Maternità/Paternità
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
18
- GEN BABYSITTER (per Adam, 1 anno, e Iria, 8 mesi)
Quel sabato, in teoria, Gen non avrebbe potuto passare la
giornata con Makoto: si era
prenotato per un lavoro di ristrutturazione, per dare una mano alla
ditta per cui erano andati a lavorare i vecchi dipendenti di suo padre.
Ogni
tanto sostituiva qualcuno di loro, quando c'era di mezzo una malattia o
un impegno.
Gli piaceva racimolare qualche extra, per non continuare a tirare fuori
soldi dalla quota del rimborso
assicurativo che sua madre gli aveva destinato.
I piani per il lavoro erano saltati quel giorno stesso: la
moglie di Sato si era
ammalata e così, invece di andare in gita in famiglia, Sato
aveva la
giornata libera.
Gen gli aveva ceduto volentieri il posto. Con due bambini e un
solo
stipendio, Sato aveva sempre bisogno di qualche entrata in
più.
Invece di chiamare Makoto, per avvertirla, Gen
pensò di
andare da lei senza dire nulla, per farle una sorpresa. Makoto gli
aveva detto
che avrebbe passato la giornata in casa, a rassettare e stirare, magari
guardando qualche film romantico. Lui non avrebbe scombinato troppo i
suoi piani. L'avrebbe aiutata a pulire e avrebbe guardato volentieri
quello che andava a lei: dopotutto, non era quello che faceva un buon
futuro marito? Suonò al citofono di casa sua.
«Sì?»
«Mako, sono io.»
«Gen?»
«Già.» Non udì
più risposta.. «Non mi apri?»
«Oh, certo! Sali, sali!»
Divertito, lui percorse gli scalini due a due, arrivando
rapidamente a destinazione. Quando Makoto tirò a
sé la porta, lo
salutò con un sorriso nervoso. «Non ti
aspettavo.»
Gen si chinò a baciarla, entrando. «Che
c'è? Ti ho beccato con l'amante?»
«Ghu.»
Il gorgoglio era uscito da un esserino alto meno di
un metro che si teneva in piedi contro il divano. Adam Foster lo
scrutava da sotto la frangia azzurro scuro.
Makoto serrò la porta, cercando di non ridacchiare
per il senso di colpa. «Ho un paio di ospiti in
casa.»
Gen si tranquillizzò subito.
«C'è Ami?» Guardò in
direzione del bagno.
«Uhm, no. Iria è là sul letto
che dorme.»
Cavolo. Makoto si era messa a fare da babysitter a entrambi i
figli dei suoi amici. «E così hai realizzato il
tuo sogno.»
Ridacchiando, lei si diresse dal piccolo Adam, prendendolo in
braccio. «Mi sto divertendo un sacco. Avevo offerto ad Ami di
tenere il bambino quando voleva nel weekend. Me lo ha portato oggi,
perciò ho provato a chiedere a Rei se per caso volesse un
pomeriggio libero da Iria...»
«Te l'avranno lasciata in un baleno.»
«Non essere cattivo! Vieni a guardarla, su. Hai
visto com'è tenera mentre dorme?»
Ai piedi del letto, Gen offrì a Makoto il sorriso
di rito, quello che lei si aspettava di vedergli in faccia.
Makoto mise su il broncio. «Come fai a non trovarla
bellissima?»
Lui tenne bassa la voce. «Certo che è una
bella bambina. A spaventarmi sono i suoi pianti.»
«I bambini piangono. Non sempre poi, guarda Adam.
È tranquillissimo.»
Il piccolo Foster osservava la figura dormiente della giovane
Iria Kumada con un luccicchio di sfida negli occhi.
«Non dovremmo parlare più
piano?»
«Iria-chan ha il sonno pesante, nessun problema.
Comunque, che ci fai qui?»
«Oggi alla fine non lavoro, Sato si è
liberato.»
Makoto lanciò un'occhiata al piccolo Foster, che la
osservò pensieroso di rimando.
«Se vuoi rimanere sei il benvenuto, ma l'ultima
volta, con Iria...»
