Il
fiore demoniaco
Kyo si
strinse nelle braccia, sentendo improvvisamente freddo.
Non era
da lei percepire quella strana sensazione di disagio, ma annusando
l'aria si accorse di riconoscere quell'odore che si propagava attorno
a lei.
Masashi,
appurò nella sua mente.
Una spira
velenosa che saettò al suo fianco le diede ulteriore
conferma
dell'identità di colui che la stava importunando.
Percepì un'altra
artigliata - stavolta più densa di miasma velenoso - farsi
vicina
fino a sfiorarla e si voltò, sentendo il cuore stringersi in
una
morsa di paura. Il veleno le aveva corroso un lembo del kimono, ma il
fatto che non fosse riuscito ad arrivare al suo corpo le era di
grande consolazione. Nonostante fosse un demone lei stessa, che
avrebbe rigenerato il suo corpo senza il benché minimo
sforzo ed in
pochissimo tempo, non sarebbe stato molto piacevole provare del
dolore.
Udì
alcuni passi leggeri incedere con una cadenza lenta e una risata
sottile increspare l'aria, ma per quanto avesse riconosciuto il
proprietario di quel meschino agguato non riusciva a mettere a tacere
quella brutta sensazione di freddo che oramai la accompagnava da
qualche istante.
Non
poteva
nascondergli quel sentimento di timore, eppure Kyo decise di
guardarlo con cipiglio furibondo.
Una
volta emerso
dalla penombra, il demone cane parve divertito da questo sforzo,
tanto che per qualche istante sembrò godere della sua vista
con un
sorriso sghembo dipinto sul bel viso affilato solcato dai segni
demoniaci.
“E
così, il
Gran Generale Cane ti ha affidato la sua umana.”
La
demone
indietreggiò piano, pentendosene immediatamente dopo
perché a quei
pochi passi indietro seguitarono il doppio dei passi avanti che fece
Masashi.
“Non
ti
riguarda” replicò lei, mentre sentiva gradatamente
venire meno la
paura nei suoi confronti.
“Non
ha potuto
nasconderlo a lungo” continuò l'altro.
“E' stato così maldestro da presentarsi qui a
palazzo con indosso l'odore di quel cucciolo
d'uomo, per poi affezionarsene. Proprio come si vocifera ormai da un
po' di anni, ormai.”
“Cosa
si dice?”
“Che
il Gran
Generale Cane sta scuotendo le montagne per salvare una vita
destinata comunque ad avere una fine imminente. Un individuo simile
non poteva che seguire le orme di suo padre.”
Kyo
sentì che le
guance le si infiammarono di rabbia, ma lasciò che le sue
emozioni
parlassero per lei.
Aveva
conosciuto
il signor Sesshomaru nelle sue vesti più fredde e spietate,
e non
appena ebbe percepito un sentimento di amore puro, e sì,
anche
quell'odore di umano - non di sangue - di cui Masashi parlava Kyo
aveva sentito la speranza riaccendersi. Mai avrebbe creduto che il
figlio del signor Toga avesse raggiunto il proposito di suo padre,
tanto meno che un giorno si fosse innamorato di un essere umano. Ma
se per lei era stato meraviglioso avere quel genere di notizie, lo
stesso non si poteva dire del resto della corte; era triste pensare
che nonostante avesse raggiunto gli obiettivi prefissati dal signor
Toga, era tuttavia costantemente bersagliato da quel sottile velo di
commiserazione da parte degli altri demoni a causa della sua scelta.
La
parola debole
era quasi da considerare un complimento rispetto a quegli altri
epiteti che gli riservavano.
Kyo
cercava
spesso di pensare che semplicemente le abitudini erano dure a morire,
che c'era un codice troppo ferreo sulle relazioni fra demoni, e per
quelle che vedevano coinvolte entrambe le parti un codice non c'era
affatto, semplicemente perché rapporti fra umani e demoni
non erano
contemplati. Questo il signor Sesshomaru lo sapeva più di
chiunque
altro, ed il fatto che fosse proprio una persona del suo rango - da
cui ci si aspettava una discendenza nobile e demoniaca insieme - a
rompere con quelle norme faceva credere a Kyo che finalmente le cose
potevano cambiare, che quel codice stesso poteva essere cambiato.
Ciò
significava che anche per lei le cose potevano cambiare.
Sorrise
d'istinto
a quel pensiero e ritornò ad osservare il demone davanti a
lei con
un guizzo ironico negli occhi, certa che presto il signor Sesshomaru
sarebbe stato in grado anche di scioglierla dal vincolo di
fidanzamento che la legava a Masashi.
“Cos'hai
da
sorridere?” chiese il suo interlocutore, evidentemente
infastidito
che la mente di Kyo vagasse altrove. “Forse sorridi
perché credi
che le tue scelte verranno approvate, dal momento che anche tu non
sei da meno? Dovresti vergognarti, invece. Lo sai questo, no?”
La
ragazza fu
punta sul vivo, tanto che invece di piegare la sua mente a quella
misera sensazione che Masashi voleva che lei provasse
cominciò a
montare una rabbia atroce, che forse non avrebbe dovuto esternare, ma
che aveva una disperata necessità di essere immediatamente
sfogata.
