rosse, avvertì una sensazione
strana e
sgradevolissima all’altezza della Scintilla. Lei stava ancora
piangendo, ora
col volto tra le mani, e nonostante Stylequeen fosse ancora
scombussolata il
suo abbraccio era tornato a essere tenero, puramente consolatore in un
dolore
condiviso.
Quello avrebbe potuto essere il momento giusto di cui
approfittare per tirare Deathstar definitivamente dalla sua parte. Una
persona
cara le era venuta a mancare, era fragile, bisognosa di sicurezza, e
chi
avrebbe potuto darle più sicurezza del futuro imperatore
Galvatron?
Sulla carta era tutto perfetto, tuttavia non se la sentì.
Non riuscì nemmeno ad avvicinarsi ad alcun membro del
gruppo.
«Una quarta arma su cui contare» ripeté
«Quando si sarà
ripresa un po’. Ma quando arriva quella maledetta
astronave?!» sbuffò.
Zoira accarezzò il viso di Mintaka. Si sentiva terribilmente
in colpa: si riteneva responsabile per aver esitato troppo e non essere
riuscita a decollare assieme a lei e si riteneva responsabile per aver
insistito col voler cercare di salvare Starscream, un semi sconosciuto,
finendo
col perdere qualcuno che invece conosceva da una vita.
In un certo senso si riteneva responsabile anche per la
comparsa del mostro che aveva mangiato Unicron perché, se
loro cinque non
fossero andati lì, a Mintaka non sarebbe successo nulla e
quell’abominio -che
ovviamente l’aveva spaventata- non sarebbe mai apparso.
«Perdonami» mormorò, poggiando la mano
sulla guancia tiepida
di Mintaka.
Un momento.
Tiepida?!
«AAAH!»
strillò
Mintaka, tornata improvvisamente online, rizzandosi a sedere di scatto
«Ma
che cazzo?!...»
Pkangu e Zoira urlarono per la sorpresa, finendo quasi per
cadere all’indietro. Stylequeen si voltò verso di
lei con gli occhi azzurri già
grandi resi enormi dallo stupore.
Deathstar fece lo stesso, asciugando ogni traccia di lacrime
col dorso di una mano. «Sei viva!»
strillò,
un po’rauca per colpa dell’urlo disperato di prima,
raggiungendo Mintaka con un
balzo «VIIIIIIIVA!»
ripeté,
stritolandola in un abbraccio.
«Beh, certo» disse Mintaka, un po’confusa
per quella
reazione «È stato un brutto colpo ma sono
viva… ragazzi, ero veramente messa in
modo tale da farvi pensare così tanto male?»
chiese loro, notando che stavano
piangendo.
«Eri fredda. Eri fredda come solo un transformer morto
può
essere ma forse… forse siamo stati precipitosi, forse non
eri davvero fredda
come ci eri sembrata, o forse il colpo preso ha portato la tua
Scintilla a
un’attività talmente minima da non far avvertire
nemmeno un po’di calore, o…
ah, chi se ne frega» concluse Pkangu, unendosi
all’abbraccio, così come Zoira e
Stylequeen subito dopo.
«Salva anche lei… meglio
così» commentò Optimus.
La femme con le ali rosse aveva gridato a Unicron di morire
e lui era stato divorato vivo, quindi più stava tranquilla
meglio era.
Il pensiero di un potere del genere lo atterrì: e se un
giorno qualcun altro del gruppo fosse morto, cos’avrebbe
fatto quella donna?
Avrebbe evocato di nuovo quel mostro o qualcosa di addirittura peggiore
che
avrebbe distrutto non solo il responsabile, ma tutto
l’Universo?
E cosa sarebbe successo se, per disgrazia, Galvatron l’avesse
davvero convinta a unirsi a lui?
“Meglio così, sì”
pensò Galvatron. Se Mintaka era viva e
Deathstar era a posto poteva tornare al piano originale, anche
se… in quella
sua idea c’era qualcosa che mancava. Lo sentiva, ma non
sapeva cosa fosse.
«Mi dispiace di avervi fatti preoccupare, mi dispiace
tanto»
si scusò Mintaka, contrita e ancora abbracciata a Deathstar,
alzandosi in piedi
con un po’di aiuto di quest’ultima «Non
volevo che…»
Si interruppe.