Gen ricordava bene cos'era successo: la figlia di Rei e
Yuichiro aveva pianto a squarciagola per mezz'ora di fila. Non c'era
stato verso di calmarla, pareva che la stessero torturando. Era un
miracolo che i vicini non avessero chiamato i servizi sociali.
«Era la prima volta che stava da te. Magari oggi
farà meno storie.» Pur rischiando
l'incolumità delle sue orecchie, voleva essere ottimista.
Makoto apprezzò la sua buona disposizione.
«Sicuramente andrà così. Ehi, non ti ho
nemmeno salutato come si
deve.» Si avvicinò per baciarlo sapientemente
sulla bocca. Quando si
staccò, una minuscola mano rimase aggrappata alla felpa di
lui.
«Oh, ti vuole. Lo prendi in braccio?»
«Massì.» Ricevette il bambino
contro il petto. Col figlio di Golden Boy non si trovava male, era un
piccolo che non faceva storie e soprattutto non piangeva quasi mai. Lo
sistemò nell'incavo
del gomito, guardandolo nei profondi occhi blu. «Tu sei un
piccolo adulto in miniatura.»
Il bambino gli batté lo sterno col palmo.
«En!»
«Sì, io sono Gen. Tu sei Adam?»
Goldie esplose in un sorriso, guardando da lui a
Makoto.
Che bravo, conosce il mio
nome!
Gen cercò di non ridere troppo forte.
A Makoto brillarono gli occhi. «Gli piaci.»
«È un bambino sveglio.» E
soprattutto calmo. «Se avessi un figlio, vorrei che fosse
come lui.»
Il sorriso di Makoto morì per un attimo al
ricordo dei
figli biologici che non avrebbero potuto avere insieme.
«Un giorno sarai un bravo papà per
qualunque
bambino.» Lo aveva affermato con un pizzico di tristezza.
Lui non voleva più vedere quell'espressione sulla
sua faccia. «Ti è passata, vero? Ora hai capito
che non mi dispiacerà adottare.»
Lei annuì più volte.
Per lui era importante farla stare meglio. «Mi basta
solo che passino un po' di anni.»
Makoto si intenerì. «Anche io non sono
ancora
pronta a diventare mamma. Sfogo i miei istinti materni con questi
nipotini onorari.»
«Che cosa stavi facendo fare ad Adam?
Esercizio di camminata per la casa?»
«In realtà me l'hanno lasciato solo venti
minuti fa. Quando hai suonato, credevo che Ami e Alex fossero tornati
indietro perché avevano dimenticato qualcosa.
Volevo mettermi a cucinare con lui.»
«Cucinare?»
«Sì, sul tavolo basso. Lo avrei fatto
divertire con l'impasto, come col pongo.»
Era un'idea.
«Mi stavo
disperando perché mi manca la farina. Ti
rendi conto? Ne compro talmente tanta per il negozio che la dimentico
per casa mia.»
«Vuoi che vada a prenderla io?»
Makoto si illuminò. «Lo faresti? In
realtà mi mancano un po' di cose, dovrei farti una
lista.» Scalpitando, lei girò
per la stanza in cerca di un foglio e quando lo trovò
faticò a recuperare una penna. «Perché
da qualche tempo non trovo mai niente?» Era in
difficoltà e mentre scriveva cercava di darsi una mossa.
Probabilmente quel giorno avrebbe dovuto fare la spesa, ma si era
lasciata conquistare dall'idea di gestire Adam e Iria insieme.
Gen sapeva che si sarebbe pentito dell'offerta, ma non poteva
vederla così nervosa. «Vuoi andare tu al
supermercato? Rimango qui io.»
Makoto si lasciò sfuggire un enorme sospiro di
sollievo. «Davvero? Vado e torno subito.» Si
diresse come un fulmine verso l'ingresso.
«Prendi quello che ti serve, non correre.
Cioè, non correre, ma cerca di tornare prima
che...»
«Prima che Iria-chan si svegli»
terminò per lui Makoto. Si immobilizzò.