“Non
me ne
vergogno!” esclamò lei, mostrando i canini
affilati. “Dovrei
vergognarmi di risparmiare la vita agli esseri umani?”
“Il
signore ti
ha scelta soltanto per questo motivo - per di più un
principe caduto
così in basso - quindi non mostrare superiorità
rispetto al
sottoscritto. Ricorda che presto sarai sottomessa a me, e non potrai
sottrarti alla mia volontà.”
La
ragazza
diventò livida di rabbia, e dal momento che quella rabbia
doveva pur
trovare una valvola di sfogo, iniziò con un suono sommesso
simile ad
un ringhio. Aveva tanta paura per quella situazione, esattamente come
ne aveva tutte le altre volte che Masashi le si presentava soltanto
per deriderla e ricordarle che, qualunque cosa lei avesse fatto o
detto, rimaneva costantemente vincolata ad un giuramento su cui lei
non aveva mai avuto voce in capitolo. Ma mostrarsi impaurita o
ubbidiente rientrava giustamente in quei comportamenti da tenersi in
presenza del padron Sesshomaru e della Signora Madre Inukimi -
d'altronde, erano loro quelli al di sopra di chiunque altro - di
certo non con un tipo tronfio di prepotenza come Masashi, nonostante
le sue origini nobiliari.
“Sta'
attento,
Masashi” disse con quanto fiato avesse in corpo - sebbene
dovesse
sembrare alquanto ridicola con quell'espressione da cucciolo
arrabbiato che aveva assunto. “Non ti converrà
fare dei passi
falsi, o riuscirò ad ucciderti prima che tu possa superare i
duecento anni di vita.”
Aggrottò
le
sopracciglia, senza tenere minimamente in considerazione quel sudore
freddo che le stava scivolando via dal corpo: se fosse riuscito a
fiutare la sua paura, Masashi avrebbe approfittato dell'occasione per
fare la sua mossa, e se prima era riuscita ad evitare uno scontro lo
stesso non si poteva dire di ora, che aveva apertamente mostrato
l'intenzione di farlo fuori.
“Minacciarmi
non ti servirà, e lo sai bene” disse, ma il suo
sorriso maligno si
spense piano, perché avvertì un odore che ben
presto anche Kyo
riuscì a percepire.
Benché
fosse in
grado di riconoscere l'odore del signore ed ora anche quello della
signora e degli altri suoi compagni di viaggio, Kyo non era di certo
abituata a pensare che lui arrivasse esattamente nel momento in cui
era sola con Masashi. Dei passi lenti e quasi impercettibili
riempirono le orecchie della ragazzina così come dovevano
averlo
fatto con quelle del giovane demone, e i sottili e tenui fasci di
luce nella penombra del mattino rivelarono il signor Sesshomaru e il
kappa che lo accompagnava.
Kyo
si fece
piccola piccola di fronte a lui, tanto che cominciò ad
agitare la
coda per il nervosismo, mentre Masashi non sembrava per nulla
intimorito dalla presenza del principe. D'altronde non aveva fatto
altro che disprezzarlo, ed ora che si era scelto una compagna umana
l'astio nei suoi confronti era peggiorato nella misura in cui la
fiducia di Kyo per lui era cresciuta.
Il
signore
aggrottò un poco le sopracciglia all'indirizzo di Masashi,
gettando
poi una occhiata veloce verso di lei e sulla sua manica del kimono
corroso dal veleno che lei tentò ingenuamente di nascondere.
C'era
una aura di inquietudine che proveniva da lui, e questa sembrava
scontrarsi con quella tronfia di Masashi.
Dal
canto suo,
Kyo si sentì profondamente umiliata per quella situazione,
soprattutto perché aveva dimostrato di non essere capace di
prendere
un attacco di sorpresa con la dovuta attenzione, rischiando di essere
ferita gravemente. Come avrebbe potuto prendersi cura della signora?
“Mi
dispiace
infinitamente, signor Sesshomaru, non accadrà
più” annaspò,
inchinandosi quanto più possibile nel tentativo di
enfatizzare la
sua promessa. Il battito del suo cuore era così forte che il
signore
avrebbe potuto percepirlo a distanza, ma prima che potesse nuovamente
rimediare qualche parola a sua discolpa il signor Sesshomaru fu
raggiunto dalla signora Rin e dal ragazzo di nome Kohaku.
Kyo
aveva avuto
modo di conoscerlo un po', e cosa più importante aveva avuto
modo di
annusarlo meglio. L'odore che quell'umano emanava era così
pregno di
tristezza, eppure la demone cane sentiva di percepire un odore
familiare, così simile all'essere umano che anni addietro
l'aveva
salvata nonostante la sua mansione.
Masashi
si
rivolse al signor Sesshomaru con un cipiglio decisamente
irrispettoso. Ma per quanto questo potesse turbare la ragazza, lo
stesso non si poteva dire del signore: con il suo saldo autocontrollo
nonostante i problemi che affliggevano la sua compagna umana, fece
trasparire davvero poco della sua irritazione.
“Andiamo”
le
disse soltanto, e senza attendere ulteriori disposizioni Kyo lo
seguì, ma non appena fece il primo, nervoso passo che
l'avrebbe
allontanata da Masashi perché la signora Rin le si
affiancò con un
sorriso luminoso.