Guardando in alto aveva visto che mancava qualcosa.
«’Star».
«Dimmi».
«Che fine ha fatto Unicron?»
Deathstar si staccò dall’abbraccio e sorrise, con
tutta la
naturalezza del mondo. «È comparso un altro mostro
che se lo è mangiato e poi è
andato via».
«Mangiato» ripeté Mintaka.
«Sì, ‘Taka» annuì
la jetformer «Mangiato. Gnam gnam. Addio
UniStronz».
Dopo un istante, Mintaka fece spallucce. «Perfetto
direi!»
“Tutto qui?!” pensò Optimus
“Tutto qui quel che hanno da
dire su- dove sta andando Galvatron?!”
“Mangiato. Gnam gnam”.
Quelle parole e quella calma assoluta nel descrivere
l’accaduto avevano fatto capire a Galvatron qual era il
tassello che mancava
alla sua idea.
Raggiunse Deathstar con pochi passi, facendola voltare verso
di sé. «Matrimonio. Ora».
Silenzio tombale e sconcerto generale.
«Tu e chi?» chiese Deathstar a Galvatron,
genuinamente
perplessa.
Al leader dei Decepticon cascarono le braccia. «Come sarebbe
a dire “Tu e chi”?! Intendevo-»
«NOOOOOON
ESISTEEEEEEEEEE!» strillò Stylequeen,
riuscendo non si sa come ad
agguantare Deathstar per la vita, sollevarla sopra la propria testa e
correre
via con lei come se non pesasse nulla «NON
CON QUELLO ZOTICO COLORATO MALEEEEEEEE!»
«Cos… ah!» realizzò
Deathstar, piegando la testa
all’indietro per guardare Galvatron «Intendevi me e
te!»
Stavolta Zoira non esitò nemmeno un secondo ad alzarsi in
volo con Mintaka, così come Pkangu non esitò ad
acchiappare Stylequeen e
Deathstar e volare via con loro. Giusto in tempo, dato che
l’astronave
richiesta da Galvatron era in avvicinamento.
«RIPORTATELA QUI IMMEDIATAMENTE,
VOI-» avviò a dire, solo per essere
interrotto e buttato a terra da una
spallata improvvisa di Optimus, che aveva deciso di agire nonostante si
trovasse davanti un Galvatron munito Spada, Scudo e Blaster.
«A tutti gli Autorobot: sono in arrivo cinque civili, sono
tre
volanti e due terrene di cui una tutta rosa, date loro
un’astronave col modulo
per l’iperspazio! Una di quelle fornita di tutto! È UN ORDINE!»
gridò Optimus nel comm-link.
«Grazie!» esclamò Zoira, lontana ma non
abbastanza da non sentire.
«Come osi?!» diede in escandescenze Galvatron,
puntando il
Requiem Blaster contro l’avversario «Come osi
intrometterti tra me e mia
moglie?!»
«Non è tua moglie! Ed è meglio perdere
un’astronave che
darti modo di averla vicino!» ribatté Prime, che
dopo aver evitato il colpo del
Blaster solo per un soffio fu costretto a darsi ingloriosamente alla
fuga
«Jetfire, ci sei?!»
–Ci sono. Sono nei
paraggi, arrivo subito. Optimus, hai visto anche tu quel…
quel mostro? Hai
visto cos’ha fatto? Lo ha divorato! Ha divorato Unicron! Per
tutti i Prime, ma
da dove è saltato fuori?!–
«Ne parliamo dopo!» tagliò corto
Optimus, avvertendo il
calore di un altro colpo del Blaster passargli troppo vicino.
«Scappa! Scappa pure! Tanto la pagherai cara per esserti
messo in mezzo!» sbraitò Galvatron
«Cybertron è quasi tutta nelle mie mani, ho
le tre armi e il deus ex machina che doveva impedirti di essere
sconfitto da me
è stato mangiato! MI HAI SENTITO?!
Io
ti schiaccerò, Optimus Prime!»
Optimus continuò a fuggire, cercando di soffocare quel lato
di lui che, data la situazione attuale, temeva che Galvatron avesse
ragione.