«Se si sveglia, cosa fai?»
Gen puntava su un'arma segreta. «La distraggo con
questo ometto qui. Insieme sono due terremoti, no?»
Makoto rise. «Infatti.» Aveva
già indossato la borsa. «Ah, se piange troppo,
controllale il pannolino.»
Chiuse la porta dietro di sé, non lasciandogli modo
di rispondere alla minaccia.
Nel silenzio della casa, Goldie girò la testa verso
di lui, in cerca di risposte.
Gen però aveva a sua volta una domanda.
«Adesso che si fa?»
Il figlio di Alexander si guardò intorno e si
gettò d'improvviso in avanti, incurante dell'altezza. Gen
afferrò il suo peso con la mano
libera, comprendendo le sue intenzioni. «Vuoi
scendere? Vai.» Lo depositò sulla moquette,
rimanendo a osservare cosa faceva. Aveva sentito che il piccolo Adam,
che si avvicinava all'anno di età, aveva iniziato a
camminare da due settimane. A quanto pareva, per quante volte cadesse,
si stava esercitando con determinazione a procedere sulle sue sole
gambe, lontano da qualunque supporto. Lo vide deambulare a braccia
aperte verso uno zainetto colorato depositato accanto al divano.
«È roba tua?»
Adam la indicò col dito. «Muu!»
Mu?
Gen si chinò per aprirgli la cerniera, per
agevolarlo in qualunque cosa volesse prendere.
Il bambino tirò fuori un orsetto di peluche. Senza
degnarlo di un'occhiata, lo gettò a terra. Poi
afferrò da dentro lo zaino, con entrambe le mani, una specie
di pianola per bambini, strattonando con così tanta forza da
ricadere sul sedere. Non si lamentò: lo aveva protetto il
pannolino e aveva il suo trofeo. «Muu!»
Gen capì cosa intendeva dire solo quando Adam
sollevò la mano per premere un tasto col disegno di una
mucca. La scena avvenne come al rallentatore, con lui che si sporgeva
per bloccarlo.
«MUUU!»
Il suono elettronico, squillante, riempì l'intero
appartamento.
«Ueehhh....»
Oh, no, no.
«UehhheeeeeeeeeAAAAAAAHHHHH!»
Maledizione.
Si voltò verso l'esserino che agitava mani e gambe
sul letto.
«Ehi, calma....»
Nell'udire la sua voce, Iria Kumada lo individuò e
gridò più forte.
Gen sollevò Adam da terra, in fretta.
«Guarda chi ho qui.»
Glielo appoggiò sul letto, accanto, sperando che la
vicinanza sortisse qualche effetto. Quello che successe fu che, quando
Iria vide il suo amico, si voltò di lato con tutto
il corpo, con incredibile energia, per sfuggirgli, rotolando verso il
bordo del materasso.
«Merd-!» Gen saltò in avanti,
afferrandola all'ultimo momento con la mano. Per un istante Iria
dondolò con metà corpo per aria.
Lui riuscì a tirarla a sé.
«Non ti suicidare!»
«UAHHHHHHHHHH!»
Lo spavento l'aveva traumatizzata. Non sapendo che fare di
lei, per un momento la lasciò sdraiata, ma vedendo che la
piccola cercava di tirarsi su, la aiutò con una mano dietro
la schiena. Toh, era cambiata dall'ultima volta che l'aveva
vista: era più stabile - meno neonata e
più bambina. Il suo amico Adam si avvicinò per
consolarla.
«Ecco, fa' qualcosa.»
Ma il giovane Foster diede alla sua compagna piangente una
spintarella sul petto, che la zittì di colpo.
«Ehi, sii gentil-»
Prima che fosse riuscito a finire, Adam aveva spinto Iria
all'indietro con entrambe le mani, mandandola a gambe all'aria.
«UAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!»
Gen afferrò Adam e lo esiliò sul
pavimento. «Eccheccavolo!» Si torturò da
solo prendendo Iria tra le braccia, con le sue urla a pochi centimetri
dalle orecchie.