“Kyo!”
disse
lei con una voce amichevole e posandole una mano sulla spalla.
“Ho
chiesto a Sesshomaru di venirti a cercare. Sei stata così
buona con
me, e volevo ringraziarti di cuore prima di andare.”
Imbarazzata
e
ancora piuttosto scossa, Kyo si portò le mani al petto per
tentare
di calmarsi, e doveva dire che il viso della signora sortì
esattamente l'effetto che desiderava. Le sarebbe piaciuto essere come
lei, così lontana dalla vita opprimente di palazzo. Il
signor
Sesshomaru, con il suo solito atteggiamento terribilmente ermetico,
le aveva riferito in breve chi Rin fosse e dove avesse vissuto fino a
quel momento. Una volta presentatale - anche se in una situazione
tutt'altro che piacevole - Kyo aveva desiderato chiederle di
più, e
questa sete di sapere era spontaneamente cresciuta non appena era
rimasta sola con lei. Ma ovviamente come poteva soddisfare la sua
curiosità in un momento come quello?
“Non...
non era
necessario, signora.”
“Certo
che lo
era, Kyo” incitò lei, con quel bel viso ad
incorniciarle gli occhi
felini. Si chinò appena per prenderle la mano e racchiuderla
nelle
sue, “quando tutto sarà finito, sarò
felice di tornare per...”
ma prima che Kyo potesse ricordarsi della manica sfregiata del
kimono, la signora Rin si interruppe, fermandosi a fissare il lembo
di stoffa corroso dal veleno di Masashi.
Kyo
mancò di un
battito mentre sentiva gli sguardi di tutti i presenti puntati su di
lei, ma ebbe la prontezza necessaria per reagire nonostante si
sentisse tremendamente impacciata in quel momento.
“Oh,
non è
niente signora!” biascicò, affrettandosi a sfilare
la sua mano
artigliata da quella umana della giovane. “Fate buon
viaggio!”
Ora
ciò che Kyo
voleva era rintanarsi nella sua stanza a rimuginare su quanto
accaduto, come spesso accadeva quando si imbatteva nella
personalità
disturbante di Masashi, ma nel momento in cui si rese conto di aver
letteralmente scacciato la signora Rin, se ne pentì
immediatamente.
Ritornò con uno sguardo a metà strada fra
l'imbarazzato ed il
timoroso sui suoi occhi perplessi e si affrettò a farle un
sorriso
di circostanza che, sapeva, nemmeno un essere umano avrebbe potuto
confondere con uno veramente autentico.
La
signora però
non si lasciò vincere dalla sua rimostranza, e quasi con un
atteggiamento tanto spontaneo quanto sfacciato riafferrò con
energia
il lembo di kimono avvelenato, pensando a qualcosa che le
deformò i
lineamenti in una espressione seria e assorta, mentre una idea
sembrò
illuminare la figura del signore.
“Qualcosa
in
contrario se ti chiedo di venire con noi?”
Kyo
si riscosse,
percependo un bagliore di felicità nell'udire quella
richiesta.
Finalmente poteva allontanarsi da quel palazzo, e soprattutto lontano
da quel pazzo maniaco di Masashi. La demone cane infine sorrise, e
nel momento in cui annuiva energicamente, la signora Rin rimase
alquanto perplessa.
“Ma
potrebbe
essere pericoloso per lei!”
La
signora Rin si
voltò in direzione del signore, osservando speranzosa un
qualunque
cenno di approvazione, per quanto potesse sembrarle quasi invisibile.
Istantaneamente anche Kyo reindirizzò i suoi occhi verso il
principe: lui conosceva la situazione che intercorreva fra lei e
Masashi, e in cuor suo Kyo confidò per l'ennesima volta in
quella
tenue speranza che si era accesa nel momento in cui era venuta a
sapere della relazione del signore con un essere umano.
Il
signor
Sesshomaru la squadrò per un secondo, guardandola con un
lampo negli
occhi che Kyo decifrò come compassione - del resto, non
poteva
essere altrimenti - finché diede un'ultima occhiata alla
traccia di
veleno sul kimono prima di rivolgersi alla sua compagna.
“Non
più di
quanto possa esserlo qui” convenne il demone, e
ritornò con gli
occhi su di lei. “Cambia il tuo kimono con uno in buone
condizioni,
e riponi questo in un baule vuoto.”
Inizialmente
Kyo
non comprese cosa il signore volesse fare, ma poi arrivò
alla
conclusione che il signore volesse isolare l'odore del veleno di
Masashi, e magari per poterla aiutare. Per quanto fosse fantasiosa
come idea, Kyo le si aggrappò con tutta la sua mente, tanto
che un
primo accenno di lacrime si affacciò sul suo sguardo.
“Non
so come
ringraziarvi, signor Sesshomaru.”
“Lo
sai
perfettamente, invece.”
Volare
era per
Kyo non solo un modo per spostarsi velocemente da un luogo ad un
altro, ma costituiva per lei un valido espediente per sentirsi
svincolata da ogni faccenda spiacevole della sua esistenza. Librarsi
in aria la faceva sentire anonima, piacevolmente sconosciuta perfino
a se stessa, e non la figlia del nuovo Inu no Taisa che si era andato
sostituendo a quello vecchio.
