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Autore: Reginafenice    27/06/2019    3 recensioni
Il termine che dà il nome a questa storia indica ciò che serve come sostegno per una nuova impresa, una sorta di conforto o spinta morale utile a non lasciarsi scoraggiare dalle impervietà di un cammino appena intrapreso. Si tratta infatti di una fanfiction che vede come protagonisti i personaggi di Poldark, con i loro complessi viaggi interiori verso la scoperta della vera felicità, ma inseriti in un contesto moderno. Lo sfondo delle vicende rimane tuttavia la splendida Cornovaglia, dove vecchi e nuovi amori si ritroveranno e si scopriranno indispensabili per capirsi meglio, anche a costo di grandi sacrifici e scelte dolorose.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nei mesi che passarono dal giorno della visita di Hugh Armitage all'ospedale di Truro, i risultati raggiunti dalla terapia elaborata da Dwight non furono quelli sperati. Un clima di generale sconforto nei confronti di una probabile guarigione per il giovane rampollo di Lord Flamouth si insediò prepotentemente nell'animo della maggior parte dei medici facenti parte della prestigiosa eqipe, per lo più concordi nell' esprimere una condanna definitiva. Tutti ad eccezione di Demelza.

A George non era mai interessata particolarmente la salvezza di Hugh, almeno non quanto teneva ai soldi che suo zio elargiva abbondantemente con la speranza che prima o poi una cura sarebbe stata trovata e Hugh avrebbe potuto vivere spensieratamente il resto dei suoi giorni. Ovviamente auspicava che il ricovero durasse il più a lungo possibile, senza curarsi minimamente del risvolto che quell'esperienza aveva sullo stato d'animo del paziente, compromettendo in questo modo l'efficacia della terapia stessa.

Più che un medico, Demelza era diventata una sorta di infermiera personale, la compagna di qualche ora la cui presenza pareva essere l'unico giovamento lampante. Tuttavia, Hugh non sembrava condividere lo stesso spirito di amicizia che Demelza nutriva per lui: ciò che esprimevano i suoi occhi languidi ogni volta che si concentravano sul suo viso non era un semplice sentimento d'affetto, piuttosto un desiderio bruciante che lo tormentava e lo esaltava in egual misura, la catarsi necessaria per allontanare la malinconia derivata dalla consapevolezza di non avere niente da offrirle in quelle condizioni.

Mentre Demelza controllava che la flebo a cui era attaccato funzionasse correttamente, Hugh le trattenne il braccio con la mano, “Tu sai cosa mi servirebbe davvero. La garanzia della mia salvezza è riposta sulle tue labbra, Demelza.”

“Purtroppo non posso darti nulla di più di quello che ti ho già dato. Mi spezza il cuore vederti così debole e sofferente, però ti assicuro che sto cercando di fare tutto il possibile per evitare...”

“Che io muoia? Oh, non credere che sia la morte fisica quella io che temo, no. E' la morte di ogni speranza d'amore per te che mi fa decisamente più paura.”

Demelza si liberò dalla sua presa e si appoggiò alla poltrona posta di fronte al suo capezzale. Aveva gli occhi pieni di lacrime, ma una risolutezza tale da impedirle di piangerne anche una sola, “Per quanto Dwight, Ross e tutti gli altri siano contrari, io credo che una soluzione sia possibile.”

Hugh le sorrise dolcemente, “Hai visto? La pensiamo allo stesso modo. Sentiamo se la mia opinione coincide con la tua, allora.”

“Niente affatto, Hugh. Purtroppo non saranno le tue idee romantiche a salvarti la vita, ma un'operazione chirurgica che potrebbe assicurarti l'espianto della massa tumorale annidata nel cervello. Non ho nessuna capacità miracolosa in grado di evitarti l'intervento, però il dottor Poldark saprebbe sicuramente dimostrarti le sue straordinarie doti da chirurgo, se solo lo volessi...”

“E' riuscito a conquistare il tuo cuore, dunque immagino che goda di molte altre qualità oltre a quelle chirurguche...”