«Su, dài. Non è successo
nulla!»
Dondolò come un deficiente.
«UAHHHHHHHHHHHHHHH!»
Per l'esperienza accumulata la volta precedente, si sedette
per terra e mise Iria seduta davanti a lui, maneggandola con la
delicatezza di un pacco bomba.
«È stato cattivo, lo so!»
«UAHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!»
Recuperò uno dei giochini di Adam - il peluche.
«Ecco, tieni questo. Glielo rubiamo.»
Iria passò dal pianto al singhiozzo.
«Bello, hm?»
Cercò un fazzoletto da passarle sulla faccia
bagnata mentre lei rigirava tra le mani l'orso.
Adam osservava la scena indignato. «Uah!»
Zitto, tu. Per
evitare una seconda catastrofe, non sgridò Goldie. Si sporse
a prendere la sua pianola e la mise tra i due contendenti, per evitare
che Adam raggiungesse la sua nemica.
«Sotto sotto sei dispettoso. Come tuo
padre.»
Adam crollò a terra sul pannolino e si
dedicò a digitare sulla pianola.
«MUUU!»
«BEEHH!»
«MIAO!»
Gen cercò disperatamente i tasti del volume, ma
quando si accorse che Iria aveva smesso di piangere,
affascinata, abbassò il suono di una singola tacca.
Intravide il prossimo problema nel momento in cui lei mollò
l'orso di peluche, per dirigersi gattonando verso la pianola.
Adam vi si gettò sopra con tutto il corpo, per
impedirle l'accesso. «NAHH!» Nell'aria si
diffusero i versi di tre animali contemporaneamente.
Il viso della piccola Kumada si deformò in una
smorfia disperata.
Gen dovette imprimere forza per tirare via dal giocattolo il
suo proprietario. «Non sai condividere, hm? Facciamo
così.» Con una mano premette quella di Adam su un
tasto nuovo, quello che emetteva il verso del cavallo.
«IH-HIIII!»
«Ih-hiii!»
Sentendolo ripetere il verso, i bambini voltarono entrambi la
testa nella sua direzione.
Gen non si era mai sentito più cretino in vita
sua.
Afferrò una mano di Iria e la posò sulla
figura di un maiale.
«OINK-OINK!»
Deglutì la propria dignità e
imitò il suono. «Oink oink.»
Il piccolo Foster applaudì i suoi sforzi, battendo
scordinatamente le mani. Gen sperò che la sua performance
fosse stata sufficiente. «Visto come si fa? Uno alla
volta.»
Tenendo i polsi di entrambi, usò prima la mano di
Adam per far partire di nuovo il verso della pecora e poi permise a
Iria di liberare il miagolio del gatto. Sul faccino della piccola
Kumada spuntò un primo sorriso.
«Okay. Riuscite a gestirvi da soli ora?»
Quando li lasciò andare, si buttarono entrambi
sulla pianola.
«No!» Con estrema pazienza, annoiandosi a
morte, stette a coordinarli mentre pigiavano a turno sui tasti. Ancora
non aveva asciugato la faccia di Iria.
«Se mi alzo, scatenate l'inferno?»
Adam non lo ascoltava più. Dopo aver premuto per
l'ennesima volta il verso del gatto, provò infruttuosamente
a imitare il suono. «Mii! Mii-!»
Gen comprese. «Tu hai un gatto, vero? Lo hai sentito
fare miao?»
Adam ripeté il vocalizzo, sentendosi
intelligentissimo.
La piccola Kumada si era appropriata della pianola,
schiacciando in libertà tutti i tasti.
Fidandosi del maggiore autocontrollo del figlio di Ami e
Alexander, Gen lo sollevò da terra. «Lasciala
giocare un attimo, io e te dobbiamo cercare dei fazzoletti.»
Adam però si sporgeva verso il pavimento, col
braccio allungato. «Ahhhh....»
Gen non ci stette. «No.» Gli
parlò da uomo a uomo. «Prima hai fatto male a
buttare Iria giù. Capito? Non si buttano giù le
bambine.» Aveva reso la voce dura mentre lo diceva e Adam
non rispose, fissandolo con un misto di senso di colpa e risentimento.