La
cosa
stupefacente in tutto questo era che però una volta a terra
Kyo si
scopriva ferita e colpevole per questo. Tokuma era un padre
affettuoso nonostante fosse sempre distante, ma lei non riusciva a
capacitarsi di come questa sua qualità si fosse unita
insieme alla
decisione di fidanzarla con una personalità glaciale quale
era
Masashi.
Kyo
sapeva
perfettamente che quello altro non era che una singola parte di un
meccanismo che andava avanti da tempo immemore, e che le sue
decisioni come quelle di tutte le femmine non erano nulla al
confronto di quelle espresse dai maschi di alto rango; e non contava
niente il fatto che ci fosse l'incolumità di un essere
vivente,
demone o umano che fosse, l'importante è che una volta
sposata
avesse adempiuto al dovere di creare una prole.
Masashi
non solo
l'aveva minacciata ricorrendo al suo veleno, ma aveva perfino
criticato il suo nuovo ruolo, negandole così a priori la
stima e
l'affidabilità che un consorte doveva necessariamente
nutrire nei
confronti della propria moglie se voleva mantenere viva la gestione
di un feudo in sua assenza.
Ma
prima di ogni
altra cosa, Kyo voleva essere la sola a determinare la
continuità
della sua vita. Non Masashi, non suo padre, e nemmeno il signor
Sesshomaru - sebbene in quegli anni avesse custodito la
possibilità
di essere aiutata proprio da lui - dovevano essere i fautori del suo
destino, e in quel momento di frustrazione e rabbia si
affrettò ad
asciugare una lacrima che nel frattempo aveva lasciato le sue
palpebre.
Se
i due umani
che volavano al suo fianco sulle loro cavalcature demoniache non
dovevano aver percepito nulla, il signor Sesshomaru dimostrò
di
essersi accorto di quel malessere che aleggiava su di lei reclinando
il capo nella sua direzione, ma non rilasciando alcuna emozione e
continuando a volare in testa al gruppo come se nulla fosse.
Sebbene
il signor
Sesshomaru avesse sempre avuto quell'austerità, Kyo si
rattristò
per quell'atteggiamento scostante. Ma poi quella lieve sensazione di
essere stata ignorata mutò drasticamente in un severo
rimprovero nei
confronti di se stessa: ora più che mai doveva pensare a
quanto i
problemi del signore fossero di gran lunga più gravi dei
suoi, così
come doveva pensare al fatto che ora c'era una bellissima signora in
un pericolo più grande del suo.
“Tutto
bene,
Kyo?”
Kyo
si voltò
immediatamente, scorgendo il viso della signora Rin che le sorrise
bonariamente mentre teneva saldamente fra le mani le redini del suo
demone drago in volo. Se soltanto il suo interesse non si fosse
palesato, e se lei non fosse arrossita come un cucciolo, di certo non
avrebbe attirato tutta quell'attenzione che ora persisteva fissa su
di lei.
“Ehm...
sì,
non preoccupatevi.”
“Perché
non
vieni con me in sella? Ti farebbe comodo!”
“Eh
no, Rin”
sbottò il kappa, seduto in sella davanti alla signora.
“Non puoi
fare sempre a modo tuo!” Evidentemente contrariato, come lei
non si
aspettava che la signora le facesse quella proposta, per quanto
semplice fosse.
“Smettila,
Jaken. Ci stiamo tutti!” replicò la signora.
“No,
grazie.
Continuerò a volare.”
“Meno
male,
finalmente una ragazza con un po' di senno!” rispose Jaken
con
sarcasmo.
“Ah,
non starlo
a sentire!” commentò Kohaku ridendo. “E'
sempre stato un po'
scontroso. Qui però c'è più
spazio!” si offrì poi, e la sua
gatta in risposta emise un ruggito invitante, ma Kyo si ritrasse
imbarazzata.
“Davvero,
sono
in grado di coprire le grandi distanze. Perciò non datevi
tanta pena
per me.”
Sorvolarono
una
distesa di colline e successivamente una macchia silvestre, e nel
momento esatto in cui il sole sfiorò la sottile linea
dell'orizzonte, la signora emise uno sbadiglio che portava con
sé
della stanchezza accumulata a causa della maledizione.
Per
quanto
volesse sembrare sempre allegra e piena di energie, la signora Rin
era comunque una umana, e considerando ciò a cui era
costretta era
notevole come riuscisse a riprendersi in fretta e senza alcuna
ripercussione duratura.
Questa
sua forza
almeno le avrebbe consentito di avere possibilità contro
Noroi in
termini di tempo.
“Sesshomaru,
possiamo fermarci?” chiese la signora.
L'improvviso
odore dell'acqua limpida e il suono lento e sinuoso di un fiume nel
suo letto diedero a Kyo la sensazione di essere proprio al fiume
Tsuya, laddove la signora Madre aveva detto di recarsi. Anche il
signor Sesshomaru doveva aver avvertito quella sensazione, ma
sembrava ancora ben lontano dal rispondere alla richiesta della sua
compagna. Soltanto quando un profumo tenue di fiori arrivò
alle
narici di Kyo, la demone intuì come avrebbe risposto.
“Manca
poco al
fiume Tsuya” disse infine il signor Sesshomaru.
“Sento l'odore
dell'acqua, ed uno intenso di fiori.”