.:: Circa
un’ora dopo, astronave madre dei Decepticon ::.
Non poteva credere di essere veramente sopravvissuto a
quella giornata. Era conciato male, infatti era in terapia intensiva,
però era
vivo e non più attanagliato dal desiderio di farla finita.
“Per quanto ne
sappiamo davvero, potresti trovarti davanti quello.
Hai ancora voglia di morire, Starscream?”
I macchinari cui era attaccato, a causa dell’agitazione,
iniziarono a emettere dei “bip” minacciosi.
Doveva cercare di stare calmo, lo sapeva, però era
inevitabile che al pensiero di Yog Sothoth -aveva udito le grida folli
di
Optimus Prime e, captato quel nome, chissà perché
si era sentito certo che
fosse quello giusto- tornasse a provare un terrore profondo.
La porta scorrevole dell’infermeria si aprì.
«Starscream».
Il seeker piegò la testa di lato.
«Galvatron».
«I medici hanno confermato che te la caverai. Riuscirai
perfino
a tornare operativo in breve tempo, il che è ottimo. Unicron
non esiste più,
dunque dobbiamo solo vincere la guerra… che
c’è?»
«Pensi ancora alla guerra dopo quel che hai visto?»
ebbe il
fegato di chiedergli Starscream «N-non… non
sarebbe meglio restare uniti, se
mai cose come… non so, un altro Unicron, o il mostro che lo
ha divorato o
qualche altra cosa ancora dovessero presentarsi?»
«Sono convinto che esistesse un solo Unicron e che
l’altro
mostro non si farà più vedere, a meno che
l’amica della femmina con le ali
rosse “muoia” di nuovo così di botto,
cosa di cui dubito. Non farti problemi,
Starscream».
«Io avrei voluto che vivessimo tutti in pace»
mormorò il
Decepticon, ignorando Galvatron e il fatto che avesse alzato gli occhi
al
soffitto «E poi... se invece non l’avesse evocato
lei come pensi, se lui fosse
arrivato qui per fatti suoi attirato dal potere di Un-»
«Deathstar ha
urlato a Unicron che doveva morire e lui è morto,
così come Thrust, cui tempo
addietro aveva augurato la stessa cosa. Lo ha evocato lei e lo ha fatto
andare
via una volta finito, certo che è così! Anche
perché se non fosse così... se
quel mostro fosse venuto qui di propria volontà e un giorno
decidesse di
tornare per farci fare la fine di Unicron, non potremmo fare
assolutamente
niente a riguardo» disse Galvatron «Neppure
alleandoci con gli Autorobot. Tu a
quale versione preferisci credere, soldato?»
«Lo ha sicuramente evocato lei con quelle sue
abilità
strane, Galvatron».
«Appunto. Riguardo al voler vivere in pace, se spazziamo via
gli Autorobot la guerra finirà. Tu impegnati a far
sì che i Decepticon vincano
e il tuo desiderio di pace verrà esaudito».
«Ma se tu e Optimus-»
«Non mi alleerò mai con il bastardo che ha
interferito nel
matrimonio tra me e mia moglie! E non dire che non è mia
moglie!» lo avvertì
Galvatron «Lo sarà, quindi è come se lo
fosse già!»
«Ma allora dicevi sul serio quando parlavi di
sposarla?!»
allibì Starscream.
«Quella femmina con le ali rosse è la prima cui ho
parlato
di matrimonio e l’ultima cui ne parlerò. Una volta
sconfitto Optimus, durante
la nostra espansione nel resto del cosmo, la cercheremo e la
troverò!» dichiarò
«La troverò, dovessi dare alle fiamme mezza
galassia!»
«Ma non è necessaria, insomma, abbiamo le tre
armi, possiamo
riuscire da soli a espand-»
«Ovvio che ce la facciamo da soli, Starscream. Ritieni
plausibile il contrario?!»
«No, certo» si affrettò a dire il seeker
«Però non capisco.
Se non è strettamente necessaria, allora…
perché?»
Galvatron fece spallucce. «E perché no?»
Guardandolo uscire dall’infermeria, Starscream
pensò che il
periodo post guerra da passare dando la caccia a quei cinque si
preannunciava
incasinato.
