Nei mesi che passarono dal
giorno della
visita di Hugh Armitage all'ospedale di Truro, i risultati raggiunti
dalla terapia elaborata da Dwight non furono quelli sperati. Un clima
di generale sconforto nei confronti di una probabile guarigione per il
giovane rampollo di Lord Flamouth si insediò prepotentemente
nell'animo della maggior parte dei medici facenti parte della
prestigiosa eqipe, per lo più concordi nell' esprimere una
condanna
definitiva. Tutti ad eccezione di Demelza.
A George non era mai
interessata
particolarmente la salvezza di Hugh, almeno non quanto teneva ai
soldi che suo zio elargiva abbondantemente con la speranza che prima
o poi una cura sarebbe stata trovata e Hugh avrebbe potuto vivere
spensieratamente il resto dei suoi giorni. Ovviamente auspicava che
il ricovero durasse il più a lungo possibile, senza curarsi
minimamente del risvolto che quell'esperienza aveva sullo stato
d'animo del paziente, compromettendo in questo modo l'efficacia della
terapia
stessa.
Più che un
medico, Demelza era
diventata una sorta di infermiera personale, la compagna di qualche
ora la cui presenza pareva essere l'unico giovamento lampante.
Tuttavia, Hugh non sembrava
condividere lo stesso spirito di amicizia che Demelza nutriva per
lui: ciò che esprimevano i suoi occhi languidi ogni volta
che si
concentravano sul suo viso non era un semplice sentimento d'affetto,
piuttosto un desiderio bruciante che lo tormentava e lo esaltava in
egual misura, la catarsi necessaria per allontanare la malinconia
derivata dalla consapevolezza di non avere niente da offrirle in
quelle condizioni.
Mentre Demelza controllava
che la flebo
a cui era attaccato funzionasse correttamente, Hugh le trattenne il
braccio con la mano, “Tu sai cosa mi servirebbe davvero. La
garanzia della mia salvezza è riposta sulle tue labbra,
Demelza.”
“Purtroppo non
posso darti nulla di più di
quello che ti ho già dato. Mi spezza il cuore vederti
così debole e
sofferente, però ti assicuro che sto cercando di fare tutto
il
possibile per evitare...”
“Che io muoia?
Oh, non credere che
sia la morte fisica quella io che temo, no. E' la morte di ogni
speranza d'amore per te che mi fa decisamente più
paura.”
Demelza si
liberò dalla sua presa e si
appoggiò alla poltrona posta di fronte al suo capezzale.
Aveva gli
occhi pieni di lacrime, ma una risolutezza tale da impedirle di
piangerne anche una sola, “Per quanto Dwight, Ross e tutti
gli altri siano contrari, io credo che una soluzione sia
possibile.”
Hugh le sorrise dolcemente,
“Hai
visto? La pensiamo allo stesso modo. Sentiamo se la mia opinione
coincide con la tua, allora.”
“Niente affatto,
Hugh. Purtroppo non
saranno le tue idee romantiche a salvarti la vita, ma un'operazione
chirurgica che potrebbe assicurarti l'espianto della massa tumorale
annidata nel cervello. Non ho nessuna capacità miracolosa in
grado
di evitarti l'intervento, però il dottor Poldark saprebbe
sicuramente dimostrarti le sue straordinarie doti da chirurgo, se
solo lo volessi...”
“E' riuscito a
conquistare il tuo
cuore, dunque immagino che goda di molte altre qualità oltre
a quelle chirurguche...”
La franchezza con cui
pronunciò quelle
parole la fece arrossire violentemente, “Sì,
certo. Ma non è
questo il punto.”
“Perdonami, non
volevo metterti in
imbarazzo.”
Demelza si alzò
di scatto, guardandolo
dritto negli occhi con una certa commozione mista a risentimento.
L'energia dei primi
tempi, quando Hugh si recava all' ambulatorio per le consuete visite
settimanali, sembrava essere scomparsa del tutto dal suo corpo. Ora
era solo attraverso lo slancio dei suoi versi che il giovane poeta
riusciva a conservare una parvenza di ciò che era
precedentemente:
un uomo libero, sano e soprattuto incosciente dei rischi.Vederlo
così, come un uccellino ferito incapace di volare nonostante
la sua
volontà, era un incredibile strazio per chiunque, ma Demelza
conosceva meglio di chiunque altro la sua commovente voglia di vivere
e, proprio perché era ben consapevole della gabbia in cui
era
rinchiuso, soffriva per quella giovane vita che veniva
inesorabilmente sprecata in un letto d'ospedale.
“Le tue poesie
sono bellissime, ma mi
turbano molto. Mi fa piacere che tu abbia un'opinione così
alta di
me, ma temo che sia anche decisamente irrealistica e che tu ti stia
soltanto illudendo. La donna di cui sei innamorato è in
realtà una
persona imperfetta, lontanissima dal tuo ideale romantico, e sebbene
non so cosa darei perché tu sia finalmente svincolato dalla
prigione
di questa malattia, so per certo che esiste qualcosa che non
riuscirei mai a darti.”
“Ascoltami, ti
prego. Ross è il mio
medico, un uomo che stimo moltissimo, e comprendo che tu non voglia
tradire la sua fiducia. Tuttavia, sono convinto che se tu decidessi
di rendermi felice con un unico bacio, non solo non comprometteresti
in alcun modo la tua virtù ai suoi occhi, ma faresti un
regalo a un
moribondo che ha solo quello in cui sperare.”
Hugh allungò
nuovamente il braccio
verso di lei, invitandola a tenergli la mano, “Se mi
prometterai
che quel giorno arriverà presto, mia cara Demelza, ti
garantisco che
mi sottoporrò all'intervento. Riuscirò a
convincere mio zio che
questa è l'unica via d'uscita, nonostante il parere
contrario del
dottor Enys e di Ross.”
“Non preoccuparti
di quel giorno.
Pensa piuttosto ai giorni che verranno dopo l'intervento.”
Demelza
si avvicinò alla porta. Con una mano sulla maniglia rimase
in attesa
che Hugh la congedasse.
“Hai ragione, ma
adesso il mio cuore
è in ansia. Penso che queste parole di Percy Shelley possano
chiarire perfettamente il mio stato d'animo: «Non
è giorno
abbastanza? Perché scruto nell'oscurità del
giorno a venire? Non è
domani proprio come ieri? E cambierà, il giorno che segue la
tua
sorte? Pochi fiori crescono sul tuo cammino gelido: E chi ti aspetta
nella casa tetra donde fuggisti e a cui devi tornare, oppresso dal
fardello che ti rende incerto e triste?»”
Demelza scosse la testa,
“Nemmeno tu
sei un eroe romantico, Hugh. Non ti è dovuto il sacrificio,
come non
è dovuto a me.”
“Spero comunque
che domani sia un
giorno diverso e che il mio cammino gelido possa essere riscaldato da
una tua risposta.”
Esattamente in quel
momento, Demelza
sentì la pressione di un'altra mano premere sulla maniglia
posta sul
lato opposto della stanza. Con il cuore in gola, sperò che
chiunque
fosse entrato di lì a pochi secondi non avesse intuito le
allusioni
che si celavano dietro quel discorso, dal momento che la porta era
rimasta socchiusa per tutto il tempo.
“Beh, questo
dipende dalla
risposta...”
Ross le lanciò
un'occhiata
profondamente eloquente, prima di procedere ad auscultare i battiti
del cuore di Hugh, non meravigliandosi affatto di quanto fossero
più
veloci del solito.
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