La
rivelazione
risvegliò del tutto la signora Rin dal suo stato di
stanchezza,
tanto che trillò con un forte odore di speranza ad inondarle
il
viso.
“Davvero?!”
“Siamo
vicini.”
Il
principe
rallentò per perdere progressivamente quota, ed
immediatamente Kyo
lo seguì sentendo l'umidità del fiume investirla
insieme ad un
odore floreale totalmente diverso da quelli sentiti fino a quel
momento.
Deve
essere
quel fiore...
Il
gruppo volò
ancora per qualche manciata di secondi prima di scorgere una fascia
azzurra delimitare una enorme macchia rossa come il sangue, situata
alla sponda destra. Nel frattempo il fiume strisciava lentamente,
lasciando che il sole riflettesse le dolci increspature che di tanto
in tanto le conferivano qualche punto scintillante qua e là,
ma ciò
che sorprese Kyo - e dove inevitabilmente si spostò la sua
attenzione - fu la totale assenza di aura demoniaca in quel posto,
tanto meno era presente un'aura demoniaca provenire dai fiori.
“Credo
che
siano proprio i gigli rossi!” confermò la voce
della signora.
“Grande Sesshomaru!”
L'entusiasmo
rivolto al suo compagno si propagò nell'aria con un odore
pregno di
riconoscenza, ma in risposta ciò che proveniva dal signore
fu la sua
preoccupazione che si faceva sempre più pesante, rendendo
l'aria
quasi irrespirabile. Ma essendo una umana, la signora non si rese
conto di ciò che il signor Sesshomaru stesse provando.
Trovare
il fiore
avrebbe forzato il signor Sesshomaru a farsi da parte, a lasciare
campo aperto alla signora Rin nella lotta contro Noroi e a non poter
interferire per proteggerla il più possibile.
“Come
puoi
vedere, Kyo” disse poi la signora, richiamando la sua
attenzione
“Higan bana quando è in fiore è di un
rosso intenso, e quando ci
avvicineremo ti renderai conto che il suo aspetto rassomiglia molto a
quello di un enorme ragno.”
Doveva
aver
assunto una espressione decisamente rapita da quella descrizione,
perché Kohaku le si affiancò con la sua gatta
emanando un sentore
di interesse che la metteva in imbarazzo.
“Rin
è molto
più brava in queste cose che a combattere” le
disse, schernendo
bonariamente la signora.
“Stupido!
Se ti
ricordi, durante l'ultima commissione sono stata io a sconfiggere
quel demone!”
“Già,
con me a
coprirti le spalle.”
“Vi
sembra il
momento di bisticciare?”
Jaken
intervenne
per sedare quel piccolo diverbio richiamandoli a ricomporsi data la
criticità del momento. Da quel che aveva potuto osservare
Kyo, il
kappa costituiva una figura spesso presa sottogamba dagli stessi
signori, eppure aveva una vaga aria di autorità che
però non era
abbastanza.
Kyo
toccò terra
come tutti gli altri nel mezzo del campo di fiori, e immediatamente
si chinò per poter vedere chiaramente che la descrizione
fatta dalla
signora Rin non poteva essere più esaustiva. La signora
forse non
era un'abile combattente, eppure aveva una conoscenza che, Kyo sapeva
perfettamente, non tutti gli esseri umani potevano vantare. Vide la
giovane signora scendere da Ah-Uhn e percorrere estasiata il campo di
qualche passo, fermandosi poi ad osservare con uno sguardo colmo di
rammarico il fiume al di là della sponda, forse pensando a
qualcosa
che le era venuta in mente, oppure qualcosa che le aveva procurato un
ricordo spiacevole.
Il
signor
Sesshomaru lanciò ai fiori uno sguardo perplesso,
probabilmente per
la totale assenza di aure demoniache di quel posto. Nemmeno Kyo
riuscì a percepire niente. Sapevano che quei fiori fossero
in grado
di nascondere la loro aura, ma non così bene e non
così a breve
distanza.
La
signora
raggiunse una serie di alberelli che con le proprie radici toccavano
appena la terra umida della riva, e arrivata al di sotto di uno di
essi si protese per coglierne uno, ma il signore la fermò
con il
suono tonante della sua voce.
“Ferma,
Rin.”
La
ragazza rimase
con la mano a mezz'aria, ritraendola appena ma ancora fremente per
l'attesa, mentre Kyo iniziò a percepire l'odore dei fiori
farsi
improvvisamente più intenso, spargendo poi finalmente
un'aura
demoniaca che però rimase concentrata quasi tutta
all'interno del
fiore che la signora era sul punto di cogliere.
Kirara
cominciò
a soffiare piano, pronta a scattare se fosse successa qualcosa -
anche lei doveva averla percepita - ma il signor Sesshomaru la
precedette. Con movenze accorte si piegò accanto alla
signora Rin,
affiancandosi al suo viso, e recise con le unghie lo stelo del fiore
per poi cercare di sottometterlo.
Le
due aure
entrambe potenti si scontrarono, provocando un'onda d'urto che fece
urlare la signora di sorpresa. La giovane si aggrappò al
kimono del
signore, non riuscendo però a nascondere gli occhi per la
troppa
ansia di vedere cosa fosse successo durante quello scontro di aure,
mentre la nekomata avvolse Kohaku con il suo corpo per fargli da
scudo.