A Gen non importava che non capisse quello che diceva, era convinto che
il succo del messaggio stesse passando.
Riuscì ad avere qualche secondo di pace mentre
rovistava nei cassetti di Makoto. Trovò i fazzoletti, ma
prima di tornare da Iria depositò Adam accanto al proprio
zaino. Lo svuotò del contenuto davanti a lui, per distrarlo.
«Ecco a te.»
Il piccolo Foster ispezionò con attenzione i vari
giochi.
Da due metri di distanza, Iria si era accorta della profusione
di nuovi giocattoli. Mise da parte la pianola e gattonò in
avanti, decisa, verso il suo obiettivo. Gen fermò anche lei.
«Aspetta.»
Le passò il fazzoletto su tutta la faccia, con Iria
che si agitava per allontanarsi.
«Un po' di pazienza.»
Sentì che la bambina spingeva via la sua mano per
abbattersi sui giocattoli, senza alcun rispetto, e capì che
era il momento di un po' di disciplina anche per lei.
«No.» La afferrò con un braccio
e si sedette a gambe incrociate sul pavimento, mentre Iria
già ricominciava a piangere. «No»
ripeté, manovrandola per averla davanti.
«Si gioca bene o non si gioca, è chiaro?»
Il tono perentorio aveva incatenato gli occhi viola della
piccola Kumada ai suoi. Le tremavano le labbra. Gen la mise a terra,
tenendola sul petto con una mano. «Puoi giocare senza avere
per te tutte le cose.» Afferrò un mazzo di chiavi
di plastica colorate e gliele mise in mano. «Ecco,
prova.»
Iria girò le chiavi tra le piccole dita, poi le
reputò troppo noiose per attirare la sua attenzione. Le
buttò via.
Gen pescò un altro dei giochi che Adam stava
ignorando, selezionando questa volta delle ciambelle che andavano
infilate su un palo, per comporre una piramide. «Questo ti
piace, no?»
Iria vi si intrattenne solo per dieci secondi, poi
buttò via una delle ciambelle, lontano.
Gen comprese. «Sei pretenziosa!»
Ridendo la girò tra le mani, per guardarla di nuovo
in faccia, e nella sua espressione scocciata, nel suo modo di essere,
vide in toto Rei Hino. «Io so a chi somigli, sai?»
Iria sembrò cogliere un pizzico dello scherzo,
sollevando un angolo della bocca. Quando non piangeva e non urlava era
davvero carina.
«Somigli alla mamma!» terminò
lui e strofinò il naso contro la sua pancia, senza riuscire
a fermarsi.
«Alla mamma!» continuò a
ripetere Gen mentre la tormentava, causandole un cumulo di risa.
Distratto dal silenzio, guardò oltre le spalle di
Iria.
Adam Foster li fissava da seduto, con in mano una macchinina,
convinto di trovarsi davanti due idioti.
Gen si schiarì la voce. «Ora capisco
perché non andate d'accordo.» Liberò
Iria nelle vicinanze dell'amico assieme a cui sarebbe cresciuta.
«Il tuo papà e la sua mamma non si sono mai
piaciuti troppo, non sono compatibili. Ma loro si sono conosciuti da
adulti, voi siete praticamente nati insieme. Fate vincere le
metà migliori di voi, okay? Tu la mamma»
indicò Adam. «E tu il papà»
disse ad Iria, che lo ignorò bellamente andando a
strappare l'automobilina di mano ad Adam.
Il figlio di Alexander non gridò, non ne aveva
bisogno. Con la sua maggior forza trattenne la macchinina e
allontanò le dita della sua rivale con una manata.
Iria ricominciò a piagnucolare. Gen
sollevò gli occhi al cielo, rassegnandosi
all'inevitabilità del suo intervento.
Mettendosi in mezzo ai due bambini, direzionò i
loro giochi, evitando altri spargimenti di sangue.