Molto, molto incasinato.
.::Nel frattempo,
nella nuova astronave del Deviant Team::.
«Ma come si fa?! Ma io non lo so! Ma che modi! Ma che roba!
Ma non sa stare al mondo! Ma ci rendiamo conto?! Vi siete incontrati
tre volte,
la prima delle quali ha cercato di spararvi addosso e adesso,
così di botto,
senza senso, se ne esce col matrimonio! Vi conoscete appena! E non ha
parlato
di cambiare quei colori orrendi della sua corazza: rosso scuro,
arancio, viola,
bianco, grigio, ma che senso hanno?! Tu lo vedi? Certo che non lo vedi!
Perché
non ce l’ha!... e ti viene a parlare di matrimonio!
Non esiste proprio!»
Dal momento in cui avevano raggiunto gli Autorobot, avevano
ricevuto l’astronave ed erano partiti in fretta e furia
lasciando il pianeta
Cybertron, Stylequeen non aveva fatto altro che parlare del matrimonio
che,
secondo lei, “non s’aveva da fare”. Era
più sconvolta lei per quella proposta
di quanto lo fosse la destinataria.
«In effetti è andato un pochino di
corsa» concordò Deathstar
«Avrebbe potuto chiedermi di uscire insieme, invece di fare
una proposta che
nemmeno avevo capito!»
«Se invece ti avesse chiesto di uscire tu cosa gli avresti
risposto?» le domandò Stylequeen «A
parte “Dopo che ti sarai lasciato
verniciare dalla mia amica altrimenti non se ne parla
proprio”?».
«Gli avrei risposto “Non
oggi”».
Pkangu, finito di impostare la rotta dell’astronave,
abbandonò i comandi. «Più che di
proposte e richieste dovreste parlare di
ordini e comunicazioni. C’è qualche
probabilità che non sia un mostro completo,
ma sempre di Galvatron si parla».
«E io la penso come Pkangu. Sono sincera, adesso come adesso
non vi vedo bene né sposati né a bere qualcosa
insieme da qualche parte» disse
Mintaka «Non finché manterrà questi
toni, anche se in futuro riuscisse davvero
a dominare su tutto».
«Eeee questo è uno dei motivi per cui gli avrei
risposto
“Non oggi”. Anche se il principale è che
questa è stata una brutta giornata»
sospirò Deathstar «Difatti mi sa che tra poco vado
a dormire».
«E io con te» aggiunse Zoira
«È stata proprio una giornata
da dimenticare… anche se, al di là dei brutti
momenti, noi siamo sempre messi
meglio di quel povero disgraziato col petto rott- no!
Non iniziare! Ti avviso!» esclamò,
rivolta a Stylequeen e alla
sua tendenza a vedere coppiette dappertutto.
«Non c’è niente di male, Starscream era
molto, molto carino con i suoi
colori
originari! Ed è galantuomo, non zotico come il suo capo! Se
lo avesse mollato
per stare con noi, io non avrei avuto niente in contrario»
disse la femme rosa.
«Io sì. Ha cercato di farsi ammazzare per averlo
mezzo
mollato una volta, se lo rifacesse è probabile che lo
troveremmo morto suicida
in bagno per i troppi sensi di colpa, e poi chi altri se non
l’unico dotato di
maggior forza fisica dovrebbe sollevare il cadavere e spararlo nello
spazio?»
Pkangu si indicò «Non ci tengo, grazie».
«Ti lamenti sempre! Anche di cose che non
succedono!» sbuffò
Stylequeen.
La guerra non era ancora finita e il futuro era incerto,
però una cosa era sicura: anche dopo Unicron e Yog Sothoth,
la bolla del
Deviant Team si era risanata.
Credo sia la fanfiction più breve che ho scritto,
però... sapete cosa? Va bene così!
I possibili scenari per quello che sarà il futuro del DT e
del matrimonio che non s'ha da fare sono tanti, quasi quanti sono gli
Universi su cui il nostro adorabile Yog Sothoth può posare
lo sguardo quando è in cerca di uno spuntino :)
Grazie a tutti coloro che hanno letto la storia. Magari mi rivedrete
presto xD
Alla prossima,
_Dracarys_
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