Non
dovettero
attendere molto affinché il forte vento si dissolvesse
piano,
lasciando il paesaggio come imprigionato all'interno di una coltre
fatta di strisce di nuvole azzurre e rosso fuoco.
“Ecco”
disse
il signore, richiamando volutamente all'attenzione la signora. Porse
il fiore alla giovane donna, e senza esitazione alcuna la signora Rin
lo accettò con un sorriso riconoscente.
“Grazie,
Sesshomaru.”
Fu
soltanto per
un istante, ma Kyo avvertì un odore di amore totalizzante e
disinteressato provenire dal signore mentre guardava la sua compagna
negli occhi; e la signora Rin ricambiò con la stessa
intensità,
lasciando che il suo amore aleggiasse intorno a lei senza timore
alcuno, né paura.
Da
soli, diversi,
senza alcuna remora fra loro, il signor Sesshomaru e la signora Rin
emanavano delle sensazioni tangibili, e non solamente degli odori
prodotti dai loro sentimenti. Per strana ironia della sorte, quegli
odori amorosi avevano la stessa consistenza dell'odio che
intercorreva fra lei e Musashi.
La
potenza
dell'amore è tanto forte quanto quella dell'odio.
Kyo
ne fu
assuefatta. Per quanto il loro scambio fosse durato nient'altro che
un battito di ciglia, le suscitò una commozione che non
poté
trattenere. Una lacrima solitaria scivolò via dall'occhio
sinistro,
mentre lei frettolosamente ma senza avere in mente l'idea di
nasconderla l'asciugò con la manica del proprio kimono.
Quasi le
fece male al cuore, e quale dolore aveva scoperto di avere al solo
ricordo che la sua vita sarebbe stata ben differente dalla loro, per
quanto ostacolata che fosse.
“Sono
felici,
se non fosse per tutta questa storia.”
Per
quanto avesse
sentito dei passi avvicinarsi a lei, seppure distratta dai due
signori, la voce di giovane uomo di Kohaku si insinuò nelle
sue
orecchie con una morbidezza innocentemente fluente tale da
spaventarla.
Kyo
si voltò,
portandosi una mano al viso per soffocare un grido, ma il senso di
allerta fu presto sostituito da una tranquillità placida
come uno
specchio. Kohaku stava sorridendo, probabilmente anche lui rapito da
quella visione colma di tenerezza; e doveva averla vista mentre si
perdeva nelle espressioni complici della coppia.
Quel
ragazzo
conosceva la signora Rin fin da bambina, e probabilmente doveva
conoscere anche il suo legame con il signor Sesshomaru e comprenderlo
fino ad un fondo nel quale lei mai sarebbe riuscita ad arrivare,
nonostante percepisse il saldo amore che intercorreva fra i due.
Kyo
accennò un
sorriso languido, il primo che dedicò interamente a quel
ragazzo
senza però guardarlo direttamente negli occhi. Sarebbe stato
tremendamente imbarazzante per lei dargli più confidenza,
tanto più
lo sarebbe stato se avesse risposto di sì, che era d'accordo
con
lui.
Per
quanto la
riguardasse direttamente, assistere a quella scena aveva per lei un
risvolto amaro, fatto di odio e paura, di aggressività e di
veleno
gettato sul suo kimono a scopo intimidatorio.
“Già”
rispose soltanto, come se fosse impazzita, e lo disse immaginando di
indossare una maschera teatrale, cercando di non lasciare che le sue
emozioni diventassero troppo evidenti e turbassero un animo
così
particolare com'era quello di Kohaku.
La
signora Rin
fece per alzarsi, sfiorando appena la mano del suo compagno
procurandogli una scarica di turbamento e piacere al tempo stesso. Il
signore ripeté i movimenti della ragazza con modi
decisamente più
lenti, senza distogliere gli occhi dai suoi capelli neri mossi dal
vento fresco della sera, venati di un rosso fuoco di cui
probabilmente lei non era a conoscenza, ma che agli occhi demoniaci
erano come scintille solari calde ed irresistibili.
A
testimonianza
della personalità lucente che emanava, la signora nascose il
fiore
all'interno del proprio kimono, prendendo immediatamente con
entusiasmo il suo arco dalla propria spalla e con altrettanta
agilità
estrasse una freccia dalla faretra.
“Ed
ora, mio
caro Kohaku” disse all'indirizzo del suo amico, incoccando la
freccia “ti dimostrerò che ti sbagli, che i tuoi
sono solo
vaneggiamenti di un ragazzone che ha ancora tanto da
imparare!”
Tese
l'arco,
puntando la punta della freccia in direzione di uno degli alberelli e
scagliando il dardo con espressione concentrata. Lasciò che
la
freccia si liberasse dalla sua presa come se fosse dotata di vita
propria, andando a conficcarsi al centro di una fogliolina, l'ultima
all'estremità del ramo più sporgente,
trascinandola poi con sé sul
tronco.
La
fogliolina si
stagliò, inerme e ferita, contro la corteccia scura
dell'arbusto; e
così visibile a tutti, Jaken emise una esclamazione di
sorpresa.
“Ora
non
montarti troppo la testa” la redarguì
immediatamente dopo,
lanciandole una occhiata risentita. “Non sarebbe il momento
di
riposarsi?”