Venti minuti dopo, Makoto tornava trafelata a casa. Si
precipitò all'interno dell'appartamento con le chiavi.
«Com'è andata, tutto bene?!»
Gen era sdraiato a terra, come morto, con Iria sopra di lui
che gli tirava le labbra.
Makoto scoppiò a ridere. «Cosa ti sta
facendo?»
«Mi uccide» bofonchiò lui a
occhi chiusi.
Adam girava attorno al tavolo con un aereoplanino in
mano, tentando di non cadere mentre camminava. Makoto andò a
salvare Iria da Gen - o viceversa.
«Si è svegliata? Ha pianto
tanto?» Udì un lamento dalla bambina proprio
mentre la prendeva in braccio.
«Ha pianto poco. L'ho distratta.»
«Davvero?» Ma Iria-chan stava cambiando
idea proprio in quel momento.
«No, tesoro, non essere triste! Guarda cos'ho qui
per te!» Makoto andò al frigorifero e le fece
vedere uno yogurt per bambini. La figlia di Rei smise subito di
lamentarsi.
«Hai visto? Lo so che ti piace! È
buonissimo, vero? Adesso cerchiamo un cucchiaino...»
Adam aveva visto cosa teneva in mano. «Ah!
Ah!» Ne voleva a sua volta e per il cibo retrocesse a
vocalizzi adatti a un bambino della sua età.
Gen si mise seduto. «Perché non mi hai
detto di questo trucco?»
«Mi è venuto in mente adesso. Puoi
prendere Adam in braccio? Li nutriamo insieme, così non
piangono.»
Lui non poté far altro che osservare la
felicità con cui Makoto si apprestava a far mangiare i
bambini. Per Adam gli passò un bavaglino, perché
a quanto pare il piccolo Foster già pretendeva di mangiare
da solo.
«Mako?»
«Hm?» Lei si era sistemata accanto al
tavolo con Iria in braccio, imboccandola estatica.
«Ho tenuto questi due per un quarto d'ora e volevo
spararmi.»
Makoto non gli credette neppure per un istante. «Ti
stavi facendo fare di tutto da Iria! Ti aveva sottomesso.»
«Sì, ma... avere a che fare con un
bambino è come dover imparare una nuova lingua. Alla fine
non è così divertente.»
«Mi stupirei se ti piacesse fare il babysitter, ma
di che ti preoccupi? Sarà una cosa che succederà
al massimo una volta al mese e non devi venire ad aiutarmi.»
«Lo dicevo perché... Magari ti veniva in
mente di adottare tra due o tre anni.»
Lei diventò seria mentre dava da mangiare alla
figlia della sua amica, che accoglieva vorace ogni boccata.
«Non credo, è troppo presto. Non avremo tempo per
un bambino. Inoltre, quando diventeremo genitori, dovremo volerlo
entrambi. Aspetteremo fino a che non sarai pronto. Anche se secondo me
non ci metterai tutto il tempo che credi.»
Gen sapeva che sarebbe finita così.
«Perché?»
«Perché stavi ridendo mentre Iria ti
stropicciava la faccia. E da fuori la porta ti ho sentito fare dei
versi, per farla ridere.»
Gen si dedicò a pulire la bocca di Adam, senza
ingannare Makoto.
Lei iniziò a parlare ad Iria. «Cosa ti ha
fatto lo zio Gen? Ha giocato con te? Ti ha coccolato? Ti vuole un mondo
di bene, lo sai?» Strofinò la faccia contro quella
di Iria, riempiendola di baci.
L'immagine intenerì talmente tanto Gen che per un
momento pensò che, forse, non gli sarebbe dispiaciuto se...
Ma per fortuna, per loro, mancava tanto tempo.
18
- GEN BABYSITTER (per Adam, 1 anno, e Iria, 8 mesi) -
FINE
NdA: DEVO sapere cosa pensate di Gen in queste vesti :P
Ditemelo! :D
Elle
P.S. Per chi non lo conosce, ecco il gruppo facebook dedicato
alle mie
storie: Sailor
Moon, Verso l'alba e oltre...