La franchezza con cui pronunciò quelle parole la fece arrossire violentemente, “Sì, certo. Ma non è questo il punto.”

“Perdonami, non volevo metterti in imbarazzo.”

Demelza si alzò di scatto, guardandolo dritto negli occhi con una certa commozione mista a risentimento. L'energia dei primi tempi, quando Hugh si recava all' ambulatorio per le consuete visite settimanali, sembrava essere scomparsa del tutto dal suo corpo. Ora era solo attraverso lo slancio dei suoi versi che il giovane poeta riusciva a conservare una parvenza di ciò che era precedentemente: un uomo libero, sano e soprattuto incosciente dei rischi.Vederlo così, come un uccellino ferito incapace di volare nonostante la sua volontà, era un incredibile strazio per chiunque, ma Demelza conosceva meglio di chiunque altro la sua commovente voglia di vivere e, proprio perché era ben consapevole della gabbia in cui era rinchiuso, soffriva per quella giovane vita che veniva inesorabilmente sprecata in un letto d'ospedale.

“Le tue poesie sono bellissime, ma mi turbano molto. Mi fa piacere che tu abbia un'opinione così alta di me, ma temo che sia anche decisamente irrealistica e che tu ti stia soltanto illudendo. La donna di cui sei innamorato è in realtà una persona imperfetta, lontanissima dal tuo ideale romantico, e sebbene non so cosa darei perché tu sia finalmente svincolato dalla prigione di questa malattia, so per certo che esiste qualcosa che non riuscirei mai a darti.”

“Ascoltami, ti prego. Ross è il mio medico, un uomo che stimo moltissimo, e comprendo che tu non voglia tradire la sua fiducia. Tuttavia, sono convinto che se tu decidessi di rendermi felice con un unico bacio, non solo non comprometteresti in alcun modo la tua virtù ai suoi occhi, ma faresti un regalo a un moribondo che ha solo quello in cui sperare.”

Hugh allungò nuovamente il braccio verso di lei, invitandola a tenergli la mano, “Se mi prometterai che quel giorno arriverà presto, mia cara Demelza, ti garantisco che mi sottoporrò all'intervento. Riuscirò a convincere mio zio che questa è l'unica via d'uscita, nonostante il parere contrario del dottor Enys e di Ross.”

“Non preoccuparti di quel giorno. Pensa piuttosto ai giorni che verranno dopo l'intervento.” Demelza si avvicinò alla porta. Con una mano sulla maniglia rimase in attesa che Hugh la congedasse.

“Hai ragione, ma adesso il mio cuore è in ansia. Penso che queste parole di Percy Shelley possano chiarire perfettamente il mio stato d'animo: «Non è giorno abbastanza? Perché scruto nell'oscurità del giorno a venire? Non è domani proprio come ieri? E cambierà, il giorno che segue la tua sorte? Pochi fiori crescono sul tuo cammino gelido: E chi ti aspetta nella casa tetra donde fuggisti e a cui devi tornare, oppresso dal fardello che ti rende incerto e triste?»”

Demelza scosse la testa, “Nemmeno tu sei un eroe romantico, Hugh. Non ti è dovuto il sacrificio, come non è dovuto a me.”

“Spero comunque che domani sia un giorno diverso e che il mio cammino gelido possa essere riscaldato da una tua risposta.”

Esattamente in quel momento, Demelza sentì la pressione di un'altra mano premere sulla maniglia posta sul lato opposto della stanza. Con il cuore in gola, sperò che chiunque fosse entrato di lì a pochi secondi non avesse intuito le allusioni che si celavano dietro quel discorso, dal momento che la porta era rimasta socchiusa per tutto il tempo.

“Beh, questo dipende dalla risposta...”

Ross le lanciò un'occhiata profondamente eloquente, prima di procedere ad auscultare i battiti del cuore di Hugh, non meravigliandosi affatto di quanto fossero più veloci del solito.

   
 
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