“Ma
io non
voglio riposarmi, sto benissimo.”
“Sciocca
che
non sei altro! In quanto debole umana, dovresti recuperare le
forze!”
“Lo
dici perché
sei tu quello stanco!”
“Sei
tu quella
stanca, te lo si legge in faccia!”
“Significa
che
ti preoccupi per me, Jaken?”
La
signora Rin
sorrise con uno sguardo insinuante al kappa, che nel frattempo
sembrava decisamente colto alla sprovvista dalla domanda che gli era
stata rivolta. Stando alle parole del signore, Jaken conosceva la
signora da anni, fin da quando era una bambina - secondo il computo
umano - e probabilmente di quei bisticci ce n'erano stati a
centinaia.
“No,
affatto!”
Nonostante
l'orgoglio di Jaken avesse inevitabilmente preso il sopravvento,
c'era qualche sfumatura di ammissione nel suo animo, di una resa di
fronte all'evidenza - ma nei confronti più di se stesso che
in
quelli dell'interessata. Quest'ultima però non
cancellò il suo
sorriso, semmai lo trasformò in uno ancora più
sornione; infine si
arrese ma non omise di dimostrare la propria morbida riconoscenza.
“Stavolta
accendo io il fuoco, per ringraziarti dell'ultima volta che lo hai
fatto a me.”
“Aspetta
Rin,
ti do' una mano.”
Jaken
la guardò
stranito per qualche secondo, poi scosse la testa andandosi a sedere
ai piedi di un albero. La signora si mise immediatamente all'opera
aiutata da Kohaku, mentre il signor Sesshomaru inspirava l'aria
fresca cercando di combattere contro alcuni pensieri negativi.
Affranta,
Kyo
decise di unirsi alla signora e a Kohaku per dare loro man forte, e
quando ogni cosa fu pronta si misero in cerchio davanti al fuoco,
ognuno cercando di distendersi il più possibile.
Kohaku
si
controllò la gamba ferita da prima che il gruppo arrivasse a
palazzo, e si sarebbe messa ad osservare con forse fin troppa
morbosità se un influsso indagatore non l'avesse costretta a
voltarsi verso il signore rimasto in disparte, incrociando per
qualche istante i suoi occhi. La coda di Kyo diventò
immobile, ma
non per paura. Si voltò, incerta se farlo o meno, mentre
sentiva
l'atmosfera farsi più tesa e la sua tensione farsi sempre
più
palpabile.
Sicuramente
era
quel sentimento di devozione che aveva imparato a provare nei suoi
confronti, non poteva negarlo, ma anche di un forte senso di
responsabilità che per la prima volta le fece intendere che
per
pensare anche soltanto di chiedergli qualcosa di così
importante
come sciogliere un fidanzamento nobiliare, doveva fargli intendere
che avrebbe fatto qualunque cosa per lui e per la sua compagna: che
anzi, doveva dare una prova concreta che pur di non deluderlo,
sarebbe morta per loro. Sperava soltanto di essere in grado di
accontentare le aspettative che il signore aveva nei suoi confronti.
La
signora doveva
aver visto la sua espressione assorta nelle fiamme, perché
la
richiamò alla sua attenzione con una cadenza quasi materna,
che la
fece visibilmente arrossire.
“Kyo”
le
disse la signora, guardandola negli occhi con bonarietà
“c'è
qualcosa che non va? E' da quando siamo partiti che sei
sovrappensiero.”
“Tutto
bene,
signora” rispose, come al solito, perché al
momento c'era in gioco
qualcosa di più grande dei suoi desideri.
“Riflettevo.”
“Anche
io ho
riflettuto molto, soprattutto dopo ciò che visto”
commentò
intristendosi. “Se non sono indiscreta, posso chiederti chi
era
quel demone che hai chiamato Masashi?”
Il
respiro di Kyo
si bloccò al pensiero di quell'essere disgustoso, e
francamente
avrebbe preferito non parlarne almeno per quel periodo in cui poteva
stare lontana dal palazzo, ma dovette limitarsi a stringere le gambe
in un abbraccio e rispondere, seppure con un filo di voce, cosa fosse
Masashi per lei - o sarebbe stato meglio dire, cosa fosse Masashi
per la sua famiglia.
“Lui
è... lo
sposo che la mia famiglia ha scelto per me.”
Ancora
una volta,
Kyo sentì la rabbia montarle in corpo esattamente come
quando
Masashi l'aveva aggredita soltanto per il gusto di stuzzicare la sua
pazienza, ma dovette reprimere ogni sensazione per non dar modo al
signor Sesshomaru di credere che fosse presa soltanto da quella
triste realtà.
“Ma
non lo
vuoi, vero...?”
“Rin,
lasciala
in pace!” sbottò Kohaku verso la signora.
“Non vedi che la metti
a disagio?”
“Sì”
rispose
la ragazza, per niente turbata dal rimprovero dell'amico. “Ma
bisogna fare qualcosa! Non è normale che un ragazzo faccia
gesti
simili su una ragazza! Ora che ci penso, è stato un bene che
il
signor Sesshomaru ti abbia portato con noi.” Poi si
avvicinò a
lei, cercando di mormorare quanto più piano possibile alle
sue
orecchie.
“Ti
prometto
che ti proteggerò io” sussurrò, e
nonostante Kyo sapesse che non
era possibile, che la signora non potesse fare niente e che al
contrario, era lei a doversi mettere al suo servizio anche con le
faccende più pericolose, ne fu rincuorata.
“No,”
replicò
lei “devo essere io a proteggere voi.”
“Allora,
non
sei soltanto una ancella.”
“Sono
disposta
a fare molto altro, per voi.”
Dapprima
leggermente turbata per quella risposta, la signora Rin si
voltò in
direzione del signor Sesshomaru.
“Sesshomaru
ti
ha scelto per questo?”
“Kyo
è
totalmente innocua nei confronti degli esseri umani. Non ne mangia le
carni.”
L'intervento
di
Sesshomaru circa il suo atteggiamento verso gli umani la colse di
sorpresa. Avvampò, credendo di rendersi oggetto di una forte
discussione all'interno del gruppo come era già successo
nella sua
cerchia familiare, ma tutto ciò che ricevette furono delle
espressioni a metà strada fra lo stupore e la riconoscenza.
“Conosco
bene i
demoni che decidono di non cibarsi di esseri umani, e spesso
è
perché ne vengono in contatto in modo positivo”
sentenziò Kohaku,
accarezzando la testa della nekomata “non è vero,
Kirara?”
Kyo
gettò
un'occhiata al signor Sesshomaru, ricordando che era da un po' che
non sentiva odore di sangue umano su di lui.
“Quindi
hai
conosciuto un essere umano prima di noi!” esclamò
la signora,
completamente entusiasta di ciò che stava ascoltando.
“Perché non
ci racconti di questa persona?”
Kyo
fu spaventata
da quella richiesta, ma ciò che la intimorì
maggiormente fu la
presenza di Kohaku, l'unico insieme alla signora che fosse
più
interessato a sapere dettagli di quella storia. Il suo odore le
ricordava così tanto quell'uomo che dovette fare appello a
tutto il
suo coraggio per cominciare quel racconto. D'altronde, non poteva di
certo deludere le aspettative della signora.
“Era...
un
uomo, uno sterminatore per la precisione.”
Kohaku
fece tanto
d'occhi, e Kyo si maledì mentalmente per aver ceduto
all'insistenza
della signora, ma lo sguardo sognante della ragazza la
incitò a
proseguire con più tranquillità.
“Ero
circondata
da alcuni demoni lucertola che probabilmente non sarei mai riuscita a
battere da sola, e nel momento in cui caddi per terra, quello
sterminatore mi salvò la vita con un'arma gigantesca
chiamata
Hiraikotsu.”
Il
viso della
signora sembrò illuminarsi di una luce cupa, che credette di
cancellare del tutto con un sorriso tirato; mentre Kohaku assunse una
espressione a dir poco angosciata.
“Aveva
il tuo
stesso odore, Kohaku. Quindi sicuramente ha il tuo stesso
sangue.”
“Era
mio padre”
rivelò infine il giovane uomo, e il suo atteggiamento
diventato
improvvisamente freddo ed emanante un odore duro e impassibile la
convinse a continuare, facendo finta di non aver notato il suo
repentino cambio di umore.
“Davvero?
Quindi avrò la possibilità di
incontrarlo?”
“Non
credo, è
morto da molto tempo ormai.”
Kyo
non interferì
oltre, e rimase in silenzio mentre la triste sensazione di angoscia
opprimente aleggiava su Kohaku. Per schermarsi da quell'atmosfera, la
giovane demone cane abbassò gli occhi e si strinse
nuovamente le
gambe al petto, sentendo la colpevolezza farsi strada nella sua testa
come un serpente che avrebbe fatto meglio ad uccidere.
Non
credeva che
quell'uomo fosse morto, e ancora più grave per lei era il
fatto di
averglielo ricordato a Kohaku. Doveva essere stata una emozione
fortemente negativa per lui perdere uno dei principali punti di
riferimento della sua vita.
Doveva
aver fatto
con suo padre cose che Kyo con il suo non avrebbe mai fatto, e il
pensiero risvegliatosi doveva avergli fatto tremendamente male anche
per la sola e semplice ragione di non poter avere più
possibilità
di rivederlo ancora.
Sentì
i pensieri
del signore e della signora prendere la forma della compassione, e
percepì il debole stridio dei denti di Kohaku che cercava di
soffocare la corsa di una lacrima che però cadde senza
cercare alcun
freno o consenso.
Kohaku
infine si
allontanò, ma la sua tristezza era così forte da
impregnare quasi
l'intero campo di fiori demoniaci.
NDA
Ce
l'ho fatta,
finalmente!
Ritardo
millenario, lo so, e mi dispiace moltissimo. Però alla fine
ho
mantenuto la promessa fatta sulla paginetta, anche se non avendo
controllato potreste trovare strafalcioni enormi - spero di no.
E
adesso, il
nostro Kohakumaiunagioia ha una gioia in meno, e la situazione
peggiora sapendo che non potrà scendere nei dettagli dal
momento che
si sente responsabile della sua morte. Della serie: maltrattiamo i
personaggi.
Grazie
mille a chi ha letto e sta ancora leggendo :)
Un
bacione a
tutti :*
|